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Pannella Marco - 10 dicembre 1986
TORNA A CASA, ENZO, NON SVENDERTI.
La lettera al "Giornale" di Marco Pannella sull' "abbandono" del presidente del Partito radicale (10 dicembre 1986).

SOMMARIO: Il racconto dei fatti su cui si è aperta la polemica pubblica fra Marco Pannella ed Enzo Tortora a proposito del suo ritorno in Rai e della sua conseguente ed implicita rinuncia a candidarsi nelle liste radicali. Non possiamo permetterci, se si va alla battaglia elettorale o referendaria sulla giustizia, che gli elettori di Tortora siano costretti a constatare la sua diserzione dalle responsabilità e dagli impegni che si è assunto per l'affermazione di "una giustizia giusta".

(IL GIORNALE, 10 dicembre 1986)

Caro direttore,

prima i fatti, poi le opinioni:

1) Ancora alle ore 15.50 circa di domenica 30 novembre, giorno del suo compleanno, a tutta la famiglia riunita per festeggiarlo, ed io con loro, a domanda della sorella Anna se davvero e comunque, in caso di elezioni anticipate, lui intenda presentarsi alle elezioni, Enzo Tortora manifesta la massima sorpresa e testualmente risponde: "Ma non vi è alcun dubbio... Ma certo, senza dubbio".

2) Alle 13.30 circa del 4 dicembre, dopo due giorni di equivoco e di equivoci, Enzo mi invia per telecopier una lettera a Parigi dove si legge:

"Non ho difficoltà comunque a comunicarti... che nel periodo contrattualmente vincolato non potrò presentarmi ad alcuna candidatura". Il periodo arriva al febbraio 1988, e Enzo mi fa l'occhiolino: "In questa autolimitazione (contratto per un solo anno) per chi sa leggere ci sono moltissime cose: tranne, lo riconosco, la possibilità di candidarsi in caso di "anticipate"...

3) Alle 22.30 circa dello stesso giorno ho cercato di convincere

telefonicamente, da Bruxelles, Enzo a non svendere diritti e impegni fondamentali, e inalienabili, con danno immenso per lui stesso, per l'intera battaglia in difesa di migliaia di altri Tortora sconosciuti, e della giustizia per tutti. La conversazione termina con un invito da parte sua a prendermi una camomilla. E' allora che ho chiamato Radio Radicale e gli ho rivolto un pubblico appello, invitando tutti coloro che gli danno fiducia, cui deve in primo luogo la sua libertà e la sua immagine di oggi, o di ieri, a intervenire per evitargli e evitare un grave errore.

Due altre informazioni:

A) Per tutti questi anni, sempre, quasi ossessivamente, ho rincuorato Enzo in ogni occasione; e gli ripetevo:

"Tu devi tornare a fare esattamente Portobello, con un "heri dicebamus...". Quando ebbe i primi contatti con la Rai-Tv. "Non ci pensano nemmeno a riprendermi, mi disse...". Mi rimboccai le maniche e - grazie a Manca ed ai socialisti di Rai2 - "il servizio pubblico" ha fatto (e sta facendo) il suo dovere "di mercato". Poi sono andato da Berlusconi che non avevo mai visto o sentito in vita mia, e potei constatare e riferire ad Enzo che da questa parte le porte erano non solamente aperte, non d'oro ma di platino, sia in termini finanziari sia di garanzie di libertà. Sicché il 30 novembre stavamo festeggiando anche il "lieto fine".

B) Ho verificato in questi giorni che, ovunque, nel Partito, in tutte le carceri, per la strada, tutti davano per scontato, in base alle dichiarazioni ed ai giuramenti di Enzo, che egli sarebbe stato di nuovo candidato e capolista nelle prossime elezioni.

Lo era stato quando, distrutto nel fisico, nella salute, nel morale, giorno dopo giorno, da una banda onnipotente di magistrati, di cronisti giudiziari e di pentiti subordinati, con un rinvio a giudizio tremendo ed alla vigilia di una condanna infamante, ancora una volta il Partito Radicale aveva mostrato il coraggio e la moralità straordinari, il rigore e la fantasia necessari che gli sono sempre stati propri, con cui da solo ha combattuto per una "giustizia giusta" sin da almeno vent'anni. Come può non esserlo ora, se ci saranno elezioni e ci sarà il Partito?

Ma qual è il senso di questa pubblica polemica, della pubblicità che ho e abbiamo imposto al nostro dibattito?

Il Partito Radicale probabilmente sarà sciolto, il 31 dicembre o il 31 gennaio, da quelle centinaia di migliaia di persone (su 60 milioni) che, informate della situazione, non hanno la forza di andare alla posta per inviare la loro iscrizione per il 1986 e il 1987 al Partito Radicale. In questo momento gli iscritti per il 1987 son meno di 800! Fra quaranta giorni, Natale, feste, befana compresi, dovremmo essere almeno 5.000 (su 4 milioni circa di iscritti agli altri partiti, e dieci almeno ai sindacati partitocratici). Da tutto il mondo ministri, deputati, premi nobel, letterati, nonviolenti gandhiani, gente dell'arte, della cultura, dello spettacolo, della musica danno personale testimonianza dell'importanza che annettono "per il mondo" (non hanno paura del ridicolo!) alla vita del Pr, cui si iscrivono. Essi cercano di dare l'esempio, ma l'Italia, grazie all'"informazione", non lo sa.

Ma se questo partito dovesse farcela, è indubbio che costituirebbe un fatto clamoroso, il fatto europeo e non solamente italiano dei prossimi anni. Dovrebbe dopo poche settimane affrontare referendum e forse anche elezioni, in solidarietà con gli amici liberali, socialisti e socialdemocratici, con repubblicani, Verdi e Dp, se lo vorranno, per vincere il drammatico, conclusivo scontro per "una giustizia giusta", per la riforma civile e istituzionale, per utilizzare l'immensa forza morale e politica che gli viene dalla esplosione di fede politica e "religiosa" nella democrazia politica e nella nonviolenza da chi, nelle carceri, sconta con dignità estrema ergastoli e condanne a mezzi secoli per aver scelto le vie dell'illusione violenta. Per gli Stati Uniti d'Europa, per giustizia e libertà, per superare con tutta l'urgenza necessaria quel divorzio fra scienza e politica, e potere, per cui si ignorano pericoli morte per l'umanità entro vent'anni, sia per gli "effetti serra", sia per il tremendo sisma che Tazief

f e gli scienziati del settore affermano certissimo e ineluttabile in questo decennio o nel successivo. E tutto questo con le "doppie tessere", con quella condanna alla libertà ed alla responsabilità personali, in cui si sostanzia l'adesione al Partito Radicale.

E' in questo quadro che un problema di principio e di metodo, oltre che testarda volontà praticata per rovesciare in crescita e in grandezza il segno della micidiale prova che la vita e l'abiezione di troppi hanno imposto a Tortora, ci si è posto e ci si pone.

Ci muove la ragione stessa, lo stesso amore per la speranza e per gli ideali, per cui abbiamo difeso, con i diritti-doveri della giustizia, Tortora. Ci muove l'abitudine radicale di fare il bucato, come le donne di un tempo, pubblicamente, insieme, ai bordi dell'acqua limpida del fiume e del ruscello.

Ci muove la difesa della speranza per migliaia e migliaia di altri Tortora, altrimenti desolati e distrutti. Ci muove la riconoscenza per la grande dignità e intelligenza personale e politica con cui Tortora ha saputo dimettersi, da vero radicale, dal Parlamento Europeo per tornare agli arresti domiciliari, esempio senza precedenti al mondo, se non radicali.

Noi ci auguriamo che Enzo e Anna Tortora sappiano agire da persone di forte e umile coscienza e responsabilità, così come tutti coloro che li amano, e che sono, pressoché tutti, nostre compagne e compagni radicali.

Noi non potevamo permetterci, e non dobbiamo, di creare le condizioni per un momento di sgomento, di scoramento e di rivolta - domani - se si va alla battaglia elettorale o referendaria, per i cinquecentomila elettori di Enzo e per milioni d'altri, il giorno in cui dovessero constatarne la diserzione dalle responsabilità che sono le sue, dagli impegni che ha preso.

Tortora, sta per firmare un contratto favoloso: com'è giusto, se pensiamo a quelli di gente come Baudo o la Carrà. Egli ha già, praticamente, in tasca miliardi; non solamente un miliardo. Egli farà comunque "Portobello". Può firmare il contratto, subito, subito incassare "l'ingaggio", e non rinunziare, non dare ad Agnes i suoi diritti di cittadino e i suoi doveri di eletto e di Presidente del Partito Radicale. Può cominciare subito, ed eventualmente interrompere per qualche settimana, "Portobello". Può rinviarne l'inizio di qualche mese. A questo punto e in queste condizioni, solamente non povero ma legittimo orgoglio, ma una superbia cieca e misera, il disprezzo degli altri, l'incapacità di riconoscere che è sul punto di fare un errore (prerogativa di chi è forte di coscienza e di moralità), possono far insistere Tortora nella sua propensione, o nella sua scelta, sia che l'abbia solamente annunciata, o già controfirmata.

Ma, al di là di tutto questo, v'è da assicurare, da persone libere e forti, miti e di buona volontà, la vita e la grandezza del Partito Radicale. Altrimenti avremo Enzo in gabbia al posto del pappagallo, in un "Portobello" politico di produzione partitocratica.

 
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