Federico Alfieri, Gianfranco Mattacchini, Adriano Roccazzella, Rosaria Roppoli, Paolo Zambianchi, Roberto Rosso, Liviana Tosi, Susanna Ronconi, Sergio Segio, Paolo Cornaglia.SOMMARIO: Le motivazioni d'iscrizione al Pr di un gruppo di detenuti del carcere di Torino, condannati per reati connessi all'appartenenza al gruppo terroristico Prima Linea.
(Notizie Radicali n· 62 del 18 marzo 1987)
Cari amici e compagni,
quando, poco tempo fa, abbiamo scelto e chiesto l'iscrizione al Partito radicale, l'abbiamo fatto chiedendo la "seconda tessera", pur non possedendone una "prima" .
Abbiamo con questo voluto sottolineare la cautela, i dubbi, fors'anche la timidezza, con cui ci avviciniamo al difficile problema delle regole del gioco, della democrazia.
Problema difficile non solo per noi che ce ne accostiamo ora da neofiti, avendo capovolto le ottiche del passato, ma -riteniamo- lo sia obiettivamente per tutti, data l'evidente e lacerante crisi di funzionamento di queste regole, data la necessità di ridefinirle: prioritariamente attorno ai contenuti e all'operatività concreta di una democrazia che riesca ad essere e divenire persuasiva, perché sia persuasiva per tutti; che sia cioè costantemente riscontrabile in ogni luogo, piccolo o grande, centrale o periferico, della vita sociale, politica e istituzionale. Noi non abbiamo grandi definizioni da dare; abbiamo solo il ricordo vivo di una stagione appena conclusa, finita in tragedia, in cui abbiamo vissuto con milioni di altri uomini e donne il bisogno profondo e irrinunciabile di governare le proprie vite, di vedere riconosciuta e non omologata la propria differenza, di essere ospitati in luoghi sociali aperti allo scambio di esperienza umana, di avere il diritto a "progettarsi la vita".
Nel tempo presente è anche per noi aperto, profondo come una voragine, il problema di regole del gioco capaci di rispettare e dare valore a quella produzione continua di identità, bisogni, diritti, domande di strumenti e risorse che il tessuto umano e sociale di questo paese -e certo non solo e non isolatamente di esso- incessantemente attiva e propone.
E' aperto il problema di una cultura politica che coniughi il "pluralismo" fuori da un'abusata formalità, in un linguaggio in cui l'irrinunciabile differenza di ogni individuo, gruppo o situazione particolare trovi garanzia del proprio diritto a vivere e, insieme, coinvolgimenti e occasioni di comunicare e comunicarsi.
La "trasversalità", inesauribile, sfaccettata e irrispettosa del ripetitivo gioco partitico, della cultura radicale e delle sue battaglie deve concorrere e promuovere l'attivazione -o la riattivazione- di quei luoghi sociali in cui autodeterminazione e solidarietà, libertà e comunicazione, producono senso, consapevolezza, chances di un futuro governato e plasmato; non solo subito o rifiutato o negato. Le battaglie radicali cui continuiamo a guardare con partecipazione e coinvolgimento sono, particolarmente, quelle sui diritti civili -tutti, tanti, in continuo aumento e mutamento- perché sono la radice e la concretezza di quella "lotta all'omologazione" (dall'individuale al generale, dal sociale al politico, dal globale al globale) e alla passivizzazione indotta ddall'enormità dei "grandi problemi", che ci pare elemento centrale di ogni messa in discussione e ridefinizione coraggiosa delle regole del gioco.
La "domanda di autonomie", non solo come garanzie politiche, ma anche come strumentazione sociale necessaria a farle vivere, e insieme la "domanda di meno barriere" (culturali, materiali, politiche e nazionali) nella comunicazione e circolazione di esperienze umane e degli individui, implicano risposte non rinviabili; il rischio, in assenza, è il depauperamento sociale, lo spegnersi di una "energia sociale vitale" che solo nelle pluralità espresse, in una nuova loro "autorità" trova alimento e rigenerazione.
Il rischio è la catastrofe del silenzio e del mutismo sociale, ben più spaventosa di ogni altra che l'insensatezza e l'entropia dei sistemi sociali possa provocare.
Ciò che deve farci paura è che tutto resti fermo, non che qualcosa accada. Ma su questo, davvero, non abbiamo nulla da insegnare o criticare a un partito come quello radicale che ha da sempre nella propositività, nell'inventiva e nella positiva provocazione (tanto più salutare e necessaria in un'epoca di grigio e annichilente conformismo) uno dei suoi massimi pregi.
Lasciamo dunque che la "prima tessera" esprima le nostre perplessità e difficoltà nell'avvicinarci ai "grandi temi" che il tempo presente pone; con la "seconda tessera", quella volta al futuro, corriamo il rischio, diamo la nostra disponibilità al coinvolgimento e all'incontro -sui tanti piani che la realtà di questo paese e quella "transnazionale" offrono- con la trasversalità radicale.
Buon lavoro e un affettuoso saluto a tutti
Torino 21.2.87