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Cicciomessere Roberto - 30 ottobre 1987
Armi all'Iraq: Una tangente di Stato
di Roberto Cicciomessere

SOMMARIO: Nel 1980, con l'ordinazione di una intera flotta da guerra ai Cantieri Navali Riuniti da parte dell'Iraq, prende avvio la storia misteriosa di una megatangente da 135 miliardi di lire, che doveva essere corrisposta come compenso di mediazione a persone ben precise, e che prende invece vie misteriose, di conti bancari fantasma e di società fittizie nel dedalo lussemburghese-svizzero-panamense. A chi sono andati realmente questi soldi?

(Notizie Radicali, 1987)

Trenta miliardi di lire spariti nel nulla

Il signor Paul Gengler, consigliere giuridico della banca Paribas di Lussemburgo, è tassativo con il commissario capo di Pubblica Sicurezza del Granducato, signor Joseph Butgenbach : nel 1982 non sono mai stati accreditati sul conto n. 50482 intestato alla Dowal Corporation di Lussemburgo i 23 milioni di dollari a cui faceva riferimento la richiesta di rogatoria della Commissione parlamentare per i procedimenti di accusa.

I trenta miliardi di lire pagati nel 1982 dai Cantieri Navali Riuniti al signor Nadhmi S. Auchi, di nazionalità irachena, titolare della Dowal Corporation, uno dei due intermediari nella vendita di una intera flotta navale all'Iraq, si sarebbero quindi completamente volatilizzati. Sempre il signor Gengler, ancora una volta interrogato dallo scrupoloso commissario Butgenbach, "non esclude che il denaro sia potuto transitare attraverso Paribas per essere versato su un c/c presso un'altra banca". Qualcuno mente: o le banche italiane che hanno effettuato materialmente il trasferimento dei fondi sul conto corrente n.50482; o il funzionario lussemburghese della Paribas che non vuole svelare il nome del vero destinatario dei miliardi. Un altro mistero si aggiunge ai tanti che caratterizzano l'inquietante vicenda della più consistente tangente mai pagata in Italia per il traffico delle armi.

Una megatangente da 135 miliardi di lire

Centodue milioni di dollari, corrispondenti al cambio del 1982 a centotrentacinque miliardi di lire, vengono infatti trasferiti all'estero, con il beneplacito dell'allora Presidente del Consiglio Spadolini, per il pagamento di due misteriosi intermediari. Al confronto quella della Lochkeed appare una mancia. Ma se allora, dopo uno storico dibattito parlamentare e un referendum contro la classe politica, un Presidente della Repubblica dovette fare le valigie dal Quirinale, oggi il Parlamento in seduta comune sembra orientato a liquidare e affossare in una sola giornata di dibattito, il 29 gennaio, uno dei più grossi scandali di regime.

L'esposto dei radicali

Ma ricostruiamo la vicenda. Tutto inizia nel maggio del 1982 quando il deputato radicale Roberto Cicciomessere presenta alla Procura della repubblica di Roma un esposto sui cosiddetti compensi di mediazione per la vendita di armi italiane all'estero. Nell'esposto si afferma che i compensi verrebbero "gonfiati" per consentire il pagamento di consistenti bustarelle ai partiti politici italiani. A prova di ciò si espongono nella denuncia una serie di casi in cui i "compensi" superavano il 15% del valore dei sistemi d'arma venduti o, come nel caso dell'Iraq, raggiungevano cifre che nel loro valore assoluto erano ingiustificate e inusuali.

Il sostituto procuratore della Repubblica dott.Paoloni avvia perciò una indagine facendo acquisire dalla Guardia di finanza una documentazione imponente sulle più importanti trattative degli ultimi anni. Emerge fra queste il contratto dei Cantieri Navali Riuniti e dell'Oto Melara per la vendita all'Iraq di 4 fregate, 6 corvette, una nave logistica, un bacino galleggiante e relativo munizionamento e supporto logistico per un prezzo base di 1.825 milioni di dollari che in seguito alle revisioni successive sarebbero saliti a circa 2.485. La perdita di valore della moneta statunitense innalzerà ulteriormente il costo di questa commessa. Gli iracheni sono del resto obbligati ad impegnarsi su qualsiasi cifra perché vitalmente interessati all'accordo parallelo. Questo prevede infatti la fornitura di munizionamento per l'artiglieria e per i carri essenziale per la conduzione della guerra con l'Iran.

Come abbiamo visto la fantastica tangente pattuita supera i 135 miliardi di lire. Beneficiari sono due fortunati, il siriano Michel Merhej al Talal a cui viene attribuita la fetta maggiore, circa 79 milioni di dollari, e l'iracheno Nadhmi S. Auchi, titolare della Dowal Corporation di Lussemburgo, che si deve accontentare di 23 milioni di dollari. Bisogna precisare che i 135 miliardi di lire corrispondono alle somme che dai documenti della Guardia di Finanza risultano effettivamente erogate ai due "mediatori", mentre quelle concordate nei contratti sono di molto superiori. Spadolini afferma infatti in una lettera a "la Repubblica" pubblicata nel novembre del 1986 che l'entità della tangente è di 180 miliardi di lire. Ancora un mistero : poiché non possiamo mettere in dubbio le cifre dell'allora Presidente del consiglio, attraverso quali canali sono stati quindi pagati i 45 miliardi di lire mancanti all'appello ?

Cossiga, Manca, Forlani, De Michelis sono contrari

I pagamenti delle tangenti vengono effettuati solo nella seconda metà del 1982 dalla Banca Commerciale Italiana di Genova e dalla Banca Nazionale del Lavoro di Lucca. Per due anni infatti nessun ministro italiano è disponibile ad apporre la sua firma al decreto di autorizzazione del pagamento della tangente.

Era infatti difficile giustificare sotto il profilo strettamente commerciale un compenso di tale consistenza, così come non era chiaro chi fossero i potenti uomini politici, capaci di esigere una somma così alta, che si celavano dietro i beneficiari ufficiali dei compensi.

Che l'affare non fosse pulito del resto se ne erano accorti in molti. Già nel settembre del 1980 il ministro per il commercio con l'estero Manca ne parla con il Presidente del consiglio Cossiga che già si era adoperato con successo presso l'ambasciatore americano Gardner per la revoca dell'embargo degli Stati Uniti sulla vendita dei motori General Motors delle fregate classe Lupo destinate all'Iraq. Decidono di dar via libera all'accordo per la fornitura delle navi da guerra ma di non autorizzare il pagamento della mediazione anche se da lì a qualche giorno avrebbero incontrato la delegazione governativa irachena giunta in Italia per siglare il megacontratto per la fornitura della flotta da guerra da parte dei CNR e dell'Oto Melara. Non risulta che quest'ultima decisione avesse particolarmente contrariato gli iracheni.

Anche nel successivo governo Forlani, Manca conferma il precedente atteggiamento nei confronti delle provvigioni, confortato in ciò dal parere negativo dell'allora ministro delle partecipazioni statali De Michelis. La domanda per richiedere l'autorizzazione al pagamento dei "compensi di mediazione" viene quindi formalizzata dalle aziende belliche italiane il 9 aprile 1981. A giugno s'insedia il governo Spadolini e al commercio con l'estero Manca viene sostituito da Capria.

Anche il nuovo ministro per il commercio con l'estero sembra intenzionato a conformarsi ai pareri negativi del suo predecessore. Infatti solo nel gennaio 1982 Capria si rivolge al Presidente del Consiglio Spadolini per sollecitare una decisione sulla patata bollente delle tangenti. E' costretto a questo passo dall'azione del Merhej davanti alla Chambre de Commerce International del 15 dicembre 1981 e dal successivo atto di diffida dei Cantieri Navali Riuniti, patrocinati dall'avv. Massimo Severo Giannini, nei confronti del Ministro Capria.

Per Spadolini invece non vi sono difficoltà giuridico-politiche

Spadolini, diversamente dai due Presidenti del Consiglio Cossiga e Forlani, sembra orientato ad autorizzare il pagamento delle "tangenti" ma non rischia da solo su un affare così scottante: convoca i ministri degli esteri, dell'industria, della difesa, delle partecipazioni statali e del commercio con l'estero, dicasteri allora ricoperti rispettivamente da Colombo, Marcora, Lagorio, De Michelis e Capria per giungere ad una decisione collegiale. Non conosciamo la natura delle discussioni ma solo la conclusione così come riferita dallo stesso Spadolini : "in quella riunione si constatò quanto scrissi a Capria il 26 maggio successivo: e cioè che 'non sono emerse difficoltà giuridiche-politiche alla autorizzazione del pagamento'". "Si constatò" vuol dire che tutti i ministri convocati furono d'accordo con Spadolini ?

A questo punto la situazione è definitivamente sbloccata : Capria quindi, il 7 giugno 1982 firma l'autorizzazione. Dopo soli due giorni la Banca Commerciale Italiana e la Banca Nazionale del lavoro iniziano a pagare le favolose tangenti presso banche svizzere e lussemburghesi.

Sconosciuto uno dei destinatari della tangente

Ma un altro intoppo rischia di vanificare ancora una volta l'affare : la Banque Suisse di Zurigo dichiara, con telex alla Banca Commerciale, di non poter effettuare il pagamento in quanto il destinatario è per loro sconosciuto. A questo punto Capria e Spadolini che avevano giurato sulle garanzie offerte sul "determinato e individuato intermediario" avrebbero potuto, di fronte all'evidente indeterminatezza di uno degli intermediari, sconosciuto perfino a banche, come quelle svizzere, che non sottilizzano eccessivamente sulla paternità dei soldi che custodiscono, annullare la precedente decisione. Non accade nulla di questo e alla fine la banca svizzera accetta il pagamento. A favore di Merhej o di chi altro ?

Ritorniamo all'indagine del giudice Paoloni. L'esame della documentazione sequestrata e gli interrogatori effettuati convincono il magistrato che il ministero per il commercio con l'estero aveva autorizzato il pagamento dei compensi di mediazione senza effettuare gli accertamenti previsti dalla normativa vigente sulla reale esistenza di un rapporto di mediazione anteriore alla stipula del contratto, sulla compiuta identificazione delle persone fisiche o giuridiche destinatarie dei compensi e sull'incidenza e sulla congruità del rapporto di mediazione rispetto all'affare principale. In particolare non vi è traccia dei "buoni uffici" messi in atto dagli intermediari per la conclusione positiva delle trattative e gli stessi intermediari "non risultano compiutamente identificati". Vi è quindi il fondato sospetto che molti abbiano voluto coprire i destinatari finali della torta di 135 miliardi. Poiché si prefigurava perlomeno il reato di omissione di atti di ufficio a carico di Ministri, Paoloni rimette per compe

tenza gli atti al Parlamento e quindi alla Commissione parlamentare per i procedimenti d'accusa.

L'Inquirente conferma la sua funzione di commissione d'insabbiamento dei procedimenti contro i ministri e si appresta, nel dicembre del 1985, ad archiviare e seppellire tutto. Solo i nuovi documenti esibiti dal radicale Cicciomessere e dal missino Franchi il 10 dicembre 1985 consentono di riaprire il procedimento.

Anche l'altro intermediario non esiste

Il deputato radicale presenta infatti un documento del Registro del Commercio del Tribunale di Lussemburgo in cui si afferma che non esiste alcuna iscrizione e registrazione della Dowal Corporation. In Lussemburgo perlomeno, la Dowal non esiste. Ma non basta. Il deputato radicale esibisce la documentazione di un versamento di 100 franchi belgi da lui effettuato sul conto n.50482 della banca Paribas di Lussemburgo a favore del quale, secondo gli atti dell'istruttoria, la Banca Commerciale Italiana aveva versato i 23 milioni di dollari destinati alla Dowal Corporation. Esibisce poi una lettera successiva della banca Paribas che, nel restituire i cento franchi, afferma che questo conto non è stato aperto a nome della Dowal. Nessuno al ministero del commercio con l'estero si era quindi premurato di verificare l'identità del beneficiario di ben 30 miliardi e la stessa esistenza della Dowal a Lussemburgo.

Per quanto riguarda il Merhej al Talal, Cicciomessere esibisce il verbale d'interrogatorio del colonnello Giovannone effettuato dal giudice Palermo in cui questo responsabile dei servizi di sicurezza, specializzato nelle vicende del medio oriente, afferma che il Merhei al Talal è un noto trafficante di armi e droga.

La folgorante carriera del Presidente Melito

Da parte sua il missino Franchi consegna alla Commissione una lettera in cui un certo Nicola Bongia lamenta il mancato pagamento di un compenso di mediazione a lui dovuto per un suo presunto intervento teso a sbloccare l'autorizzazione ministeriale al pagamento delle tangenti spettanti al Merhej per l'affare Iraq. Bongia avrebbe dovuto convincere Merhej a pagare il 15% della sua provvigione all'ex presidente di sezione del Consiglio di Stato Pasquale Melito per i suoi "buoni uffici" presso le autorità governative. Nella stessa lettera afferma che il Melito gli avrebbe comunicato successivamente che tutto l'affare sarebbe andato in fumo perché Merhej avrebbe trattato direttamente con la segreteria di Spadolini con risultati positivi. Bongia evidentemente non crede a questa versione dei fatti e rivendica la sua parte. Interrogato dalla Commissione, Bongia appare evasivo e sostanzialmente reticente. Solo alla fine dell'interrogatorio spiega le ragioni del suo strano comportamento. A chi gli chiede della sua r

inunzia al compenso risponde: "mi dispiace, ma ho avuto paura" ..."Qui far fuori una persona è molto facile". Da quel momento non parla più.

Dalle poche indagini effettuate dalla commissione inquirente emerge in particolare la folgorante carriera di Pasquale Melito che da Presidente di sezione del Consiglio di Stato diviene, nel corso degli anni, prima consulente di varie aziende aeronautiche, quindi broker assicurativo e infine presidente di una finanziaria, la Memo services capofila di sei aziende operanti nel settore assicurativo, ingegneristico e informatico con un fatturato complessivo di oltre 100 miliardi. Melito è per lungo tempo assistito nelle sue attività da un prezioso collaboratore, l'ex generale dei servizi Minerva.

La fortuna di Melito sembra iniziare dal momento in cui incontra e conosce proprio il Merhej al Talal. Melito afferma di averlo conosciuto, nella sua qualità di consulente dell'Aeritalia nel 1981. Ma è smentito dai dirigenti di questa azienda che, interrogati dall'Inquirente, collocano nel 1982 la data d'inizio dei primi contatti con il Merhej. Vuol dire allora che nel 1981 Melito incontra questo trafficante siriano per affari privati, magari presentato proprio dal Bongia ?

Da Auchi a Pazienza

Per quanto riguarda la Dowal Corporation le indagini dell'Inquirente confermano che "non è iscritta e non è stata mai iscritta presso il pubblico registro di commercio del Granducato di Lussemburgo" e che all'indirizzo riportato nella sua carta intestata, 11, Boulevard Prince Henry, "la predetta società risulta sconosciuta". La Dowal è invece una società panamense presieduta da tre cittadini lussemburghesi con un unico indirizzo: 11, Boulevard Prince Royal. Sono tre funzionari della Fiduciaria Charles Montbrun che ha sede proprio in quella strada lussemburghese. Nadmi Auchi, che da un documento risulta nominato dai tre amministratori della Dowal proprio procuratore, a sua volta fornisce sempre lo stesso indirizzo: 11, Bld P.Henry. Il cerchio si chiude.

Ma vi sono altre interessanti coincidenze che la Commissione parlamentare per i procedimenti d'accusa evita di scoprire. La Dowal si appoggia prima presso la fiduciaria Montbrun, transita per la Figed S.A., per approdare presso lo studio dell'avvocato Nico Schaeffer. Ma la commissione non si accorge che, insieme all'avvocato Shaeffer e ad un rappresentante della Paribas, Auchi è amministratore della "Banque Continentale du Luxembourg". L'incastro delle società continua sotto molte altre sigle: Matza S.A.; Brosa S.A.; Cargolux Airlines International S.A.; Burglux A.G.H.

I nomi s'incrociano e si scambiano, ma tutti appaiono come fondatori e soci dell'associazione "senza fini di lucro" "Amities Arabes/Luxembourg".

Gli ultimi anelli della catena sono costituiti da due società, la Sices Luxembourg S.A., rappresentante in Lussemburgo di una azienda italiana che opera esclusivamente nel settore dell'export con alcuni paesi del Medio oriente, e la Se Debra S.A. Quest'ultima ha nel consiglio d'amministrazione accanto al socio di Auchi, Nico Schaeffer, il "Dr. Francesco Pazienza, medecin, demeurant à Genève". L'ombra della P2 e dei Servizi incomincia a delinearsi.

Nel corso dei 12 mesi in cui la Commissione per i procedimenti d'accusa ha avuto per le mani la vicenda, non un atto è stato compiuto per individuare e approfondire questa catena di collegamenti al fine di giungere al vero o ai veri beneficiari delle tangenti. La Commissione si è perfino rifiutata di convocare Merhej Al Talal e Auchi, i formali protagonisti della vicenda, per tentare di dare una risposta almeno parziale ai tanti misteri.

Il convincente messaggio di Spadolini agli altri partiti

Ma la pietra definitiva sull'"affaire" è stata messa con la riunione del Consiglio dei ministri che ha preceduto la risposta del governo alle interrogazioni sulla vicenda del coinvolgimento italiano nell'"Irangate" del 21 novembre 1986.

Le interrogazioni riguardavano infatti sia le esportazioni italiane all'Iran che quelle all'Iraq. Ma il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Amato evita, nell'Aula di Montecitorio, anche il più lieve accenno all'Iraq. La ricostruzione degli avvenimenti che hanno portato a questo comportamento del governo è presto fatta. Spadolini, con la lettera del 7 novembre a "la Repubblica", già precedentemente evocata, rispondendo agli attacchi che si andavano concentrando sulla sua persona, lancia avvertimenti molti chiari ai suoi alleati di governo: se è vero che come Presidente del consiglio ho autorizzato il pagamento della maxitangente, è altrettanto vero che i ministri degli esteri, dell'industria, della difesa, delle partecipazioni statali e del commercio con l'estero hanno condiviso con me quella decisione. Non quindi una decisione singola, ma collegiale, sottolinea più volte. Alla riunione del Consiglio che precede la risposta del governo sull'Irangate il segnale di Spadolini viene evidentemente acco

lto pienamente: viene deciso il silenzio ermetico sull'Iraq grazie anche al polverone sull'Iran.

Quali sono stati i buoni motivi di Spadolini ?

Qualcuno riuscirà, davanti al Parlamento riunito in seduta comune il 29 gennaio prossimo, ad incrinare il fronte di complicità che sembra costi- tuito su questa vera e propria tangente di stato ?

Uno solo è il quesito a cui il Parlamento dovrà rispondere : Quali sono stati i buoni motivi che spinsero Spadolini a superare tutti le buone ragioni che consigliarono due presidenti del Consiglio a negare l'autorizzazione al pagamento della megatangente.

 
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