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D'Elia Sergio, Bignami Maurice - 22 novembre 1986
Lettera dall'ergastolo: quei Figli della Libertà
di Sergio D'Elia e Maurice Bignami

SOMMARIO: Secondo gli autori la democrazia non è legata a certi ambienti e posti, ognuno ne può far parte, con un atto volontario. La democrazia ha delle regole precise, temperate dai valori di liberalismo e di buone maniere per assicurarne il movimento ed evitare che diventi un "massacro"; è la realizzazione del fattibile. In questo contesto il PR è riuscito a muoversi con grande invenzione politica cioè fuori dal Governo e dalla Lotta. Il XXXII Congresso non si trova tanto davanti al problema dell'esistenza del partito, ma piuttosto alla voglia di tutti di partecipare alla democrazia, di fare parte di una Convenzione Democratica. L'ideale per il PR sarebbe che fosse un partito esclusivamente composto da persone con doppie tessere, perché esisterebbe uno scambio reciproco fra la propria identità ed il riconoscimento dell'altro.

(Notizie Radicali n· 271 del 22 novembre 1986)

Quando alcuni Figli della Libertà, in braghini da bagno e travestiti da indiani, salirono su tre navi britanniche nel porto di Boston e gettarono a mare le balle di the, non sapevano di partecipare al Boston Tea Party, ad una grande azione simbolica.

La democrazia non ha per principio delle basi granitiche: la democrazia americana è nata in mezzo al mare.

Quando i rappresentanti del terzo Stato, tre settimane prima della presa della Bastiglia, si costituirono in Assemblea Nazionale e giurarono di non sciogliersi se non dopo aver dato alla Francia una nuova Costituzione, non si formalizzarono a scegliere come luogo di riunione una puzzolente palestra.

La democrazia non ha per forza i suoi luoghi deputati: la democrazia francese è nata tra il primo ed il secondo tempo di una partita alla pallacorda.

E quando tre uomini in fuga -un francese, un inglese e un americano- in una Parigi in grigio s'incontrarono furtivamente in un bagno turco fischiettando Tea for two, non sapevano di dare il via alla riscossa nell'Europa occupata.

La democrazia non è un gioco noioso ed obbligatorio per tutti: la democrazia, in quanto tale, seppur ridotta all'osso, è un gran bel giocare, anche in pochi ed in pessime condizioni, basta conoscerne le regole ed apprezzarne il gusto.

In altre parole, si può scoprire ed inventare la democrazia in una trincea, a chiacchierare o al cinema, ma in ogni caso l'accedervi è un atto volontario: non la si può considerare semplicemente il solo gioco possibile.

Infatti, non è l'ultimo dei giochi dopo averli provati tutti, come d'altronde non è il governo di quelli che non sanno quello che vogliono.

Siamo stati invitati dagli amici radicali ad intervenire a questo congresso.

Ci pare di aver capito che la posta in gioco ecceda i limiti dell'ordine del giorno: non si tratta di verificare se vi sono le condizioni oggettive che permettano al PR di esistere, nè tantomeno di stare a guardare quel che i militanti radicali vogliono fare del loro partito.

Le condizioni possono anche essere pessime, e probabilmente i militanti non sanno quel che fanno.

Si tratta forse di decidere se abbiamo tutti voglia di fare una Convenzione Democratica.

Infatti, questo è il congresso di chi ha la doppia tessera, di chi è una cosa, un'altra ed un'altra ancora ma nello stesso tempo è radicale, vale a dire radicalmente democratico.

L'ideale sarebbe che il PR fosse esclusivamente il partito di quelli della doppia tessera.

La prima tessera è quel che uno è ed anche quel che uno ha: la sua identità, la sua concezione del mondo, le sue relazioni ed i suoi interessi.

La seconda tessera è il riconoscimento dell'altro per quello che è e per quello che ha: la sua identità, la sua concezione del mondo, le sue relazioni ed i suoi interessi.

Come socialista, vorrei che tutti fossero socialisti come me: in quanto monarchico, mi piacerebbe che tutti auspicassero il ritorno della Famiglia Reale.

Da radicali, il socialista ed il monarchico possono combinare assieme ottimi affari.

La prima tessera, nella migliore delle ipotesi, permette di conoscere se stessi e quelli della propria specie. è come un documento di identità, uno stato di famiglia, un biglietto chilometrico, un libretto al portatore.

La seconda tessera è il riconoscimento reciproco, una tessera che riesce a valorizzare anche la prima.

Il gioco della doppia tessera sta nell'offrire più di quanto si è e più di quanto si possiede.

E' un Potlach politico, uno scambio simbolico eccessivo. Ad un dono si risponde con un dono più grande.

I militanti del PR offrono sicuramente più di quanto hanno: offrono una tessera in più, una doppia tessera agli altri mentre loro ne mantengono una sola.

Gli altri offrono anch'essi più di quanto hanno: offrono da socialisti e monarchici un partito in più, che non è socialista nè tantomeno monarchico.

Il Potlach è uno scambio ineguale: la regola che lo governa non è quella del dare e dell'avere, bensì quella della reciproca eccitazione, del rialzo nello scambio simbolico.

Il Potlach è un gioco necessario in un mondo governato dalla disparità per consentire straordinariamente il gioco tra pari.

I militanti del PR, con la seconda tessera, offrono agli altri lo spazio e l'occasione per giocare tra pari, esattamente quel che i militanti del PR non hanno e non possono avere.

Gli altri, con la seconda tessera, offrono ai militanti del PR lo spazio e l'occasione per giocare tra pari, esattamente quel che gli altri non hanno e non hanno mai voluto concedere.

La democrazia è un patto volontario, abbiamo detto.

La democrazia è un patto formale, che fissa precise regole di procedura.

Non è obbligatoria e nemmeno sovradeterminabile da emergenze politiche o sociali.

Non è la democrazia astratta, nè tantomeno la democrazia programmatica, due concezioni che coincidono esattamente con due tipi di infattibilità: un'infattibilità astratta che teorizza il consenso, o il dissenso, obbligatorio per tutti, ch'è l'ideologia della partecipazione; un'infattibilità concreta che pratica il piano delle cose che "non" verranno fatte per il breve, il medio ed il lungo periodo, ch'è l'ideologia della Programmazione.

E' una democrazia formale, temperata dai valori del liberalismo, temperati a loro volta dalle buone maniere.

Il rispetto delle regole del gioco, ovvero la possibilità per tutti di avere una chance; il rispetto delle qualità ossia, la possibilità che vinca il migliore; il rispetto dell'altro, vale a dire la possibilità che il gioco continui.

La democrazia formale fa si che vi sia un gioco, il liberalismo che il gioco si movimenti e le buone maniere che non diventi un gioco al massacro.

Questa democrazia dei galantuomini sarà anche una Commedia Sofisticata, ma è l'unico modo perché la democrazia possa essere un governo pratico, efficace e risoluto: una sintesi tra il possibile ed il doveroso, ovverosia l'attuazione del fattibile: accordi precisi, ben localizzati, per definire affari soddisfacenti per tutti.

E' una Convenzione fra democratici, il luogo e l'occasione ove si trova il piacere di trattare sulle cose concrete per un tempo determinato.

In questo quadro, sono fuori luogo le Grandi Opzioni ed i Movimenti che le accompagnano.

Prendi il Nucleare: non si tratta di abbaiare "Nucleare si, Nucleare no", ciò che è efficace è l'eventuale decisione, ad esempio, di alcune comunità a denuclearizzare il proprio territorio ed il loro saper agire da gruppo di pressione e contrattazione.

In questo modo non si spazzerà via il Nucleare dal Mondo, ch'è precisamente quel che gli Antinucleari non riescono a fare.

Si riuscirà invece a farci i conti in un luogo definito, in una comunità concreta -un comune, una chiesa, una roulotte- ch'è precisamente quel che gli Antinucleari non vogliono fare.

Quello che apprezziamo nel PR sono soprattutto le scelte ed il coraggio di chiamarsi fuori dai luoghi comuni della Politica e dell'Antipolitica, i luoghi delle infattibilità: quelle del Governo e quelle della Lotta, e quelle del Governo e della Lotta.

Riconosciamo al PR una grande invenzione politica, che espone uno stile e rilancia un gioco, qui, ora, in questo congresso, anche laddove si parla di autoscioglimento: perché offre a tutti, qui ed ora, uno spazio ed un'occasione per giocare straordinariamente in un mondo delle disparità il gioco tra pari.

Amici, siamo in pieno clima di Convention.

Solo al PR poteva riuscire questo colpo gobbo, solo un partito di duemila iscritti ha la credibilità necessaria per invogliare tutti gli scommettitori a rischiare almeno una volta nel gioco della democrazia.

E' con questo spirito che ci siamo mossi dal carcere, per aderire ad una Convenzione democratica, per rischiare il nostro e più di quanto abbiamo e fors'anche più di quanto ci viene richiesto.

Siamo venuti qua per giurare sulla democrazia, quel giuramento che un galantuomo, un po' di tempo fa, poneva -inascoltato- a fondamento di una vera pacificazione.

Questo non è sicuramente un luogo deputato, qui, non vi sono le basi granitiche della nostra democrazia, il rituale del giuramento potrà anche apparire retorico, in ogni caso, per noi, questo è il "qui ed ora", il luogo e l'occasione, il momento giusto per fare e sottoscrivere il nostro giuramento.

Perché una cosa è certa: ci dispiace tremendamente di aver fatto la lotta armata, ma, se questo è possibile, ci dispiace ancor di più di non aver fatto fin da subito la democrazia.

(Roma Rebibbia

29 ottobre/2 novembre 1986)

 
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