SOMMARIO: I quesiti referendari sulle centrali nucleari. Come si è giunti alla richiesta dei referendum abrogativi.
(Notizie Radicali n.200 del 31 agosto 1987)
Nucleare 1
NORME CHE CONSENTONO DI COSTRUIRE CENTRALI NUCLEARI ANCHE SENZA IL CONSENSO DEI COMUNI E DELLE REGIONI
»Volete voi l'abrogazione del terzultimo comma dell'articolo unico della legge 10 gennaio 1983, n.8: "Norme per l'erogazione di contributi a favore dei comuni e delle regioni sedi di centrali elettriche alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi", comma che reca il seguente testo: "Qualora entro i termini fissati dall'articolo 2, secondo comma, della legge 2 agosto 1975, n. 393, non sia stata perfezionata la procedura per la localizzazione delle centrali elettronucleari, la determinazione delle aree suscettibili di insediamento è effettuata dal Cipe, su proposta del ministro dell'Industria, del commercio e dell'artigianato, tenendo presente le indicazioni eventualmente emerse nella procedura precedentemente esperita"?
Nucleare 2
NORME CHE PREVEDONO FINANZIAMENTO AI COMUNI E ALLE REGIONI CHE ACCETTANO CENTRALI NUCLEARI ED ALTRE ALIMENTATE DA COMBUSTIBILI DIVERSI DAGLI IDROCARBURI
»Volete voi l'abrogazione dell'articolo unico, primo comma, della legge 10 gennaio 1983, n.8: "Norme per l'erogazione di contributi a favore dei comuni e delle regioni sedi di centrali elettriche alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi", limitatamente ai commi 1·, 2·, 3·, 4·, 5·, 6·, 7·, 8·, 9·, 10·, 11·, 12·?
Nucleare 3
NORME CHE CONSENTONO ALL'ENEL DI PARTECIPARE, IN ALTRI PAESI, ALLA REALIZZAZIONE E ALL'ESERCIZIO DI CENTRALI NUCLEARI, COME IL REATTORE AL PLUTONIO "SUPER-PHENIX"
»Volete voi l'abrogazione dell'articolo unico, primo comma, della legge 18 dicembre 1983, n. 856 recante: "Modifica dell'articolo 1, comma settimo, della legge 6 dicembre 1962, n. 1643, sull'istituzione dell'ente nazionale per l'energia elettrica", limitatamente alle parole: "b) la realizzazione e l'esercizio di impianti nucleari"?
Più di una volta sono stato tentato di raccontare come il nucleare si è incuneato in Italia. Incuneato è la sola parola che rende bene la totale mancanza di un progetto che ha accompagnato la scelta nucleare del nostro Paese e il suo risvolto clandestino e un tantino malavitoso. Clandestino, perché nessuno in Italia ha mai saputo chi avesse votato a favore di quella di cui qui si narra, e soprattutto se qualcuno ad essa si fosse opposto. Malavitoso, perché, per forzare la naturale diffidenza delle popolazioni contro i megaimpianti, si è fatto ricorso alla corruzione di Stato. Soldi in cambio del silenzio, in cambio della salute, all'insegna dell'omertà, della sistematica disinformazione e della manipolazione anche dei dati tecnico-scientifici.
Ogni volta, tuttavia, sono stato frenato dalla preoccupazione che nessuno avrebbe mai potuto credere che veramente le cose fossero andate così, tanto fantastico ed inimmaginabile è stato l'andamento della discussione parlamentare. E' nata così in me l'idea di fare un resoconto in forma di favola. Ma perché non succeda, come con tante altre favole, che si butti via il bambino per conservare l'acqua sporca, voglio precisare che ciò che nel testo viene riportato tra virgolette -pur sembrando la parte più fantasiosa del racconto- fa parte, letteralmente, del testo della legge di cui al titolo, come si può agevolmente verificare consultando la Gazzetta Ufficiale n.13 del 14 gennaio 1983.
A fianco è riportato in fotocopia il Documento della Commissione industria della Camera con i nomi dei partecipanti all'ultima votazione prima che il provvedimento passasse al Senato. Anche lì il progetto di legge è stato approvato in Commissione in sede legislativa. Iter che si riserva ai piccoli provvedimenti per i quali si ritiene superflua la solennità e, soprattutto, pubblicità dell'aula. Siccome nell'ottava legislatura i radicali non avevano nessun parlamentare alla Commissione industria del Senato, il voto finale sulla legge in questione registrò l'unanimità dei consensi.. Tra le due Camere in conclusione la legge fu varata con un solo voto contrario, quello radicale.
Dedico questa favola ai compagni comunisti, soprattutto ai giovani ai quali è sempre stato tenuto nascosto non solo il ruolo trainante del Pci nel varo della legge di cui stiamo parlando, ma di tutte le leggi relative al Piano energetico nazionale.
Quando la Fgci scese coraggiosamente in piazza con i radicali, i verdi, gli ecologisti per raccogliere le firme per il referendum contro quella che tutti ormai definivano "la legge delle tangenti", si trovò sommersa dalle ironie dei dirigenti comunisti e della stampa di partito che le contrapponevano come cosa "ben più seria" il referendum "consultivo" sul nucleare che nessuno ha mai capito a cosa servisse se non a spargere, come le seppie, una cortina fumogena sul fatto che mentre la Fgci e circa la metà dell'ultimo congresso comunista erano uscite allo scoperto contro il nucleare, l'altra metà, quella che conta, andava quatta quatta rivendicando in Parlamento un piano nucleare ancora più pesante di quello proposto dal Governo.
In ogni caso, se dopo la lettura di questa favola vi venissero dei dubbi su come sono andate veramente le cose e sospettaste che questa sia una birichinata radicale (eh, si sa, i radicali ne fanno tante!) mettiamo a disposizione di tutti l'intero resoconto stenografico di tutte le sedute (dal 1· aprile 1982 al 10 novembre 1982) della Commissione industria della Camera durante le quali si è discussa ed approvata la legge in questione. Gli stessi documenti sono del resto a disposizione di chiunque presso l'archivio della Camera come presso quello del Senato.
Giovedì 6 agosto 1987 la Camera ha licenziato definitivamente il disegno di legge che rende compatibile l'espletazione dei referendum nello stesso anno solare in cui si sono tenute le elezioni politiche. Questo è certo un fatto nuovo e importante. Anche perché eravamo ormai assuefatti ad assistere ad un sistematico scippo dei referendum perpetrato con strumentali anticipi delle elezioni politiche.
Purtroppo l'ampia maggioranza che ha votato la legge non sembra troppo trasparente nella volontà di rispettare il verdetto popolare (in questo caso si tratta di cinque referendum di cui due riguardano la giustizia e tre il nucleare). Infatti nel testo della legge si dice che, in caso di vittoria del referendum abrogativo, la legge continua a restare in vigore per 120 giorni ancora. Tempo questo ritenuto sufficiente perché il Parlamento apporti quelle modifiche legislative che di fatto si rendono sempre più necessarie quando si abroghi una legge. La sola obiezione che viene spontanea è: ma perché il Parlamento non ha utilizzato l'enorme tempo che aveva a disposizione per modificare la legge per la quale oltre un milione di cittadini ha promosso il referendum abrogativo? E la sola risposta, altrettanto spontanea, che ci viene alle labbra è: perché troppe forze politiche, che dopo la tragedia di Cernobyl hanno detto di voler ripensare alle loro scelte filonucleari, in realtà sono fortemente implicate nell'enorm
e giro di interessi che la lobby nucleare sa abilmente manovrare. Ecco perché si assiste a questo balletto indecente di forsennate dichiarazioni di guerra contro il nucleare per poi assistere, nella pratica legislativa quotidiana, ad un sostanziale allineamento con quanti hanno deciso che il nucleare comunque s'ha da fare.
I tre quesiti referendari relativi al nucleare sono i seguenti:
1) Con l'abrogazione del terzultimo comma della legge 10.1.1983 n. 8 si mira a restituire ai comuni il diritto di decidere se nel loro territorio si debbano fare centrali. Il testo della legge in questione infatti ha trasferito questo potere al CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica).
2) Cancellando l'intera legge 10.1.1983 n. 8 si impediva all'Enel di ricorrere alla corruzione di Stato per imporre le centrali, specie quelle nucleari.
3) Il terzo quesito mira a togliere all'Enel la facoltà di realizzare impianti nucleari oltre che in Italia anche all'estero. La drammatica attualità di questo terzo quesito si rileva dal fatto che già l'Italia, attraverso l'Enel, ha realizzato in compartecipazione con Francia e Germania il pericolosissimo impianto al plutonio denominato Superphenix che è attualmente bloccato dal grave incidente occorso alla vasca di raffreddamento delle barre di plutonio. L'incidente e il pericolo di questi reattori (si pensi che il tempo di dimezzamento del plutonio non è dell'ordine di trent'anni come il cesio fuoriuscito da Cernobyl, ma di 24.000 anni) non ha fermato le velleità dell'Enel che sta tentando di allestire con i partners franco-tedeschi altri 3.000 megawatt al plutonio oltre ai 1.200 del Superphenix.
Il terzo quesito sulle centrali nucleari riguarda le norme che consentono all'Enel di partecipare alla realizzazione e all'esercizio, in altri paesi, di centrali elettronucleari. Il progetto più noto al quale l'Italia, attraverso l'Enel, ha aderito, e al quale partecipa con una quota del 33%, è quello del reattore al plutonio Superphenix sito a Creys-Malville che ha destato enormi preoccupazioni nei mesi scorsi a causa di una microfrattura nella vasca di raffreddamento del reattore contenente sodio liquido. Il guasto, di difficilissima e costosissima riparazione, ha inquietato anche la più filonucleare delle nazioni europee, la Francia, che era riuscita a tenere il black-out della stampa anche sull'incidente di Cernobyl.
Gli aspetti sui quali punta il dito il terzo quesito referendario sono molteplici e di grande importanza. Primo fra tutti sull'appalto improprio per il quale l'Enel gestisce di fatto la politica energetica nazionale ed internazionale dell'Italia, Gestisce dunque denaro, politica e ricerca, oltre che, ovviamente, le scelte dell'energia che andrebbero, invece, comprese dalla classe politica e dal Parlamento allo scopo di avere leggi e gestione dell'energia responsabili. L'aspetto o la conseguenza più evidenti di questo appalto sono l'accentramento della ricerca e della spesa su fonti di energia di tipo nucleare sempre più pericolose per l'intera umanità e la completa indifferenza alla ricerca di fonti energetiche alternative e compatibili con l'ecosistema.
La conferma di questa volontà ed intenzioni è, appunto, la compartecipazione al reattore al plutonio Superphenix, che utilizza l'uranio radioattivo già utilizzato nelle "normali" centrali nucleari, riciclandolo e allo scopo arricchendolo. Si tratta di un riprocessamento del combustibile "bruciato" nelle centrali nucleari europee e giapponesi che è in grado di produrre in prospettiva 25 mila chilogrammi di plutonio all'anno. Niente male, direte, se non fosse che il plutonio è la sostanza base per la costruzione di bombe atomiche. Questo significa che, tempo un decennio, la proliferazione a macchia d'olio degli ordigni e degli armamenti nucleari, aumenterà enormemente, oltre ad essere disponibile per chiunque. Ha ragione chi sostiene che, con questa scelta, l'Italia sta di fatto violando il trattato di non proliferazione nucleare delle armi atomiche. Appare evidente che, a partire da un malinteso senso dell'economia (non oso neppure immaginare come saranno felici coloro i quali riciclando l'uranio in plutonio
si sentono grandi risparmiatori) si sta preparando una sfida insostenibile per l'umanità.
Questa strada scelta dall'Enel per conto dell'Italia (o viceversa) dimostra chiaramente che si illudono coloro i quali pensassero che l'ecologia non sia prima di tutto una nuova e diversa economia che, per potersi esprimere, deve percorrere le strade della democrazia e di una scienza che non sia appalto di pochi.
Alle cose dette va aggiunto che nella sola Italia ci sono state dodici segnalazioni relative ad impianti nucleari siti nel Garigliano, a Latina e, con ripetitività imbarazzante, a Caorso, che sommati a quelli dei paesi aderenti all'Onu, danno un totale di 371 segnalazioni di incidenti, guasti ed osservazioni sulle centrali nucleari. Francamente troppi per lasciare che sia solo l'Enel a decidere del nostro futuro energetico!