di Marco PannellaSOMMARIO: L'opera di disinformazione, di ostracismo e perfino di provocazione messo in atto da "La Stampa", dal "Corriere della sera", e da "Il Mattino" ha raggiunto livelli intollerabili alla vigilia del Congresso radicale che dovrà decidere sul rilancio o sullo scioglimentoe del Pr. Marco Pannella si rivolge con una "lettera aperta" all'editore di questi quotidiani, Gianni Agnelli" informandolo che è in corso la compilazione di un libro bianco sugli episodi di disinformazione dei tre quotidiani e proponendogli di rimborsare la metà del costo della ricerca nel caso in cui documentasse quanto ha pubblicamente denunciato. L'annuncio delle dimissioni dalla Camera dei deputati.
(IL GIORNALE D'ITALIA, 28 ottobre 1986)
"Caro Direttore,
tu sai - e quanti mi ascoltano nei comizi o a Radio Radicale - quanto io stimi il tuo giornale, che ogni tanto definisco come l'unico che io abbia sempre voglia di leggere e che mi sia utile leggere. Ti affido, quindi, chiedendoti ospitalità, la seguente "lettera aperta all'Avvocato". Grazie, e auguri a te, ai lettori ed ai colleghi di "Il Giornale d'Italia".
"Caro avvocato Agnelli,
lei è l'editore di "La Stampa"; ma è editore, anche, di "Il Corriere della Sera", oltre che - ancora - di "Il Mattino" di Napoli e dintorni.
Questi suoi giornali hanno brillato in questi mesi, più che mai (e non è certo dir poco) in una informazione sleale, parziale, ai limiti dell'oltracismo e della provocazione, sulle attività e sulla vita del Partito Radicale, oltre che mia personale. Siamo arrivati al punto, da pochissimi notato, che si sbatte in prima pagina, con rilievo straordinario, una "lettera" al sottoscritto per informare i lettori del perchè un non-radicale non si iscrive al Partito Radicale (e non capisco proprio di che "notizia" si tratti) occultando in ogni modo le notizie delle iscrizioni di parlamentari di altri partiti, di esponenti della cultura, di artisti di massima popolarità, di detenuti "politici", e non consentendo ad uno solo di loro di esprimere le proprie ragioni per decisioni così singolari. Intanto si sparavano editoriali su altri temi, dove non si mancava di cogliere l'occasione per sparlare delle "spoglie del partito di Pannella", o per ridurre spocchiosamente e stupidamente la vicenda radicale come storia di "
trasgressioni" di alcune frange di alcune generazioni...
Era ed è evidente la preoccupazione delle conseguenze possibili di una informazione completa e sleale, eventualmente di un dibattito alla vigilia di un Congresso che è quello del trentennale della nascita del Pr e - anche - quello della sua probabile, annunciata chiusura.
Noi abbiamo da anni espresso la convinzione che solamente l'ostracismo, la slealtà dell'informazione possa spiegare, almeno in gran parte, il fatto che il Partito Radicale si trovi ad avere al massimo due o tremila iscritti in Europa, contro i milioni del Pci o della Dc, il mezzo milione del Psi, le centinaia di migliaia del Msi, Psdi, Pri, Pli e le decine di migliaia di Democrazia Proletaria.
Lei sa, infatti, che anche all'estero si riconoscono al nostro Partito caratteristiche di efficacia, di creatività, di onestà che ne hanno fatto per almeno due decenni un protagonista della vita sociale e ideale del nostro paese. Per quanto grandi siano quindi gli eventuali nostri errori essi, da soli, non possono certo spiegare l'abissale differenza di consensi e di iscrizioni che le ho più sopra indicato.
Questa censura, questo ostracismo, questa slealtà così accaniti degli Ostellino e degli Scarabocchia, per tacere dei Nonno, sono tanto "incredibili" quanto documentati, la prego di crederlo.
Comunque - fidando sulla sua onestà intellettuale - ho dato l'avvio alla ricerca per compilazione di un "libro bianco" che non consenta più dubbi e alibi. Questa iniziativa costa circa 20 milioni. Le propongo di rimborsarmene la metà, nel caso in cui - a suo insindacabile giudizio - essa documentasse quanto oggi di già pubblicamente affermo e denuncio.
Lei mi dirà - ne sono certo - che lei non interviene minimamente nella conduzione dei suoi giornali, e lascia intera la libertà ai suoi direttori. Gliene do atto volentieri, tanto più che questo non accade altrove. Ma i direttori li sceglie lei, come tutti sanno, e la loro è "libertà" da lei - come dire? - delegata, o comunque resa possibile... Insomma, se lei non fosse l'editore, questi esimi colleghi, campioni entrambi d'un moralismo senza moralità sul piano deontologico e civile, non avrebbero certo la possibilità di far i cani da guardia del sistema partitocratico contro i rischi delle riforme radicali che, radicali esistenti, rischiano di continuare a realizzarsi.
Senza questa censura sistematica, senza questa violenza, senza questa disinformazione dei lettori resi in tal modo incapaci di conoscere, scegliere e deliberare per quanto ci riguarda, noi saremmo certamente almeno... la metà di quanti non siano gli iscritti a Democrazia Proletaria. La vita del paese, non solamente la nostra, sarebbe assolutamente altra.
Io dovrei essere, mio caro Avvocato, un "rappresentante della nazione" e la stampa dovrebbe consentire alla nazione stessa di controllare il mio operato. Roba dell'altro mondo, roba da ridere, se stiamo a "La Stampa", a "Il Corriere della Sera".
Se lei avesse scelto giornalisti con un minimo di civiltà democratica per dirigere le sue imprese giornalistiche, le sue testate di maggior prestigio, noi - in questi giorni - avremmo dato vita, probabilmente, ad una delle più straordinarie pagine di vita civile, di "singolarità" civilissima del nostro paese.
Così non è stato, così non è. Allora, caro Avvocato, le annuncio che - grazie a Lei ed al suo potere - io mi ritengo costretto a dimettermi da parlamentare, perchè sono una persona seria e non un ilota politico, e che invierò nei giorni prossimi alla presidente della Camera le mie irrevocabili dimissioni perchè impossibilitato a svolgere il mio mandato parlamentare, ed a concorrere al formarsi delle scelte politiche del mio paese, anche a causa della sua attività editoriale e delle sue modalità. Perchè questo resti almeno scritto, a memoria futura, negli atti del Parlamento che avrebbe dovuto essere "repubblicano" e nel quale lei concorre a premiare definitivamente il peggio della vita politica ed a annientare il resto.
Lei ben sa che questa lettera aperta, questa decisione non è frutto nè di antipatia preconcetta nè di frettolose conclusioni. Questo discorso, fra di noi, fu aperto quando lei era Presidente della Confindustria, più di dieci anni fa, dunque. Ho con prudenza atteso dunque più del dovuto, non trattandosi di miei e suoi "privati affari".
Cordialmente"