di Marco PannellaSOMMARIO: Marco Pannella sostiene la necessità di uscire dalle schermaglie "antiandreottiane" per affrontare invece un chiarimento globale sulla politica estera dell'Italia. Il riconoscimento dell'impegno europeista del ministro degli esteri Andreotti e la denuncia della folle politica di sostegno militare dei regimi totalitari del medio oriente, dall'Iraq alla Libia.
(IL TEMPO, 8 aprile 1986)
Dio solo - grazie alla libertà d'antenna ed alla libertà di stampa - sa, con Andreotti, se vi siano stati nel corso degli anni, e ormai dei lustri, avversari più puntuali, intransigenti, attenti e costanti dei radicali su certe linee strategiche e comportamenti tattici del nostro paese, e del nostro Ministro degli esteri, verso il Medio Oriente e in genere la politica equivoca o ambigua verso il Sud e l'Est del mondo. Oltre che su temi e vicende gravissimi di altro campo, istituzionale e politico. Non vorrei quindi tenere per me, come fatto privato, il fastidio ed il sospetto che provo nei confronti delle continue schermaglie antiandreottiane, che poi esaltano in Andreotti il carattere puntigiloso e puramente dialettico delle legittime sue autodifese, senza gran costrutto per nessuno.
Contro i regimi di Gheddafi e di Assad, contro le responsabilità criminali della politica di Siria e Libia, contro la mancata alleanza preferenziale con Israele (che ci consentirebbe di pesare molto di più nella sua politica), contro la disinvoltura, per non dire peggio, dei nostri comportamenti nei confronti dell'Iran e dell'Irak, contro la ricerca perenne non solamente del "dialogo", doverosa, ma della copertura della natura in sè violenta e guerrafondaia di un impero totalitario nell'oppressione dei propri popoli e nella minaccia alla libertà degli altri, siamo mobilitati dovendo fare i conti non solamente (e forse non tanto) con le idee diverse dell'attuale Ministro degli Esteri, ma contro la parolaia e velleiteria politica di troppi suoi avversari e nostri "amici", almeno in linea di principio.
Ma, da un paio d'anni, è grazie alla caratterizzazione nettamente e seriamente "europea" dell'impegno di Giulio Andreotti, e del Governo nel suo assieme (ma non nelle sue diverse componenti e settori ministeriali), che la nostra politica estera è cresciuta in qualità e in interesse.
E su questo, d'un tratto, tutti sembrano sorvolare. Anzi - non è certo un mistero che svelo - incomprensibilmente l'amico Giovanni Spadolini ha non di rado mostrato di mancare totalmente di questo punto di riferimento, e di non voler contribuire a far avanzare la situazione nella direzione giusta, tradizionale per il PRI non meno che per noi, o per Altiero Spinelli. (E tanto più meritoria e coraggiosa è stata quindi l'azione "europea" dei parlamentari repubblicani, a cominciare da quella di Rosario Romeo, con il pieno appoggio anche del collega De Bartolomei).
Contro l'impero totalitario dell'Est e dei regimi tributari o covergenti con i suoi interessi, contro Stati e dittatori di barbara efficienza ricattatoria e destabilizzante, che non opera per l'Unione Europea, per gli Stati Uniti d'Europa costituiti ed operanti almeno entro il 2000, non è che un inutile compagno di strada non già degli USA, ma di quel complesso militare-industriale che - denunciato e combattuto dal Presidente Eisenhower - provvisoriamente impera, ma non senza difficoltà, a Washington e paralizza l'Alleanza Atlantica nella sua teorica strategia di difesa della democrazia politica e della libertà dei popoli, della pace fondata sui diritti della persona e sulla civiltà giuridica.
A Bruxelles, a Strasburgo, Altiero Spinelli e le decine e decine di parlamentari di ogni nazione della CEE che sono riusciti fino ad un passato recente e che tuttora tentano di portare il PE e la CEE all'approdo dell'Unione Europea, o della sua rivendicazione e creazione in modi e tempi certi, adeguati e determinati, hanno trovato e trovano (quando non si è "distratti" dall'enfatizzazione di altri fronti) il sostegno convinto e abile proprio del Ministro degli Esteri Giulio Andreotti. Mentre altri leader prestigiosi, di tradizione laica e federalista come noi, sono puntualmente assenti, o si dedicano in momenti delicati e difficili a vere azioni di sabotaggio, più o meno efficaci e clandestine.
Occorre quindi un chiarimento generale, in sede parlamentare e politica, della nostra politica estera. E' la "verifica" più urgente e seria da fare. La chiediamo inutilmente da anni, e con energia. Siamo stufi di una attualità politica, interna e internazionale, che vede promossi a rango di protagonisti di storia potenti soggetti di cronaca nera, e le loro pericolose e criminali azioni poste al centro della politica estera del mondo occidentale, dell'Europa e dell'Italia. Ma nel vuoto di una tensione storica e creatrice del soggetto europeo, la cui esistenza e condizione assoluta per evitare il nostro degrado a nazione subalterna di tipo coloniale su ogni piano (politico, tecnologico, economico) è naturale che l'Italia si trovi continuamente invischiata in una prima linea di rischio e di responsabilità esecutive, incontrollabili, per conto terzi.
Andreotti non cela le sue idee. Con esse è possibile comporre, o no, nella chiarezza. Ma non possiamo trovare basi di collaborazione e di impegno comuni con quanti sono responsabili di una politica di "collaborazione con i nemici", contro i quali sembrano voler condurre crociate, con il sostegno o la copertura al nostro traffico di armi in quella direzione, e la rete di complicità e di crimini in cui si sostanzia.
E' questo un vizio mortale della nostra politica estera che non sembra concernere in particolare Giulio Andreotti. Dalle dichiarazioni del generale Miceli, mai smentite, alle evocazioni del colonnello Giovannone da parte di Aldo Moro prima del suo barbaro assassinio, alle carte della Lockeed che la Commissione Inquirente e il Parlamento tennero a poco esplorare proprio su questo punto, alle tangenti per le forniture militari autorizzate dai Ministri della Difesa (o dal Ministro della Difesa), interminabile è l'elenco di operazioni italiane che hanno concorso in modo determinante a rafforzare regimi irresponsabili e l'area differenziata e intricatissima dei vari terrorismi.
Ancora di recente, a proposito ed al termine del dibattito sulla relazione della Commissione P2, Giulio Andreotti ha rischiato di essere sanzionato dal Parlamento, quale Presidente del Consiglio dell'epoca, su iniziativa radicale, ed è stato "salvato" dal voto del PCI. Può darsi che, a scrutinio segreto, qualcuno dei suoi colleghi della maggioranza si sia aggiunto a noi, per impallinarlo.
Ma non apprezziamo questo tipo di compagnie e di convergenze. La lotta politica deve conquistare o riconquistare un massimo di dignità e di serietà.
Ed è per questo che sento il dovere di intervenire, per rifiutare un clima di linciaggio o di logorante conflittualità e chiedere con umiltà ma anche con convinzione che si combattano gli avversari o si collabori con gli alleati in nome di idee, di ideali, di obiettivi e di politiche responsabili e positive.