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Dentamaro Gaetano - 16 dicembre 1987
Affermazione di coscienza: (2) individuare e vivere una obbedienza a leggi future e migliori
di Gaetano Dentamaro

SOMMARIO: Breve storia (non conclusa) di una affermazione-obiezione di coscienza e di una "libertà obbligatoria".

(Notizie Radicali n.291 del 16 dicembre 1987)

Cos'è l'affermazione di coscienza; quali disobbedienze comporta una scelta di obiezione di coscienza? La testimonianza di una nuova obbedienza a leggi future e migliori a quante scelte individuali può condurre, prima di approdare ad una forma civile, organizzata, efficace, politica, cioè capace di mutare realmente le leggi della città?

Io ho spesso disobbedito. Per primo alla tradizione familiare, con un nonno ufficiale di marina e l'altro »ragazzo del '99 e poi carabiniere. Quando, fresco di incontro con i radicali, annunciai che sarei stato obiettore di coscienza: sei pazzo, finirai in galera, interpretarono con il giusto segno i miei genitori. Ma no, c'è il servizio civile, rispondevo.

Ho disobbedito alla tendenza a godersi il beneficio del servizio civile, nel modo più radicale possibile..., presentando fin dall'inizio una »domanda di riconoscimento ai sensi della legge 772 che già tentava di affermare un diritto a partecipare alla difesa, nel solco ancora tutto da tracciare dell'intervento straordinario dello Stato italiano e degli altri della Comunità europea contro lo sterminio per fame, per la sopravvivenza, il diritto alla vita e il diritto alla libertà, secondo le indicazioni del Manifesto-Appello dei Premi Nobel.

Era dicembre '83. Dopo 11 mesi di non risposta, invio la prima lettera aperta al ministro della Difesa, mentre urgeva la campagna per la »legge dei sindaci per la sopravvivenza. Per quella legge, almeno per ottenere che se ne discutesse in Parlamento, avrebbero digiunato a lungo il segretario del Partito radicale, Giovanni Negri, e molti altri compagni.

Ho disobbedito ancora, e questa volta contro i consigli degli stessi miei compagni, quando, arrestato come obiettore di coscienza non riconosciuto, dopo sedici giorni di carcere venivo »rimesso in libertà , ma con l'obbligo di recarmi entro 24 ore in caserma. Avevo disobbedito alla prassi carceraria, non ripresentando nessuna domanda di ammissione al servizio civile. Provvisoriamente libero, non ne approfittai per tornare alla latitanza. Inviai semplicemente una nuova lettera aperta al ministro della Difesa, e qualche giorno dopo il Procuratore militare mi rimetteva definitivamente in libertà considerando quella come una nuova domanda. Su quella base sono stato poi riconosciuto obiettore, e assegnato all'ente »Carcere e Comunità , di don Graganti (aprile '86). Naturalmente ho disobbedito ancora, ma questa volta non c'è stato bisogno dei carabinieri. Sono stato interrogato da un sostituto procuratore a dicembre dello scorso anno, e questo è tutto. Sono da allora in attesa di giudizio, la precarietà della mia

libertà obbligatoria l'ho parzialmente risolta con una carta di identità ottenuta dichiarando -tout court- di non trovarmi »in alcuna delle condizioni ostative al rilascio del passaporto , e su questo sto valutando l'ipotesi di un'autodenuncia.

Questa a buon diritto è una libertà obbligatoria, un ghetto dorato. Questi sono gli anni della precarietà, per me personalmente, come conseguenza di una mia scelta individuale, di testimonianza. Di disobbedienza civile e di non collaborazione, e di nuova obbedienza ad altre leggi, future e migliori, attraverso l'obiezione-affermazione di coscienza: testimonianza che non è in grado di mutare il segno in questi anni di nuovo nazismo.

Quindi non basta. »Siamo diventati radicali -ha scritto Marco Pannella- perché sentivamo di avere delle insuperabili solitudini e diversità rispetto agli altri, e quindi un bisogno, una sete di alternativa più dura, più radicale di altri... . Più recentemente, in un Consiglio federale del marzo '86, Marco Pannella affermava che Olivier Dupuis e gli altri affermatori di coscienza erano né più né meno che pionieri di una »lotta di lunga durata , di una lunga marcia.

Questi pionieri hanno costituito degli avamposti, fortificando i confini di un'utopia. Alla cittadella radicale assediata hanno dimostrato che è possibile, che c'è chi ha orecchie per ascoltare; arrampicati sulla più alta palma, sembra loro sia possibile guardare più lontano, solo per scoprire che mete e obiettivi possibili sono a pochi passi di cammino, ma nascosti dal sottobosco, impossibili a scorgersi.

L'armata radicale -quella dei soldati della morte disobbedienti, soldati di una nuova obbedienza ai valori della vita, della pace, della nonviolenza- è disponibile ad approntare la marcia di avvicinamento, tenuto conto della lentezza con cui si muovono le salmerie e i bagagli degli ufficiali?

Ps. Olivier Dupuis aveva presentato più di un anno e mezzo fa al Parlamento europeo una petizione, con oltre 35.000 firme, per chiedere all'assemblea di Strasburgo di impegnare il Consiglio della comunità all'emanazione di una direttiva per recepire nelle legislazioni nazionali i principi sanciti in materia di obiezione di coscienza della Risoluzione Macciocchi. La petizione non è stata ancora licenziata dalla apposita Commissione, anzi, è stata assegnata da poco ad un nuovo relatore. Sono i tempi dell'eurocrazia. Di questi tempi, Michalis Maragakis, obiettore di coscienza greco, di un paese dove il diritto al servizio civile sostanzialmente non esiste, viene condannato a quattro anni di carcere.

Pensando al nuovo partito... pensiamo sia possibile l'obiezione-affermazione di coscienza, necessaria ed efficace anche per creare e rinnovare il tessuto connettivo, lo scambio reciproco nella comunità radicale, per diffondere la libertà e la voglia di lottare, di disobbedire e di obbedire, di dimagrire?

 
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