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Pannella Marco - 5 marzo 1986
Necessaria una »task force per la vita
di Marco Pannella

SOMMARIO: La necessità che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite intervenga per fermare lo sterminio per fame in atto nel sud del mondo. La possibilità di utilizzare gli eserciti per interventi d'emergenza.

(Notizie Radicali n· 54 del 5 marzo 1986)

Consentitemi una premessa, in qualche misura cronologica, del nostro convegno: avant'ieri il Santo Padre Giovanni Paolo II ha voluto ricevere il consiglio di Food and Disarmament International: è stato un atto di dialogo, di incoraggiamento, di amicizia, è lo è stato non solo nelle intenzioni ma ancor più nella realtà dell'incontro.

Voglio dire che tutte le parole di Giovanni Paolo II, le parole e il dolore da lui espresse sull'aborto come elemento essenziale per inseguire fino alle radici la speranza, il diritto e il dovere di vita, devono, non dico essere riprese al nostro conto, ma devono essere consapevolmente elemento costitutivo della nostra storia -e lo sono-; altrimenti l'illusione di una difesa parziale e non grande, non ambiziosa della vita è destinata a fallire.

Mi si consenta così di terminare questa premessa, che però voglio formale: che anche su questo, se ci siamo divisi nel momento in cui era necessario scegliere quali potessero essere le più opportune leggi di Cesare, le più opportune norme mondane per cercare di combattere il flagello e la tragedia che insieme denunciavamo come flagello e tragedia nell'indifferenza passiva dei più, Adele Faccio, Emma Bonino, Gianfranco Spadaccia davano corpo a questa esigenza di sconfiggere quella tragedia e questo flagello, di mutarli in responsabilità di vita, di colpire la pretesa mortale di delegare a Cesare, di delegare allo Stato scelte di coscienza; e di affidare al terrore, alla paura, il proseguirsi o no di una creazione bestiale, invece dell'elevarsi e del sollecitare la concezione, il concepimento cristiano della vita o no.

Ecco perché, quindi, siamo entrati nel vivo: il diritto. E lo abbiamo ascoltato ieri dal professor Bedjaoui, il diritto positivo alla vita deve essere armato di sanzioni, armato nella consapevolezza di noi tutti. Dobbiamo divenire esercito di attuazione del diritto; dare forza alla vita contro il fatto ormai consueto che le conquiste della scienza giuridica, e non solo giuridica, la storia e il potere oppongono il rifiuto di farne scienza applicata, applicazione di scienza e di coscienza, confidando la dottrina alle astrazioni e alla brutalità della logica delle cose, che è di per sé logica di morte, facendone legge alla quale si da l'ossequio del potere e non della legge e del diritto.

Una campagna, credo, che può ormai partire solo da questa consapevolezza: i Nobel lo hanno scritto in quel manifesto politico, assolutamente politico, deliberatamente politico che ha portato a sconvolgere storie, compartimenti-stagni, e per la prima volta nella storia abbiamo 95 Nobel, credo il 70 per cento dei Nobel viventi, che hanno firmato un manifesto politico, nel quale in realtà ci si chiede di costituire nuovi partiti, nuove organizzazioni. Partiti per la vita, partiti che si costituiscano in »parte , per perdere o per vincere, per convincere, per fare della legge di concezione, di realizzazione del diritto alla vita la premessa prioritaria dell'organizzazione di alcuni individui.

Credo quindi che, dopo il Manifesto dei Nobel, dopo la risoluzione del Parlamento europeo, dopo la legge italiana e la legge belga, non dopo la loro realizzazione, ma dopo questi voti, oggi attraverso il documento dei dodici (per ora) capi di Stato si compie un altro passo avanti per la cogenza del diritto e per la chiarezza del partito creatore di vita e di diritto ovunque.

Questi capi di Stato ci ricordano che nei Caraibi tre anni fa, che a Berlino nell'anno successivo, in una riunione degli Acp Cee fu votata, grazie all'apporto unanime e dei paesi Acp e malgrado l'opposizione di molti europei, una nostra proposta: l'assicurazione della priorità del contestuale, del diritto alla vita, del diritto allo sviluppo, del diritto alle libertà, tra virgolette borghesi o rivoluzionarie.

Contestuale. E il fatto che dodici capi di Stato ripropongano nel loro testo oggi questa lettura, cosa vuol dire? Parliamoci chiaro, amiche e amici dell'Occidente: quando nei nostri paesi la follia terroristica porta a cento, duecento, trecento morti, immediatamente nei nostri Parlamenti si dice che bisogna sospendere per un momento la piena legalità borghese e costituzionale, e occorre il diritto all'emergenza, perché dinanzi a due, trecento, quattrocento, cinquecento morti la democrazia politica non può, o non potrebbe, espandersi, ed essere arma stessa di pace, di lotta contro il terrorismo.

E si pretenderebbe che in paesi dove a causa del disordine internazionale, politico, economico, giuridico, a causa dell'ordine e disordine di Cancoon per intenderci, muoiono a milioni, bambini e vecchi, e muoiono di scelte politiche fatte e non fatte, è il sottosviluppo che non consente la piena espansione o l'adozione di Costituzioni liberali, anglosassoni o di democrazia borghese.

Che enormità! (...)

Dobbiamo metterci in condizione di essere »task force per dare forza alle leggi e mutare le leggi dei nostri paesi.

Un esempio che posso aggiungere: noi sappiamo (grosso modo) che nei nostri paesi quest'anno avremo un cinque per cento di aumento del prodotto nazionale grazie alla caduta dei prezzi del petrolio e del dollaro.

Si può cifrare nell'86 del cinque per cento: se noi avessimo la facoltà, la capacità, di proporre immediatamente nuove leggi, di operare nel Parlamento europeo (e forse a questo ci stiamo arrivando), potremmo per esempio chiedere che il 20 per cento di questo dono della storia, di questo cinque per cento che i governi si troveranno dinanzi, sia destinato all'intervento integrato ed interdipendente.

Allora torniamo non all'utopia, ma alla saggezza; noi dobbiamo esigere la conversione della struttura militare e della spesa militare. Questa è la realtà e la forza storica del nostro Occidente: è superarmato, e facciamone tesoro, convertiamo questi eserciti, spezziamo le cosche dei noli e dei trasporti, con gli aerei, le navi degli eserciti, moviamo le flotte di guerra... Ogni volta che vi è carestia: lo si può fare. La tecnologia dolce, tradizionale dei vecchi geni militari europei del genio militare, è quella che andrebbe splendidamente per la ricostruzione del territorio e dell'ambiente.

Quindi, queste due proposte noi portiamo avanti: Task force, e ripercorrere il diritto. Il Parlamento europeo ha individuato, grazie alle interpretazioni del professor Bedjaoui, che nel combinato disposto di alcuni articoli del Trattato dell'Onu è possibile configurare il diritto-dovere del segretario generale -essendo il problema dello stermino per fame problema di sicurezza e di pace- di intervenire giuridicamente, non solo con delle task force, ma rendendo cogente e obbligante sul piano del diritto l'applicazione degli accordi internazionali o multinazionali firmati e non applicati.

Occorre dire, dobbiamo dirlo noi italiani, ma anche voi, vi preghiamo, amici degli Acp, di dirlo ad alta voce: in cambio di elemosina o di denaro che si fa balenare, l'Italia e l'Europa non hanno assicurato quello che si erano impegnate e che avevano annunciato di assicurare.

Dobbiamo muoverci subito.

Aiuto integrato; contemporaneamente è necessario muoversi all'Onu per difendere il diritto.

Se sapremo non perdere tempo e non accettare il ricatto dei cosiddetti »concreti ; se invece sapremo renderci conto che il problema è di essere davvero, lucidamente, come siamo nei nostri cuori, partito di vita, di diritto e di azione, e se riusciremo nei prossimi sedici, diciotto mesi a fare che Food and Disarmament non viva solo grazie alla ricchezza della povertà di tutti coloro che ci vivono dentro, non viva soprattutto grazie alla nonviolenza e ai digiuni, ma viva anche per contributi più ampli e più diffusi, ebbene io credo che potremo ben presto misurarci con la tremenda, grande responsabilità di vedere, grazie al diritto esistente, che lo consente, i caschi blu che operano in quanto tali sul fronte dell'intervento integrato. Il terreno cioè che esige l'intervento politico puntuale sul piano dell'indebitamento di quel paese, di quel luogo; con quegli ottimi suggerimenti che Susan George dava, lo scalare progressivo del debito pubblico e del debito estero con l'investimento che viene fatto nei settori

giusti e portanti di ricostruzione del territorio e dell'ambiente.

Usciamo in questi giorni con la nuova grande arma di questa dichiarazione politica vincolante rispetto ai propri popoli, e non solo a noi, dei dodici capi di Stato. Ci auguriamo che diventino molti di più, e li ringraziamo, perché ci hanno dato, non solo speranza ma integrità di ragionevolezza: per comprendere qual è la via integrata, necessaria, di affermazione del diritto alla vita, del diritto allo sviluppo, del diritto alla libertà, del diritto alla democrazia politica, del diritto al pluralismo. Tutte cose che, o si perseguono insieme, o separate sono destinate a morire.

 
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