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Camera dei deputati - 5 luglio 1986
CACCIA: Referendum per l'abrogazione di alcuni articoli della legge 27 dicembre 1977, n. 968 - Principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia

SOMMARIO: Scheda sul referendum contro la caccia, promosso dal Partito radicale, dal Psi e dai Verdi. Sentenza della Corte costituzionale

(CAMERA DEI DEPUTATI - QUADERNI DI DOCUMENTAZIONE DEL SERVIZIO STUDI - IL REFERENDUM ABROGATIVO IN ITALIA: LE NORME, LE SENTENZE, LE PROPOSTE DI MODIFICA, Roma 1981 - Aggiornamenti successivi)

5 luglio 1986: presentazione della richiesta

13 dicembre 1986: Ordinanza Ufficio centrale della Corte di cassazione che dichiara legittima la richiesta

16 gennaio 1987: Sentenza n. 28 della Corte costituzionale che dichiara inammissibile la richiesta

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CORTE COSTITUZIONALE

SENTENZA 16 GENNAIO 1987 N. 28

(...)

"Considerato in diritto":

1. - A distanza di sei anni dalla sentenza (n. 27 del 1981) con la quale venne dichiarata inammissibile la richiesta di "referendum" per l'abrogazione parziale della legge 27 dicembre 1977, n. 968 ("principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia"), questa Corte è chiamata a pronunciarsi sull'ammissibilità di analoga richiesta, avente per oggetto la medesima legge, ed altresì ad esprimere lo stesso giudizio sul "referendum" contemporaneamente proposto per l'abrogazione dell'art. 842 codice civile, che prevede l'esercizio per l'abrogazione della caccia (primo e secondo comma) e della pesca (terzo comma) nei fondi di proprietà privata. Le due richieste, dichiarate entrambe legittime dall'Ufficio centrale per il "referendum" con distinte ordinanze in data 13 dicembre 1986, sono fra loro tematicamente legate - tanto che inizialmente il predetto Ufficio centrale aveva proposto la concentrazione dei due quesiti - e pertanto i relativi giudizi vanno riuniti e

decisi con unica sentenza.

2. - A scioglimento della riserva espressamente manifestata all'inizio della camera di consiglio, deve dichiararsi inammissibile l'intervento delle associazioni venatorie di cui in narrativa. Ciò, in base alle previsioni dell'art. 33 della legge 25 maggio 1970, n. 352 che elenca gli organismi ed i soggetti che possono intervenire nel procedimento dinanzi alla corte costituzionale in materia referendaria. Né può d'altra parte trovare applicazione l'art. 32, che prevede l'intervento di gruppi politici nel procedimento davanti all'Ufficio centrale per il "referendum" per la diversa finalità del procedimento di ammissibilità davanti a questa Corte.

3. - Per quanto riguarda il merito e con riferimento in primo luogo alla richiesta di "referendum" per l'abrogazione parziale della legge n. 968 del 1977, è opinione della Corte che tale richiesta debba essere dichiarata inammissibile. Ritiene la Corte che non deve essere sottoposto a consultazione popolare un quesito di dubbio significato. L'art. 1 della legge "de qua", non coinvolto nella richiesta referendaria, proclama che "la fauna selvatica italiana costituisce patrimonio indispensabile dello Stato ed è tutelato nell'interesse della comunità nazionale". Questo è il principio ispiratore della legge, che del resto si ravvisa già nel titolo ("principi generali e disposizioni per la protezione e la tutela della fauna e la disciplina della caccia"), ove appunto questa disciplina appare enunciata in funzione della protezione e della tutela della fauna. Ma la richiesta referendaria, nel momento stesso in cui mette al riparo il trascritto principio, propone all'elettorato l'abrogazione: dell'art. 3, che vieta

"in tutto il territorio nazionale, ogni forma di uccellagione"; dell'art. 10, secondo cui "il territorio nazionale è sottoposto al regime gratuito di caccia controllata"; dell'art. 11, primo comma, che pone il divieto di "abbattere, catturare, detenere o commerciare esemplari di qualsiasi specie di mammiferi e uccelli appartenenti alla fauna selvatica italiana"; dell'art. 20, che contiene un elenco di specifici divieti; dell'art. 31, che prevede le sanzioni amministrative. La richiesta di abrogazione degli indicati articoli sembra volta a limitare, non già l'attività venatoria, ma la protezione e la tutela della fauna. Vero è che, chiedendosi anche l'abrogazione dell'art. 8, a sensi del quale "l'esercizio della caccia è consentito", sembrerebbe mirarsi al divieto di caccia, ma la constatazione che dalla richiesta referendaria sono esclusi gli artt. 21 e 22, i quali lasciano sopravvivere "la licenza di porto d'armi per uso di caccia" e l'"abilitazione all'esercizio venatorio", rende ambiguo anche questo punto

. E poiché il quesito, creando disorientamento, risulta privo di quella chiarezza, che assicura l'espressione di un voto consapevole, a giudizio della Corte il "referendum" non deve essere ammesso. Senza dire che in tal modo si verrebbero a produrre nell'ordinamento, in caso di approvazione, innovazioni non consentite al "referendum" abrogativo.

4. - Ad analoga conclusione si deve pervenire nei confronti della richiesta di "referendum" per la abrogazione dell'art. 842 codice civile. Comprendendo tale articoli due materie distinte (caccia e pesca), la richiesta preclude all'elettore che sia favorevole all'abrogazione di una sola fra le due ipotesi normative di operare una scelta fra esse, confondendolo, e di conseguenza incidendo sulla libertà del diritto di voto.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

"dichiara" inammissibile:

a): la richiesta di "referendum" popolare per l'abrogazione dell'art. 842 del codice civile (iscritta al n. 29 reg. ref.);

b) la richiesta di "referendum" popolare per l'abrogazione degli artt. 2, 3, 4, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 27, 28, 29, 30, 31, 32 e 33 della legge 27 dicembre 1977, n. 968 (iscritta al n. 30 reg. ref.) nei termini indicati in epigrafe;

entrambe dichiarate legittime con ordinanze in data 13 dicembre 1986 dall'Ufficio centrale per il "referendum", costituito presso la Corte di cassazione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 1987.

F.to: ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI - GIUSEPPE FERRARI - FRANCESCO SAJA - GIOVANNI CONSO - ETTORE GALLO - ALDO CORASANITI - GIUSEPPE BORZELLINO - FRANCESCO GRECO - RENATO DELL'ANDRO - GABRIELE PESCATORE - UGO SPAGNOLI - FRANCESCO PAOLO CASAVOLA - ANTONIO BALDASSARRE - VINCENZO CAIANIELLO.

GIOVANNI VITALE - "Cancelliere"

 
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