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Notizie Radicali - 16 gennaio 1987
Ma il sindacato magistrati non si tocca

SOMMARIO: Il testo della sentenza del 16 gennaio 1987 con cui la Corte Costituzionale dichiara inammissibile la richiesta di referendum sulle modalità di elezione del Consiglio Superiore della Magistratura. Secondo la Corte, esiste la "suprema esigenza" di salvaguardare la operatività costante dell'organo che - neppure temporaneamente - può essere privato delle norme elettorali contenute nella propria legge di attuazione.

(NOTIZIE RADICALI N. 38, 14 febbraio 1987)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Antonio LA PERGOLA Presidente

Prof. Virgilio ANDRIOLI Giudice

Prof. Giuseppe FERRARI Giudice

Dott. Francesco SAJA Giudice

Prof. Giovanni CONSO Giudice

Prof. Ettore GALLO Giudice

Dott. Aldo CORASANITI Giudice

Prof. Giuseppe BORZELLINO Giudice

Dott. Francesco GRECO Giudice

Prof. Renato DELL'ANDRO Giudice

Prof. Gabriele PESCATORE Giudice

Avv. Ugo SPAGNOLI Giudice

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA Giudice

Prof. Antonio BALDASSARRE Giudice

Prof. Vincenzo CAIANIELLO Giudice

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio sull'ammissibilità ai sensi dell'art. 2, comma primo, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione degli artt. 25, 26 e 27 della legge 24 marzo 1958, n. 195, recante il titolo: "Norme sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura", così come risultanti dalle successive modificazioni e integrazioni della legge stessa, iscritto al n. 36 del registro referendum.

VISTA

l'ordinanza emessa il 13 dicembre 1986 con la quale l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha dichiarato legittima la suddetta richiesta;

UDITO

nella camera di consiglio del 14 gennaio 1987 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola;

UDITO

l'avvocato Mauro Mellini per il Comitato promotore.

RITENUTO IN FATTO

1.

Il 13 marzo 1986 Biondi Alfredo ed altri, documentata la propria qualità di elettori, dichiaravano nella Cancelleria della Corte di cassazione di voler promuovere la raccolta delle firme per la richiesta di referendum popolare abrogativo degli artt. 25, 26 e 27 della legge 24 marzo 1958, n. 195, contenenti norme sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, così come risultanti dalle successive modifiche e integrazioni della legge stessa.

L'annuncio di tale iniziativa è stato pubblicato nella "Gazzetta Ufficiale" n. 61 del 14 marzo 1986.

In data 9 luglio 1986 alcuni dei promotori depositavano presso la detta Cancelleria i fogli con oltre 700.000 sottoscrizioni, accompagnati dai certificati elettorali dei sottoscritti.

L'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, verificate con esito positivo la regolarità delle richieste e la persistente vigenza dell'atto normativo cui si riferiscono, con ordinanza del 13 dicembre 1986 ha dichiarato legittima la richiesta di referendum popolare sul seguente quesito:

"Volete voi l'abrogazione degli artt. 25, 26 e 27 della legge 24 marzo 1958, n. 195, recante: ``Norme sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura'' così come risultanti dalle successive modificazioni e integrazioni della legge stessa?".

L'ordinanza è stata comunicata alla Corte costituzionale il 16 dicembre 1986 e notificata ai sensi dell'art. 13 della legge 25 maggio 1970 n. 352.

2.

Il Presidente di questa Corte, ricevuta comunicazione della suddetta ordinanza dell'Ufficio centrale, fissava il giorno 14 gennaio 1987 per la deliberazione in camera di consiglio circa l'ammissibilità del referendum e nominava relatore il giudice costituzionale Francesco Paolo Casavola.

Il decreto di fissazione veniva regolarmente comunicato.

In data 8 gennaio 1987 i presentatori della richiesta di referendum, avvalendosi della facoltà prevista dall'art. 33, terzo comma, della citata legge n. 352 del 1970, hanno depositato una memoria nella quale si svolgono varie argomentazioni a sostegno della richiesta, deducendo in particolare l'univocità del quesito referendario proposto, nonché la sua omogeneità, in quanto si assume che le singole disposizioni che ne formano oggetto debbano considerarsi indipendenti e tali che la cancellazione della prima di esse comporti necessariamente la soppressione o quanto meno la modifica delle successive.

La memoria, inoltre, pur riconoscendo l'appartenenza della legge n. 195 nel suo complesso alla categoria delle leggi a contenuto costituzionalmente vincolato, nega tuttavia tale carattere, così come quello di norme costituzionalmente necessarie, alle specifiche disposizioni sottoposte a referendum, in quanto l'abolizione delle stesse non comporterebbe - secondo i promotori - la paralisi del Csm, trattandosi di norme comunque destinate ad operare alla scadenza del Consiglio in carica ed al momento del suo rinnovo, oltretutto non imminente.

Il Governo, invece, non si avvaleva della facoltà di intervento nel giudizio di ammissibilità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Proseguendo nel duplice orientamento della propria giurisprudenza, delineato nella sentenza 2 febbraio 1978, n. 16, secondo il quale, in sede di giudizio di ammissibilità di referendum abrogativo, a) "il popolo stesso deve essere garantito nell'esercizio del suo potere sovrano" e b) devono essere individuati "i valori di ordine costituzionale, riferibili alle strutture ed ai temi delle richieste referendarie, da tutelare escludendo i relativi referendum, al di là della lettera dell'art. 75 secondo comma Cost.", la Corte svolge le considerazioni che seguono.

1.

La natura del referendum abrogativo nel nostro sistema costituzionale è quella di atto-fonte dell'ordinamento dello stesso rango della legge ordinaria. Come il legislatore rappresentativo ispira e coordina la sua volontà ad un oggetto puntuale, così la volontà popolare deve poter ispirarsi ad una "ratio" altrettanto puntuale. Il quesito referendario è dotato di siffatta "ratio" quando in esso sia incorporata l'evidenza del fine intrinseco all'atto abrogativo. Dinanzi ad una norma elettorale la pura e semplice proposta di cancellazione insuscettiva di indicazioni desumibili da meri riferimenti al sistema, non è di per sé teleologicamente significativa. L'ampia gamma di sistemi elettorali, la loro modulazione e ibridazione, impedisce che si instauri l'alternativa tra l'oggetto di cui si vuole l'eliminazione e il suo contrario.

L'assenza di manifesta e chiara alternativa impedisce che il voto dei cittadini si renda con quella consapevolezza nella scelta, che è irrinunciabile requisito di un atto libero e sovrano di legiferazione popolare negativa.

2.

Nella specie si propone di caducare norme elettorali contenute nella legge 24 marzo 1958, n. 195, sulla costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura, organo la cui composizione elettiva è esplicitamente disposta dall'art. 104 della Costituzione.

Il nesso di strumentalità tra gli artt. 25, 26 e 27 della legge suddetta e il carattere elettivo dell'organo è di tutta evidenza.

Gli organi costituzionali o di rilevanza costituzionale non possono essere esposti alla eventualità, anche soltanto teorica, di paralisi di funzionamento. Per tale suprema esigenza di salvaguardia di costante operatività, l'organo, a composizione elettiva formalmente richiesta dalla Costituzione, una volta costituito, non può essere privato, neppure temporaneamente, del complesso delle norme elettorali contenute nella propria legge di attuazione. Tali norme elettorali potranno essere abrogate nel loro insieme esclusivamente per sostituzione con una nuova disciplina, compito che solo il legislatore rappresentativo è in grado di assolvere.

Il referendum popolare abrogativo si palesa nella specie strumento insufficiente, in quanto idoneo a produrre un mero effetto ablatorio "sine ratione".

3.

Ostano dunque alla sottoposizione del tema in esame al voto popolare due concorrenti ragioni: l'una attinente alla consapevolezza del voto, in assenza di una evidente finalità intrinseca al quesito; l'altra derivante dalla indefettibilità della dotazione di norme elettorali per gli organi la cui composizione elettiva è espressamente prevista dalla Costituzione.

PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE DICHIARA INAMMISSIBILE:

la richiesta di referendum abrogativo degli artt. 25, 26 e 27 della legge 24 marzo 1958, n. 195 ("Norme sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura"), iscritta al n. 36 del registro referendum, nei termini indicati in epigrafe, dichiarata legittima con ordinanza del 13 dicembre 1986 dall'Ufficio centrale per il referendum costituito presso la Corte di cassazione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 1987.

 
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