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Pannella Marco - 18 agosto 1986
Noi radicali, che il sistema condanna a morte

SOMMARIO: Una lettera di Pannella al direttore di "Stampa Sera" su Radio radicale, la "chiusura del partito, i problemi della "cosiddetta riforma istituzionale"

(Stampa Sera, 18 agosto 1986)

Caro Direttore, Radio Radicale, la "chiusura" del Partito Radicale, i problemi della cosiddetta riforma istituzionale, le esigenze di tutti - e non solamente di qualcuno o dei radicali - aiutano una riflessione ed un dibattito generali.

Non credo di essere in disaccordo con il segretario del mio partito, con un compagno così importante per la storia e l'attività attuale nostra come Sergio Stanzani Ghedini.

Ma mi preme precisare che oggi il problema non è nemmeno più quello di attaccare e colpire la "partitocrazia". Occorre, paradossalmente, difenderla per difenderne un esito, un superamento, "pilotato" in direzione democratica "anglosassone", integrale, anzichè in quella efficientista e autoritaria, o semplicemente oligarchica, come sta accadendo.

Di per sé, la "partitocrazia" è in coma. Il coro di queste settimane, di tutto l'arco politico, dall'area degli "intellettuali" pseudoliberals dell'area del pci, di "Repubblica", a destra come a sinistra, che vien dopo - e tardi - la decennale polemica e lotta politica dei radicali, ripetendone, nel migliore dei casi, perfino l'idioma, la punteggiatura, e il tono, non serve a nulla, contempla il disastro, gli è interno anche con le sue timide e suicide proposte di soluzione.

Il problema vero è di metodo, prima ancora che di merito. O si toglie il tumore di una informazione che manda in immediata putrefazione tutto quello che anche dal Palazzo e dai suoi dintorni esce ogni tanto di positivo, di ideale, di idee, e si apre al paese un grande, clamoroso dibattito pubblico, con tutte le voci che possono parteciparvi, a cominciare dalle più sconvolgenti, preziose e necessarie perchè vi sia poi una creativa mediazione politica, o il filtro della cultura e degli interessi oligarchici, partitocratici, antidemocratici, antipopolari continuerà a soffocare dirigenti, statisti, partiti idee e ideali.

Non si può entrare in una democrazia, democrazia -soprattutto - di governo delle istituzioni e di autogoverno della società civile, nella responsabilità e nella libertà, se non attraverso un momento straordinario, appunto - da conquistare - di democrazia.

Le vicende di "Radio Radicale" e del partito radicale ne danno ulteriore dimostrazione. Miscelando Radio Bestemmia e Radio Nazista, Radio Turpiloquio e Radio Bestia, Radio Nordista e Radio Sudista, Radio fascista e Radio sfascista, rilanciando ai suoi autori l'immagine complessiva che così s'era formata attraverso le 25.000 telefonate-minuto, "anticipando" quindi "un esito possibile, il prodotto probabile" di ognuna di queste componenti intrecciata con le altre, siamo certi che la grande maggioranza di coloro che si sono "ascoltati, nella propria testualità, nel contesto in cui essa si veniva e viene a porre in Italia" sono inorriditi e non sono più disposti a riconoscervisi. A cominciare dai "fascisti", e soprattutto dal msi.

L'intervento della magistratura non ha consentito di verificare questa linea di tendenza che noi stavamo già chiaramente scorgendo, e ha impedito di beneficare in modo immediato e clamoroso, attraverso l'andata in onda della reazione dei "25.000" telefonatori e delle molte altre decine di migliaia che sicuramente si sarebbero manifestati, nell'ambito delle centinaia di migliaia di cittadini divenuti in questi giorni ascoltatori di quel programma.

Temiamo, invece, che passato questo momento dello scandalo e della conoscenza, si torni a rifornire questa "fogna" (della quale noi radicali ovviamente facciamo parte, essendo i responsabili delle voci che hanno parlato e del loro ascolto) dei più esplosivi, tremendi elementi e miscele.

Non ci è stato insomma consentito di ripetere quel che è accaduto per il problema della giustizia e per il processo Tortora, dove le nostre posizioni e convinzioni sono state progressivamente accolte dall'opinione pubblica soprattutto attraverso la reiterata trasmissione della requisitoria del dr. Marmo.

Per finire, quel momento e quel metodo di democrazia che invocavo potrebbero esser forse conquistati attraverso il processo di cessazione di attività del Partito Radicale.

Se la gente comprendesse che noi non vogliamo affatto suicidarci, ma che - restando in due/tremila di fronte a milioni e milioni di iscritti agli altri partiti, oltre che ai sindacati, "siamo condannati come partito a morte", non per il suo libero giudizio, ma da un sistema che ha impedito di giudicarci e di sostenerci almeno quanto un altro qualsiasi partito "minore" (malgrado la funzione "maggiore" che nella società in questi due decenni abbiamo avuto); se a questo punto fosse quindi chiaro innanzitutto ai "politici" ed alla gente "non radicale", che sono solamente loro che possono decretare la vita o la morte del partito radicale, compensando il danno grazie alle caratteristiche assolutamente libertarie della nostra "tessera" (che può esser comune ad altre, che impegna solamente per un massimo di dodici mesi; e, oggi, per non più di 70 giorni) si aprirebbe, più clamoroso che quello di "Radio Bestemmia", e di segno opposto, un nuovo "caso Italia": quello dell'esplosione di una azione senza precedenti pe

r democrazia e per tolleranza, contro la noia, la miseria, l'impotenza della non-notizia di regime e delle consuete risse di corte e di cortile.

 
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