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Bramolla Valerio - 16 dicembre 1987
Affermazione di coscienza: (4) individuare e vivere una obbedienza a leggi future e migliori
di Valerio Bramolla

SOMMARIO: Dal servizio civile così come esso è oggi può forse nascere una realtà nuova, una battaglia degli obiettori per restituire ad esso la sua carica nuova e innovativa.

(Notizie Radicali n.291 del 16 dicembre 1987)

Sono obiettore di coscienza in servizio civile, privatamente, con poco rumore, forse con un poco di supponenza sono anche affermatore di coscienza.

In questi mesi, oltre a lavorare all'incremento del tasso della nostra inutilità, ho avuto modo di ripensare alle mie scelte, all'idea bellissima dell'affermazione di coscienza che insieme abbiamo concepito, alla sua concreta pratica politica.

Affermare la propria coscienza, essere fedeli in ogni momento, riproporre alla radice di ogni movimento della nostra volontà la scelta etica è difficilissimo, spesso è doloroso. Ed è alla base della nonviolenza.

Più difficile, più dolorosa ancora è la pratica che di questa affermazione di coscienza nell'ambito della difesa e della sicurezza il Partito radicale propone agli obbligati alla leva. Più difficile perché più solitaria, più astratta e meno comunicabile. Si tratta di rifiutare con il servizio militare quello civile, accedere direttamente alle carceri, uscirne dopo qualche giorno o dopo un anno, affermare che piuttosto che rigettare le armi si vuole imbracciare la nonviolenza ed agire per difendere la società dai rischi reali alla sua sicurezza. Stimo moltissimo i compagni che hanno compiuto questa scelta, ne invoco il coraggio che forse non avrei, la forza, la circolarità della loro azione, la pazienza nell'attendere per la propria vita stabilità e sicurezza.

La teoria dell'affermazione di coscienza è lunga e si estende per tutta la durata della nostra storia, ma la sua concreta applicazione, in contrapposizione all'obiezione di coscienza è recente, forse modificabile.

L'idea da cui muove è giusta: il servizio civile è diventato (o si è confermato), inutile, il suo esercizio si è burocratizzato, perdendo ogni carattere di alterità; sua unica funzione rimane scoraggiare l'obiezione di coscienza, o -una volta manifestatasi- nasconderla.

Ma questo non è scritto nelle leggi. Meglio, questo è contro le leggi. A questo si può (e forse si deve) civilmente disobbedire, per affermare con le nostre coscienze il diritto e la legge.

La Corte Costituzionale italiana con la sentenza 164/85 ha stabilito che il servizio civile non è incostituzionale rispetto all'art. 52 della Carta fondamentale perché »non si traduce assolutamente in una deroga al dovere di difesa della patria, ben suscettibile di adempimento attraverso le prescrizioni di adeguati comportamenti di impegno sociale non armato . E più avanti di quel dovere, così definito, forse così si potrebbero superare quei problemi lucidamente posti da Paolo Ghersina che, come è comprensibile, non se la sente, dato il regime di non-democrazia e gli atteggiamenti di stampa e magistratura, di vedere sfigurata la propria immagine, cancellate le proprie affermazioni, depoliticizzati i suoi atti.

Queste violenze sarebbero più difficili se ci si autogestisse il servizio civile nella stretta osservanza del dettato costituzionale, perché ci si doterebbe di una voce più forte (la cronaca delle nostre vite si sostituirebbe allora alle motivazioni di un arresto).

E' vero, il servizio civile non meno del militare è una delle forme residue di schiavitù, di cui in ogni caso non ci si deve far complici (tanto meno tollerandola da schiavi). Così non la si tollererebbe.

Il servizio civile è stato studiato per eliminare dal circuito della difesa cittadini che sono portatori di valori alternativi, di alternative politiche di sicurezza.

Non pochi restano i problemi: identificare con puntualità un'efficace forma di difesa civile e nonviolenta (ma non ne siamo molto lontani); le modalità anche tecniche di un suo sviluppo internazionale; la sì si sfuggirebbe a questo calcolo, portando con sé l'onere di svilupparle veramente queste politiche, di veramente testimoniarli quei valori. E la scelta eventuale (o certa) del carcere sottolineerebbe e amplificherebbe un simile lavoro.

Gli strumenti sarebbero il sancito dovere di difesa, il diritto teorico di scegliere l'ente di servizio, o quanto meno l'area vocazionale, su un piano giuridico.

Ma il più importante, il più potente, il più difficile da trovarsi ancora ci manca, ed è l'esercito, e la sua forza, nascosta in ciascuno di noi.

 
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