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Negri Giovanni - 20 agosto 1986
Salvarne le speranze, salvarne le ragioni
di Giovanni Negri

SOMMARIO: Se la cessazione delle attività del Partito radicale non si tradurrà in uno strumento di lavoro, in una occasione per ogni iscritto, di investire gli altri delle battaglie e delle speranze radicali, essa diverrà segno di un tragico declino delle speranze di democrazia in questo paese.

(Notizie Radicali n· 192 del 20 agosto 1986)

L'assemblea di fine luglio è stata uno dei momenti collettivi più belli di un partito vivo, tanto ricco del patrimonio di lotta politica che anche quest'anno ha saputo costruire, quanto umile nell'affrontare, senza rimozione e fughe dalla realtà, la questione che ciascuno di noi, anche personalmente, non può che vivere come un dramma. Cessazione, chiusura, scioglimento del partito sono parole che entrano nel nostro »privato prima ancora che nella dimensione dell'impegno politico di ognuno, prospettando ciò che può apparire (ed essere) appunto una privazione, una lesione, l'amputazione di ciò che forse ci è più caro: quella »sostanza delle cose sperate che per tutti noi in questi anni -e magari per le vie più diverse- ha assunto la forma e il nome di Partito radicale.

Sento di dovere ringraziare, uno a uno, gli oltre mille compagni che hanno partecipato all'assemblea, dimostrando quanto la Parola radicale sia indispensabile a se stessa e agli altri. Non è esercizio retorico: quel nostro ragionare comune è stato e sarà prezioso, è un tesoro di intelligenza e responsabilità da valorizzare, che può e deve crescere. Onorarlo, ringraziarlo, significa però andare oltre sul piano dell'iniziativa e della proposta, per comprendere come salvare le ragioni, le speranze per le quali siamo radicali e capire se ciò sia compatibile con la prosecuzione delle attività di questo partito.

Ringraziarlo significa inoltre, per quanto mi riguarda, assolvere pienamente al mandato ricevuto con la mozione e la risoluzione, cercando di fornire a ogni iscritto il massimo di chiarezza, di trasparenza nel dibattito e nelle scelte.

La risoluzione scritta e presentata da Marco Pannella a Firenze, votata dal congresso, ha due grandi pregi che credo abbiano tutti compreso: un'analisi della realtà italiana tanto spietata quanto purtroppo giusta, sempre più inconfutabile; una conseguenza di questa analisi che obbliga tutti e ciascuno a fare i conti con la propria adeguatezza (di intelligenza, energie, strumenti) rispetto alle ambizioni serie, profonde, senza le quali non hanno senso né l'impegno politico né il Partito radicale.

Il 32· congresso che si svolgerà a Roma dal 29 ottobre al 2 novembre, forse l'ultimo di questo partito, non potrà perciò che approvare o un progetto di cessazione o un progetto alternativo, che per essere realmente tale comporta la capacità di avanzare all'intero Congresso dei radicali una proposta credibile e praticabile per ribaltare le condizioni di antidemocrazia e di diffusa illegalità di regime che attanagliano il paese, la sua vita civile e politica.

Su questo numero di Notizie Radicali è pubblicato il primo risultato che la riflessione dell'esecutivo del partito ha avviato per definire il »progetto di cessazione che porteremo al congresso. Si tratta di ipotesi, scenari di cessazione che credo utili per suscitare quel dibattito al quale ciascuno è chiamato a partecipare. Il giornale ospita inoltre voci, ragionamenti che dimostrano saggezze e capacità che so di non avere, e che tuttavia consolidano mie opinioni e sensazioni che non intendo nascondere perché nulla sarebbe più inopportuno della reticenza.

La mia opinione è che, allo stato delle cose, la cessazione delle attività del partito, quale che sia la forma che essa assumerà, quella della decisione immediata o quella scadenzata nel tempo, non sia solo possibile ma molto probabile.

Credo, inoltre, che la cessazione del Pr possa rappresentare (anche se non è affatto scontato) un altissimo contributo di rigore e di lotta alla battaglia per la democrazia, al rinnovamento della politica, delle istituzioni, dello Stato, al rafforzamento di quelle speranze laiche e libertarie che non hanno sin qui saputo assolvere alla funzione storica alla quale sono da tempo chiamate ma alle quali non si sono mai veramente e coraggiosamente candidate. Si tratta di battaglie e speranze che oggi i 2.360 iscritti radicali devono rimettere agli altri e delle quali gli altri, i non radicali, debbono quanto prima essere investiti: farlo è possibile dappertutto, in ogni città e paese, ovunque si viva e si operi. Sono convinto che la cessazione delle attività o sarà uno strumento di lavoro, di iniziativa politica per ogni compagna e compagno (ben più, o almeno quanto lo è per il segretario), e potrà allora rivelarsi un formidabile patrimonio di intelligenza e di rinnovamento, oppure si tradurrà in un tragico segno

di declino non tanto e solo del Partito radicale quanto delle speranze di democrazia.

Il fazzoletto di settimane che ci separa dal congresso è letteralmente vitale, decisivo per come ciascuno impiegherà il proprio tempo. Forse è ancora possibile ribaltare un esito che al momento sembra scontato e scongiurare la »quasi certezza della cessazione. Non è tanto importante il »cosa preparare di nuovo, aggiuntivo per il congresso (la politica radicale è tutta lì, chiaramente leggibile anche nelle battaglie efficaci, incisive di questi mesi nel tentativo di attuazione della mozione) quanto il come sapremo arrivare al congresso.

Abbiamo a disposizione sessanta giorni per costruire un congresso pieno di vecchi e nuovi compagni uniti in una ragionata speranza, con una grande partecipazione. Un congresso nel quale capire insieme, quanti più numerosi possibile,, come difendere -facendole crescere- le ragioni del partito: esattamente l'opposto di un funerale, perché la scommessa è quella di un appuntamento di alto dibattito e forse ancor più di alta sfida politica.

Per la prima volta da molto tempo a questa parte, trovandoci a ragionare del congresso, ho visto scattare in me e altri compagni, quasi istintivamente il riflesso di chiedere di iscriversi a quanti ci sono più vicini, tra gli amici e i familiari, e di iscriversi subito, adesso.

E' un riflesso giusto che già in passato doveva concretizzarsi, che ora diviene però urgenza interiore e che sarebbe tuttavia riduttivo se non si accompagnasse in questi sessanta giorni a un altro, nuovo riflesso: quello di chiedere realisticamente (più che mai realisticamente) un'»impossibile tessera radicale agli altri, ai non radicali, magari ai più lontani e diversi da noi per fede politica e per impegno (o disimpegno) civile.

E' quanto sento di potere domandare a ogni iscritto: procurare ognuno, di qui al congresso, almeno un nuovo iscritto.

Darsi questo umile ma puntuale compito per le prossime settimane, aggiungere intelligenze ed energie al Partito radicale, nutrire il nostro dialogo interno trasferendo tra gli altri, all'esterno, i motivi della possibile cessazione delle attività: è questa la condizione minima, indispensabile per ritrovarci non a ripetere un nostalgico e vano »viva il Partito radicale ma per far vivere e crescere le ragioni per le quali siamo Partito radicale.

P.S. Insieme al tesoriere e alla Giunta sto studiando la possibilità di realizzare uno strumento di informazione agile, sintetico, di collegamento almeno settimanale fra tutti gli iscritti di qui al congresso. Il prossimo giornale, che già è in preparazione, aprirà inoltre il dibattito precongressuale. Il vuoto ferragostano (di tipografie, di interlocutori, e anche -beati alcuni di voi- di compagni) non mi aiuta molto. Ciascun lettore però mi può dare una mano in un modo molto semplice, scrivendomi osservazioni, critiche, consigli. Poiché non credo alle solitudini (e dal primo all'ultimo corriamo sia questo rischio che quello dell'illusione di nuove, numerose, presunte compagnie), ogni lettera credo possa essermi in questo momento di grande aiuto. Sta poi a chi scrive dirmi se la lettera potrà essere pubblicata o è invece personale. Grazie.

 
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