di Marco De Andreis e Paolo MiggianoIRDISP-ISTITUTO DI RICERCHE PER IL DISARMO, LO SVILUPPO E LA PACE
SOMMARIO: Va bene la corsa al riarmo, ma che c'entra l'Italia? Non sono gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica i promotori di tale corsa? Che le due superpotenze siano i principali responsabili della corsa al riarmo è vero. I principali, ma non gli unici. Anche l'Italia ha la sua parte di responsabilità. Minore, ma non trascurabile. In cifre assolute la spesa militare dell'Italia è stata nel 1985 l'ottava al mondo. Quanto al numero di uomini alle armi siamo tra i primi quindici. E tra gli esportatori mondiali di armamenti, gli italiani figurano nei primi sei posti. Il peso del settore militare sul complesso dell'economia italiana è ancora piuttosto contenuto: la spesa assorbe il 2,7% del prodotto interno lordo; le armi rappresentano il 2,7% della ricchezza prodotta dall'industria e il 2,3% delle esportazioni. Inoltre le minacce militari alla sicurezza dell'Italia sono meno gravi di quelle che si trovano a fronteggiare numerosi altri attori internazionali - compresi molti nostri alleati. Siamo quindi in una sit
uazione che offre molte opportunità di contenimento della spesa, di sperimentare conversioni al civile delle produzioni militari, di promuovere una politica di sicurezza realista e distensiva. Sfortunatamente queste opportunità non vengono colte. Al contrario nell'ultimo decennio s'è affermata la tendenza all'espansione che è urgente arrestare. E' dalla metà degli anni '70, infatti, che l'Italia comincia a figurare tra i principali esportatori di sistemi d'arma, e che la spesa militare supera i tassi di crescita annuale concordati in sede NATO. Ed è sempre in quelo periodo che cominciano a farsi sentire i sostenitori di un "nuovo ruolo" militare dell'Italia nel Mediterraneo. Il "Libro bianco", presentato dal ministro della Difesa Spadolini nell'inverno 84-85, sintetizza e mette a punto questi sviluppi, ovviamente dalla parte di chi li ha sostenuti e si augura che proseguano. Questo volume, invece, fa emergere i dubbi, gli interrogativi, le proposte alternative rispetto a quello che sinora è stato un monologo
dell'establishment.
("L'ITALIA E LA CORSA AL RIARMO" - Un contro-libro bianco della difesa - a cura di Marco De Andreis e Paolo Miggiano - Prefazione di Roberto Cicciomessere - Franco Angeli Libri, 1987, Milano)
INTRODUZIONE
"Va bene la corsa al riarmo, qualcuno si chiederà, ma che c'entra l'Italia? Non sono gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica il vero motore di tale corsa?
Un'ambizione di questo volume è appunto quella di informare il lettore sulla parte svolta dal nostro paese in questa insensata gara mondiale a gettare risorse in armamenti. Armamenti che sempre meno danno a chi li acquista la sicurezza che cerca e sempre di più, anzi, minacciano la sopravvivenza del genere umano.
In cifre assolute (cfr." Sipri Yearbook 1986, "pp. 233-237) la spesa militare dell'Italia è stata nel 1985 l'ottava al mondo. Quanto al numero di uomini alle armi siamo tra i primi quindici. E tra gli esportatori mondiali di armamenti, gli italiani figurano nei primi sei posti. Dunque è bene renderci conto che anche noi abbiamo la nostra parte di responsabilità. Minore, certo, di quella delle due superpotenze. Ma non trascurabile.
Il peso del settore militare sul complesso dell'economica italiana è ancora piuttosto contenuto: la spesa assorbe il 2,7% del prodotto interno lordo; le armi rappresentano il 2,1% della ricchezza prodotta dall'industria e il 2,3% delle esportazioni. Questi dati dovrebbero incoraggiare uno sforzo serio di contenimento della spesa e di conversione nel civile della produzione: in altri paesi, dove la corrispondente incidenza percentuale è a due cifre, tutto ciò sarebbe certo più difficile politicamente e più doloroso socialmente. Va anche tenuto presente che le minacce militari alla sicurezza dell'Italia sono meno gravi di quelle che si trovano a fronteggiare numerosi altri attori internazionali - compresi molti nostri alleati.
Sfortunatamente queste opportunità non vengono colte. Al contrario nell'ultimo decennio s'è affermata una tendenza all'espansione che è urgente arrestare. E' dalla metà degli anni '70, infatti, che l'Italia comincia a figurare tra i principali esportatori di sistemi d'arma, e che la spesa militare supera i tassi di crescita annuale concordati in sede Nato. Ed è sempre in quel periodo che cominciano a farsi sentire i sostenitori di un ``nuovo ruolo'' militare dell'Italia nel Mediterraneo.
Il" Libro bianco, "presentato dal Ministro della difesa Spadolini nell'inverno 84-85, sintetizza e mette a punto questi sviluppi, ovviamente dalla parte di chi li ha sostenuti e si augura che proseguano. Di qui il sottotitolo di questo volume, ``un contro-libro bianco della Difesa''. Difatti c'era bisogno, secondo noi, di far emergere i dubbi, gli interrogativi, le proposte alternative. Ce n'è ancora bisogno, veramente, se vogliamo che quello che sinora è stato solo un monologo dell'establishment si trasformi in un vero dibattito sulla politica di sicurezza dell'Italia. Altra ambizione di questo lavoro è contribuire a raggiungere tale obiettivo. Ma anche in questo caso, informando. Abbiamo infatti qualche ragione per ritenere che il lettore troverà qui più dati, più informazioni appunto, che nel" Libro bianco "ufficiale.
I primi tre saggi del libro non riguardano direttamente, o esclusivamente, la politica militare italiana. Il primo e il secondo si occupano di alcuni aspetti della politica strategica americana - rispettivamente il controllo delle forze nucleari e le ``guerre stellari'' - che non è esagerato definire di cruciale importanza. E non c'è bisogno di spendere troppe parole, crediamo, per spiegare quanto della nostra sicurezza di cittadini del mondo dipenda dalle scelte strategiche statunitensi. Il terzo capitolo si sforza invece di inserire il caso italiano nel quadro più ampio del dibattito atlantico sui contributi dei vari paesi alla difesa comune: la chiave di lettura proposta dall'autore è, come si vedrà, quella della teoria economica delle alleanze. E' un approccio nuovo da noi, che speriamo aiuti a fare giustizia del semplicismo con cui anche il" Libro bianco "ufficiale ha liquidato tali questioni. Gli altri cinque saggi riguardano più da vicino la politica militare italiana e non necessitano, crediamo, di p
articolari presentazioni.
E' bene invece avvertire che i diversi capitoli sono stati completati in momenti diversi, in un arco di tempo che va da febbraio ad agosto del 1986. Siamo perfettamente consapevoli che prima dell'uscita del libro altro materiale si è aggiunto a quello preso in considerazione qui. Tuttavia bisogna ``chiudere'' prima o poi, altrimenti niente sulla contemporaneità potrebbe mai venir scritto.
La lista delle persone da ringraziare per il contributo dato, a vario titolo, all'uscita di questo volume sarebbe, al solito, lunghissima. Scusandoci con chi abbiamo lasciato fuori ci limitiamo a sei nomi.
Roberto Cicciomessere, presidente dell'Irdisp, la cui costituzionale impazienza questo lavoro ha duramente messo alla prova con quasi un anno di gestazione. Alessandro Liberati e Mauro Marè, il cui servizio civile presso l'Irdisp è risultato in ben più dei rispettivi contributi come autori a questo volume. Claudio Barucca e Fabrizio Fassio la cui consulenza è stata fondamentale per sviluppare la banca dati sul bilancio della Difesa. Fabiana Bologna, le cui lunghe ore davanti al video e alla tastiera hanno evitato al libro ulteriori ritardi".
Marco De Andreis
Paolo Miggiano
Roma, settembre 1986