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Archivio Partito radicale
Zanuttini Annalisa - 1 aprile 1987
(2) L'ORGANIZZAZIONE DEL PARTITO RADICALE (1962 1985)
Annalisa Zanuttini

SOMMARIO: Sintesi storica delle vicende del Partito radicale dalla ricostruzione del 1962 fino al 1984. Si analizzano brevemente i problemi affrontati e le soluzioni date alla questione organizzativa, passando attraverso i vari congressi, a partire dal Consiglio nazionale tenutosi a Bologna nel marzo 1963, ecc.

Seguono considerazioni finali: "si può osservare che i problemi e le critiche affiorate nel dibattito riportato siano quelli che può incontrare un partito quando, anziché fare un'analisi più completa della società e proporre soluzioni più generali, e una organizzazione adeguata, preferisce intervenire di volta in volta su temi più specifici, forzatamente più limitati, per aggregare forze sociali diverse ma disponibili a convergere su un comune, se pur 'contingente' obbiettivo politico...". Importante, la ricca bibliografia finale.

(I PARTITI ITALIANI TRA DECLINO E RIFORMA, a cura di Carlo Vallauri, ESTRATTO - BULZONI EDITORE 1987)

(Si ringrazia vivamente Massimo Teodori per la grande cortesia e disponibilità con cui ha messo a disposizione il suo archivio, indispensabile insieme alle sue indicazioni per l'esito di questa ricerca)

Dopo la crisi del 1962 (*), che aveva segnato la fine del primo partito radicale, di tutta l'organizzazione del partito rimase in piedi solo la corrente della Sinistra (radicale), nel suo gruppo romano e in pochi nuclei, sparsi tra il centro e il nord dell'Italia.

Il gruppo romano si trovò così a gestire i primi passi del nuovo corso, affrontando notevoli problemi di organizzazione e di immagine pubblica.

In effetti, mentre il vecchio P.R. aveva un nucleo dirigente formato da nomi prestigiosi e di solida esperienza politica, e poteva contare sull'appoggio di settimanali come »Il Mondo e »L'Espresso , il nuovo gruppo era formato da persone molto giovani, provenienti essenzialmente dalle file delle associazioni universitarie, e con scarsi legami con »l'establishment .

I primi documenti interni della nuova iniziativa radicale sottolineano la pressante necessità di contarsi e di riannodare i contatti perduti, di lanciare una campagna di finanziamento, essenziale alla »sopravvivenza politica ed organizzativa (1).

La mozione politica del C.N. (Bologna, 9-10 marzo 1963), denunciando il persistere, in Italia e in Europa, di strutture politiche autoritarie, ribadiva l'opposizione radicale al centro-sinistra, e individuava nell'unità delle sinistre l'unica alternativa laica e democratica allo strapotere della D.C. (2).

I primi anni dell'attività radicale furono caratterizzati dalla ricerca di una formula »originale e autonoma; malgrado le serie difficoltà organizzative, il nuovo gruppo manifestò subito la volontà di essere una forza politica, definita e non un momentaneo compagno di strada o »coscienza critica dei partiti di sinistra (3).

La creazione di un'agenzia di stampa quotidiana, Agenzia Radicale, sembrò il canale più immediato per dare voce alla rinnovata presenza del gruppo.

Dal gennaio 1964 sino al '67 A.R. portò avanti importanti campagne di denuncia e di informazione, quali l'inchiesta sull'ENI e sui finanziamenti, elargiti dall'ente pubblico a stampa e partiti, nonché la campagna sull'assistenza pubblica e sulla gestione democristiana dell'INPS e dell'ONMI (4).

Parallelamente all'azione di A.R., i radicali in quegli anni furono presenti in numerose organizzazioni e iniziative unitarie della sinistra, nelle quali portavano i temi, che sin da allora emergevano come caratteristici del partito: laicismo e anticlericalismo, pacifismo, antimilitarismo e internazionalismo (5).

La concezione radicale della politica intesa come intervento sui problemi concreti, nonché »l'agile disorganizzazione degli inizi, rendevano il nuovo gruppo assai anomalo rispetto alla tradizione della vita politica italiana, più abituata ai rigidi apparati dei partiti di massa e ai piccoli partiti ombra (6).

In quegli anni si andava sviluppando il dibattito sull'unità delle sinistre: esauritesi rapidamente la spinta riformistica del centro-sinistra e le speranze che intorno ad essa erano nate, in alcuni settori della Sinistra si poneva il problema di un'alternativa alla D.C. Il PR si era espresso in senso contrario sia alla formula del centro sinistra (considerata una gabbia per il PSI), sia all'eventuale unificazione delle sinistre, ritenuta solo »una confluenza di apparati e non una reale prospettiva di alternativa di potere al regime democristiano (7).

Un discorso a parte meritano i rapporti intercorsi tra il PR e il PSIUP (nato nel '64 dalla scissione della sinistra socialista). I due partiti si potevano considerare vicini per la comune opposizione alla D.C. e al centro sinistra, ma assai diversi per l'organizzazione e la pratica politica.

Nel '64 il PR aveva dato un'indicazione di voto preferenziale al PSIUP, finché non si giunse per le amministrative del giugno 1966 a un'alleanza nazionale, con la presentazione di una lista comune a Roma e a Genova.

Il risultato elettorale fu giudicato dal PR assai utile, specialmente per verificare »la presenza di un elettorato radicale suscettibile di crescita ; nonostante vi fossero stati motivi di screzi con il PSIUP a proposito del funzionamento dell'accordo elettorale (8).

Alla vivace attività politica radicale di questi anni non corrispondeva una sua crescita organizzativa: il numero degli iscritti non superava il centinaio, il bilancio, basato sulle quote degli iscritti e sui contributi dei simpatizzanti, era assai modesto e per il gruppo si poneva seriamente il problema di darsi una struttura pari ai nuovi contenuti espressi, che andavano risvegliando un certo interesse della stampa e del mondo politico, dimostrandosi capaci di aggregare alcune fasce sociali (9).

Dal settembre 1966 il PR si trovò impegnato nella discussione preparatoria al suo congresso di rifondazione.

I radicali arrivavano alla scadenza congressuale con un bilancio significativo di ripresa negli ultimi anni, ma con la necessità di una struttura in grado di garantire un maggior coordinamento delle iniziative e una maggiore capacità di presenza politica (10).

E' interessante seguire i criteri di lavoro della Commissione e il dibattito precedente al congresso e all'elaborazione dello Statuto (11).

Il criterio base seguito dalla commissione rispondeva a un quesito fondamentale per il PR: come ricostruire un partito, che ormai aveva ritrovato una sua collocazione politica, capace di suscitare consensi, quali strutture creare per non disperdere il patrimonio acquisito e per essere in grado di affrontare il lavoro futuro.

Negli obiettivi della Commissione preparare il congresso del Partito Radicale significava »elaborare tesi valide per tutta la sinistra, nella prospettiva della costruzione di una società laica , chiamando i militanti radicali o della sinistra a elaborare direttamente le tesi per la gestione del partito (12); tutto ciò in vista di una prospettiva politica: l'unità delle sinistre e la costruzione di un' »alternativa democratica e socialista .

Ai nostri fini dell'analisi dello Statuto Radicale, il dibattito più interessante da seguire è quello che impegnò il »Centro di iniziativa sul partito moderno . Pensare e scrivere uno statuto per un partito come il PR significava affrontare problemi quali l'autonomia e la responsabilità dei militanti (13); la democrazia interna, il rapporto con le altre forze della sinistra.

L'impostazione del dibattito sul partito moderno si basava su due premesse: la mobilità e i nuovi bisogni della società moderna, la necessità di darsi strutture organizzative atte a recepire tali fermenti e a tradurli in lotte politiche (14).

Dalla lunga e articolata discussione del congresso di Faenza erano uscite alcune indicazioni, che il »Centro di iniziativa per il partito moderno ritenne di poter tradurre in un bozza di statuto.

Il nuovo partito doveva essere un modello per tutta la sinistra (superandone le pecche tradizionali di sclerosi burocratica e di evoluzione tecnicistica); capace di accogliere i desideri di partecipazione attiva espressi da nuovi ceti di cittadini.

Perciò la vita di partito non doveva essere limitata a una élite di iscritti o di funzionari, bensì aperta al contributo diretto e al controllo della gente. Si faceva strada l'idea di un partito non solo di militanti, ma anche di associazioni che potessero aderire su specifici temi, conservando contemporaneamente la propria autonomia (15).

Altro punto importante era quello del Congresso, annuale, che doveva impegnare il Partito su singole battaglie politiche, e non su programmi di carattere generale (ritenuti fonte di irresponsabilità per il partito e di potere per i funzionari, che alla fine si trovavano a determinare concretamente la linea politica). Il partito doveva avere un'autonomia finanziaria, cardine dell'indipendenza. Solo le delibere del congresso sulle singole iniziative erano vincolanti per tutto il partito, per il resto era lasciata un'ampia autonomia alle differenti istanze locali. Unità base del partito era considerata la federazione regionale (16).

Il III congresso si tenne a Bologna nel maggio '67 (17), aperto anche a non iscritti e a militanti delle altre organizzazioni della sinistra.

Inaugurato con il significativo titolo »I Radicali per l'alternativa laica , nella mozione politica finale ribadiva l'importanza dell'anticlericalismo, dell'antimilitarismo, della lotta per i diritti civili, come »strumenti per la trasformazione della società e dello Stato (18).

Lo Statuto uscito dal Congresso era il prodotto finale della lunga discussione, che abbiamo cercato di sintetizzare: una federazione di autonomi partiti regionali, autofinanziamento, autonomia delle federazioni di base, pubblicità dei bilanci, cariche non retribuite (19).

Lo Statuto radicale non era stato pensato solo per regolare i rapporti interni di un partito numericamente non rilevante, ma quasi per offrire ambiziosamente un progetto politico a tutta la sinistra; da qui la sua caratteristica di »carta programmatica non rigida, sempre in fieri (20), via via che si creavano le strutture previste.

Strettamente collegate alle vicende radicali di quegli anni sono la lotta per il divorzio e la nascita della LID (Lega Italiana per il Divorzio). Nella tematica radicale dei diritti civili il divorzio aveva sempre avuto un grande spazio, così, quando nel 1965, il deputato socialista Loris Fortuna presentò in Parlamento un disegno di legge per la sua istituzione, il gruppo radicale stimò giunto il momento di trasformare il dibattito in una concreta iniziativa politica (21).

Dopo una manifestazione divorzista che registrò un notevole interesse (Roma, Ridotto dell'Eliseo, 12 dicembre 1965), in cui l'avvocato radicale Mauro Mellini propose la creazione di un movimento per il divorzio, il 4 aprile 1966 si costituì la Lega italiana per il divorzio.

La L.I.D. nacque subito come un'organizzazione di massa per coordinare le varie forze divorziste, su posizioni autonome e spesso critiche nei confronti dei partiti.

In tutti gli anni della lotta divorzista, fino all'approvazione della legge (22), utilizzando sistemi di intervento diretto (comizi, la campagna lanciata dal settimanale ABC, lettere ai parlamentari ecc.), di pressione e di controllo sul Parlamento, la Lega contribuì in modo determinante a dar voce a vaste fasce di cittadini e rilevanza politica a un problema che sembrava destinato a restare nella sfera del privato.

Sono note le vicende che seguirono fino alla raccolta (da parte cattolica) delle firme per indire il referendum abrogativo del divorzio, che si tenne il 12 maggio 1974 con la netta vittoria divorzista (23).

Il quinquennio successivo al congresso di rifondazione (Bologna, maggio 1967) vide il partito radicale impegnato nella vasta e complessa tematica dei diritti civili (24).

L'impegno radicale sul fronte dei diritti civili si concretizzò in diverse iniziative: giustizia, sessualità, abrogazione del concordato, analisi della condizione della donna, obiezione di coscienza.

Il V congresso del partito (Ravenna 2-4 nov. 1968) aveva lanciato una campagna nazionale per l'abolizione del Concordato e nel febbraio del '71 a Milano un'assemblea nazionale di laici deliberò la costituzione della LIAC (Lega Italiana per l'Abrogazione del Concordato) (25).

Quando agli inizi del 1968 il problema dell'obiezione di coscienza (non solo per motivi religiosi) venne alla ribalta il PR si impegnò per ottenere una legge, che riconoscesse tale principio (26).

La contestazione studentesca e operaia del 1968 vide il PR su una posizione marginale, di sostanziale non coinvolgimento; se molti dei temi del nuovo movimento (antiautoritarismo, rottura dell'immobilismo politico) erano comuni, il carattere di massa del sessantotto e la contestazione generale che faceva al sistema, rendevano difficile l'incontro con il PR (27).

Malgrado la vivace attività nei vari settori la situazione organizzativa del gruppo in quegli anni era insufficiente: un esiguo numero di iscritti (nonostante un'area di simpatizzanti), non sempre in regola con le quote, bilanci modesti, scarsa presenza territoriale, se si esclude l'affiatato gruppo romano (28).

Il congresso di Roma del 1971 (X) si aprì con l'ipotesi di terminare la vicenda radicale: provato dalle lotte di quegli anni il PR lasciava al Congresso e specialmente ai militanti non radicali la verifica della validità della sua esperienza. Nell'estate del '72 il partito lanciò un appello all'opinione pubblica per raggiungere almeno la soglia dei 1000 iscritti necessari alla sopravvivenza (29).

Al congresso di Torino (1-3 novembre 1972, XI) gli iscritti risultavano circa 1300: ciò permise di votare una mozione, importante perché confermava l'importanza dello Statuto e gettava le basi del programma per gli anni futuri (30).

La scelta referendaria uscita da Torino (confermata dal congresso straordinario di Roma del '73) costituiva per i radicali la risposta necessaria a quello, che sempre più, secondo la analisi radicale, era diventato un »regime assai simile a quello fascista.

La raccolta per le firme per gli otto referendum per una repubblica autenticamente costituzionale doveva essere un modo per sviluppare un vasto dibattito e partecipazione nel paese e per rompere il tradizionale equilibrio fra le forze politiche (31).

Il 1974 è stato un anno importante per la storia del PR: fino ad allora malgrado l'apertura di diversi fronti e la vittoria del divorzio, i radicali restavano una minoranza isolata dagli altri partiti e poco conosciuta all'opinione pubblica. Dalla primavera all'autunno '74 il PR, essenzialmente nella persona del suo leader Pannella, condusse una battaglia »spettacolare (digiuni, campagna stampa ecc.) per avere l'accesso alle trasmissioni della RAI-TV, rivendicando per le minoranze, non presenti in Parlamento, il diritto ad usare i canali pubblici di informazione.

La novità dello stile delle »battaglie radicali , (il tono fortemente drammatico dei digiuni) aprì una discussione nell'opinione pubblica più avvertita »sul caso radicale e su Pannella, raggiungendo per la prima volta il grande pubblico (32).

Al suo XV congresso (Firenze, novembre 1975) il PR arrivò con un ampio retroterra di esperienze e con l'organizzazione interna accresciuta e irrobustita (33).

Il Congresso constatava i cambiamenti avvenuti nel Paese e la diffusa richiesta di una politica diversa, sottolineando la mancanza nella sinistra italiana di una componente socialista e libertaria (simile a quella che si era costituita in Francia col nuovo partito socialista).

Il PR s'impegnava a contribuire a crearla, e, individuando nel PSI il suo principale interlocutore, lo invitava a presentare un programma, comune a tutta la sinistra, per la prossima legislatura.

Alle elezioni politiche del giugno '76 il PR si presentò con liste proprie sia per la Camera che per il Senato (34).

I risultati (esigui numericamente, circa l'1,1% dei voti sull'intero territorio nazionale) era importante sia perché portava quattro deputati alla Camera, sia per le caratteristiche del voto: urbano, non legato al livello di organizzazione del partito, ma all'influenza dei messaggi televisivi, voto di opinione fortemente personalizzata specialmente per Pannella, su cui si era concentrata un'alta percentuale di preferenze (a Roma ottenne circa il 39,4% dei voti) (35).

La scelta »parlamentare del PR nel '76 non era contraddittoria con la natura del gruppo, come in apparenza potrebbe sembrare.

Nonostante lo stile politico quanto mai inusuale per il nostro Paese, la trasgressione di leggi ritenute vessatorie, la continua »provocazione , i radicali si sono sempre riconosciuti nella democrazia rappresentativa e nei suoi istituti, avendo come fine il loro buon funzionamento e la piena attuazione della Costituzione.

Per il gruppo arrivato alla Camera si trattava sia di mantenere al PR la caratteristica di partito- movimento, coniugandolo con il nuovo status, sia di trasferire in Parlamento i suoi metodi di lotta; occorreva restituire al Parlamento la sua funzione naturale di confronto tra le differenti forze politiche, ruolo ormai demandato, dalla prassi, alla contrattazione delle segreterie dei partiti (36).

La campagna per la raccolta delle firme per gli otto referendum, iniziata nell'aprile 1977, si concluse positivamente con la consegna alla Cassazione, nel giugno seguente, delle firme necessarie. I radicali consideravano lo strumento referendario l'iniziativa più adatta per scuotere l'immobilismo e pre dare fiato alle istanze di chi non accettava la politica del »compromesso storico (37).

Gli anni '80 si aprono per il Partito Radicale con un Congresso straordinario (XXIII) che ha gettato le basi del programma per il nuovo decennio; la mozione finale proponeva il testo di un preambolo allo Statuto (38), in cui si riaffermava il valore assoluto della non violenza e della disobbedienza civile, e, per la prima volta affrontava il tema, che sarà al centro dell'iniziativa radicale degli anni seguenti: lo sterminio per fame e per guerra di milioni di persone nel terzo Mondo.

Dal 1981 l'impegno contro lo sterminio per fame diventa l'iniziativa centrale del PR e si è concretata in una serie di iniziative come le marce, i digiuni collettivi di militanti radicali, il manifesto firmato nell'estate del 1981 da 54 premi Nobel, che invitava i governi a mobilitarsi per l'obiettivo »minimo di tre milioni di persone vive subito. Gli interlocutori primari dei messaggi e delle attività radicali sembrano essere i cattolici, considerati probabilmente più sensibili alle tematiche dell'ineguaglianza fra Nord e Sud del mondo e della fame.

L'altro filone di cui si muove in questi anni il PR è quello dell'astensione e dello sciopero del voto, motivo già individuato nella mozione del XXIII Congresso, con la decisione di non presentarsi alle amministrative, rafforzata peraltro dall'analisi della realtà politica e istituzionale del Paese, considerata dai Radicali meno grave (39). Infatti per le elezioni politiche anticipate del 1983, i PR hanno invitato i cittadini allo sciopero del voto »contro la partitocrazia .

Nel 1984 la mobilitazione per la fame nel mondo si è concentrata specialmente per dare uno sbocco legislativo al problema (40); mentre l'attenzione del partito si è andata concentrando sul problema della giustizia.

La risoluzione finale del XXXI Congresso del PR, a trent'anni dalla sua fondazione, sembra tirare conclusioni molto pessimistiche circa la possibilità per i cittadini di poter ancora esercitare i propri diritti democratici, e quindi sulla possibilità per il partito radicale di poter continuare la propria attività: in questo senso la mozione ha dato mandato agli organi statutari del Partito di preparare per il prossimo Congresso un progetto di cessazione di attività del partito (41).

* * *

Alla fine di questa breve esposizione delle vicende del PR si possono riportare alcuni tratti del dibattito sulla natura del partito radicale e cercare di trarre alcune considerazioni.

Il PR si è sempre presentato come un partito e non come un gruppo di pressione; nato da una compatta minoranza di intellettuali, è divenuto negli anni un »movimento politico di contestazione con il proposito di riportare direttamente, senza mediazioni, nel sistema politico le istanze di alcune fasce sociali.

A circa 17 anni dall'approvazione dello Statuto non c'è stata un'aderenza completa tra progetto ed organizzazione del partito, fragile specialmente nelle sue strutture periferiche (partiti regionali).

Ciò ha contribuito a non poche polemiche per il carattere »accentratore del gruppo romano e per la leadership pannelliana.

Alcuni hanno parlato della leadership come del reale e unico principio di organizzazione del PR, sottolineando la contraddizione profonda per un partito libertario di avere un leader »carismatico .

E' vero peraltro che un partito, cresciuto più su un aumento dei consensi che su una reale consistenza organizzativa, dipende molto per la sua esistenza e per il suo slancio dalle qualità politiche e »inventive del suo leader.

In questo senso alcuni hanno voluto spiegare la necessità di »inventare sempre nuovi obiettivi (strategia dei referendum) su cui indirizzare l'attività e la stessa ragione di essere del partito.

La guida di Pannella e del gruppo dirigente avrebbe creato un »certo professionismo politico e trasformato il PR da un partito-movimento a un partito »carismatico . Si può osservare che i problemi e le critiche affiorate nel dibattito riportato, siano quelli che può incontrare un partito, quando anziché fare un'analisi più completa della società, e proporre soluzioni più generali, e una organizzazione adeguata; preferisce intervenire di volta in volta su temi più specifici, forzatamente più limitati, per aggregare forze sociali, diverse ma disponibili a convergere su un comune, se pur »contingente obiettivo politico.

NOTE:

(*) Nel volume I de "L'arcipelago democratico", lo studio sul PR giunge fino al 1962 (cfr. op. cit. pag. 427).

(1) Cfr. Circolare della segreteria nazionale. Ufficio Romano (a firma M. Teodori) del 27 aprile 1963 (Carte Teodori). Alcune parti del documento sono in appendice. Alla fine del 1962 si era costituita una segreteria provvisoria con M. Pannella (Roma), L. Boneschi (Milano), V. Lippi (Bologna).

(2) Cfr. Mozione politica del C.N. del PR 12 marzo 1963 (Carte Teodori). Alcune parti del documento sono in appendice. Alle politiche del '63 i radicali non si erano presentati con una lista propria, ma avevano dato indicazione per il voto ai quattro partiti della sinistra. In un interessante opuscolo "Il voto radicale" a cura di Elio Vittorini, (che aveva accettato di essere il presidente del nuovo partito), di Pannella e di Boneschi, si rivolgevano 4 domande a differenti esponenti della politica, della cultura e dello spettacolo sulle loro preferenze elettorali. Dalle proposte emergeva chiara l'indicazione per un voto per l'unità della sinistra.

(3) Nella citata circolare della segreteria nazionale del 27 aprile 1963 si convocava per l'8-9 giugno un'assemblea nazionale dei radicali con il pressante aut-aut »di far crescere il partito o di scioglierlo .

(4) Le denunce radicali ebbero presto conferma dall'incriminazione e dall'arresto del sindaco di Roma Petrucci, quale ex presidente dell'O.N.M.I.

(5) In queste organizzazioni come l'ADESPI (Associazione per la difesa e lo sviluppo della scuola pubblica italiana), il CDACAE (Comitato per il disarmo atomico e convenzionale dell'area europea) sovente l'iniziativa radicale si scontrò con i rappresentanti degli altri partiti della sinistra (principalmente PCI), abituati a riportare all'interno di queste organizzazioni le posizioni dei propri partiti.

(6) Ciò portò a non sempre facili rapporti con la sinistra, specialmente con il PCI. Nonostante i frequenti contatti a livello di base nelle organizzazioni unitarie, nei dibattiti e in altre pubbliche manifestazioni, vari furono i momenti di incomprensione e di contrasto. Vale ricordare il duro attacco dell'Unità a Pannella (24-8-66), che in un'intervista al giornale 'Nuova Repubblica' di Pacciardi aveva sostenuto che il PCI si stava avviando verso un progressivo inserimento nel sistema. Al giornale comunista la direzione del PR aveva risposto che l'intervista era stata rilasciata »in chiave polemica con il giornale di Pacciardi, e che del resto le critiche mosse al PCI, non erano affatto nuove alla polemica radicale, che tuttavia considerava il PCI una componente essenziale per l'unità delle sinistre e l'alternativa alla Democrazia Cristiana.

(7) Cfr. Mozione politica della Dir. naz. PR, Roma, 22 settembre 1965 [Carte Teodori]. Alcune parti del documento sono in appendice.

(8) Cfr. Circolare della Direzione PR [a firma A: Bandinelli, Roma, 21 giugno 1966] [Carte Teodori].

(9) Per avere un'idea della situazione economica e organizzativa del partito in quegli anni sono interessanti due documenti. Una circolare (firmata Pannella) Roma, 13 settembre 1966 (Carte Teodori) in cui si fa un'attenta e ottimistica analisi della situazione e delle prospettive del PR, pur lamentando lo scarso impegno dei vari nuclei e degli iscritti; l'altra (firmata per la segreteria da A. Torelli, non datata ma collocabile in quel periodo) in cui si lancia un appello a tutti gli iscritti perché paghino la quota mensile (Lire 1.000) ritenute sufficienti all'autofinanziamento.

(10) Il CN del PR riunito a Roma il 3 luglio 1966 convocò il congresso, istituendo una commissione per prepararlo (Pres. Stanzani - membri: Bandinelli, Del Gatto, Pieraccini, Oliva, Pozzoli, Lelli, Torelli, Spadaccia).

(11) L'Agenzia Radicale per tutto il tempo dei lavori della Commissione pubblicò un bollettino speciale »Informazioni per il Congresso , assai utile per la ricostruzione del dibattito (Carte Teodori).

(12) Cfr. Informazioni per il III Congresso, n. 1, 22 settembre 1966 (supplemento di A.R.). La Commissione individuò 4 temi di lavoro e costituì altrettanti centri di iniziativa: 1) Diritti civili (resp. Bandinelli). 2) Le istituzioni e le strutture dello Stato (Spadaccia). 3) I rapporti internazionali (Oliva-Rendi). 4) Il partito moderno (Del Gatto).

(13) Il PR si definiva non un partito »di quadri ma un partito di »militanti cfr. Informazioni per il Congresso n. 2, 21 ottobre 1966.

(14) Il Centro di iniziativa sul partito moderno organizzò il 29-30 ottobre 1966 a Faenza un convegno »La società laica e il partito moderno al quale furono invitati molti esponenti di sinistra.

(15) Circa la presenza »istituzionale di tali organizzazioni nel partito si introduceva il principio federativo, per cui esse avrebbero dovuto essere presenti nei congressi e nei momenti deliberativi a vari livelli, più che in quelli esecutivi del partito.

(16) In effetti nel pensiero radicale la regione veniva considerata il nodo centrale della nuova società organizzata. Per ricostruire tutto il dibattito precedente alle bozze di statuto cfr. La relazione Oliva-Del Gatto e quella Spadaccia al convegno di Faenza in: Informazioni per il Congresso, n. 3, 10 dicembre 1966. La relazione Pannella, sempre allo stesso convegno, chiarificatrice su due temi centrali dell'idea radicale: il laicismo e il pacifismo, in: Informazioni per il Congresso, n. 4, 16 gennaio 1967; cfr. anche la relazione di S. Pergameno, che affrontava il problema del rapporto fra base e élite di un partito in: Informazioni per il Congresso, n. 4, 16 gennaio 1967. Gli stessi temi (quale base del partito, rapporti con le associazione aderenti ecc.) Pergameno li affrontò in una lettera-circolare, non datata ma riconducibile all'aprile '67 (dattiloscritto a firma S. Pergameno; Carte Teodori). Per le bozze dello statuto cfr.: Informazioni per il Congresso, n. 5, 9 febbraio 1967. Per quelle defin

itive sottoposte al Congresso cfr.: informazioni per il Congresso, n. 133, 8 maggio 1967.

(17) Si numerò III per continuare idealmente la numerazione dei congressi del primo PR (1958, 1961).

(18) Cfr. Mozione politica approvata al III Congresso del PR, Bologna, 12-14 maggio 1967 (Carte Teodori).

La Commissione preparatoria prima dell'inizio dei lavori aveva diffuso un invito di partecipazione al Congresso. I 4 centri di iniziativa tennero le relazioni finali sul loro tema che costituirono la base di discussione per i lavori. (Cfr. Testi finali delle commissioni. Carte Teodori). I nuovi organi direttivi eletti erano: Segretario nazionale: G. Spadaccia. Tesoriere: A. Torelli. Direzione nazionale: Balestrieri, Bandinelli, Baroncelli, Braghini, Bombaci, Boneschi, Del Gatto, Donadei, Lancini, Loteta, Mellini, Oliva, Pannella, Pergameno, Rendi, Silvestri, Stanzani, Teodori, Strik Lievers. Revisori dei conti: Ramadori, Rendi, Roghi.

(19) Cfr. in appendice il testo dello Statuto.

(20) In questo senso si possono capire le successive discussioni (spesso polemiche) sulla »non attuazione dello Statuto. Ad esempio alcune strutture previste come il Consiglio federativo e i partiti regionali furono create solo successivamente. Non esistono norme precise per modificare lo statuto, ma lo si può modificare in sede di congresso, senza particolari maggioranze qualificate. Si veda ad es. l'introduzione del preambolo allo statuto decisa dal 23· congresso e inserito dopo il 24·. Si cercherà di tratteggiare velocemente alcuni aspetti della carta. Al PR si può iscrivere chiunque, anche non cittadino italiano. Condizioni per l'iscrizione sono: l'accettazione dello statuto, il pagamento delle quote, l'impegno a costituire associazioni. Nessun dovere degli iscritti e quindi nessuna sanzione sono previsti.

Sono organi del PR: il Congresso, il Consiglio federativo, il Segretario, la Giunta, il Tesoriere, il Collegio dei revisori dei conti.

Il PR è strutturato in associazioni e partiti regionali. Associazioni non radicali possono aderire a livello regionale o federale. Per le associazioni non si richiede l'iscrizione dei loro membri al PR; inviano rappresentanti in seno al C.F. regionale e federale e delegati al Congresso. Il Congresso decide la linea politica vincolante per tutto il partito (mozione approvata da 3/4 del congresso), elegge il segretario, la giunta, il tesoriere, i revisori dei conti, 1/4 del C.F. Si tiene ogni anno (novembre) quello ordinario, lo straordinario può essere convocato dal segretario, da 1/3 degli iscritti, dal C.F. a maggioranza assoluta. Lo Statuto prevede un congresso di delegati, ma per prassi consolidata, dato il numero esiguo degli iscritti, è stato aperto a tutti i militanti. Il C.F. è composto da membri eletti in congresso, dai segretari dei partiti regionali, dai delegati dei movimenti federati.

Può rendere vincolanti (a maggioranza dei 2/3) le mozioni approvate a maggioranza semplice dal congresso, oppure rendere vincolanti (se votate a maggioranza assoluta) le mozioni respinte dal congresso. Coordina la politica del partito federale con quella dei partiti regionali. Il segretario attua la politica decisa dal congresso, e la giunta lo aiuta. Il tesoriere amministra i fondi del partito ed è responsabile della loro gestione.

Per un'analisi accurata dello statuto radicale cfr. Zeno Zencovich Enzo, "Caratteri originali della organizzazione e delle iniziative del PR e dei movimenti federati della lotta politica italiana 1959-76, Roma, Università degli Studi, Fac. di Scienze Politiche, a a. 1977-1978, pp. 325 [Tesi di laurea in Storia dei Partiti e dei Movimenti Politici. Relat. prof. Carlo Vallauri] nonché Massimo Gusso, "Il partito radicale. Organizzazione e leader-ship", Padova, Cleup Editore, 1982, pp 246.

(21) Sulle vicende della Lid e sulla sua importanza politica cfr. M. Teodori, "I nuovi radicali", Mondadori, 1977. Tale opera è basilare anche per la conoscenza della storia del PR.

(22) La legge sul divorzio fu approvata il 1· dicembre 1970.

(23) I radicali, dopo una prima opposizione al referendum (che ritenevano non applicabile a un tema che riguardava i diritti civili assunsero una posizione favorevole, pensando che il paese »reale fosse più maturo di quanto ritenessero i partiti.

(24) Il PR aveva dichiarato il 1967 »anno anticlericale , promuovendo iniziative politiche in tale direzione.

(25) La storia della raccolta delle firme per indire il referendum per l'abrogazione del Concordato è alquanto lunga, dopo diversi tentativi solo nel 1977 si arrivò a raccogliere le 500.000 forme necessarie. Nel gennaio 1970 il Collettivo radicale per la lotta contro la repressione sessuale e contro le istituzioni psichiatriche organizzò un seminario di lavoro politico sulla liberazione della donna, affrontando problemi che altri gruppi femministi cominciavano a discutere. Da quel seminario nacque il MLD (Movimento di liberazione della donna) federato al PR. Nel documento fondatore il MLD proclamava tra i suoi obiettivi primari la legalizzazione e la liberalizzazione dell'aborto (in tal senso nel maggio '71 una raccolta di firme e un'autodenuncia collettiva di sue militanti per aborto). Nel '73 l'on. Fortuna (PSI) presentò un progetto di legge per la parziale depenalizzazione dell'aborto. Cfr. in appendice alcune parti del documento di fondazione del MLD (Carte Teodori).

(26) Anche l'iter di questa legge fu lungo, costellato di pubbliche manifestazioni e arresti di obiettori, finché la legge fu varata il 15 dicembre 1972

Nel gennaio seguente si costituì la L.O.C. (Lega obiettori di coscienza) federata da PR, per controllare l'applicazione della legge da poco approvata dal Parlamento e migliorarla. Cfr. in appendice lo Statuto della LOC.

(27) Ancora prima del '68 tra radicali e primi gruppi libertari, elementi beats, giovani anarchici erano corsi frequenti e cordiali rapporti.

(28) Tra fine '68 e febbraio '69 era maturata la crisi della federazione milanese, che non concordava sulla mancanza di strutture del partito, impegnato più su singole lotte che su una visione complessiva; cfr. C: Oliva, "Lettera ci compagni radicali coinvolti nelle vicende della federazione milanese", Milano, 27 febbraio 1969. La lettera è citata da Teodori nel suo libro, op. cit., pp. 123-124. Sullo stato organizzativo del PR cfr. Relazione di M. Teodori alla Direzione radicale 21-22 giugno 1969, dattiloscritto. Carte Teodori.

(29) Al X Congresso fu introdotto il principio della doppia tessera per i militanti.

(30) Cfr. Mozione conclusiva dell'XI Congresso del PR, Torino, 1-3 febbraio 1972 in: PR (a cura di) "Il partito dell'autogestione socialista e libertaria", Roma, Savelli, 1976.

(31) Nel congresso di Roma (luglio 1973) il PR aveva invitato i partiti della sinistra parlamentare e non a mobilitarsi per la campagna referendaria. Si era costituito un comitato »Per una Repubblica autenticamente costituzionale che doveva gestire la campagna. La raccolta delle firme fu un insuccesso, cfr. "Lettera del comitato ai parlamentari democratici", Roma, 17 luglio 1973, Carte Teodori, Doc.- in appendice. Cfr. inoltre, "Notiziario del comitato provvisorio di gestione dei referendum", Roma, 1 settembre 1973 (Carte

Teodori). Cfr. anche: PR (a cura di), "8 referendum contro il regime", Roma, Savelli, 1974. Il 13 settembre 1973 uscì il primo numero del quotidiano radicale »Liberazione .

(32) Nel 1975 il PR si concentrò sul problema dell'aborto. La depenalizzazione dell'aborto e il varo di una legge che lo togliesse dal dramma della clandestinità era sempre stato una delle richieste centrali del movimento femminista. Nel '73 a Milano Adele Faccio aveva organizzato il CISA (Centro informazione sterilizzazione aborto), federato al PR, che aveva assistito numerose donne. Nel gennaio '75 a Firenze venne scoperta una clinica per aborti organizzata dal CISA e venne arrestato il dr. Conciani che ne era l'organizzatore. Il PR assunse la responsabilità politica dell'iniziativa (Spadaccia venne arrestato, La Faccio si costituì a Roma durante una manifestazione appositamente organizzata), rivendicando il diritto a violare una legge ingiusta. La campagna per il referendum abrogativo delle norme penali sull'aborto proseguì anche con l'appoggio di una parte della stampa (Espresso - Panorama) e terminò positivamente nel luglio 1975 con la raccolta delle firme necessarie.

(33) Era salito il numero degli iscritti (circa 3000), si cominciavano a delineare le strutture periferiche previste dallo Statuto, quali i partiti regionali (Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia, Lazio). Allo stesso Congresso parteciparono molti osservatori simpatizzanti e leaders socialisti. Cfr. Massimo Teodori, op.cit.

(34) Vi furono tentativi di un accordo elettorale con il PSI e con i gruppi extraparlamentari, che non ebbero un buon esito. Durante la campagna elettorale, per il PR si presentò ancora il problema dell'accesso ai mezzi di informazione, radio-televisivi, dopo un digiuno di un gruppo di radicali con Pannella, il partito ottenne un parziale diritto di accesso, che pesò positivamente sui risultati elettorali.

(35) Cfr. A. Panebianco , "il voto radicale nelle elezioni del 20 giugno 1976, in: M.Teodori, op.cit., pp.266-283. Cfr. anche: A.Parisi - G.Pasquino (a cura di), "Continuità e mutamento elettorale in Italia", Bologna, Il Mulino, 1977.

(36) Si veda l'attività parlamentare dei radicali, intesa al pieno e spesso puntiglioso rispetto del regolamento della Camera, la particolare attenzione riservata agli strumenti conoscitivi e di controllo del Parlamento, lo stimolo per convogliare l'attività legislativa dell'assemblea a poche fondamentali leggi. Cfr. Gruppo Parlamentare radicale, "Documentazione sull'attività del G.P.R.", Roma, 1979. Ciclostilato Carte Teodori.

(37) Per gestire la campagna si era formato un comitato nazionale con la collaborazione del gruppo di »Lotta Continua . L'iniziativa conclusasi positivamente, aveva innescato una crisi nel PR, che indebitato per concludere la campagna, si era diviso al suo interno sull'uso o meno della quota di finanziamento pubblico. Il dilemma era grave per un partito, che per Statuto, si basa sull'autofinanziamento, e che aveva proposto il referendum per l'abrogazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti. La crisi sfociò il 17 gennaio 1978 nella decisione del segretario Aglietta, in concomitanza con la decisione della Cassazione sul'inammissibilità di alcuni referendum, di sospendere l'attività nazionale del partito, sostenendo invece quella dei partiti regionali, cfr. "Lettera circolare del presidente del C.F. Spadaccia", Roma, 1978, Carte Teodori.

(38) Il preambolo allo Statuto, di cui riportiamo il testo fra i documenti in appendice, proposto al XXIII Congresso straordinario, è stato definitivamente approvato al XXIV Congresso, sempre del 1980. In appendice riportiamo anche alcune parti della mozione finale del XXIII Congresso.

(39) Il XXVIII Congresso straordinario del 1983, convocato per decidere se presentare o meno liste radicali, si è concluso con »il rifiuto a presentarsi automaticamente alle elezioni e con la decisione di presentare liste solo per assicurarsi gli spazi televisivi. Il partito ha ottenuto 809.672 voti con 11 deputati e 1 senatore.

(40) L'otto marzo del 1985 è stata emanata la legge n. 73 istitutiva del Sottosegretariato per gli interventi straordinari nel terzo mondo, che ha destinato 1.900 miliardi alla lotta contro la fame.

(41) Cfr. la risoluzione finale in appendice.

 
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