ABROGATA LA COSTITUZIONEdi Marco Pannella
SOMMARIO: La denuncia del carattere "golpista" della sentenza con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il referendum sul Consiglio Superiore della Magistratura. L'annuncio di un digiuno di dieci giorni perché la "gente dabbene" risponda all'atto di violenza della Corte.
(NOTIZIE RADICALI N. 38, 14 febbraio 1987)
"Non conosco, in questi trent'anni di vita partitocratica, atto più grave, più golpista, più anticostituzionale della sentenza della Corte costituzionale in tema di referendum sul Consiglio superiore della magistratura, la sola delle attuali che ho sotto gli occhi. E' letteralmente demenziale. I referendum sul divorzio, sull'aborto non avrebbero potuto tenersi, secondo le affermazioni che oggi vengono fatte: fra coloro che chiedevano l'abrogazione della legge Fortuna potevano benissimo esserci sostenitori del divorzio in un anno, o delle "libere unioni"; fra quelli che chiedevano l'abolizione della 194 posizioni diverse e contraddittorie quanto alle soluzioni da apportare.
Il dettato costituzionale esclude dalla possibilità dei referendum solamente le leggi tributarie e relative a trattati internazionali: c'è da ridere, o da piangere, a ricordarlo.
E' per molto meno che Buscetta dichiara di aver deciso di tradire Michele Greco, in nome della "giustizia" delle Cupole presiedute dai Calogero Vizzini. Di fronte a questa grande Cupola, che da dieci anni ferisce a morte la certezza del diritto, la Costituzione e la democrazia, che oggi si è preoccupata di rendere impossibile qualsiasi referendum in tema elettorale, che consente a chiunque, a scelta di piangere o sghignazzare, riferendosi alle leggi del parlamento come a leggi aventi un oggetto ed una ratio puntuali quando in questi anni le leggi "omnibus" sono divenute regole, occorre reagire.
La dittatura proterva e impudica della Corte va denunciata e colpita. Dove sono, in Italia, i giuristi, i maestri di diritto, coloro che per i quali la legge non è, né può essere, "summa iniuria"?
Avevo promesso a me stesso di non più - per molti anni - esercitare le azioni nonviolente di digiuno. Ma voglio aver diritto di sperare che chiunque in Italia espia una pena, chiunque rispetti una legge, si trovi un giorno confortato e non ridicolizzato tragicamente da eventi come questo.
Rispondo a questa sentenza, allo straripamento di poteri e di decoro civile della Corte, con un digiuno di dieci giorni, rivolto con fiducia ai giuristi, alla gente dabbene, ai cittadini che credono nel diritto e nella nonviolenza, perché non tacciano, perché parlino, operino, rispondano alzando la bandiera della giustizia e della legge trascinata nel fango partitocratico, e della sua micidiale sotto cultura, dalla Corte costituzionale".