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NR - 17 aprile 1986
Caccia: verdi, no al settarismo

SOMMARIO: Contro il settarismo dei verdi, il pieno impegno del Partito radicale nel referendum sulla caccia.

(Notizie Radicali n· 89 del 17 aprile 1986)

Sui tavoli radicali si raccolgono le firme per i referendum sulla caccia. Vi invitiamo a firmarli. Le firme saranno consegnate, già pronte per la consegna alla Cassazione, al comitato promotore dei due referendum.

Abbiamo infatti deciso di rispondere con la più piena e incondizionata collaborazione al settarismo di chi ha imposto veti alla partecipazione dei radicali al comitato promotore, e alla debolezza di chi quel veto e quel ricatto ha ritenuto di dover subire.

Il settarismo è una brutta malattia. Diffonde i virus dell'intolleranza, dell'esclusione, del frazionismo. Ha in sé potenzialmente mali ancora più tragici.

Avevamo proposto per primi di nuovo il ricorso all'arma dei referendum contro la caccia, con un articolo di Giovanni Negri sul Manifesto: un articolo che scatenò, coma al solito, diffidenze, preoccupazioni, sospetti. Che quella proposta sia stata alla fine raccolta, che i referendum siano stati promossi, è per noi sufficiente. Ci auguriamo che gli scontri reali abbiano la prevalenza e facciano dissolvere i fittizi scontri settari.

Anche per la presentazione ed il successo delle liste verdi, ci è accaduto di doverci scontrare a lungo e duramente con la stupidità e il settarismo proprio di alcuni verdi. Chi tentava di impedire la presentazione di queste liste alle regionali, e operava attivamente a favore del Pci e per sottrarre ai verdi gli unici strumenti possibili di informazione elettorale, veniva presentato come un amico. Noi che avevamo mobilitato il nostro impegno militante, propagandistico, anche finanziario, a favore delle liste e del loro successo, venivamo accusati di voler ipotecare e condizionare le nuove liste e di volerci impossessare degli eventuali eletti. Fummo perfino accusati di volerci appropriare dei tempi televisivi solo perché ci eravamo preoccupati di mettere giuridicamente al sicuro il diritto delle liste verdi di partecipare a »Tribuna elettorale , un diritto che poteva essere compromesso da qualsiasi rissa interna o legittima contestazione esterna.

I fatti hanno dimostrato quanto quelle accuse fossero false e calunniose, perfino ridicole. Abbiamo sostenuto ovunque le liste, e contribuito ad eleggere molti dei più accaniti nostri accusatori. Dove siamo stati eletti, ci siamo subito dimessi a a favore di altri.

In televisione hanno potuto parlare i più rappresentativi leaders del movimento e delle liste.

Anche allora per noi fu sufficiente raggiungere l'obiettivo politico che ci eravamo proposto.

Niente trucchi in Parlamento!

Ogni modifica legislativa riguardante la caccia deve avvenire d'ora in poi nel più chiaro, pubblico e trasparente dei modi, e innanzitutto rinunciando a votare in sede legislativa, nel chiuso delle commissioni.

E' la richiesta che i deputati radicali hanno fatto a quelli degli altri gruppi politici. E' infatti ancora in discussione alla Camera la legge di attuazione della direttiva europea in materia di caccia.

Per due anni ci siamo dovuti battere sia alla Camera che al Senato per impedire che questa legge (la famigerata legge Pancini), anziché di attuazione della direttiva europea, ne divenisse una legge di aggiramento e di svuotamento, innanzitutto con le facoltà di deroga concesse alle Regioni.

E' sufficiente che siano annunciati i referendum anti-caccia, e la musica in qualche modo cambia. I cacciatori tornano ad indossare i panni dei difensori dell'ambiente. Non si lesinano più norme migliorative della legge Pacini e attuative della direttiva comunitaria.

Di più. Secondo la discutibile prassi parlamentare che consente di affrontare in una legge che regolamenta una materia ben determinata anche argomenti che con quella materia hanno a che fare, il governo, a sorpresa, attraverso il sottosegretario Santarelli, presenta un articolo aggiuntivo di modifica all'articolo 842 del Codice civile: il famoso articolo che consente il diritto d'accesso, a chiunque sia in possesso di un fucile, ai fondi agricoli.

E' una norma che si avvicina alle richieste, fino a ieri respinte, degli agricoltori e degli ecologisti. Lo scopo è evidente: tentare a tutti i costi di evitare per via legislativa i referendum su cui è già cominciata la raccolta delle firme.

Il disegno di legge viene approvato con l'articolo che ingoia uno dei due referendum. E' a questo punto che dal comunista Binelli, dal socialista Diglio, dal democristiano Meneghetti viene avanzata la richiesta di ultimare in Commissione, anziché in assemblea, la proposta di legge, avvalendosi della assegnazione in sede legislativa. E' a questo punto che i radicali (ai quali si associa l'indipendente di sinistra Nebbia) rivolgono l'appello a non ricercare scorciatoie, a rinunciare alla sede legislativa, e ad affrontare il confronto in assemblea. E trovano la solidarietà di molti democristiani, molti socialisti, perfino molti missini che assicurano che raccoglierebbero eventualmente con i radicali le sessanta firme necessarie e riportare in Assemblea la proposta di legge.

Dietro la proposta dei gruppi Dc, Pci e Psi della Commissione agricoltura non c'è solo la paura della pubblicità e del confronto aperto; non c'è solo la fretta di approvare la legge per creare impedimenti al referendum. C'è soprattutto la paura degli orientamenti prevalenti all'interno dei rispettivi gruppi, anche di quello comunista. Fu grazie a questi orientamenti che passò durante la finanziaria l'emendamento che annullava le graziose elargizioni di miliardi concesse alle Associazioni venatorie.

 
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