Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
gio 02 mag. 2024
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Archivio Partito radicale
Teodori Massimo - 1 dicembre 1985
P2: la controstoria (19) SULLA CRISI DI CALVI L'ALLEANZA CARBONI CORONA CARACCIOLO DE MITA

Fatti e misfatti, uomini, banche e giornali, generali e terroristi, furti e assassinî, ricatti e potere, secondo i documenti dell'inchiesta parlamentare sulla loggia di Gelli

di Massimo Teodori

SOMMARIO: "Molto si è scritto della P2 e di Gelli ma la verità sulla loggia e sul suo impossessamento del potere nell'Italia d'oggi è stata tenuta nascosta. Contrariamente a quanto afferma la relazione Anselmi votata a maggioranza a conclusione dell'attività della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla P2, la Loggia non è stata un'organizzazione per delinquere esterna ai partiti ma interna alla classe dirigente. La posta in gioco per la P2 è stata il potere e il suo esercizio illegittimo e occulto con l'uso di ricatti, di rapine su larga scala, di attività eversive e di giganteschi imbrogli finanziari fino al ricorso alla eliminazione fisica."

La "controstoria" di Teodori e una ricostruzione di fatti e delle responsabilità sulla base di migliaia di documenti; è la rielaborazione e riscrittura della relazione di minoranza presentata dall'autore al Parlamento al termine dei lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta. Sono illustrati i contorni dell'associazione per delinquere Gelli-P2; si fornisce l'interpretazione dell'attività eversiva dei servizi segreti e quella dei Cefis, dei Sindona e dei Calvi; si chiarisce il ruolo della P2 nel "caso Moro" e nel "caso d'Urso", nella Rizzoli e nell'ENI, nelle forze Armate e nella Pubblica Amministrazione. Sono svelati gli intrecci con il Vaticano, il malaffare dei Pazienza, dei Carboni e il torbido del "caso Cirillo".

(SUGARCO EDIZIONI - Dicembre 1985)

CAPITOLO XIX - SULLA CRISI DI CALVI L'ALLEANZA CARBONI CORONA CARACCIOLO DE MITA

L'apparizione di Carboni: mettere in atto una colossale operazione di corruzione e partecipare alla divisione dell'impero editoriale e finanziario di Calvi

L'arresto di Calvi il 20 maggio 1981 scompagina ulteriormente le fila della P2 di cui, proprio nello stesso periodo, sono scoperti l'organizzazione e gli archivi. Dopo il processo e la scarcerazione, il presidente dell'Ambrosiano e leader finanziario piduista deve affrontare gravi problemi: come difendersi dalle gravi accuse rivoltegli dalla magistratura e prepararsi adeguatamente al processo di appello? Come restare alla guida dell'Ambrosiano salvandolo dal tracollo finanziario?

Al tempo del processo vi era stata una notevole mobilitazione di uomini e forze politiche in favore di Calvi con gli interventi particolari di Bettino Craxi, Flaminio Piccoli e Pietro Longo alla Camera durante il dibattito sulla fiducia al governo Spadolini. All'uscita dal carcere, Calvi aveva visitato il leader repubblicano, nuovo capo del governo. Ma gli incontri determinanti, ai fini della strategia difensiva dei mesi successivi, sono organizzati in un primo tempo da Pazienza, come si è visto nel capitolo precedente, durante l'agosto 1981, quando viene combinata in Sardegna la conoscenza fra il banchiere e il sottosegretario al Tesoro, onorevole Giuseppe Pisanu, per il tramite di Flavio Carboni.

Quest'ultimo è il secondo personaggio che tenta, dopo lo sbandamento della P2 gelliana, di sviluppare in proprio una sua rete di solidarietà, di affari e di intrighi appoggiandosi a Calvi e al potere che ancora egli gestiva nella finanza e nella stampa Gli ingredienti di Carboni, così come quelli di Pazienza, sono solo esclusivamente i rapporti incrociati con elementi del mondo politico, degli apparati dello Stato e della criminalità comune

E' la fragile psicologia di Calvi a consentire che intorno a lui si sviluppi una rete di protettori parassiti, pronti a dichiarare la propria fedeltà alle cause del banchiere ma sostanzialmente dediti allo sfruttamento del suo centro di potere finanziario ed editoriale. Tra questi, Flavio Carboni soppianta Pazienza nel ruolo di protettore consigliere intermediario e progressivamente, tra la fine del 1981 e l'inizio del 1982, si insedia al comando delle trame che si intessono intorno al banchiere.

La brulicante schiera di faccendieri attivata da Carboni si muove secondo canoni piduisti o postpiduisti nel senso cioè che si tratta di persone collegate tra loro per realizzare operazioni illegittime a fine di potere. Il loro obiettivo è di salvare dai rigori della legge quell'importantissimo settore della P2 costituito dal sistema speculativo Ambrosiano IOR e di inceppare il corso della giustizia ribaltando la negativa vicenda giudiziaria di Calvi.

I personaggi e le forze che ruotano intorno alla vicenda Calvi operano in questa fase per mettere in atto una colossale operazione di corruzione traendone al tempo stesso vantaggi di gruppo e personali. Si ripromettono cioè di partecipare alla divisione delle spoglie dell'impero finanziario e editoriale, stabilendo alleanze, esercitando pressioni, mettendo in atto ricatti e, comunque, agendo su un terreno di programmata illegalità.

Flavio Carboni si assicura la benevolenza di Calvi dandogli ad intendere di tessere una rete di rapporti funzionali a raggiungere gli obiettivi del suo salvataggio personale e finanziario. Quale sia la gamma dei contatti del nuovo faccendiere, lo testimonia analiticamente il suo segretario e aiutante Emilio Pellicani. Nel memoriale consegnato alla magistratura nel dicembre 1982 vi è uno spaccato delle frenetiche attività di Carboni: »Nel mese di gennaio [1982] Carboni intensifica la sua attività per Calvi adoperandosi nei vari ambienti politici, economici e della stampa, per dare una mano al presidente [Calvi] . Per la politica venivano interessati Binetti e l'on. Pisanu, i quali dovevano intervenire presso il ministro Andreatta per sciogliere il nodo del Banco Ambrosiano posto dalla verifica della Banca d'Italia, ed inoltre dare la possibilità alla finanziaria La Centrale di potere avere il diritto di voto... .(1)

L'attività di Carboni non si limita ai guai governativi ma investe la massoneria e l'uso che se ne può fare. Precisa Pellicani: »L'on. Armando Corona doveva intervenire nell'ambito della massoneria affinché il Calvi ne potesse rientrare a far parte nuovamente dopo lo scandalo P2 . Inoltre doveva intervenire con il vicepresidente dell'Ambrosiano, Carlo De Benedetti... a tale proposito il Carboni mi riferì che lo stesso Corona effettuò un viaggio in Israele affinché fosse richiamato il De Benedetti dai fratelli massoni... In quel periodo inoltre l'on. Corona era impegnato nella campagna elettorale per la sua nomina a Gran Maestro della massoneria... .(2)

Ancora, i progetti di Carboni spaziano in molte direzioni: »Per quanto riguarda la stampa, il Carboni si era adoperato con l'amico Carlo Caracciolo affinché fosse raggiunto un patto di non belligeranza, cosa che avvenne per qualche mese .. . I problemi di Calvi erano ormai divenuti giganteschi ed aveva bisogno di essere sostenuto dalla stampa, dai politici e cercava appoggi in Vaticano... Il nodo era il "Corriere della Sera", che doveva essere ceduto all'area democratica... ci fu una riunione con Pisanu (incaricato a dire di Calvi da Piccoli per la DC),... Carlo Binetti che doveva riferire al ministro Andreatta... più il Cingoli per il PCI... Inoltre per la magistratura erano stati investiti il senatore Vitalone e l'avvocato Wilfredo Vitalone con cui il Carboni ebbe frequenti incontri... .(3)

Pur se con un memoriale redatto in forma di cocktail di fatti e circostanze, dalle parole di Pellicani emerge chiaramente che, per la difesa di Calvi, furono previsti interventi illeciti sulla magistratura, sulla stampa e sui politici. Lo stesso Carboni parla addirittura di uno stanziamento di 100 miliardi da parte di Calvi per provvedere alle diverse operazioni di »protezione . In questo colossale piano di corruzione e di coinvolgimenti nella giustizia si inseriscono le prestazioni di Wilfredo Vitalone, assunto da Calvi dietro consiglio di »amici politici come consulente per le trattative del »Corriere della Sera , per la ricusazione dei magistrati milanesi inquirenti di Calvi, per il trasferimento di processi da Milano a Roma e per intervenire sul ministero del Tesoro a proposito del decreto che stabiliva il diritto di voto delle azioni del gruppo Rizzoli possedute dalla »Centrale .

Carboni riesce ad intrecciare le alleanze più importanti negli ambienti massonici repubblicani, in alcuni settori della Democrazia cristiana e nella stampa cosiddetta progressista facente capo al gruppo Scalfari Caracciolo. Con ciascuno di questi ambienti si instaura un rapporto di scambio e di interessi occulti e certamente di carattere »riservato .

Il faccendiere presenta Calvi ad Armando Corona, a cui aveva messo a disposizione la sua casa di Roma. L'esponente sardo, già membro della segreteria nazionale del PRI, si gioverà quindi dell'apporto del presidente dell'Ambrosiano nella campagna per l'elezione a Gran Maestro della massoneria del marzo 1982.

Il sottosegretario al Tesoro, on. Giuseppe Pisanu, intrattiene rapporti con Carboni e Calvi offrendo l'interessamento alla soluzione delle questioni finanziarie del banchiere mentre da parte sua si informa sulle sorti del »Corriere della Sera . Viene coinvolto nelle varie manovre anche il democristiano Angelo Roich, presidente della regione sarda, in quanto sostenitore della corrente DC di De Mita.

Carlo Caracciolo, editore de »L'Espresso che si era messo in contatto con Calvi attraverso Pazienza, entra a far parte di quella specie di gruppo di informazione e di azione che più volte Carboni ha dichiarato come il proprio centro di influenza, in ragione degli interessi comuni nel quotidiano »La Nuova Sardegna controllato da Corona e Carboni.

Alla compagnia che segue costantemente e assiduamente le vicende di Calvi si associa tale monsignor Hilary Franco, un prelato contattato per tenere i rapporti con il Vaticano, la cui funzione sembra essere stata quella di influente personaggio per operazioni finanziarie e per i rapporti con gli Stati Uniti.

Nel caleidoscopio dei rapporti e delle manovre di cui si fa regista Carboni compaiono anche altri personaggi le cui vicende si incrociano in un dato momento con quelle del gruppo più stabile.(4) Si tratta dei magistrati Francesco Consoli, avvocato generale presso la Corte d'Appello di Milano, e Pasquale Carcasio, sostituto procuratore generale di Milano, che cercano l'appoggio democristiano e massonico per le loro carriere e possono essere utili per le vicende giudiziarie di Calvi. Del funzionario dell'ENI, Graziano Moro, che si prodiga per attuare le trame speculative con le finanze di Calvi, presentando in Svizzera Carboni ai fratelli Albert e Hans Kunz. Degli esponenti della malavita romana Danilo Abbruciati, Domenico Balducci e Ernesto Diotallevi, in rapporti d'affari con Carboni, che sono utilizzati per offrire dei servizi a Calvi in cambio di generose ricompense.(5) Degli uomini dei servizi segreti e degli apparati dello Stato come il questore Francesco Pompò che agisce per interesse privato. E della s

ignora Maria Angiolillo il cui salotto romano viene utilizzato per stabilire i contatti con la Banca d'Italia o alcuni suoi autorevoli esponenti quale Lamberto Dini.

Il »gruppo Carboni : Corona, Caracciolo, Binetti, Pisanu, monsignor Franco. Dietro al salvataggio di Calvi, gli interessi per la divisione delle spoglie

Il collegamento fra i diversi personaggi intorno a Carboni e, attraverso di lui, con le vicende di Calvi, non è soltanto il prodotto della fervida fantasia attivistica di un faccendiere alla ricerca di promozione sociale. Per un'intera stagione, dall'autunno 1981 alla morte di Calvi, il Gran Maestro della massoneria Armando Corona, l'editore Carlo Caracciolo, il sottosegretario al Tesoro on. Giuseppe Pisanu, il consulente del ministro del Tesoro Carlo Binetti, e monsignor Franco Hilary si riconoscono reciprocamente come un gruppo coeso intorno a Carboni che opera in nome di interessi comuni o convergenti mentre è pronto a sfruttare le disgrazie finanziarie e giudiziarie di Calvi.(6)

E' difficile comprendere la ragione delle numerosissime riunioni comuni o incrociate che questi personaggi tengono senza una apparente e plausibile spiegazione logica. Ed è parimenti incomprensibile la serie frenetica di telefonate di informazione che negli ultimi giorni di vita di Calvi tutti i personaggi del gruppo si scambiano reciprocamente, quasi considerando Calvi e la sua sorte una specie di patrimonio collettivo.

La posta in gioco di tale complesso di relazioni è apparentemente la realizzazione di una cortina di difesa di cui il presidente dell'Ambrosiano pensa di avere bisogno. Calvi ritiene che l'appoggio dei partiti, della massoneria e della stampa sia indispensabile per la sua sorte futura al di là e al di sopra di ogni regola e di ogni legge. Per ottenere il sostegno di tali »poteri il banchiere in difficoltà è disposto perfino a mettere in palio, secondo quanto riferiscono alcuni testimoni un centinaio di miliardi e lo stesso »Corriere della Sera in cambio di una magica soluzione delle sue crisi.

Ma in realtà quel che sottosta' alle varie manovre è qualcosa di diverso da ciò che immagina Calvi. E' l'interesse dei diversi protagonisti all'impossessamento e al controllo del »Corriere della Sera e alla divisione delle spoglie delle testate rizzoliane, al potere nella massoneria e, naturalmente, alle risorse finanziarie dell'Ambrosiano e del suo impero internazionale che ancora venivano ritenute assai ingenti.

L'editore Carlo Caracciolo dichiara ai magistrati: »Effettivamente il mio gruppo era interessato all'acquisto di alcune testate (non contemporaneamente per mancanza di fondi) e cioè o "Il Mattino" (e ciò limitatamente alla società di gestione) di Napoli, o l"'Alto Adige" di Bolzano o "Il Piccolo" di Trieste .(7) Dal canto suo Federico U. D'Amato, messo anch'egli alle costole di Calvi, in una intervista dell'8 luglio 1984 afferma: »Se c'è una cosa che interessa i politici italiani, anzi che fa girare loro la testa è il "Corriere". In quel periodo si parlava di combinazioni giornalistiche, di assalti alla proprietà, di pressione e "li superiori" volevano sapere tutto e fui comandato. Calvi sapeva del mio incarico e quasi ne era contento. Ripeteva spesso: dillo al tuo ministro. Sperava di essere protetto .

La riunione che si tiene il 2 giugno 1982 in un appartamento prestato a Carboni con Roich, Corona, Caracciolo, Binetti, con la partecipazione di Hilary Franco e Ciriaco De Mita suggella, due settimane prima della morte di Calvi, una convergenza di interessi e uno scambio di favori alle spalle del banchiere. Quel giorno De Mita sarebbe stato eletto segretario della Democrazia cristiana e la riunione, descritta come un incontro »per esporre la filosofia del nuovo leader democristiano , evidentemente aveva ben altro significato, non essendo credibile che un leader di partito in un giorno impegnativo trovi il tempo per parlare della sua »filosofia al Gran Maestro della massoneria e ad un sia pur importante prelato vaticano.

Le motivazioni dietro quell'incontro riguardavano il coagulo e l'incrocio di importanti interessi. Sul tappeto vi era il controllo de »Il Mattino di Napoli, di proprietà della Rizzoli, a cui erano fortemente interessati l'editore Caracciolo e il leader democristiano campano. Vi era la funzione della massoneria nelle sue possibili mediazioni fra la finanza di Calvi e quella di De Benedetti. Vi era l'atteggiamento che un giornale come »la Repubblica , in parte controllato da Caracciolo, poteva avere nei confronti del nuovo segretario della DC. Vi era tutta la materia del »Corriere della Sera e della Rizzoli a cui non era certamente indifferente la Democrazia cristiana in quanto tale in un'epoca di grandi manovre per la vendita di pacchetti azionari.

La breve stagione del successo di Carboni come faccendiere a un livello più complesso dei piccoli affari e delle piccole truffe è legata a Calvi. Con la sua morte anche la rete di relazioni e l'impalcatura di manovre costruite intorno a lui crollano lasciando solo i detriti di molti procedimenti giudiziari.

Qual è la ragione dunque per cui un personaggio come Flavio Carboni può improvvisamente assurgere da modesto faccendiere al ruolo di grande consigliere e tessitore di trame a favore di Calvi?

Carboni non disponeva come Gelli di una loggia P2 pazientemente costruita, anche se pensava di servirsi di un »gruppo per gli stessi fini del maestro venerabile. Ma come Gelli, e non diversamente da Pazienza, Carboni poteva giovarsi di rapporti politici in varie direzioni, e in primo luogo con la Democrazia cristiana, di cui avrebbe sponsorizzato l'elezione a segretario di Ciriaco De Mita.(9)

In questo senso vi è una continuità tra la P2 e la stagione post piduista, fra Gelli e i suoi epigoni. Ciascun personaggio che ha provato a collocarsi al centro di una ragnatela di rapporti e di interessi ha potuto sviluppare le sue manovre soltanto grazie alle coperture di uomini politici. In ciò Carboni, diversissimo da Gelli, mostra degli elementi di affinità. Egli comprende e realizza la formula tipica del faccendiere: mettersi cioè all'incrocio degli interessi e degli scambi degli uomini politici sul terreno dell'illegalità e della guerra per bande e su di esso far fiorire dei collegamenti e delle organizzazioni specializzate.

Tale il terreno di coltura su cui ha prosperato la P2 originaria di Gelli. Ed è esattamente il medesimo su cui sono cresciuti i fenomeni prima di Pazienza e poi di Carboni. E' per questo che dopo la P2, vi sono di già e vi potranno essere tante altre P... con diversa apparenza ma analoga sostanza.

NOTE

1. Memoriale di Emilio Pellicani consegnato al giudice Drignani il 9 dicembre 1982, pubblicato in All. (T.), vol. III, tomo XX, pp. 213 282.

2. Ibidem.

3. Ibidem.

4. Tutte queste circostanze sono riferite dal Memoriale di E. Pellicani, cit., e trovano conferma nelle audizioni alla Commissione P2 dello stesso Pellicani oltre che di altri testimoni.

5. Oltre ai rapporti ad alto livello, Carboni era organicamente inserito e collegato con la malavita. Queste le conclusioni del giudice istruttore Domenico Sica che così scrive nelle conclusioni dell'istruttoria sulla associazione di malfattori romani, depositata al Tribunale di Roma nel maggio 1985:

»Elemento importante dell'associazione sin qui delineata è Flavio Carboni. Ben introdotto in qualsiasi ambiente, ma valutato in modo negativo persino da Francesco Pazienza, frequentatore assiduo di prelati e di uomini politici, servizievole organizzatore di festicciole riservate e capace di procacciare qualsiasi cosa a chicchessia, il Carboni non ha mai nascosto una sua frequentazione della malavita di alto livello. Durante il sequestro dell'on. Moro, ad esempio, al giornalista Giuseppe Messina incontrato su invito di Benito Cazora, ebbe modo di dichiararsi latore di un messaggio degli ambienti direttivi della mafia siculo americana; prospettò un incontro a Roma con uno dei capimafia "in un ufficio della Procura Generale"; dichiarò poi che la mafia non intendeva occuparsi oltre della faccenda; riferì d'essersi ripetutamente recato apposta a Palermo.

Peraltro sono assolutamente pacifici ed ammessi i rapporti intensivi e antichi del Carboni con il Diotallevi, il Faldetta, il Calò ed il Balducci. Ma si deve ritenere che il Carboni frequentasse anche Danilo Abbruciati anche se egli lo nega. Riesce molto difficile supporre che il Carboni possa essere estraneo alla vicenda dell'attentato Rosone, opera - come è noto - dell'Abbruciati .

»Dei rapporti del Carboni F. con altri esponenti di gran rilievo della malavita organizzata esistono parecchie tracce.

»Riferisce, ad esempio il D'Amico Pasquale collaboratore di Raffaele Cutolo, che il Cutolo stesso gli aveva affidato l incarico di sopprimere il Carboni F., definito "trafficante coinvolto in affari illeciti, abitante a Roma di origine sarda". Partecipanti all'attentato, secondo il D'Amico, dovevano essere anche Selis N., Antonucci P., Serra G., tal Claudio. Il Claudio stesso (forse poi transitato nella banda di Laudavino De Santis) gli aveva mostrato la villa del Carboni all'EUR. Riferisce ancora il D'Amico che l'attentato era stato commissionato dall'avv. Gangemi Francesco, di Reggio Calabria e che poi non era più avvenuto perché Cutolo aveva mutato idea: infatti (periodo: fine 1979) il camorrista Vincenzo Casillo aveva stretto un patto di alleanza con i "romani" ed in particolare con il gruppo facente capo al Carboni. Di tale gruppo facevano parte - in posizione di preminenza - due stretti collaboratori del Carboni stesso, Danilo Abbruciati e Ernesto Diotallevi, al quale facevano anche una specie di guard

ia del corpo.

»A sua volta Lucioli Fulvio, altro personaggio di notevole spicco della malavita romana, riferisce d'aver appreso da Abatino Maurizio nel 1981/1982 che quegli conosceva il Carboni Flavio, che sapeva legato al temibile gruppo di Abbruciati, De Pedis, Pernasetti, Frau, Toscano Colafigli e dedito a tutte le attività illecite immaginabili (dal traffico di eroina, ai sequestri di persona, ricettazione, rapine). A dire dell'Abatino, il denaro era investito (verosimilmente) dal Carboni con un interesse mensile del 10%.

»A dire del medesimo Abatino Maurizio, il Carboni aveva riciclato il denaro proveniente dal gruppo Giuseppucci; i rapporti con l'Abbruciati e gli altri risalivano al 1977. Infine una nota obiettiva: quella del panico corrente nel gruppo e che il Lucioli percepì, all'atto dell'arresto del Carboni, nella prospettiva che egli "potesse parlare". Appaiono anche indicative, per la ricostruzione della figura del Carboni, le dichiarazioni di Melluso Giovanni e le precisazioni ulteriori del D'Amico. Vigono poi i riferimenti di persone assai vicine all'affarista: del Merluzzi circa l'abilità del Carboni di ottenere licenze edilizie impossibili, di Pellicani e Silipigni per quanto riguarda gli affari di ricettazione di gioielli e di denaro di illegittima provenienza, della stessa Angelini (la suocera del Diotallevi) per gli usi con gli uomini politici che lo avevano aiutato per le licenze .

6. Cfr. Audizione di Flavio Carboni alla Commissione P2 del 24 febbraio 1983.

7. Interrogatorio di Carlo Caracciolo al giudice Sica del 12 aprile 1983 in All. (T.), vol. III, tomo XXII, p. 402.

8. Intervista di F.U. D'Amato a »la Repubblica dell'8 luglio 1984.

9. La circostanza del sostegno di Carboni attraverso Angelo Roich all'elezione di De Mita a segretario della DC è contenuta nel memoriale di Emilio Pellicani consegnato al giudice Drignani il 9/12/1982 e nella audizione di Flavio Carboni alla Commissione P2 del 24/2/1983, entrambi pubblicati in All. (T.). vol. III. tomo XX, pp. 213 282.

 
Argomenti correlati:
corruzione
sugarco
Andreotti giulio
de mita ciriaco
corona armando
pisanu giuseppe
pellicani emilio
stampa questo documento invia questa pagina per mail