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Pannella Marco - 17 novembre 1986
"Così persero i don Rodrigo e gl'Innominati"
di Marco Pannella

SOMMARIO: La rievocazione della battaglia per l'introduzione del divorzio in Italia. La volontà di cancellare dalla memoria collettiva quella grande vittoria di civiltà per non consentire che qualcuno si riconosca in quel partito che l'ha consentita.

(Stampa Sera, 17 novembre 1986)

A Marco Pannella, uno dei protagonisti della campagna per il divorzio, abbiamo chiesto di rievocare il clima e le vicende che portarono all'approvazione di quella legge.

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Argentina Marchei è una popolana romana, trasteverina, di circa ottant'anni, quando la legge Fortuna viene approvata dal Parlamento, nella notte fra il 30 novembre e il 1· dicembre 1970. Più di cinquant'anni prima, dopo pochi mesi di matrimonio, il marito se ne era andato, e non l'aveva più rivisto. Si era ricreata ben presto una famiglia, era ormai più volte nonna ma tutto "fuori-legge". Il suo compagno era ormai malato volevano sposarsi prima di andarsene, di separarsi definitivamente. Con le sue gambe piagate dalle vene varicose, inalberando la sua tessera comunista del 1922, Argentina Marchei dal '65 al '70, e poi fino al '74, fu di tutte le manifestazioni, le marce, i digiuni della Lid e dei radicali.

Ad Avola isolato ma infaticabile, più che sessantenne, attivo "nostalgico" mussoliniano, rappresentante del msi, da tutti riconosciuto come onestissimo, ha una miriade tra figli e nipoti, ma il tutto è "fuori-legge". Egli è per la legge "sposato" con una donna che non ha visto da decenni, non può nemmeno essere "convivente" con la madre dei suoi figli. E' un militante, il rappresentante della Lid, ma anche impegnato nelle lotte anticoncordatarie che il solo pr conduce in quel periodo.

Da Macomer ci scrive un maresciallo dell'esercito: "Mia moglie mi ha lasciato con una bambina appena nata. Batte i marciapiedi del continente. In caserma dico, da anni, che è malata. Non posso avere una donna che si occupi della bambina, chè sarebbe disonorata. Ora sto raccogliendo le adesioni alla Lid. Ma io vi ringrazio, come persona, come soldato, come cittadino ero un cornuto, sono un divorzista, un democratico".

Le cronache più o meno mondane, intanto, narrano di "divorzi" clamorosi della Sacra Rota. Attori, aristocratici, miliardari, ottengono l'annullamento per matrimonio rato e non consumato. In presenza di eredi, a volte numerosi, al termine di "processi" di allucinante barbarie. Mentre a decine di migliaia, non solamente nel profondo Sud, "vedove bianche" attendono, mendicano dichiarazioni di "morte presunta" di coniugi scomparsi da decenni, quando si cominciò a cantare "Partono i bastimenti, per terre assai lontane".

S'affrontano concezioni e scelte radicalmente cristiane, laiche le une, clericali le altre. Il matrimonio, la famiglia devono fondarsi sulla libertà e sulla responsabilità, sull'amore, o sull'autorità della legge, sull'imperio dei magistrati o dei carabinieri? Il sacramento cattolico deve essere tutelato dalle coscienze dei credenti o imposto a tutti come valore assoluto, di "diritto naturale" dallo Stato?

Con Loris Fortuna, Mauro Mellini, da cinque anni, ovunque, nelle piazze, nelle strade, nelle sedi dei partiti, nelle aule della Sacra Rota, in Parlamento, nei mass-media, con la Lid, la Lega per l'istituzione del divorzio, abbiamo organizzato e condotto la più dura, storica e vincente delle battaglie civili.

Persino democratici della statura morale e politica quale Ugo La Malfa temono la nostra azione come la peste, mette in crisi il "centro- sinistra", così come per il pci il "compromesso storico", per la trimurti sindacale l'"unificazione" delle masse operaie. La Malfa per anni insiste perchè si ripieghi sul divorzio per i soli matrimoni civili, poco più dell'uno per cento in Italia.

Ma s'incalza dalla base, dal "profondo" cristiano, laico, democratico, civile del Paese. Grazie ad "ABC" di Enzo Sabàto decine di migliaia di cartoline giungono in Parlamento, puntuali per disinsabbiare a suon di articoli dei regolamenti parlamentari i progetti divorzisti. Quotidiani di proprietà allora borghese, grazie agli editori di allora (Perrone per "Il Messaggero" e "Il Secolo XIX", Crespi per "Il Corriere della Sera", "Il Piccolo" di Alessi), altri, come "La Stampa", grazie all'impegno mirabile di magistrati che operano nel solco della cultura e della civiltà dei Peretti Griva, a collaboratori come i Mario Berutti e i Galante Garrone, consentono di incalzare il politicantesimo con la rivendicazione di una politica nobile, difficile e creativa.

In Parlamento, pochi, a cominciare da Baslini, Ballardini, i Fausto Gullo e i Terracini, rappresentano l'opera della Lid e del partito radicale, del quale nel frattempo Loris Fortuna è divenuto anch'egli "tesserato" (doppia tessera, con quella del psi). S'inaugurano, in questa occasione, anche gli strumenti di lotta gandhiana, nonviolenta, digiuni, autodenunce, cartellonate. In Parlamento, dc e msi sono battuti, a volte per un solo voto, dallo schieramento "laico" "costretto" a costituirsi e operare, a vincere per la prima volta nella storia repubblicana.

Il presidente della Camera Pertini è in prima linea nel difendere i diritti e i doveri dei regolamenti parlamentari, contro le prassi di insabbiamento, di ostruzionismo ultradecennale. Ma anche il presidente del Senato Fanfani si muove con grande rispetto delle proprie funzioni. E tanto più il merito gli va riconosciuto, quanto meno poi la sua azione politica di presidente del Consiglio e di leader democristiano, la sua personale cultura, lo resero capace di condividere o anche di comprendere l'eresia divorzista e liberale.

Per becero anticomunismo, non pochi laici, anche prestigiosi, si trovarono in questi anni convergenti con i vertici del pci che finirono per ingerire come una purga obbligata la scelta laica. Il divorzio non s'aveva da fare. Per una volta questi Don Rodrigo e questi "Innominati" persero. Quando la legge venne approvata, giornali prestigiosi dei diversi continenti s'accorsero per la prima volta dell'Italia. Titolarono le prime pagine con la notizia di una Italia che sceglieva l'Europa.

E' tanto vero, era tanto vero, che la Rai-tv del 1986 nel celebrare nei giorni scorsi il 1970, è riuscita a censurare totalmente quell'evento, se non con una citazione di 12 secondi, mentre dedicava più di otto minuti agli esordi della Carrà e ad altre amenità, affrontava semplicemente la ricorrenza di un grande atto di governo quale l'elargizione dello "Statuto dei lavoratori", illustrava e documentava l'elezione (non la caduta e l'assassinio) di Allende, per poter ancora una volta, anche alla memoria, "abrogare" Loris Fortuna, nemmeno nominato, senza nemmeno un fotogramma, "abrogare" il Parlamento, che in quell'occasione ha rappresentato, in modo inedito e mai più ripetuto, la civiltà del nostro Paese; "abrogare", soprattutto, con Mellini, con migliaia di militanti, il partito e "il popolo" radicale.

C'è il rischio, infatti, nel non abrogare la storia di questo Paese, il meglio della sua storia, che la coscienza democratica di oggi abbia un sussulto e per "ri-conoscenza", per consapevolezza, non consenta quella chiusura del partito radicale che sembra ormai fatale, e giungano, nel fazzoletto di giorni che resta, le quattromila iscrizioni necessarie alla sua vita. Non si poteva dunque rischiare di convocarmi - come Gino Giugni - alla serata televisiva di Frajese.

Tutto si giocò e vinse in quell'anno, in quell'inizio di dicembre del 1970. Il referendum del 1974 non ne fu che una conseguenza, in gran parte tanto entusiasmante quanto scontata.

 
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