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Bedjaoui Mohamed - 5 marzo 1986
Fame: costruire il »Diritto d'intervento
di Mohamed Bedjaoui

SOMMARIO: Mohamed Bedjaoui, Presidente della Corte Internazionale di Giustizia dell'Aja, sostiene la competenza del Consiglio di sicurezza dell'ONU in merito allo sterminio per fame nel sud del mondo. La fame rappresenta infatti una minaccia grave alla sicurezza e alla pace.

(Notizie Radicali n· 54 del 5 marzo 1986)

Nel 1979, le principali agenzie delle Nazioni Unite constatarono il fallimento delle politiche di cooperazione allo sviluppo del Terzo mondo, annunciavano che, negli anni successivi, la fame avrebbe sterminato decine di milioni di esseri umani e dichiaravano che nulla avrebbe permesso di sperare in un radicale cambiamento della situazione.

Una risoluzione del 1981, del Parlamento europeo di Strasburgo, così come le mozioni della Camera dei deputati e del Senato del Belgio e del Parlamento di Lussemburgo, avevano invitato i governi dei paesi della Cee ad investire d'urgenza il Consiglio di sicurezza del problema della fame nel mondo, considerato come grave minaccia alla pace e alla sicurezza internazionali.

Può infatti sembrare poco soddisfacente per lo spirito che il Consiglio di sicurezza venga investito di ogni piccola scaramuccia di frontiera, mentre lo sterminio per fame, ogni anno, di circa 50 milioni di esseri umani, non provochi lo stesso effetto. Le disposizioni del Trattato delle Nazioni Unite però, sembrano a prima vista tali da non permettere al Consiglio di sicurezza di dichiararsi incompetente, delegando ad altri organi delle Nazioni Unite il potere di prendere decisioni vincolanti ed immediatamente obbligatorie, che essi non possiedono.

Il problema centrale di un tale dibattito è quello della definizione della situazione considerata. Secondo l'articolo 39 del Trattato, il Consiglio di sicurezza »constata l'esistenza di una minaccia alla pace, di una rottura della pace o di un atto di aggressione e raccomanda o decide quali misure saranno prese conformemente agli articoli 41 e 42 per mantenere o ristabilire la sicurezza internazionali . Affinché il Consiglio di sicurezza possa intervenire sarebbe necessario:

1) che la fame nel mondo rappresenti »una minaccia alla pace , una »rottura della pace o un »atto di aggressione ;

2) che gli artefici di questa situazione possono essere identificati, in modo da imporre loro di farla cessare, il che implicherebbe una ricerca molto complessa delle cause della fame nel mondo.

Come individueremo più avanti, le cause sono meno collegate alla politica di questo o quello Stato, ma dipendono soprattutto da un sistema internazionale basato su un processo di scambio subordinato e dipendente. Nel caso si rinunciasse a identificare i responsabili (non fosse che per non colpevolizzare gli Stati dai quali ci si aspetta l'aiuto per la lotta contro la fame), allora rimarrebbe solo la prima ipotesi relativa alla definizione della situazione.

Su questo punto, quattro osservazioni si presentano all'attenzione:

1) il Consiglio di sicurezza è maestro assoluto nella qualificazione che intende attribuire ad una situazione. Il trattato non gli impedisce in alcuna parte di qualificare, se lo vuole, la fame nel mondo come »minaccia per la pace , come »rottura della pace o anche come »atto di aggressione . Se gli Stati membri della Cee non hanno sinora investito il Consiglio di sicurezza sulla richiesta del Pe, resta sempre possibile per qualsiasi Stato del Terzo mondo, membro o no del Consiglio di sicurezza, e in particolare, per qualsiasi Stato le cui popolazioni soffrano la fame, adire questa istanza e sperare che dia a questa situazione la qualificazione attesa.

2) La qualificazione della fame come minaccia alla pace è diventata una realtà davanti ad altre istanze. Il pontefice Paolo VI dichiarò che »lo sviluppo è il nuovo nome della pace . Peraltro, diverse manifestazioni della dimensione economica data ai problemi della pace possono essere rilevate nelle risoluzioni dell'assemblea generale delle Nazioni Unite. Una di queste, particolarmente solenne, è fornita dalla sesta sessione straordinaria di questa assemblea, convocata dall'Algeria.

Si può constatare, dalle letture delle risoluzioni 3201 (S-VI) e 3202 (S-VI), adottate alla chiusura di quella sessione, che i problemi economici del mondo hanno rivestito un'importanza tale da essere diventati un fattore di pace o un rischio di guerra, a seconda della soluzione che per loro può essere prospettata. La novità espressa dallo svolgimento stesso di questa sesta sessione straordinaria risiede così nel fatto che la pace e la sicurezza internazionali non si riducono esclusivamente a tensioni di ordine militare o politico, ma possono essere direttamente e pericolosamente condizionate da situazioni di carattere economico.

C'era, in questo, una visione più completa e veridica dei problemi della sicurezza del pianeta, in funzione della loro dimensione economica. Le questioni economiche sono dunque state poste in termini di mantenimento della pace e, inversamente, la sicurezza internazionale è stata posta in termini economici.

D'altra parte, si legge, nei »considerato... della »Dichiarazione universale per l'eliminazione definitiva della fame e della malnutrizione , del 16 novembre 1974, che »... la pace comporta una dimensione economica che contribuisca alla liquidazione del sottosviluppo, offrendo una soluzione definitiva al problema alimentare per tutti i popoli. A questo scopo è necessario eliminare le minacce e il ricorso alla forza, applicare i principi della non-ingerenza negli affari internazionali degli altri Stati... .

3) Di fronte alla minaccia alla pace rappresentata dallo sterminio per fame, gli Stati interessati ad investire il Consiglio di sicurezza dispongono inoltre della possibilità, in caso di blocco in seno a quest'organo, di adire l'Assemblea generale nel quadro della »risoluzione Dean Acheson .

4) Infine, sebbene il Trattato non autorizzi Consiglio di sicurezza a prendere delle misure indicate dal suo capitolo VII se non in caso di minaccia o di azione armata contro la pace e la sicurezza internazionali, esiste un precedente molto interessante che potrebbe essere invocato a questo proposito. Il Consiglio di sicurezza, agendo nell'esercizio di quella che stimava essere la sua principale responsabilità, cioè il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali, aveva preso, in seguito alla risoluzione 2145 (XXI) dell'Assemblea generale che aveva messo fine al mandato del Sudafrica sulla Namibia, diverse risoluzioni per ottenere che lo Stato mandatario si ritirasse dal territorio. In particolare, attraverso la risoluzione 264(1969), il Consiglio di sicurezza aveva chiesto al Sudafrica di ritirare immediatamente la sua amministrazione dalla Namibia e, a fronte del suo rifiuto, intimò una scadenza operativa che, secondo un'altra risoluzione, la 269 del 1969, doveva spirare il 4 ottobre 1969. Il

Consiglio dovette poi adottare un'altra risoluzione (276 del 1970) con la quale condannò il rifiuto sudafricano, dichiarò illegale la »presenza continua della autorità sudafricane in Namibia , invalidò tutte le misure amministrative intervenute dopo la scadenza del mandato e domandò a tutti gli Stati »in particolare a quelli che hanno interessi economici o altri in Namibia, di astenersi da ogni relazione con il governo sudafricano .

Il Consiglio di sicurezza ha in seguito, con la risoluzione 284 del 1970, pregato la Corte internazionale di giustizia di dargli un parere consultivo sulle conseguenze giuridiche, per gli Stati, della presenza continua del Sudafrica in Namibia, malgrado la sua risoluzione. La Corte ha allora ricordato che l'art. 24 del Trattato conferisce al Consiglio di sicurezza »i poteri necessari per prendere misure analoghe a quelle che aveva adottato nei confronti del Sudafrica. La Corte ha ben puntualizzato che la menzione dei »poteri specifici accordati al Consiglio in virtù di certi capitoli del Trattato, »non esclude l'esistenza di poteri generali destinati a permettergli di adempiere alle responsabilità conferitegli dal paragrafo 1 dell'art. 24 (responsabilità principale del mantenimento della pace e della sicurezza internazionali) .

La Corte ha ugualmente indicato che le decisioni prese dal Consiglio di sicurezza nel quadro dell'art. 24 si impongono come obbligatorie, conformemente all'art. 25. »Non ammettere questo significherebbe privare questo organo fondamentale delle funzioni e dei poteri essenziali che gli derivano dal Trattato . La Corte ha concluso che »gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno l'obbligo di riconoscere l'illegalità e la mancanza di validità del permanere della presenza sudafricana in Namibia .

Sulla base di un tale precedente, teoricamente nulla impedirebbe al Consiglio di sicurezza di prendere una decisione, con forza obbligatoria per tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite, in base alla quale intimare di rendere esecutive le diverse raccomandazioni fatte a questi Stati dall'Assemblea generale e di consacrare lo 0,7% del loro Pnl all'aiuto pubblico allo sviluppo.

Finalmente, ad alcuni può sembrare che la ripetizione costante delle prese di posizione dei governi sul problema della fame e la reiterazione della necessità che l'aiuto pubblico sia portato al livello dello 0,7% del Pnl di ogni Stato, hanno contribuito alla formazione, ormai acquisita, di una norma di costume internazionale.

 
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