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Teodori Massimo - 5 giugno 1986
La certezza del diritto in Italia: Una straordinaria conferma
di Massimo Teodori

SOMMARIO: Con un sondaggio promosso e finanziato dal Partito radicale, mirato verso alcune categorie ben precise (magistrati, avvocati, docenti universitari, giornalisti), si sta cercando di capire se le analisi fin qui fatte dal PR circa il degrado dello Stato di diritto in Italia siano condivise da coloro che con questi problemi hanno un contatto più o meno quotidiano.

(Notizie Radicali n· 156 del 5 giugno 1986)

E' la prima volta che si tiene un sondaggio su larga scala che ha come oggetto la certezza del diritto in Italia. I circa 14.000 questionari che sono stati inviati alla fine di marzo dala società di indagini demoscopiche Sintel su commissione del Partito radicale rappresentano il primo e forse unico tentativo di indagare sistematicamente le condizioni dello Stato di diritto quali sono percepite da docenti universitari, magistrati, avvocati e giornalisti, cioè da quegli stessi operatori che hanno a che fare, in ragione della loro attività, con la legge, la giustizia, l'informazione.

I destinatari del sondaggio-ricerca non sono un campione rappresentativo dell'intera comunità nazionale, come di solito si fa per i sondaggi demoscopici, ma intere, o quasi, categorie specifiche che operano nei settori cruciali per la legge e il diritto.

Sono stati interessati tutti i docenti universitari, ordinati ed associati (1.260), delle discipline del diritto e di campi affini quali lo storico, il sociologico, il filosofico ed il politologico. Vi sono poi tutti i magistrati di ogni ordine e grado operanti nelle aule di giustizia (circa 6.650) più 650 magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei Conti e dei Tribunali amministrativi (Tar), ed un vasto campione di giornalisti e commentatori (circa 1.200) di quotidiani, settimanali, della Rai-Tv e degli ordini ed associazioni professionali. Hanno ricevuto poi i questionari circa 3.500 avvocati scelti secondo un criterio di rappresentanza degli strati più impegnati della categoria.

In questa stessa pagina di »Nr viene riportato uno stralcio di alcune domande del questionario con le relative risposte divise per gruppi omogenei di intervistati e cioè »docenti , »magistrati , »avvocati e »giornalisti . L'obiettivo della ricerca è stato quello di conoscere e misurare qual è la percezione che gli operatori di alcuni settori cruciali delle istituzioni -giustizia, informazione, rapporto cittadino-stato- hanno delle condizioni del diritto nel campo in cui operano. La questione di fondo cioè che ha ispirato il questionario è se sussistano nel momento attuale le garanzie fondamentali di certezza della legge e del diritto o se queste si sono andate progressivamente consumando in seguito alla legislazione, all'applicazione delle leggi e/o ai comportamenti di coloro che amministrano, per esempio, la giustizia o gestiscono l'informazione.

Certo, l'obiettivo della ricerca promossa dal Pri non è stato tanto di avere una fotografia obiettiva (ma del resto, che cos'è »obiettivo ?) se davvero esistano in determinati settori le condizioni dello Stato di diritto, quanto di comprendere se le distorsioni, le mancanze, e gli abusi, episodici o permanenti, che noi radicali siamo andati indicando in anni di azione politica, siano percepiti da coloro che più direttamente per esperienza, per dottrina e per conoscenza, operano nella giustizia e nell'informazione.

I magistrati sono consapevoli delle degenerazioni intervenute nel processo civile e penale? Avvertono che una determinata legislazione, e la sua applicazione, ha prodotto uno strappo proprio in quella legge che dovrebbe essere uguale per tutti e che invece lo è sempre meno? Se il disagio è avvertito, quali sono i punti in particolare che vengono indicati come i più dolenti? Lo stesso discorso vale per gli avvocati che si trovano a fare i conti con le medesime situazioni, se pure con una funzione diversa e per certi versi speculare a quella di coloro che amministrano la giustizia. Ed ai professori universitari si chiede di riflettere con i loro strumenti teorici e dottrinali sul significato e le conseguenze che alcune specifiche situazioni del rapporto tra cittadino e Stato assumono in una più generale valutazione sullo stato della democrazia italiana.

In una prima valutazione di insieme dei risultati della ricerca, appare clamorosamente confermato il giudizio sulle degenerazioni delle condizioni dello Stato di diritto nel nostro paese dato ripetutamente dai radicali. Qui presentiamo solo alcune parziali (ma significativi) risultati quantitativi e percentuali rinviando ad altra sede la pubblicazione dell'enorme materiale conoscitivo e valutativo con cui si è conclusa la ricerca. Nelle prossime settimane la ricerca sarà pubblicata integralmente, sia con i risultati analitici delle oltre cinquanta domande poste, sia con i contributi qualitativi aggiuntivi che sono stati raccolti, sia infine con una valutazione complessiva effettuata dagli esperti demoscopici e dai giuristi che saranno chiamati a dare un'interpretazione.

Una analisi empirica quale è quella che abbiamo impostato prende avvio da alcune ipotesi che sono quelle della risoluzione approvata al congresso di Firenze del Partito radicale con la quale si mette in gioco la cessazione delle stesse attività del partito, una volta accertate e constate le distorsioni nello stato del diritto della situazione democratica italiana e le difficoltà ad affrontarle adeguatamente con questo strumento partitico. Ma la verifica (e la ricerca-sondaggio è solo uno degli strumenti che stiamo adoperando) non si deve compiere sulla base di premesse teoriche od ideologiche, e neppure suggerendo alle persone di cui ci interessa avere il parere una tesi precostituita sullo stato della democrazia. Al contrario abbiamo consapevolmente scelto di partire dall'acquisizione di dati empirici non solo di conoscenza della realtà ma anche di conoscenza di come la realtà è percepita.

Alcuni mesi or sono scrivevamo: »Un significato avrebbe se da questo sondaggio emergesse che le idee sulla giustizia, sull'informazione e sul diritto dei radicali sono assolutamente isolate, non condivise: ben altro, invece, se dalle risposte venisse fuori una concordanza, pur con tutte le sfumature, sulla visione di fondo della degradazione del diritto che siamo andati delineando. In questo secondo caso, pur se la situazione non muterebbe, si conoscerebbe che tanti magistrati, che tanti avvocati, tanti docenti e tanti giornalisti sono probabilmente disponibili ad azioni convergenti, a partire proprio da valutazioni comuni. Il valore di questa ricerca non è solo nel suo carattere primario di sondaggio, ma anche di una sorta di censimento delle forze disponibili e delle loro volontà di rivelarsi .

Ora, con i dati in mano, sappiamo che i radicali non sono isolati -questo mi sembra uno degli ammaestramenti della ricerca- che vi sia uno scarto fra come si percepiscono specifiche situazioni di degrado del diritto nella giustizia e nell'informazione e le conseguenze politiche generali che se ne traggono. In una parola, i più concordano che qui e lì siamo fuori dalla legalità, ma a tale constatazione non si accompagna una coscienza d'insieme sulla fuoriuscita del paese dalla democrazia e dalla legalità repubblicana.

La ipotesi di cessazione di attività non è un andarsene a casa ma una ricerca del come, con chi e con quali strumenti più adeguati di quelli oggi a disposizione del Pr, sia possibile proseguire con nuove forme di azione da parte di chi crede, come noi crediamo, alla assoluta preminenza del diritto come valore anche nella politica.

E' stata sollevata l'obiezione che vi è contraddizione fra il progetto di cessazione di attività del Partito radicale e le varie iniziative che sono in corso o che vengono messe in cantiere in questi mesi, tra cui, anche questo sondaggio-ricerca. Ma se si riflette sul significato di questo »progetto di cessazione di attività, ci si accorge che la strada nella quale ci siamo avviati è innanzitutto la ricerca dei modi (»progetto ) per portare l'opinione pubblica, a cominciare da quella più qualificata, a conoscenza della inadeguatezza se non della impossibilità di lottare per i diritti dei cittadini, come è nel caso del Partito radicale, se la situazione complessiva rende impari e sproporzionata tale lotta. Si tratta cioè di richiamare l'attenzione essenzialmente su due questioni e, quindi, di farne il centro del necessario lavoro politico: primo, le regole del gioco, il loro rispetto e la loro riconquista; secondo, le forze ed i progetti attraverso cui con le forze disponibili è possibile non arrendersi.

Con questo sondaggio si vogliono conseguire due obiettivi sottoponendo a pubblica discussione i suoi risultati. Da una parte conoscere meglio quel che pensano alcune categorie importanti di cittadini italiani che operano in settori cruciali (magistrati, avvocati, docenti, giornalisti) e fare un censimento di coloro che, convergendo su diagnosi analoghe a quelle formulate dai radicali, sono potenzialmente disponibili a muoversi affinche le cose cambino in direzione di una riconquista delle condizioni di legalità e diritto nella giustizia, nell'informazione e nella stessa politica. Dall'altra i risultati di questa ricerca senza precedenti serviranno per promuovere un grande dibattito sul diritto in Italia. E sarà un dibattito su un terreno trascurato dalla stragrande maggioranza della cultura politica italiana che, da destra, dal centro e da sinistra, ha sempre sottovalutato le condizioni effettive di una »democrazia liberale , intesa come rispetto delle regole del gioco, come condizione dello Stato di diritto

, come preminenza dei diritti del cittadini nei confronti delle contrattazioni corporative, neocorporative o peggio ancora partitocratiche.

Questo è quello che stiamo attivando con questa ricerca-sondaggio. L'impresa è stata finanziariamente costosa ed assai impegnativa sotto il profilo dell'elaborazione, dell'organizzazione e della raccolta dei dati. Dei 14.000 circa questionari inviati per via postale, circa un 20% è andato disperso per disguidi del funzionamento delle poste. Quindi su una stima di circa 11.000 questionari pervenuti a domicilio, hanno risposto circa 1.100 soggetti, pari al 10% dell'intero campione, un risultato giudicato dagli esperti eccellente in senso di rappresentatività delle categorie interessate, data anche la difficoltà di compilazione, la lunghezza e complessità dei quesiti posti e l'esplicitazione della committenza radicale.

 
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