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Sciascia Leonardo - 16 febbraio 1986
Il maresciallo e Sua Eccellenza
di Leonardo Sciascia

SOMMARIO. Mentre si apre a Palermo "il grande processo" [il cosiddetto maxiprocesso" alla mafia, n.d.r.], Sciascia sottolinea un episodio accaduto al processo in corso nella seconda sezione di corte d' Assise, a poca distanza dall'altro: in questa sede, nel corso della sua deposizione, il maresciallo dei carabinieri Vincenzo Bucca, richiesto di dare il nome di un personaggio "noto e influente" di Collesano, faceva il nome del Primo presidente della corte d'appello di Palermo, Giovanni Pizzillo. Il giorno seguente, però, il maresciallo forniva una versione edulcorata dell'interessamento del magistrato alle vicende cittadine...

"Inquietante l'affermazione del giorno 12 - avverte Sciascia - ancora più inquietante la "correzione di tiro" del giorno dopo".

(CORRIERE DELLA SERA, 16 febbraio 1986)

Il grande processo comincia lentamente ad avviarsi. Ci vorrà almeno un mese perché entri nel vivo e ancora molti mesi perché l'istruttoria si svolga nel dibattimento. Intanto, gli inviati dei giornali non sanno che fare per animare i loro resoconti, per colorirli, per dargli quella vivacità che i lettori si aspettano. Eppure, qualcosa di più interessante da fare ci sarebbe, basterebbe, per esempio, spostarsi dalla grande aula in cui si svolge il processo massimo a quella del palazzo di giustizia in cui, nella seconda sezione della corte d'assise, se ne svolge uno più piccolo, a carico di dieci esponenti (si capisce presunti) della cosiddetta "mafia di Collesano". Tra gli imputati sono il veterinario del paese e il figlio dell'ex sindaco.

Nell'udienza del giorno 12, questo processo ha avuto strabilianti battute. Deponeva il maresciallo dei carabinieri Vincenzo Bucca. L'avvocato Angelo Bonfiglio, ex presidente della regione siciliana e attualmente deputato al parlamento, gli chiede chi fosse quel personaggio "noto e influente" alla cui morte gli equilibri della mafia di Collesano sono saltati ed è cominciata, tra le cosche, guerra aperta.

Il maresciallo, che ciò aveva scritto in un suo rapporto, tranquillamente risponde che l'uomo dell'equilibrio era "sua eccellenza Giovanni Pizzillo, già primo presidente della corte d'appello di Palermo".

Il cronista registra il silenzio, l'imbarazzo, lo scambio di sguardi tra giudici e avvocati. Poi l'avvocato Bonfiglio invita il pubblico ministero a prendere atto della dichiarazione e, conseguentemente, a chiamare come teste il dottor Pizzillo. "Non si può," risponde il pubblico ministero, "l'alto magistrato è morto da tre anni." Che fosse morto, il maresciallo l'aveva già detto nel suo rapporto: né l'avvocato Bonfiglio poteva ignorarlo, come nemmeno noi lo ignoriamo.

L'indomani, chiamato a precisare la sua affermazione, il maresciallo dichiara: "Il dottor Pizzillo era molto affezionato a Collesano, suo paese d'origine, e teneva molto che non succedesse nulla di brutto... Fino a quando l'alto magistrato era vivo, nessuno si era mai permesso di commettere azioni criminose... I suoi compaesani nutrivano un particolare riguardo nei suoi confronti, fino al punto da evitare di commettere azioni delittuose che avrebbero potuto costituire offesa per sua eccellenza."

La cronaca di questa udienza, il Giornale di Sicilia la intitola: "Il maresciallo corregge il tiro: Pizzillo era giusto ed amato."

Inquietante l'affermazione del giorno 12. Ancora più inquietante la "correzione di tiro" del giorno dopo.

 
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