Parla Marco Pannelladi Mario Stanganelli
SOMMARIO: Il sistema elettorale va cambiato all'inglese: i grandi partiti dovranno trasformarsi. Il pr deve fortificarsi quanto basta per provocare una riforma democratica del sistema politico all'interno della quale si formino e si affrontino al massimo tre grandi famiglie politiche candidate con suffriciente autorità e forza a governare il nostro paese nella prospettiva degli anni 2000. "Se non raggiungiamo i diecimila iscritti, a ottobre noi radicali chiudiamo bottega".
(IL MESSAGGERO, 23 agosto 1986)
Come in trincea nel suo ufficio di Montecitorio, Marco Pannella nei giorni a cavallo di Ferragosto è stato l'unico inquilino del Palazzo. Con lui, ma perché precettati d'autorità, solo alcuni parlamentari del Pr, a cui ha imposto ferrei turni di presenza. E' una consuetudine dei radicali quella di "presidiare le istituzioni" d'estate, alla quale non si è venuti meno neppure quest'anno, anche se la possibilità che in autunno venga dato l'ordine di "sciogliere le righe" si fa sempre più concreta.
"I radicali sono intenzionati - chiediamo a Pannella - a portare alle ultime conseguenze il loro progetto di cessazione delle attività, su cui sarà chiamato a pronunciarsi definitivamente il congresso che si terrà a Roma ad ottobre. Il getto della spugna in un momento, in cui sembrano in auge i "nuovi indifferenti", non potrebbe, però, apparire come una manifestazione di disimpegno?"
"Noi vogliamo che il Pr cresca, si fortifichi, vinca tanto quanto basta per provocare una riforma democratica del nostro sistema politico all'interno del quale si formino e si affrontino al massimo tre grandi famiglie politiche candidate con sufficiente autorità e forza a governare il nostro paese nella prospettiva degli anni 2000. Ma se l'assenza di gioco democratico, l'impossibilità del paese di conoscere le nostre proposte e le nostre ragioni continua, come sempre più da vent'anni a questa parte, non resta che scegliere la chiusura del partito, della `bottega', come le oneste persone devono fare quando il mercato, drogato e artefatto, riduce a zero le entrate".
"E' una questione di "mercato politico" o è la vecchia polemica contro il sistema dell'informazione che, secondo qualcuno, nasconderebbe il fallimento politico del Pr?"
"Non sono polemiche o chiacchiere, ma fatti. Al paese arrivano, per ogni milione di parole e di ragionamenti della Dc, si e no un migliaio dei nostri. E questo vale, anche se in scala ridotta, ma pur sempre in un allucinante rapporto, con qualsiasi altra forza politica che non sia il Msi o Dp, che accettano il ghetto di non democrazia in cui le hanno rinchiuse. Quanto alle accuse di fallimento, possiamo dire di essere stati l'impresa politica che in Europa ha saputo meglio massimizzare le energie a nostra diretta disposizione e quelle esistenti nella società. Siamo la forza politica che più può rivendicare grandi risultati, puntuali e decisivi, per la nostra società, mentre le altre, più o meno, devono tutte limitarsi a dire: `abbiamo salvato la democrazia'. Che oggi, per unanime riconoscimento, non c'è".
"Quali possibilità ci sono, al momento, di evitare la chiusura del Pr?"
"Più teoriche che concrete. Devo però riconoscere che in queste settimane ci stanno giungendo segnali che sembrano poter autorizzare la speranza che possa manifestarsi qualche evento straordinario: non sono pochi i parlamentari di molti partiti, gli intellettuali e i giornalisti, in apparenza a noi molto lontani, che mi assicurano di essere disponibili, se necessario, per scongiurare la chiusura del Pr, a prendere la tessera".
"Qual è il numero minimo di iscrizioni per proseguire l'attività?"
"Posso dare solo una risposta molto personale: se non vi sono al congresso di fine ottobre almeno diecimila iscritti al partito, rispetto ai 2400 attuali, non comprendo perché mai dovremmo accettare anche semplicemente di rimettere in discussione l'indirizzo chiaramente adottato dall'ultimo congresso, che prevede l'uscita di scena del Pr. In ogni caso lotteremo fino all'ultimo giorno del congresso, con convinzione e con slancio, per evitare che ciò diventi inevitabile".
"All'inizio di questa intervista ha parlato di "tre grandi famiglie politiche", come risultato di una profonda riforma democratica del sistema politico italiano. E' questo, secondo lei, uno dei temi a cui dovrebbe mettere mano il governo in questo scorcio di legislatura?"
"Il governo pensi a governare che c'è di che. Le riforme istituzionali o parlamentari sono competenza del Parlamento. E solfe come quella del voto segreto o, alla riapertura delle Camere, diventano "il" provvedimento prioritario e pregiudiziale da prendere e da pretendere, magari con l'ostruzionismo, e continueranno ad avvelenare l'atmosfera tra governo e Parlamento. Per la legge elettorale, poi, il governo è bene che non ci ficchi nemmeno il naso, non lo riguarda".
"Quale riforma elettorale propongono i radicali?"
"Sta per essere lanciata nel paese una grande `Lega per la riforma uninominale del sistema elettorale', io non sono che uno delle centinaia dei suoi promotori. Per il resto posso solo confermare che la nostra posizione è per l'introduzione del sistema elettorale anglosassone: ci sono le circoscrizioni, e in ogni circoscrizione è eletto il primo che arriva. Per ora non c'è altro da aggiungere".
"Un sistema così, in Italia, non favorirebbe i due partiti maggiori?"
"Si ma quelli che si formeranno, non quelli che ci sono. Questa riforma imporrebbe una radicale trasformazione della Dc, del Pci e dei laici, i quali elettoralmente - è bene non dimenticarlo - in non poche zone del Paese sono già la prima forza e in molte altre la seconda".
"Una riforma così profonda, alla luce dei consolidati interessi delle stesse forze politiche che dovrebbero promuoverla, non le sembra piuttosto improbabile?"
"Sì, sì, sì... ma meno di quanto non fossero improbabili, all'inizio, divorzio ed aborto. E questa volta partiamo in moltissimi e non soltanto noi radicali".
"Chi siete? Si parla dell'adesione alla lega di 170 parlamentari in carica..."
"Lo si vedrà entro il mese di settembre".
"E allora, in attesa delle riforme, di cosa dovrebbe occuparsi il governo in questi venti mesi?"
"Ma che venti mesi! Sono sei o otto, o addirittura quattro o cinque. Poi, con ogni probabilità, le elezioni. E non per la malafede di questo o di quello, ma perché idee, obiettivi, forza, programmi per venti mesi non ce l'hanno, ad oggi, né la Dc né il Psi (il Psi mi auguro possa conquistarli nel suo prossimo congresso). Ci sono otto referendum da convocare e non saranno tutti facilmente scippabili..."
"E se il Psi, come dice lei, conquistasse forza e programmi?"
"A maggior ragione avrebbe interesse, e sarebbe opportuno, sottoporli agli elettori".
"I referendum sarebbero così, ancora una volta, incompatibili con il completamento della legislatura?"
"Tra la partitocrazia e i referendum, che sono democrazia, c'è una sorta di incompatibilità, per cui si finisce sempre più spesso con l'imbrogliare le carte".
"Un Pannella che esce dalla scena politica... E' difficile crederci. E lei come si immagina tra un anno, soprattutto se il Pr chiuderà?"
"Quello delle profezie è uno sport al quale non mi sono mai dedicato. Posso dire che se il Pr scompare, ciò non vuol dire che scompariranno "necessariamente" anche i suoi militanti. Questo vale anche per me. Ma se qualcuno può solamente pensare che - defunto il Pr - io me ne vada a finire in qualche altro dei partiti esistenti, ha sicuramente più fantasia di me".
Prima di concludere, Pannella ha qualcos'altro da dire, si rivolge ai lettori del "Messaggero": "Attraverso il principale quotidiano della capitale - dice - vorrei afre un appello a quanti vivono in questa città. Per trent'anni il partito radicale ha operato e lottato soprattutto a Roma e da Roma. Dopo una intervista così `politica', vorrei per un istante ricordare quale patrimonio di lotte, di iniziative civili e di testimonianze umane abbiamo rappresentato. Oggi la vita del Pr non è più affidata a chi è già radicale, ma dipenderà dal numero di quanti desidereranno di iscriversi in queste settimane, anche prendendo la nostra come seconda tessera. Mi auguro che subito in molti si rechino in via di Torre Argentina 18, alla sede del Pr, per rendere possibile il proseguire di una vicenda, il cui esito, quale che sia, lì riguarderà, nel bene e nel male".