di Giancarlo Arnao(Notizie Radicali n· 54 del 5 marzo 1986)
SOMMARIO: Le risposte di Giancarlo Arnao alle domande rivolte dalla Commissione d'inchiesta del Parlamento europeo sul fenomeno della diffusione delle droghe. Le conseguenze del proibizionismo della droga: alto prezzo di acquisto e diffusione di piccola criminalità che coinvolge anche soggetti insospettabili; produzione e traffico gestiti da multinazionali del crimine con interessi economici tali da corrompere le stesse strutture repressive. Opportuna, secondo l'autore, la proposta radicale di legalizzazione del mercato della droga.
Abuso di droga
1) Quant'è grave secondo lei il problema della droga in questo momento: per quanto riguarda l'eroina, la cocaina, altre droghe pesanti fra cui quelle sintetiche, le miscele (alcool più medicine)? Quali tendenze nota nei consumi e verso quali sostanze?
2) Cosa pensa del rapporto fra le cosiddette droghe di iniziazione (cannabis/alcool/tranquillizzanti) e l'aumento dell'abuso di droghe a livello internazionale?
Fabbricazione illecita e colture sostitutive
3) Quali misure raccomanda per combattere la coltivazione e la produzione di droghe illecite?
Strumenti giuridici
4)Quali misure raccomanda contro i trafficanti di droga (ben diverse da quelle riguardanti i piccoli spacciatori) avvalendosi di tutti gli strumenti di cui le autorità dispongono?
5) Quali strutture amministrative sarebbero necessarie nel suo paese per combattere più efficacemente la diffusione della droga?
6) Quali misure raccomanda per combattere la diffusione della droga e il moltiplicarsi della piccola criminalità ad essa legata?
Assuefazione
7) Quali misure bisognerebbe prendere per aiutare i tossicomani? In particolare quali forme di cure occorre prevedere sia su base obbligatoria sia volontaria?
8) Cosa occorre fare per impedire in primo luogo l'assunzione di droghe da parte dei giovani? Quale funzione dovrebbero svolgere in tal senso gli insegnanti, i genitori, gli ex tossicomani etc.? Qual è il peso relativo di ciascuno di essi? Cosa occorre fare per sensibilizzare maggiormente l'intera società sui pericoli delle droghe pesanti? Sotto questo profilo sono state fatte esperienze positive?
Liberalizzazione
9) Qual è la sua reazione agli inviti di alcuni ambienti a liberalizzare il commercio di droga?
Intervento della Comunità europea
10) Cosa ritiene che le Istituzioni della Comunità dei Dodici possano fare per contribuire ad affrontare il problema della droga e il suo abuso?
(Nel rispondere a questa domanda si prega di far riferimento ai paragrafi da 1 a 9 di cui sopra).
11) Qual è a suo avviso la misura più importante che potrebbe essere presa a livello europeo per combattere l'abuso di droghe?
Risponderò al questionario inviatomi in alcuni casi con riferimento ai singoli punti, in altri accomunando diverse domande che appaiono legate allo stesso ordine di problemi.
Domanda 1
Nel 1985 si è registrata in Italia per la prima volta una decisa diminuzione del numero dei morti (da 379 del 1984 ai 233 del 1985) per abuso di eroina. Ciò potrebbe indicare: a) che il numero dei consumatori è diminuito, b) che le modalità di uso stanno evolvendosi verso un uso occasionale o non dipendente, oppure c) che sono migliorati gli strumenti conoscitivi ed operativi per evitare eventi letali. Ovviamente queste tre ipotesi possono anche sovrapporsi. Riguardo alla cocaina si ha l'impressione che l'uso sia in crescita, ma mancano valutazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dell'abuso della sostanza. Poco o nulla si sa del consumo di altre droghe illegali definibili »pesanti . Riguardo alle miscele alcool+medicine sono stati espressi da alcuni studiosi motivi di preoccupazione; in particolare, una ricerca del ministero dell'Interno su 200 casi di morte per presunta overdose di eroina nel 1984 ha constatato che 71 (35.5%) erano provocati da associazione di eroina con alcool e 21 (10.5%)
da eroina associata a psicofarmaci (cfr. »Corriere della sera , 25 luglio 1984). Ciononostante, il fenomeno è stato largamente ignorato sia dai mass media che dalle autorità.
Domanda 2
Il rapporto fra le cosiddette »droghe di iniziazione e l'abuso di altre sostanze più pericolose (questo mi sembra essere il senso della domanda, peraltro non molto chiara) non mi sembra possa essere definito di causalità diretta, nel senso che le seconde vengono usate perché erano state usate le prime. Ritengo in proposito valida l'ipotesi di diversi autori, secondo cui l'incidenza positiva dell'uso di determinate sostanze in soggetti che ne hanno usate altre è semplicemente l'espressione di una tendenza generica all'uso di sostanze psicotrope (cfr. Comm. of inq. 1973, p. 736, Kaplan 1970, pp. 239-240, Schofield 1971, p. 103, Goode 1972, p. 247). Per quanto riguarda la cannabis, diversi autori hanno affermato che il passaggio dall'uso di questa sostanza ad altre droghe illegali potrebbe essere indirettamente causato dai contatti con il mercato nero che sono inevitabili per i consumatori di una sostanza illegale come la cannabis (cfr. Bull of who n. 32, 1965; Government Publishing Office, par. 2.1.3; Comm. o
f Inq. 1972, p. 310; O'Donnel 1985, p. 149).
Domande 3, 4, 5, 6, 10, 11
A mio parere tutte queste domande possono essere raggruppate, nella misura in cui esse mettono in questione la validità di una strategia politica complessiva, che è in comune a tutti i paesi del mondo: il tentativo di risolvere il problema dell'abuso di droghe attraverso strumenti legislativi e repressivi.
Questa strategia che definiremo controllo legale, è in atto oramai dall'inizio del secolo, ed è quindi possibile e necessario un bilancio della sua funzionalità.
Obiettivi e risultati del controllo legale verranno esaminati dettagliatamente nei prossimi paragrafi.
Obiettivi del controllo legale
Si può ritenere che il prototipo delle leggi sul controllo degli stupefacenti sia l'Harrison Act, promulgato in Usa nel 1914. I suoi obiettivi erano essenzialmente:
1) tutela individuale, cioè prevenzione dei danni alla salute fisica e psichica provocati dall'uso delle droghe ai singoli consumatori;
2) tutela sociale, cioè protezione della collettività dai comportamenti messi in atto dai soggetti che si trovano sotto gli effetti delle droghe.
Tali obiettivi vengono perseguiti attraverso la repressione, schematicamente articolata su due livelli:
a) repressione diretta, che tende a dissuadere i potenziali consumatori attraverso misure penali che colpiscono i comportamenti legati all'uso;
b) repressione indiretta, che limita la disponibilità delle sostanze attraverso misure penali sulla protezione e sul traffico.
Risultati del controllo legale:
1) Tutela individuale.
dal punto di vista sanitario, la politica di controllo legale ha coinciso con la comparsa di un quadro patologico molto diverso da quello tipico della tossicodipendenza che era abituale all'inizio del secolo: una patologia non direttamente collegabile con l'azione tossica delle droghe, ma con le condizioni di illegalità; in particolare: a) condizioni di vita cui i tossicodipendenti sono costretti dalle condizioni di emarginazione sociale e dall'alto costo delle droghe al mercato nero; b) incontrollabilità quantitativa e qualitativa delle sostanze; c) difficoltà di assistenza medica e di rilevazioni epidemiologiche inerenti ad un comportamento illegale e quindi necessariamente clandestino.
A queste argomentazioni, ampiamente dibattute a livello politico e scientifico, occorre aggiungere qualche considerazione.
Occorre innanzitutto ricordare che l'esistenza di controlli legali ha indotto i trafficanti ad operare in condizioni in cui si ottiene il massimo profitto a parità di rischio. Di conseguenza:
a) le sostanze più potenti (e quindi più pericolose), come eroina e cocaina, vengono preferite a quelle meno potenti (cannabis);
b) i prodotti raffinati chimicamente (eroina, morfina, cocaina) vengono preferiti ai rispettivi prodotti vegetali da cui derivano (oppio, coca) (cfr: Brecher 1972, pp. 42-46 e Kaplan 1983, p. 62).
Un altro fenomeno sottovalutato è la trasformazione della tipologia dei tossicodipendenti che è avvenuta a partire dalla instaurazione del controllo legale. La figura tipica dei tossicodipendenti dall'inizio del secolo era di soggetti di età matura, di classe media, inseriti nel contesto sociale e produttivo, per cui il ricorso alla droga era un »vizio strettamente individuale, slegato da qualsiasi significato di identificazione collettiva:
»I tossicodipendenti non mostrano alcuna particolare coesione o complicità di gruppo: (...) non avevano elaborato alcuna ideologia sugli effetti delle diverse sostanze, nessuna giustificazione per usarle, nessuna scala di valori nell'ambiente dei consumatori, nessun rifiuto del mondo dei consumatori (Goode 1972, p. 193).
Dopo l'avvento del controllo legale, la tipologia dei tossicodipendenti si è completamente trasformata: essi sono in prevalenza giovani o giovanissimi, emarginati, e di classi sociali inferiori. Contestualmente i tossicodipendenti hanno mostrato una tendenza a collegarsi tra loro, ad aggregarsi in gruppi devianti, ad elaborare un sistema di valori centrati sull'uso della droga, in opposizione alla società e alle istituzioni. In altre parole, l'uso di droghe si è trasformato da vizio solitario in una specie di »subcultura che sviluppa un potenziale di attrazione e di proselitismo su molti giovani (cfr. Brecher 1972, p. 7; Goode 1972, p. 195; Kaplan 1983, p. 65).
Sotto questo aspetto, si può ritenere che il controllo legale abbia agito, su una fascia rilevante della popolazione giovanile, come elemento di attrazione anziché di deterrenza rispetto al consumo di droghe e ai relativi rischi.
E' d'altra parte innegabile che il controllo legale abbia esercitato un effetto deterrente sull'uso delle sostanze illegali rispetto alla maggioranza della popolazione. Tale effetto potrebbe derivare sia da quella che abbiamo definito »repressione diretta , sia dal fatto che l'illegalità del traffico ha contribuito in maniera decisiva a determinare l'alto prezzo di acquisto della droga sul mercato nero.
L'ipotesi che il timore della repressione costituisca di per sé un fattore centrale di dissuasione è tutt'altro che provata. Essa è stata fra l'altro messa in discussione dalla Commissione nazionale Usa; »Le scienze sociali hanno dimostrato che la minaccia di sanzioni penali è molto più efficace nella repressione di attività strumentali (cioè considerate come mezzi per ottenere un determinato scopo) che non nella prevenzione di comportamenti che vengono considerati come espressione della propria individualità. L'indifferenza dei comportamenti "espressivi" rispetto alla possibilità della punizione è particolarmente forte quando l'individuo non ritiene che la sua condotta sia immorale. Era prevedibile che la legge avesse un effetto dissuasivo relativamente ridotto sul consumo di droga (Nat. Comm. 1973, p. 251).
Si può quindi ritenere che l'aumento del prezzo di acquisto delle droghe costituisca il principale elemento di dissuasione dal consumo determinato dal controllo legale. In una prospettiva storica, il controllo legale ha certamente contribuito a ridurre il numero dei tossicodipendenti, almeno per quanto riguarda gli Usa (l'unico paese di cui esistono statistiche attendibili). Vi è tuttavia chi ritiene che »anche se i tossicodipendenti costituivano prima del 1914 una frazione della popolazione più alta di quella attuale, la tossicodipendenza era allora tanto meno distruttiva per le persone e tanto meno costosa per la società che il bilancio è chiaro: è difficile negare che il problema dei narcotici è diventato molto più grave (...) dopo il passaggio dell'Harrison Act (Kaplan 1983, p. 65).
Risultati del controllo legale:
2) Tutela sociale
Come si è visto, l'alto prezzo di acquisto della droga costituisce il principale fattore di dissuasione dell'uso da parte dei potenziali consumatori.
D'altra parte lo stesso fenomeno costituisce un elemento centrale nella dinamica fra repressione e traffico di droga con importanti riflessi sul problema della tutela sociale.
Il più noto fra gli effetti dell'alto costo della sostanza sta nel fatto che i tossicodipendenti sono indotti a comportamenti illegali. Ciò determina una diffusione di piccola criminalità, che costituisce oggi un grave problema sociale in Europa e in tutto il mondo industrializzato. Stime provenienti da tutti i paesi fanno ritenere che una parte consistente (se non maggioritaria) dei reati contro la proprietà sia opera dei tossicodipendenti.
Ma la conseguenza più importante riguarda la trasformazione della struttura del traffico illegale, che negli ultimi due decenni si è andata manifestando con crescente evidenza.
Tale trasformazione si è concretata su un duplice livello : a) distribuzione e b) grosso traffico.
A) A livello della distribuzione, la trasformazione dei tossicodipendenti in rivenditori al dettaglio ha creato una vasta rete capillare attraverso cui il mercato nero ha potuto diffondersi a macchia d'olio senza difficoltà: la »promozione della merce droga avviene infatti nel contesto di rapporti di amicizia o di gruppo anziché attraverso rischiosi approcci da parte di pusher professionali. Ciò contrasta con il diffuso luogo comune che gli artefici della diffusione delle droghe siano i cosiddetti »spacciatori agli angoli delle strade: la fallacia di questa visione è stata dimostrata da molte ricerche (cfr. Kaplan 1983, p. 27: Hughes et al. 1971: Hunt Chambers 1976).
La capillarità e l'estensione della rete distributiva è potenziata dalla sua parziale sovrapposizione con il mercato illegale di una sostanza come la cannabis che è molto diffusa fra i giovani occidentali.
I profitti del mercato illegale a livello di distribuzione hanno negli ultimi tempi determinato un fenomeno su cui non è stata esercitata, a mio parere, sufficiente attenzione; il coinvolgimento nel piccolo spaccio di soggetti che non hanno alcun legame né con la criminalità né con la subcultura della droga. In Italia, la vendita al dettaglio dell'eroina viene eseguita spesso da minorenni, mandati sulla strada da parenti adulti o da amici perché non responsabili penalmente. Lo stesso fenomeno era stato segnalato a New York già nel 1976, dopo l'inasprimento delle misure contro gli spacciatori decretato dal sindaco Rockefeller (cfr. »New York Post , 9 dicembre 1976). Evidentemente ciò crea le condizioni per l'iniziazione alla droga in adolescenti che altrimenti non ne avrebbero alcun motivo. In Italia, il fenomeno investe altre categorie »insospettabili (impiegati, pensionati, casalinghe) nonché giovani disoccupati, che nel nostro paese sono, come altrove in Europa, numerosissimi. Un giovane tossicodipendente
, intervistato dalla stazione tv »Retequattro il 18 aprile 1985, ha affermato che il suo primo contatto con l'eroina era stato determinato dalla sua decisione di fare qualche facile guadagno vendendola: insomma, un meccanismo inverso a quello dello stereotipo dominante.
B) A livello di produzione e traffico non occorre spendere molte parole su un fenomeno che è sotto gli occhi di tutti; l'inarrestabile evoluzione della gestione delle attività illegali verso strutture supernazionali ad altissimo livello di profitto e di potere, con il coinvolgimento di istituzioni economiche e politiche, in un intreccio di legalità formale e illegalità sostanziale che rende quasi impossibile una efficace azione repressiva su gradini più elevati.
L'intervento diretto sulla produzione nei paesi di origine (trasformazione delle colture) appare problematico per l'elevato livello degli interessi economici che va a toccare: sia quelli delle popolazioni agricole (che, pur ricavando somme irrisorie rispetto a quelle realizzate dai trafficanti, guadagnano comunque molto di più che dalla coltivazione di altri prodotti agricoli, peraltro non sempre realizzabili) (cfr. Kaplan 1983, p. 70), sia di quelli dei governi dei paesi interessati. Secondo Kaplan, una trasformazione delle colture di oppio è possibile in prospettiva soltanto in paesi i cui governi hanno un minimo di controllo sulle popolazioni agricole; e questo non appare ancora possibile nei paesi di maggior produzione, come Thailandia (50 tonnellate di oppio prodotte nel 1979), Laos (50 tonnellate), Burma (500), Afghanistan (800), Pakistan (800-1000) nonché Iran (produzione non valutabile ma probabilmente notevole). D'altra parte, tutti i paesi produttori sono per tradizione anche consumatori di oppio e
da qualche tempo hanno anche problemi di tossicodipendenza da eroina; è quindi inevitabile che, qualora la produzione venga soppressa, l'oppio sia importato clandestinamente da paesi limitrofi, con gravi effetti sulla bilancia commerciale. Questo fenomeno si era verificato in Iran negli anni '60 (cfr. Lampour- Lamberti 1973, pp. 178-179; Cabinet Committee: »Word Oppium Survey 1972, pp. 431-451, cit. da Kaplan 1983, p. 70). Molto più di recente, la situazione si è creata in Pakistan, dove una riduzione della produzione di oppio è stata seguita da massicce importazioni dall'Afghanistan (cfr. l'intervista del direttore dell'Unfdac al »Corriere della sera , 4 settembre 1985). Ne consegue che una eventuale sostituzione delle colture, per essere efficace, dovrebbe avvenire contestualmente in tutti i paesi di una determinata area geografica (cfr. Kaplan 1983, pp. 68-72).
L'eccezione a livello di interessi economici coinvolti dal traffico si riflette poi in una elevata incidenza di episodi di corruzione, che investe anche le istituzioni repressive. E' ben noto il caso accaduto a new York nel 1970, quando mezza squadra narcotici è stata incriminata perché corrotta dai trafficanti. Secondo Kaplan, »la misura esatta della corruzione nella repressione del traffico non è conosciuta. Molti di coloro che hanno esaminato il problema ritengono che il fenomeno coinvolga più di un agente su tre (Kaplan 1983, p. 97). Lasciando a Kaplan la responsabilità della sua affermazione, mi sembra sia il caso di riflettere su quale possa essere realisticamente il livello di corruzione in paesi meno solidamente organizzati degli Usa, come sono appunto quelli in cui la droga viene prodotta.
Circa l'infiltrazione delle organizzazioni criminali del traffico nelle istituzioni economiche e statuali, voglio ricordare soltanto un documento dell'ufficio internazionale di controllo sugli stupefacenti dell'Onu secondo cui »la produzione e il traffico illegale hanno raggiunto proporzioni così vaste, e le transazioni finanziarie hanno mobilitato somme di così incredibile dimensione, da minacciare la stabilità economica e politica di alcuni paesi (»The journal gennaio 1981, p. 11). E' da notare che questa dichiarazione si riferisce alla situazione del 1981, verosimilmente meno grave di quella odierna. In Italia, un'indagine del Censis ha riscontrato che il traffico di droga ha un fatturato annuo valutato fra i 25.000 e i 35.000 miliardi di lire, pari al 25% circa del fatturato globale di tutte le attività criminali: esso impiega da 20.000 a 30.000 persone (cfr. la »Repubblica , 25 settembre 1985). E' noto che il traffico di droga costituisce una delle attività essenziali delle grandi organizzazioni crim
inali: mafia e camorra. Secondo il generale Bisognero (comandante dei carabinieri) gli enormi capitali forniti dal traffico di droga consentono alla mafia di inserirsi sempre più nell'alta finanza (dichiarazione alla Commissione antimafia del Parlamento italiano, cit. su »Il resto del carlino , 12 settembre 1985).
La misura delle difficoltà determinate da questa situazione rispetto al controllo legale è data dai risultati concreti delle »operazioni antidroga . Al di là delle notizie clamorose occasionalmente trasmesse dai mass-media, è opinione incontrastata degli addetti ai lavori che le istituzioni repressive riescono a sequestrare complessivamente quantitativi di tale livello da non incidere sostanzialmente sulla disponibilità della droga sul mercato al dettaglio. Secondo autorità ufficiali Usa, soltanto il 5% di eroina che attraversa i confini del paese viene intercettato (cfr. US Customs service: »Oversight hearings on Narcotic Abuse Current Federal International Narcotic Control Effort , 94th Cong., 2nd sess., 1976, p. 427, cit. da Kaplan 1983, p. 77). Stime della Dea hanno riportato che nel 1982 sono state importate in Usa 4,08 tonnellate di eroina contro le 3,89 del 1981 (cfr. »US news World Report , 6 febbraio 1984, p. 52)
Alcune valutazioni sulla criminalità indotta dal traffico illegale e sulle prospettive di questa valutazione sono state espresse recentemente da Milton Friedman: »Si stima che da un terzo a metà di tutti i reati di natura violenta o contro la proprietà negli Stati Uniti siano commessi o da tossicomani dediti ad attività criminali per finanziare la loro abitudine, o da scontri tra gruppi rivali di spacciatori o nel corso dell'importazione e della distribuzione di droghe illegali. (...)
Di più, tossicomani e spacciatori non sono i soli ad essere corrotti. Quando sono in gioco somme immense, è inevitabile che qualche poliziotto (...) o qualche funzionario pubblico (...) soccomba alla tentazione del facile arricchimento (Friedman 1984, p. 145)
»Finche vi sono collegate grosse somme di denaro -e non può essere altrimenti se le droghe sono illegali- è letteralmente impossibile arrestare il traffico o anche soltanto ottenere una seria riduzione della sua ampiezza (Friedman 1984, p. 147).
Sul piano della tutela sociale (cioè, come si è detto, della salvaguardia della collettività dai comportamenti criminali legati all'uso di droghe) il bilancio del controllo legale appare poco convincente, se considerato in una prospettiva storica.
All'inizio del secolo, sebbene il fenomeno dell'abuso di droghe fosse quantitativamente pari o superiore a quello odierno, esso non provocava alcun rischio per la collettività. Allo stato attuale, il tentativo di limitarlo attraverso il controllo legale ha creato due grosse aree di criminalità: 1) a livello del consumo, una enorme diffusione di criminalità spicciola; 2) a livello di produzione e traffico, lo sviluppo di potenti strutture di crimine organizzato.
Si può quindi concludere speculando che la diffusione della criminalità potrebbe essere il prezzo che siamo costretti a pagare per non aumentare i rischi connessi alla tutela individuale dei potenziali consumatori.
Così posto, il problema può apparire insolubile. Occorre però ricordare che il controllo legale non è necessariamente l'unico strumento che abbiamo a disposizione.
Domanda 7
Le ricerche hanno messo in evidenza che le metodologie di intervento per la tossicodipendenza e per l'abuso di droga possono classificarsi in quattro principali categorie:
1) Disintossicazione (trattamento della sola dipendenza fisica) (Dt)
2) Comunità terapeutiche (Ct)
3) Mantenimento con metadone (Mm)
4) Trattamenti ambulatoriali (Ta)
Numerose ricerche hanno vagliato l'efficacia dei diversi tipi di trattamento. Esse costituiscono un parametro significativo, che però non può essere applicato in prospettiva alla totalità della popolazione dei tossicodipendenti, in quanto gli studi sono riferiti a soggetti che erano entrati in contatto con le istituzioni in seguito ad un processo di selezione: tale selezione era sia soggettiva (cioè frutto di una scelta dei soggetti), sia oggettiva (cioè esercitata dagli operatori dei servizi di assistenza). I valori che ne risultano vanno quindi ragionevolmente ridimensionati, se si vogliono applicare alle reali potenzialità delle rispettive modalità di intervento rispetto alla massa dei tossicodipendenti. Le ricerche hanno naturalmente valutato la validità dei trattamenti a distanza di un certo tempo (almeno un anno), dato che le recidive sono molto frequenti.
In sintesi, le ricerche fino ad ora eseguite hanno mostrato che:
a) I soggetti trattati con i sistemi Ct, Mm e Ta hanno fatto riscontrare risultati migliori di quelli sottoposti a Dt e a quelli non sottoposti ad alcun trattamento.
b) Tutte le ricerche hanno constatato una notevole incidenza di recuperi anche nei soggetti non trattati.
c) Nessun sistema ha mostrato un'incidenza di successi significativamente superiore agli altri, o preponderante rispetto ai casi non trattati: per dare un esempio, la ricerca Darp dell'Università del Texas ha constatato che, a distanza da due dalla fine del trattamento, la variabile »uso quotidiano di oppiacei (considerata un indicatore dell'efficacia del trattamento) era presente nel 50% dei soggetto trattati con Mm, nel 50% di quelli trattati in Ct, nel 52% di quelli soggetti a Ta, nel 65% dei soggetti sottoposti a Dt, nel 59% dei soggetti non trattati (cfr. Nida 1982, pp. 6-7).
d) Non è stato fin ora individuato alcun criterio per stabilire a priori la compatibilità delle diverse tecniche ai singoli individui o gruppi di individui (cfr. Bale et al. 1980, Burt et al. 1980, Nida 1982, Sells-Simpson 1979, Simpson 1981).
Una ragionevole conclusione di queste considerazioni è che non esiste, o non è stata ancora identificata, una metodologia specifica per il trattamento dell'abuso di droghe e della tossicodipendenza (cfr. Nida 1982, p. 14).
Di conseguenza, mi sembra che l'approccio più efficace rispetto al problema del trattamento sia quello di offrire la più ampia gamma di metodologie di interventi, dalla Ct al mantenimento con metadone o altri sostitutivi. Al contrario mi sembra che la tendenza a considerare la Ct come l'unico possibile trattamento dell'abuso di droga sia del tutto slegata dal bagaglio di conoscenze scientifiche che abbiamo a disposizione. Tale tendenza è tanto più grave in quanto essa è condivisa in Italia (e probabilmente in altri paesi europei) da gran parte dell'opinione pubblica e della classe politica.
Domanda 8
L'attuale impostazione della politica sul problema della droga è, a mio parere, minata da presupposti inconciliabili con gli obiettivi che possiamo realisticamente proporci. Il discorso sull'educazione/prevenzione non può quindi prescindere da una serie di considerazioni sull'impostazione »culturale del problema.
In breve:
1) Sotto il profilo scientifico, non esiste alcuna differenza qualitativa fra le cosiddette »droghe e le sostanze psicoattive legalmente usate nella nostra società.
2) Sostanze psicoattive legali ed illegali sono diffuse in tutto il mondo.
3) L'uso di sostanze psicoattive è documentato nella storia sino dagli albori della civiltà.
I punti critici che invalidano l'impostazione culturale della politica del controllo legale sono, a mio parere: 1) l'identificazione del concetto di »illegalità con quello di »patologia ; 2) la discriminazione fra normalità ( =legalità) e patologia ( =illegalità) è basata sulle sostanze anziché sui comportamenti e sulle conseguenze provocate dal loro uso. Da questi presupposti deriva necessariamente una informazione ideologica, uno dei cui aspetti più emblematici è rappresentato dal diffuso slogan di »lotta alle droghe , vale a dire dal postulato che l'uso di qualsiasi persona in qualsiasi circostanza è un fenomeno patologico.
»Gran parte del dibattito politico tende a focalizzarsi sulle droghe in sé, attribuendo loro una straordinaria potenzialità di sopraffare la mente umana. Molto spesso i politici percepiscono la droga come le generazioni del passato percepivano la stregoneria e la magia nera. L'obiettivo dell'intervento sociale è l'esorcismo: ogni nuova tecnica di trattamento, di educazione o di prevenzione è lanciata come l'ultimo stratagemma per estinguere le forze del male.
»Seppure le proprietà chimiche delle varie droghe siano importanti, non vi è nulla di mistico o di soprannaturale nei loro effetti. Sono i comportamenti associati con l'uso di droghe (...) che dovrebbero fornire le basi dell'intervento politico: questi sono effetti pratici e tangibili che tutti possono capire (Nat. Comm. 1973, p. 3).
L'esperienza di molti paesi sembra aver dimostrato che l'informazione di tipo »ideologico ha un'efficacia molto discutibile. Da una parte, la »forma del messaggio lo rende poco credibile agli interlocutori (che sono generalmente giovani). Dall'altra, i »contenuti non hanno alcuna utilità pratica, nella misura in cui ignorano (e inducono a ignorare) le enormi differenze di rischi collegate alle diverse circostanze di uso.
Di conseguenza, d'accordo con altri studiosi ritengo che l'unico strumento efficace contro i danni dell'abuso di droghe sia un'informazione oggettiva sugli effetti delle sostanze legali ed illegali, con un particolare accento sulle modalità e le circostanze di uso.
Domanda 9
Da quanto ho scritto in risposta alle domande, 3, 4, 5, 6, 10, 11, risulta evidente che la politica di controllo legale non mi sembra destinata ad ottenere risultati positivi in tempi prevedibili.
In prospettiva, occorre ricercare strumenti alternativi al controllo legale per indurre la gente a prendere coscienza dei rischi dell'abuso di droghe. Nell'immediato esiste la possibilità di una serie di soluzioni intermedie (legalizzazione e/o decriminalizzazione di alcune sostanze e comportamenti, sull'esempio di quanto è stato fatto, in alcuni paesi) che potrebbero interrompere alcuni di quei meccanismi che hanno determinato il fallimento della politica del controllo legale.