Indice (n. 3740)
Proposta-quadro per una nuova politica energetica (n. 3741)
Dal nucleare al controllo dell'energia (n. 3742)
Dossier tecnico sul Superphénix (n. 3743)
Annessi (n. 3744 - 3745 - 3746)
1. Breve excursus sui reattori veloci
Il primo Kwh d'origine nucleare è stato prodotto da un reattore a neutroni veloci. E' stato l'"Ebr 1" (Experimental Breeder Reactor n· 1) a Idaho-Usa nel dicembre 1951: un auto-fertilizzante che funzionava ad uranio altamente arricchito.
Il concetto di »auto-fertilizzante (»surgénération ) risale dunque ai primi passi dell'energia nucleare. A quest'epoca solo gli Stati Uniti erano n grado di caricare un tele reattore con uranio altamente arricchito, tramite gli impianti militari d'arricchimento.
Nessun paese custodiva quantità di plutonio sufficiente alla fabbricazione del combustibile di un auto-fertilizzante. Dopo solo quattro anni di funzionamento, l'esperienza dell'Ebr-1 fu interrotta per un incidente di fusione del nocciolo.
Negli altri paesi i primi reattori veloci sperimentali inizialmente funzionavano tutti con uranio altamente arricchito: Mtr e Dfr a Dounreay in Scozia, Rapsodie in Francia, Knk-1 in Rtf. Ma appena gli impianti di ritrattamento poterono produrre quantità sufficienti di plutonio, lo si sostituì all'uranio.
1.1. La tecnologia: l'idea di base.
I reattori a neutroni veloci - a differenza dei reattori a »neutroni lenti , rallentati da un elemento leggero detto »moderatore (acqua ordinaria, acqua pesante, grafite) - "permettono di far uso non solo del plutonio recuperato al momento del ritrattamento del combustibile dei reattori classici, ma anche di uranio 238", abbondantemente disponibile dopo l'arricchimento e il ritrattamento.
La grande densità del materiale fissile e una configurazione particolare del nocciolo permettono nello stesso tempo di ottenere due effetti: il mantenimento di una reazione di fissione nucleare e la cattura di neutroni da parte dell'"uranio 238" (detto »fertile ) che di trasforma in "plutonio 239".
Il reattore a neutroni veloci diventa »auto-fertilizzante quando la quantità di plutonio 239 prodotta diventa superiore alla quantità persa per fissione. Per riuscirci, si pone attorno al nocciolo del combustibile fissile, ovvero una grande quantità d'uranio 238: da una parte se ne riempiono intere parti (mantello radicale), dall'altra parte di inseriscono fra le barre di combustibile, ai due estremi, dei carichi di uranio 238 (mantello assiale).
Secondo la concezione del ciclo del combustibile »aperto , l'auto-fertilizzante doveva permettere di riutilizzare le scorie (tramite lo stoccaggio diretto dei combustibili irradiati prelevati dai reattori classici).
Il riciclaggio del plutonio e dell'uranio doveva permettere di risparmiare quantità esorbitanti di uranio naturale e di dar vita ad un sistema quasi indipendente dall'approvvigionamento dall'estero.
1.2. Il ruolo dei reattori veloci nella »visione futuristica degli anni '60 e '70
I sostenitori della filiera dei veloci hanno sempre affermato l'ineluttabilità del loro lavoro. Ad esempio, nel '64, l'inglese R.V. Moore affermò che »lo sviluppo degli auto-fertilizzanti è assolutamente vitale per il pieno sfruttamento del combustibile nucleare (»Euro Nuclear , ott. '64).
Nel '65, il centro di ricerca nucleare di Karlsruhe (Rft) previde l'installazione nella sola Germania di 80 Gw per l'anno 2000, vale a dire 66 reattori veloci commerciali (Traube, p. 30). Nel febbraio '66, il governo britannico autorizzò la costruzione del Pfr a Dounreay, e la compagnia stimò che gli stocks di plutonio sarebbero stati »appena sufficienti per l'installazione dei reattori commerciali previsti per il 1978 (»Euro Nucleare , mar. '66).
In Gran Bretagna come in Germania, in Belgio come negli Stati Uniti, è la minaccia seria di una penuria d'uranio che serve come argomento essenziale allo sviluppo degli auto-fertilizzanti e del ritrattamento. Così, nei progetti a medio termine, la »surgeneration costituì il coronamento del disegno nucleare, essendo i reattori classici solo strumenti preliminari atti a produrre lo stock iniziale di plutonio.
Dopo il primo »shock petrolifero nel '73, la lobby del plutonio seppe trarre profitto dall'effetto psicologico di questa prima esperienza di dipendenza energetica. André Giraud, a quell'epoca amministratore generale del Cea (Commissariato all'Energia Atomica) dichiarava nell'aprile 1975: »I calcoli dimostrano che un ritardo nell'introduzione degli auto-fertilizzanti potrebbe avere un effetto disastroso sul risparmio in uranio sperato (Fensch, A, p. 2). Nel novembre '76, Giraud prevedeva 540 reattori della stessa taglia del Superphénix (540 Gw) da installare nel mondo per l'anno 2000 e 2766 reattori (3.320 Z Gw) per il 2025 (Fensch, p. 14).
L'idea consisteva nel creare »parchi di reattori veloci (4 per sito) con una annessa officina di ritrattamento. Gli esponenti politici erano affascinati dalla promessa di quella sorta di »energia in perpetuo movimento .
René Monroy, all'epoca Ministro dell'industria, dichiarava il 15 novembre '77 davanti al Parlamento: »Grazie agli auto-fertilizzanti, le nostre riserve cittadine d'uranio diventeranno l'equivalente di tre volte la riserva di petrolio dell'Arabia Saudita (Fensch, p. 14).
Ancora nel '78, la Commissione Peon (Produzione Elettrica di Origine Nucleare) del governo francese prevedeva da 13 a 19 reattori commerciali (16 a 23 Gw) per l'anno 2000, e da 48 a 93 (58 a 112 Gw) per il 2025 (Fensch, p. 14).
1.3. Le realizzazioni
Dopo 35 anni di ricerca e sviluppo, le realizzazioni non hanno niente a che vedere con le previsioni degli anni '60 e '70. Solo un prototipo di taglia industriale (1.200 Mw)) è in funzione nel mondo (Superphénix, in Francia). Un altro di taglia intermedia (600 Mw) funziona in Urss (Bn-600).
Negli anni '70, sono stati messi in servizio 3 reattori da 250 Mw: Phénix in Francia, Bn-350 (successivamente aumentato a 350 Mw) in Urss e Pfr in Gran Bretagna.
Le altre realizzazioni riguardano i reattori sperimentali di piccola taglia (vedi allegato n. 1 - 3a).
Nessuno di questi reattori ha avuto standards di funzionamento soddisfacenti che dimostrassero la loro »maturità industriale .
I reattori veloci nel mondo
puissances fluide
thermiques/ primaire année
nom du réacteur pays électrique ou combustibile de divergence/
(nominale) en caloporteur (b) arrét
mégawatts (MW) (a)
1 Clémentine Etats-Unis 0,025/0 Hg Pu 1946/1953
BR 2 Brystyl Reaktor 2 U.R.S.S. 0,2/0 Hg Pu 1956/1958
(réacteur rapide n· 2)
2 EBR 1: Experimental Breeder Reactor n· 1 Etats-Unis 1,4/0,2 NaK U 1951/1963
(réacteur surrégénérateur expérimental n·1)
BR 5 (BR 10): Bystryl Reaktor 5 MW (10 MW) U.R.S.S. 5/0(10/0) Na PuO2 1958
[réacteur rapide 5 MW (10 MW)] puis carbure
3 DFR: Dounreay Fast Reactor Royaume-Uni 72/15 NaK U-Mo 1959/1977
(réacteur rapide de Dounreay)
EBR 2: Experimental Breeder Reactor n· 2 Etats-Unis 62/16,5 Na U-Mo 1963
EFFBR: Enrico Fermi Fast Breeder Reactor Etats-Unis 200/65,9 Na U-Mo 1963/1972
(réacteur surrégénérateur rapide Enrico Fermi)
Rapsodie: Rapide Sodium France 40/0 Na UO2-PuO2 1967/1982
(Cadarache)
BOR 60: Brystyl Opotnyl Reaktor 60 MW U.R.S.S. 60/12 Na UO2-PuO2 1969
Joyo Japon 100/0 Na UO2-PuO2 1977
FBTR: Fast Breeder Test Reactor Inde 45/15 Na carbure 1984
(réacteur rapode d'essai)
KNK II: Kompakt Natrium Kern Reactor II R.F.A. 58/20 Na UO2-PuO2 1977
(réacteur nucléaire compact à sodium n· II)
4 SEFOR: Sodium Experimental Fast Oxyde Reactor Etats-Unis 20/0 Na UO2-PuO2 1969/1972
(réacteur rapide expérimental à sodium et
oxyde d'uranium)
FFTF: Fast Flux Test Facility Etats-Unis 400/0 Na UO2-PuO2 1980
(installation d'essai à flux rapide)
PEC: Prova Elementi Combustibili Italie 140/0 Na UO2-PuO2 1987
(essai des éléments combustiblés)
BN 350: Bystryl Neitrony 350 MWe U.R.S.S. 1000/350 Na UO2-PuO2 1972
(neutrons rapides 350 MWe)
PFP: Prototype Fast Reactor Royaume-Uni 600/250 Na UO2-PuO2 1974
(réacteur rapide prototype)
5 Phénix France 560/250 Na UO2-PuO2 1973
SNR 300: Schnell Natrium Reaktor 300 MWe R.F.A. 730/300 Na UO2-PuO2 1987
(réacteur rapide sodium 300 MWe)
BN 600: Bystryl Neitrony 600 MWe U.R.S.S. 1430/600 Na UO2-PuO2 1980
(neutrons rapides 600 MWe)
Clinch River Etats-Unis 975/350 Na UO2-PuO2 1987
Monju Japon 714/250 Na UO2-PuO2 1987
Kalpakam Inde /500 Na 1985
6 Creys-Malville France (Isére) 3000/1200 Na UO2-PuO2 1985
CDFR: Commercial Demonstration Fast Reactor Royaume-Uni 1300 Na UO2-PuO2 en projet
(réacteur rapide commercial de démonstration)
SNR 2: Schnell Natrium Reaktor 2 R.F.A. 4200/1600 Na UO2-PuO2 en projet
(réacteur rapide sodium n· 2)
BN 800: Bystryl Neitrony 800 MWe U.R.S.S. 800 Na UO2-PuO2 en projet
(neutrons rapides 800 MWe)
BN 1600: Bystryl Neitrony 1600 MWe U.R.S.S. 1600 Na UO2-PuO2 en projet
(neutrons rapides 1600 MWe)
1.4. Un bilancio del loro funzionamento
* Gli Stati Uniti:
Hanno abbandonato la filiera dei veloci con l'abbandono del progetto Clink River e del ritrattamento industriale (all'infuori del militare), per ragioni economiche e politiche (regime di non proliferazione delle armi nucleari sotto la presidenza di J. Carter). "Il 4 ottobre '66" accadeva uno degli incidenti nucleari più drammatici della storia del nucleare all'auto-fertilizzante sperimentale »Enrico Fermi a "Lagoona Beach", a soli 50 km a sud di Detroit: una parte del nocciolo fondeva, minacciando centinaia di migliaia di abitanti dei dintorni; fortunatamente il contenitore ha tenuto e pare non abbia lasciato fuoriuscire radioattività.
* In Germania:
Il sostegno finanziario alla filiera è sensibilmente diminuito dopo la decisione presa dal governo federale nell'82 di fare gravare all'industria e alle aziende elettriche il maggior peso degli investimenti. Questa posizione del governo non è sensibilmente cambiata dopo l'arrivo al potere dei democristiani nell'83.
Inoltre, l'opposizione rigida da parte dell'autorità regionale del Nord-Reno-westphalia (Spd), responsabile legale per la costruzione e il funzionamento, ha impedito sinora l'entrata in servizio del reattore di Kalkar.
La presa di posizione dell'Spd contro la commercializzazione delle applicazioni del plutonio e l'opposizione extra-parlamentare hanno ugualmente contribuito a rendere politicamente quasi impossibile l'entrata in funzione di Kalkar. Si aggiungono a questi numerosi problemi di sicurezza.
* Il Pfr a Dounreay in Scozia:
Batte tutti i primati negativi per ciò che concerne il funzionamento: 8% di fattore di carico per un periodo di 8 anni dopo a sua entrata in funzione nel gennaio '77 e fino alla fine dell'84 (Aiea, aprile '86). Innumerevoli problemi accompagnano il funzionamento del reattore, specialmente a livello di generatori di vapore.
* In Francia:
Il predecessore del Superphénix - Phénix a Marcoule - ha registrato un fattore di carico di 58,4% per i dieci anni dopo la sua entrata in servizio industriale, fino alla fine dell'84.
Tuttavia Phénix, a più riprese, ha conosciuto fughe di sodio, difetti negli scambiatori di calore e delle reazioni acqua-sodio nei generatori di vapore, ed 8 rotture delle guaine del combustibile (per Superphénix, vedere capitolo 5).
Sul bilancio di funzionamento dei reattori sovietici si sa troppo poco per poterlo valutare. Segnaliamo tuttavia il grave incidente al reattore di Chevchenko (autofertilizzanti Bn), dove tre generatori di vapore su sei sono stati danneggiati (reazione sodio-acqua).
1.5. L'avvenire della filiera
Il prosieguo delle realizzazioni in materia di autofertilizzanti dovrebbe concretizzarsi in un secondo prototipo, finanziato e costruito dagli stessi partners europei che hanno creato il Superphénix, cioè la Francia, l'Italia, la Germania, la Gran Bretagna, i Paesi Bassi ed il Belgio.
2. La cooperazione Internazionale
La firma del trattato dell'Euratom il 25 marzo del '57 ha dato un importante colpo d'avvio alla cooperazione europea in campo nucleare. I firmatari si sono dichiarati »decisi a creare le condizioni di sviluppo di una potenza industriale nucleare, creatrice di una vasta disponibilità energetica (Trattato, p. 247). Il ciclo del plutonio avrebbe dovuto rapidamente conquistare un posto significativo nei programmi. Il primo progetto comune di vasta portata fu effettivamente la creazione, nel '59, della Società Eurochimie, allo scopo di costruire un impianto di ritrattamento a Mol, in Belgio.
Il programma di cooperazione superava largamente i confini della Cee: 13 paesi erano rappresentati come membri fondatori. La Cee e la sua Banca Europea d'Investimento hanno poi sostenuto in massa i progetti degli auto-fertilizzanti, tanto nei programmi di Ricerca Sviluppo (sovvenzioni), quanto per la loro realizzazione (crediti).
L'importanza delle cifre da investire e le difficoltà tecniche da risolvere per mettere in opera il reattore autofertilizzante hanno presto condotto i sostenitori della filiera ad un raro livello di collaborazione in Europa.
»Il perfezionamento dei reattori veloci dovrebbe realizzarsi essenzialmente in ambito internazionale , scrive »Euro-Nuclear , nel novembre '64.
Oggi, i rappresentanti della lobby escludono praticamente l'ipotesi di un proseguimento dei programmi da parte di qualsiasi paese.
2.1. Gli accordi europei.
Negli anni '60, si sono creati due poli: uno di cooperazione fra la Germania federale, il Belgio ed i Paesi Bassi (DeBeNe) da una parte, e un altro fra la Francia e l'Italia, dall'altra.
I centri di ricerca dei paesi del DeBeNe (Deutschland-Beglium-Nederland) hanno concluso un accordo di cooperazione nel '65, i tre governi hanno firmato un accordo simile nel '67.
Nel '72 la società Interatom (Rft 70%), Belgonucléaire (Belgio, 15%) e Neratom (Paesi Bassi 15%), crearono la società Inb, con la mansione di progettare e realizzare l'attrezzatura di Kalkar (»Motor Columbus ), p. 22).
Numerosi accordi sono stati conclusi fra i partners francesi ed italiani negli anni '70. Dopo l'entrata in funzione di Phénix, sono stati firmati in maggio e giugno '74 tre accordi, che »tendono ad assicurare un collegamento totale fra la Francia e l'Italia per lo sviluppo dei reattori a neutroni veloci , secondo Michel Rapin, responsabile alla Cea dello sviluppo della filiera (»Guida Internat. p. 50):
- un accorso Cea-Cnen ha organizzato lo scambio di conoscenze e la conciliazione dei programmi di ricerca e di sviluppo dei reattori a neutroni veloci. Quest'accordo si è concretizzato con un rilevante contributo italiano nel campo della fisica (programma Racine a Cadarache), con l'esecuzione in Italia di esperimenti importanti per Superphénix, con la partecipazione del Cnen al programma di sicurezza Esmeralda sui fuochi di sodio, con l'assistenza francese al progetto del reattore italiano prova elementi combustibili, Pec.;
- un accordo di licenza Cea-Nira sul sistema francese dei reattori a neutroni veloci;
- un accordo di licenza Cea-Agip Nucleare, riguardante le esperienze per la fabbricazione del combustibile (»Guida Internat. , p. 50).
Questi accordi sono stati successivamente completati da un complesso di accordi industriali franco-italiani:
- accordo Novatome-Nira, 1976, che creava un'associazione per la costruzione di Superphénix; e accordo Novatome-Nira, 1977, per la promozione industriale dei reattori a neutroni veloci;
- accordo fra produttori francesi ed italiani, per i principali componenti della caldaia: in effetti questi accordi sono dei sub appalti di licenze prima concesse agli industriali francesi.
Poi, nel luglio '77 la Francia firmò accordi con la Germania Federale che rappresentava la DeBeNe, formalizzando la cooperazione fra i due poli dell'inizio:
- accordo Cea, Interatom e Kfk (Centro di Ricerche di Karlsruhe), sullo scambio di conoscenze e la coordinazione dei programmi di R S;
- accordo Novatome-Inb, per una collaborazione al livello di ricerca di ingegneria e delle realizzazioni;
- accordo sulla creazione di una società di diritto francese Serena (costituita nel 1978), per la commercializzazione dell'insieme delle conoscenze di suoi partecipanti, di cui essa è la sola delegata a negoziare l'uso con dei terzi. Il capitale di Serena è: 55% Syfra (60% Cea, 40% Novatome), 35% Kgv (51 % Interatom, 19% Kfk, 15% Belgonucléaire, 15% Neratoom). L'Italia doveva successivamente legarsi a »Serena , ma è tuttora attesa.
Nell'ottobre 1978 sono stati firmati gli »accordi sui reattori a neutroni raffreddati al sodio fra Serena e Inb da una parte, e fra Serena e Noratome dall'altra. Gli italiani non partecipano alla società Serena e agli accordi di licenza. Il coinvolgimento dell'Italia nella cooperazione europea continua a passare innanzitutto per il legame con la Francia.
Nell'agosto 83, un accordo sulla creazione di un gruppo di studi internazionali chiamato Argo è intervenuto fra la Francia (Cea, Noratome), la Germania (Interatom, Kfk), l'Italia (Enea, Nira), ed i Paesi Bassi (Neratom). La decisione di allargare il »Club degli autofertilizzanti ha poi condotto ad includervi la Gran Bretagna (Ukaea, Nnc). Principali obiettivi del gruppo: studiare le principali scelte tecniche, il calendario delle realizzazioni, le prospettive economiche della filiera, le strategie comuni per il ciclo del combustibile.
Nel gennaio 1984, un memorandum dell'accordo fu firmato dai governi di Francia, Rtf, Italia, Belgio e Gran Bretagna (i Paesi Bassi si sono riservati il diritto di aggiungersi successivamente, cosa che sembra oggi poco verosimile). Questo memorandum definisce i principi di una cooperazione internazionale a lungo termine sui veloci ed il loro ciclo di combustibile. (vedi allegato 2.1.a).
Successivamente, nel marzo 1984, un protocollo d'accordo è stato firmato dagli organismi dei paesi firmatari di questo memorandum, per definire le grandi linee degli accordi previsti. Poi due protocolli, relativi rispettivamente alla fabbricazione ed al ritrattamento dei combustibili del reattore veloce, sono stati firmati fra la Francia (Cea, Cogema) e la Gran Bretagna (Ugaea, Bnfl).
Nel giugno 1984, la Cea e l'Enea hanno firmato due convenzioni relative alla R S in materia di fabbricazione di combustibile e alla fabbricazione propriamente detta. L'applicazione di queste due convenzioni riguarda la gestione comune delle attività tecniche ed industriali dell'impianto di fabbricazione del combustibile sul sito di Cadarache.
Nel settembre 1984, i partners industriali (Belgonucléaire, Interatom, Nira, Noratome, Nnc, Neratoom) firmavano un accordo provvisorio che permetteva il confronto e lo sviluppo delle concessioni, mentre un accordo definitivo è sempre in corso di trattativa (Addendum DeBeNe, gennaio '86).
Nel novembre '84, gli inglesi creano la società Fastec (51% Nnc, 49% Ukaea). Come Serena per DeBeNe e la Francia, Fastec detiene il monopolio della commercializzazione di tutte le conoscenze delle società inglesi in materia di reattori veloci. La conclusione di un accordo, redatto sin dalla fine dell'85, fra Serena e Fastec non è ancora stata stipulata (Addendum DeBeNe, gennaio '86).
Dall'84 in poi, nessun accordo rilevante è stato concluso. I negoziati fra la Francia e la Gran Bretagna, riguardanti la R S, non sono ancora sfociati in un contratto, mentre si aspettavano dei risultati già nell'85.
Le trattative riguardanti la costruzione d'un successore del Superphénix sono in un'empasse. La decisione è stata rinviata. E' però considerata come indispensabile prima dell'allargamento e della definizione concreta dei programmi futuri di cooperazione.
2.2. La creazione di società costruttrici europee.
La cooperazione fra le compagnie elettriche europee.
Nel maggio 1971, Edf e Rwe (Elettrica tedesca) concludono un accordo sulla costruzione di due reattori veloci di taglia commerciale (1.000 Mw), uno per paese (Radkau, p. 342).
Nel luglio 1971, in una dichiarazione comune Edf, Rwe ed Enel manifestano la loro intenzione di unire i loro sforzi per realizzare e sfruttare un reattore veloce da 1.200 Mw (Cea, 1982, p. 24).
Nel dicembre 1972, il Parlamento francese vota una legge che autorizza la »creazione d'imprese che esercitino sul territorio nazionale un'attività d'interesse europeo in campo elettrico . Questa legge costituisce la base legale per la creazione della società Nersa, di diritto francese.
Nel dicembre 1973, fu stipulata fra l'Edf, la Rwe e l'Enel una convenzione che confermava l'accordo Edf-Rwe del '71, allargato all'Enel, e prevedeva la costruzione di Superphénix a Creys-Malville, in seguito all'esperienza maturata con il Phénix e con il Snr-2 in Rft, dopo l'entrata in servizio del Snr-300 di Kalkar.
Per il Superphénix si decise una partecipazione del 50% dell'Edf, del 33% dell'Enel e del 16% del Rwe (che diventerà la Nersa); e per quanto concerne l'Snr-2, del 51% del Rwe, del 33% dell'Enel e del 16% dell'Edf (diventato poi l'Esk).
Il decreto del 13 maggio 1974 autorizza la creazione della società Nersa, sulla base delle partecipazioni previste dalla convenzione del '73 per la costruzione del Superphénix. Gli statuti della società, adottati l'8 luglio '74, chiedono la nomina d'un consiglio di controllo di 12 membri (6 francesi, fra i quali il presidente, 4 italiani, 2 tedeschi) ed un direttivo di 3 membri, a presidenza francese. La Nersa, proprietaria, progettatrice e amministratrice del Superphénix, fornisce dei servizi tecnici e amministrativi permanenti a Lione.
Nel '75, la Rwe cedette la sua partecipazione del 16% alla società di diritto tedesco Sbk, proprietaria, progettista e gestore del Snr-300 di Kalkar. La Rwe conserva una comoda maggioranza del 68,85% nella Skb (il gruppo di elettricità olandese Ep, ed il suo equivalente belga Electronucléaire detengono il 14,75% ciascuno, e il Cegb inglese l'1.65%).
2.3. La cooperazione industriale per la costruzione del Superphénix.
La Nersa, capo commessa del Superphénix, ha affidato la fornitura, chiavi in mano, della centrale nucleare, a Novatome ed alla Nira. Le sue società d'ingegneria sono congiuntamente e solidamente responsabili della sua realizzazione e della sua entrata i funzione; Novatome opera invece come committente. La caldaia include il reattore, i circuiti di sodio, gli impianti di produzione di vapore, e le attrezzature di manipolazione del combustibile dell'edificio del reattore (tra cui il famoso contenitore di stoccaggio attualmente guasto), il comando di controllo associato alla caldaia, ed anche gli assemblaggi del nocciolo (primo nocciolo e due prime ricariche). La caldaia ha un valore pari ai due terzi dell'intera centrale. Novatome e Nira hanno garantito la realizzazione dell'impresa generale, consistente nel coordinare e dirigere la realizzazione. La Cogema, associata con industriali italiani, ha ricevuto l'ordine di fabbricare i combustibili; la Cea si è occupata degli studi sul nocciolo e del suo assemblaggi
o. Sono stati fatti circa 80 ordini principali che hanno dato luogo a più di 900 sub-appalti, distribuiti ad una decina di paesi.
Tavola contratti
IESEE PARIS - SEPTEMBRE 1987
Contrats
Chaudière nucléaire (3)
Entrepreneur ou
Constructeur Pays
Constructeur principal Novatome (1) France
de la chaudière Nira (2) Italie
Combustible CEA-Cogema France
Agip-Nucleare-Fiat Italie
Sicn France
Eléments de protection Sicn France
neutronique latérale Interatom R.F.A.
Mécanismes des barres Novatome-Neyrpic
de contròle Creusot-Loire France
Nira-Fiat Italie
Cuve principale Neyrpic France
Nira-Breda-Atb-Cimi Italie
Cuve de sécurité Neyrpic France
Nira-Atb-Fochi Italie
Cuves internes et baffles Nyrpic France
Nira-Breda-Atb-Cimi Italie
Platelage Neyrpic France
Nira-Breda-Cimi Italie
Bouchon couvercle coeur Neyrpic France
Nira-Breda-Fochi Italie
Dalle Neyrpic France
Nira-Breda (4) Italie
Dôme du réacteur Nira Belleli Italie
Bouchons trournants Neyrpic-Nira France
Dispositifs de manutention Novatome-Neyrpic France
du combustible Nira-Cmi Italie
Pompes primaires Jeaumont Schneider France
Moteurs des pompes primaires Nira Ansaldo Italie
Pompers secondaires Jeaumont Schneider France
Nira-Fiat Italie
Moteurs des pompes
secondaires Siemens R.F.A.
Echangeurs intermediaires:
- coordination Nira Italie
- études Stein Industrie France
- construction Franco Tosi-Breda Italie
Générateur de vapeur Creusot-Loire France
Circuits sodium secondaire Stein Industrie France
Installation électrique générale OGEE Alsthom France
BBC R.F.A.
Relayage Siemens R.F.A.
Barillet de stockage Interatom Noell R.F.A.
du combustible Nira Fochi Italie
Novatome France
Cellule de lavage et Interatom R.F.A.
décontamination Novatome France
Hottes pour manutentions
spéciales ABC France
Evacuation des assemblages Interatom R.F.A.
irradiés Novatome France
(1) Novatome associe: Framatome 70%, Neyrpic 15%; Alsthom-Atlantique 15%.
(2) Nira (Nucleare Italiana Reattori Avanzati) associe: AMN (Ansaldo meccanica nucleare): 57,5%; Agip Nucleare (ENI) 17,5%; Franco Tosi 10%; Fiat TTG 10%; Belleli 5%.
(3) La chaudière nucléaire est contruite d'aprés une licence Serana basée sur un procédé CEA, par Novatome (66%) associé à Nira (33%).
(4) Breda désigne la Division Breda Generazione vapore de la Société Ansaldo, ex Breda Termomeccanica.
Matérial électrique
Entrepreneur ou
Constructeur Pays
Transformateurs pricpaux ACEC Belgique
CEI Italie
Plate-forme transformateurs CEI Italie
principaux
Interrupter enclencheur Delle Alsthom France
Plate-forme transformateurs CEI
auxiliaires Magrini Galileo Italie
Transformatuers auxiliaires Ind. Elect.
et de soutirage Di Legnano Italie
Tableaux 7,2 kV Magrini Galileo Italie
Tableaux basse tension CEI Italie
Moteurs Schorch R.F.A.
Transformateurs basse tension Starkstrom
Geratebau R.F.A.
Groupes électrogènes GMT Italie
Eclairage OGEE France
Installation électrique générale OGEE France
BBC-Mannheim R.F.A.
Relayage statique Siemens R.F.A.
Matériel de régulation Hartmann Braun France
Traitement de l'information Sodeget France
Matériels mécaniques
Entrepreneur ou
Constructeur Pays
Groupe turbo-alternateurs Ansaldo Italie
Poste de condensation Alsthom
et de réchauffage Atlantique France
FBM Italie
Pompe d'extraction Termomeccanica Italie
Turbo-pompes alimentaires Sulzer Weise R.F.A.
Franco Tosi Italie
Moto-pompes alimentaires Sulzer Weise R.F.A.
Pompes de circulation Burgeron France
Grilles-dégrilleurs
batardeaux Magrini-Galileo Italie
Filtres rotatifs Beaudrey France
Circuits basse pression
et circuits divers Fochi Italie
Circuits haute pression Nordon France
Mannesmann
Anglagenbau R.F.A.
Engine de manutention Zerbinati Italie
Ascenseurs et monte-charges Schindler R.F.A.
Pompes auxiliaires eau brute Ateliers
Mécaniques
Belges Belgique
Production eau déminéralisée Castagnetti Italie
Ventilation et Conditionnement DSD R.F.A.
Aerimpianti Italie
Bàtiments et Ouvrages
Entrepreneur ou
Constructeur Pays
Travaux de terrasement Lecat France
d'infrastructure Mazza
Perrier
Génie-civil des bàtiments Fougerolle France
Condotte d'acqua Italie
Philipp Holzmann R.F.A.
Charpentes métallique IMPA Italie
Manuiseries métalliques SOMEL France
Italie
Conduites de cirtculation
de l'esu des condenseurs Bonna France
Peintures Prezioso France
Second oeuvre et finitions Pitance France
Bureaux, ateliers, magazins Maillard Ducols France
Portique de lavage Losinger Suisse
3. Il costo economico
Il costo effettivo della filiera dei veloci è difficile da valutare, perché le diverse componenti sono spesso coperte finanziariamente da una moltitudine di bilanci, che non sono sempre pubblici (confidenzialità commerciale, segreto militare). In particolare, i costi di ritrattamento dovranno essere aggiunti interamente alle spese del reattore veloce, come ha mostrato Dominique Finon, ricercatore dell'Istituto Economico e Politico dell'Energia (ex Iepe) a Grenoble (Francia):
»1) Nulla permette, per ora, di affermare che l'opzione ``ciclo aperto'' presenti difficoltà e rischi superiori all'opzione ``ciclo chiuso''. Sin dal '75 studi, esperimento e varie realizzazioni all'estero hanno dimostrato in modo certo che lo stoccaggio prolungato del combustibile irradiato, effettuato con opportune precauzioni, presenterà tutte le garanzie di sicurezza richeiste, essendo lo stoccaggio definitivo dei combustibili né più né meno difficile di quello delle scorie generali delle operazioni di ritrattamento.
Quindi il ritrattamento non può dunque più essere considerato come fatale, imposto dalle esigenze di un buon controllo dei combustibili irraggiati. Il suo sviluppo si giustificherebbe solo con l'interesse di produrre plutonio per poter far funzionare i reattori a neutroni veloci.
»2) Dal punto di vista economico, questo nuovo modo di concepire il ritrattamento modifica l'economica del reattore autofertilizzante. Il plutonio, infatti, non deve più essere pensato come un bene quasi gratuito, sottoprodotto di quest'attività. Il ritrattamento Lwr rappresenta una semplice operazione d'estrazione di plutonio, prima tappa del ciclo del combustibile del reattore veloce. Il costo del plutonio si deduce allora da quello del ritrattamento, diminuito del guadagno legato al recupero dell'uranio; o più precisamente, si deduce dalla differenza fra i costi della fine del ciclo ``chiuso'' (ritrattamento, condizionamento, stoccaggio delle scorie) e della fine del ciclo aperto.
Orbene, i costi di queste due operazioni sono molto diversi: circa 10.000 F/chilo per il ciclo chiuso (il livello approssimativo di 5.000 F/chilo ufficialmente assunto sembra irrealistico in confronto dei preventivi reali di Up3 non pubblicati); da 100 a 700 franchi al chilo per il ciclo aperto, dopo numerose esperienze straniere riferite nel rapporto (il livello di 1.090 a 1.725 F/chilo assunto dalla Cogema per uno stoccaggio in piscina a lungo non resiste né all'analisi, né all'esame di queste stesse esperienze). Il costo del plutonio che esce dal confronto del costo di queste opzioni è di circa 1.200 franchi al chilo, al prezzo attuale dell'uranio: cioè 10 volte più alto di quello stimato dalla Cea.
»3) Le prospettive di competitività dei surgeneratori ne sono sconvolte. Messo da parte il problema dei costi di rifabbricazione e di ritrattamento del combustibile veloce, questa competitività, secondo la Cea, sembra assicurata fra 10 o 30 anni, visto che la depressione attuale del mercato dell'uranio non sembra determinante per inficiare questa conclusione. Però, con un costo del plutonio decuplicato, e rivalutando d'altra parte lo stock di plutonio immagazzinato presso il reattore (sottovalutato dal Cea, che ipotizza su un riciclaggio per un anno) l'investimento in plutonio sarebbe di circa 20 miliardi di franchi, per un reattore di 1450 Mw, che costa esso stesso una decina di miliardi.
In queste condizioni, il costo del Kwh dei veloci sarebbe due volte e mezzo più alto del Kwh Pwr ai prezzi attuali dell'uranio. Per raggiungere un livello di competitività, bisognerebbe che il prezzo dell'uranio aumentasse da circa 500 a 5000 franchi al chilo, potendo garantire una redditività di risorse enorme.
»4) Il problema dei rifornimenti d'uranio a lungo termine o a lunghissimo termine non è tale da doversi guardare a tutti i costi dal rischio di dipendenza o dallo scarseggiare delle risorse.
I geologi considerano che le risorse non dovrebbero esaurirsi per parecchi secoli. Pur a costi doppi o tripli del livello dei prezzi attuali, le risorse conosciute o supposte coprirebbero i bisogni mondiali per numerosi decenni. Per quanto riguarda i rischi d'una dipendenza più o meno grande dai rifornimenti di paesi esteri, non sono per niente confrontabili a quelli della dipendenza petrolifera attuale: il costo »uranio rappresenta una parte minore del costo del Kwh Pwr (circa 10%); la fattura-uranio nel 2010 sarebbe dieci volte meno alta che la fattura petrolifera attuale; uno stoccaggio strategico di parecchi anni di consumo è più costoso; ed un sostegno di tipo politico, il solo capace di permettere il mantenimento del prezzo molto al di là dei costi d'estrazione, non si può considerare.
»5) Una strategia di commercializzazione accelerata degli auto-fertilizzanti, di cui la decisione di costruire Up 2-800 è parte integrante, meriterebbe di essere esaminata sotto questa nuova angolatura economica. Il rinvio di questa strategia di uno o due decenni sembra consigliabile, almeno per avere la conferma del costo reale dell'estrazione di Pu, attraverso il ritrattamento Lwr, grazie all'esperienza che sarà acquisita con la costruzione e lo sfruttamento dell'officina Up 3 costruita per soddisfare la domanda straniera .
L'analisi di Finon non ha perduto nulla della sua attualità; anzi, al contrario, Cea, Edf e Nersa confessano oggi che il costo del Kwh di Superphénix è di due volte e mezzo più alto di quello d'un Pwr francese standard. Alla fine dell'84, Marcel Boiteux, allora presidente dell'Edf, dichiara che »a causa dei costi, Superphénix resterà un prototipo, mentre si era progettata una sua applicazione industriale (Afp 6.12.1984). Nel contesto economico della filiera dei veloci, il direttore degli studi e ricerche dell'Edf è arrivato a dire: »Abbiamo fatto un errore madornale (Lyon-Libération, 8.4.87).
Un ingegnere della Cea ha calcolato quanto sarebbe costata a filiera veloce alla Francia, escludendo ogni investimento in più per i reattori al di là del Superphénix. Il risultato: circa 200 miliardi di franchi ('85), ed almeno 173 miliardi di franchi, escludendo il sovracosto di sfruttamento.
3.1. Le spese per ricerca e sviluppo.
* In Francia:
Le spese per la ricerca e sviluppo (R S) dei surgeneratori sono state, e sono sempre, considerevoli. E' impossibile fornire una stima globale dell'investimento, perché i budgets delle imprese, nel modo in cui sono pubblicati, spesso non includono la ripartizione degli investimenti per ogni filiera.
Si può ciò nonostante stimare che, da dieci anni, il Cea, principale organismo di ricerca nucleare, spende dal 35% al 45% del suo bilancio di ricerca civile per i reattori veloci. Nell'86, il Cesa ha speso 1.044 miliardi di franchi per gli autofertilizzanti, cioè il 33,6% del bilancio di ricerca applicata (41,4% nell'83). A questo si deve aggiungere una parte sconosciuta dei bilanci di protezione e di sicurezza nucleare (impianti costosi di prova a Cadarache) e della ricerca fondamentale.
L'investimento totale in R S in Francia in materia di reattori veloci è stato valutato (escluso il ritrattamento) 20 miliardi di franchi (1986).
* In Italia:
L'opposizione delle autorità locali in Italia ha auto come effetto il blocco del programma di costruzione delle centrali nucleari. Questa evoluzione ha fortemente influenzato la ricerca e sviluppo in Italia; quest'ultimo non ha avuto degli sbocchi nelle applicazioni industriali come in Francia.
La logica avrebbe voluto che lo sforzo di ricerca e sviluppo in Italia declinasse, man mano che appariva impossibile un sostanziale contributo del nucleare alla produzione d'elettricità. Al contrario, i programmi di ricerca e sviluppo hanno costituito una sorta di rifugio per équipes di ricercatori e di tecnici nucleari, troppo numerosi per le poche centrali esistenti o in costruzione.
Budget di ricerca e sviluppo italiani (in milioni di dollari) nel 1985:
- centrali nucleari ordinarie
e ciclo del combustibile 231,84
- auto-fertilizzanti 267,86
- fusione 40,74
* Totale ricerca e sviluppo nucleare 522,45
* Totale ricerca e sviluppo energia
(produzione e consumo) 569,24
(Fonte: Agenzia Internazionale dell'Europa)
Questo sforzo si situa ad un livello superiore a quello della Germania federale o della Gran Bretagna, paesi nei quali le applicazioni del nucleare sono assai più importanti. La ricerca-sviluppo italiana sul nucleare ha, in più, accaparrato più del 90% della ricerca pubblica sull'energia.
3.2. L'evoluzione dei costi di costruzione.
Come tanti progetti nucleari, il reattore autofertilizzante non si è sottratto ad un incremento spettacolare dei costi di costruzione.
3.2.1. Il caso Superphénix
All'inizio della costruzione di Superphénix, nell'aprile '77, si è stimato l'investimento a 6,360 miliardi di franchi (»Le Monde 15/16.1.1984). Oggi si raggiungono 25 miliardi di franchi. A questa cifra, si devono aggiungere le spese di riparazione o di sostituzione della tanca di stoccaggio, che rischiano di ammontare ad un miliardo di franchi.
3.2.2. Il caso Kalkar
Nel 1965 gli scienziati del Kfk stimarono a 310 milioni di Dm i costi di costruzione del Snr. 300. La costruzione doveva durare 3 anni, e ci si doveva allacciare alla rete nel '72. La realtà è stata diversa. La costruzione iniziò alla fine del '73. Adesso si valuta un costo totale di più di 7 miliardi di Dm, cioè vicino all'investimento del Superphénix. L'entrata in funzione del reattore è in ritardo a causa dei problemi di sicurezza e di considerazioni politiche. Il governo federale ha calcolato le spese di ritardo dell'entrata in servizio a 10 milioni di Dm al mese.
3.3. Il finanziamento di Superphénix
La costruzione e lo sfruttamento di Superphénix sono finanziati dai partecipanti alla Nersa proporzionalmente alla loro quota di partecipazione. Dal canto loro, le compagnie d'elettricità coinvolte riceveranno la loro quota di corrente elettrica prodotta. I capitali portati dagli azionisti hanno finanziato circa il 30% del costo. La Banca Popolare d'Investimento ed Euratom hanno contribuito, accordando prestiti a tasso ridotto. Il resto è stato preso a prestito da diverse istituzioni finanziarie dei paesi impegnati nel progetto (»Annali Mines - gennaio '84, p. 36).
3.3.1. Il caso della Francia.
Edf detiene una partecipazione di 51% per Superphénix. E' stata autorizzata dal governo francese, come servizio pubblico, a partecipare per una somma di 25,5 milioni di franchi al capitale della Nersa. A causa del livello della sua partecipazione, edf avrebbe dovuto finanziare il 51% dei costi di costruzione di Superphénix. In realtà Edf non ha neanche pagato la metà della sua quota. Si stima che Edf abbia coperto circa il 40% delle spese; il resto è stato preso in prestito, o direttamente dallo Stato (versamento d'un miliardo di franchi nell'81), o attraverso il bilancio del Cea (Finon, comunicazione personale 18.3.1987).
Questo carico finanziario ha avuto effetto sulla volontà dell'Edf, che è sempre stata scettica di fronte alla filiera al plutonio, ovvero di lanciarsi nella costruzione di Superphénix. Essendo le preoccupazioni dell'Edf innanzitutto economiche, la proposta del Cea di cofinanziare Superphénix per l'ammontare del Kwh installato, che sorpassa appena quello di un Pwr standard, era allettante. La scommessa era di diventare sfruttatore del più grande surgeneratore del mondo, e di curare la propria immagine a costo relativamente modesto.
3.3.2. Gli altri partners
Il governo tedesco (Bmft - Ministero federale della ricerca e della tecnologia) ha versato alla Sbk, nel '79, 55 milioni di Dm non rinnovabili per la costruzione di Superphénix. Non si è pubblicato niente su contributi diretti di altri governi.
4. I rischi specifici
4.1. Funzionamento normale
Durante il loro funzionamento normale i reattori veloci rilasciano una quantità di radioattività nell'ambiente, inferiore o paragonabile ai reattori Pwr, tanto sotto forma di gas quanto sotto forma di liquido. Il pericolo a cui si espongono gli operai è ugualmente inferiore o uguale, nei reattori a neutroni veloci, nei confronti delle condizioni di lavoro di un Lwr (centrale nucleare ordinaria). Però, come fanno notare J. Tassart e J. Cl. Zerbib (Cfdt) »i problemi devono essere considerati per l'intero ciclo .
Per i reattori Lwr, la dispersione di radioattività nell'ambiente proviene innanzitutto dalle miniere d'uranio, dal funzionamento del reattore e dal trattamento. Per un reattore veloce la dispersione della radioattività è diversa e proviene soprattutto dalla fabbricazione e dal ritrattamento dei combustibili.
Insieme agli interrogatici sul costo economico del plutonio, è legittimo prendere in considerazione il sovracosto dosimetrico (in rapporto al non ritrattamento) delle due prime cariche di combustibile del reattore veloce.
(In altre parole: siccome il ritrattamento del combustibile Lwr è giustificato solo dalla preparazione del combustibile dei reattori veloci, è logico imputare le perdite di radioattività del ritrattamento dei combustibili irradiati alla preparazione del combustibile del reattore veloce - "Ndr").
Ogni nocciolo corrisponde al ritrattamento di circa 700 tonnellate di combustibile Lwr, cioè alla totalità di combustibile Lwr ritrattato a La Hague tra il 1976 e il 983 (»Annali delle Mines , gennaio '84, p. 77). In questo modo, una stima del totale delle dosi impegnate, e degli effluenti radioattivi del ciclo dei veloci rispetto al del ciclo Lwr, diventa molto complesso. Il »bilancio dosimetrico ed ambientale è sfavorevole per il reattore autofertilizzante.
4.2. I rischi imputabili alle soluzioni accidentali
I reattori a neutroni veloci, raffreddati al sodio, includono caratteristiche specifiche positive per ciò che riguarda la sicurezza, ed altre che possono essere classificate come negative.
Il presidente della Nersa ha rappresentato i due aspetti in tal modo:
»Caratteristiche positive:
- La grossa quantità di sodio (3.300 tonnellate per la centrale di Greys-Malville) porta ad una grande capacità calorifica e ad un'inerzia termica valutabile in caso di incidenti di funzionamento;
- Il refrigerante (sodio) circola a una pressione vicina alla pressione atmosferica;
- Nel campo neutronico, parecchi coefficienti di contro-reazione sono negativi.
Caratteristiche negative:
- Il combustibile (ossido misto d'uranio e di plutonio) è molto arricchito di isotopi fissili; il nocciolo non si trova nella propria configurazione più reattiva:
- La quantità di plutonio presente nel reattore è, in ogni momento, superiore a quella delle altre filiere;
- Il sodio è avido d'acqua e d'aria, ciò impone certe precauzioni specifiche;
- Il coefficiente del moto (assenza di refrigerante al centro del nocciolo) è positivo (»Universalia , 1985, p. 326).
E' evidente che i punti positivi non possono in alcuna maniera controbilanciare le caratteristiche negative.
Ciò legittima le preoccupazioni sulla sicurezza.
4.2.1. Escursione di potenza
L'incidente di Cernobyl è stato provocato, secondo gli esperti nucleari occidentali, dall'atteggiamento irresponsabile delle squadre di gestione, che ha condotto ad una situazione in cui »le proprie caratteristiche neutroniche e termidrauliche, dei reattori Rbmk (reattori russi tipo Cernobyl) hanno allora permesso lo sviluppo d'una reazione nucleare liberando un'energia sufficiente per rompere le strutture del reattore (F. Cogné, Bollettino dell'Aen, autunno 1986, p. 3).
La caratteristica essenziale è il coefficiente di vuoto positivo. Se la temperatura del combustibile aumenta (per difetto di raffreddamento) all'inizio decresce la potenza, mentre il combustibile cede il suo calore al refrigerante che, poco a poco, entra in ebollizione. L'aumento di vapore nel nocciolo causa l'aumento di potenza (effetto di vuoto); il reattore può, in certe condizioni, raggiungere la »soglia critica ed imballarsi. Ecco quello che è successo a Cernobyl. In 4 secondi, il reattore ha raggiunto 100 volte la sua potenza nominale, un'escursione che ha condotto ad una liberazione d'energia stimata a 1.000 megajoule (Cea-Ipsn, Rapporto Cernobyl, Riv 3 - 1986).
Superphénix ha ugualmente un coefficiente di vuoto positivo. P. Tanguy, ispettore generale della sicurezza nucleare all'Edf, ha dichiarato nell'82 che, benché un incidente comparabile ad un'esplosione nucleare non sia possibile a Malville, »può esserci, ciò nonostante, un'escursione nucleare, cioè un aumento rilevante e repentino di temperatura e di pressione, ed il sistema di protezione dev'essere capace di far fronte a questo tipo d'incidente (Atti dell'Istituto Nazionale di Ginevra, 1984, p. 162).
La protezione ultima è la »sfera di contenimento . L'assenza a Cernobyl di contenimenti comparabili a quelli delle centrali Lwr o Superphénix in Francia è stata ritenuta responsabile della portata della catastrofe sovietica.
Ora, il contenimento di Superphénix è dimensionato allo scopo di poter resistere ad una emissione d'energia di 800 megajoule (»Nouvelles nucléaires , gennaio '87, p. 4). Se i calcoli del Cea sono esatti, il contenimento di Superphénix, senza dubbi il più resistente in Francia, non avrebbe potuto resistere all'energia di 1.000 megajoule liberatisi nell'incidente di Cernobyl.
Nella Rft, i risultati contraddittori di studi sulla probabilità di una escursione di potenza e la determinazione dell'energia massima liberata, hanno portato l'istanza di autorizzazione del surgeneratore di Kalkar (Ministro dell'Economia del Nord-Rhein - Westphalia), a rifiutare la richiesta di autorizzazione d'entrata in servizio. Il ministro giunge a mettere in questione la possibilità di risolvere il problema con l'aiuto dei programmi informatici esistenti. Le possibilità di modernizzazione e di simulazione d'incidente con il calcolatore sembrano esaurite (Mwmt, Nrw, 21.6.86; »Süddeutsche Zeitung , 5.2.1987).
4.2.2. Presenza di importanti quantità di sodio
Tutti i grandi reattori veloci, attualmente in servizio, in costruzione o in progetto, usano rilevanti quantità di sodio come refrigerante. Il sodio diventa liquido quando è riscaldato. Il sodio primario circola nel nocciolo e cede il suo calore ad un circuito secondario di sodio che dopo riscalda l'acqua contenuta nei generatori di vapore. Il sodio ha la proprietà d'infiammarsi a contatto dell'aria, e di reagire violentemente a contatto con l'acqua. Incendi che riguardino quantità di sodio (al di là di alcune decine di tonnellate) non sono mai stati sperimentati. Non si può essere sicuri di poterli controllare.
Nel caso di Superphénix, la vasca contiene 3.500 tonnellate di socio primario, e 2.200 tonnellate circolano nel circuito secondario. La presenza di tale quantità di materia infiammabile necessita di un controllo perfetto dei circuiti, per ciò che riguarda la rilevazione e la segnalazione delle fughe, la loro localizzazione e la loro riparazione Phénix ha conosciuto per 4 volte, nell'82-83, inizi di reazione acqua-socio a livello di generatori di vapore (Rgn, n. 4 - 1984, p. 372). fughe di sodio appaiono ogni tanto. Degli scienziati sovietici hanno ammesso, in una conferenza internazionale sui veloci che si è tenuta a Lucerna (Svizzera) nell'ottobre '79, che c'erano stati incendi di sodio nei generatori di vapore, in tutti i reattori a neutroni sovietici (Agap 1981, p. 137).
W. Marth, direttore del progetto dei veloci all'istituto di ricerca nucleare di Karlsruhe, Rft, scriveva nell'86: »In ogni reattore autofertilizzante (come a Kalkar durante la fase preliminare al funzionamento) ci sono stati casualmente, incendi (di sodio) senza feriti. Nel campo dei generatori di vapore, sodio e acqua sono separati soltanto da una parete. Particolarmente a causa di linee di saldatura difettose, reazioni sodio-acqua sono avvenute praticamente in tutti i surgeneratori (Energie Spektum, aprile 1986).
4.2.3. Presenza di importanti quantità di plutonio.
Il nocciolo di Superphénix contiene quasi 4,8 tonnellate di plutonio 239. Il combustibile (fissile) è un miscuglio di 15% d'ossido di plutonio e di 85% d'ossido di uranio (impoverito in U 235).
Una quantità di plutonio nell'ordine di "50 mg nel sangue provoca la morte in 30 giorni (Cfdt '80, p. 199). L'esistenza media del plutonio 239 è di 24.000 anni".
Un incidente d'escursione di potenza, con distruzione della vasca ad esplosione del contenitore, avrebbe conseguenze catastrofiche, largamente superiori a quelle dell'incidente di Cernobyl. Una parte importante di plutonio e dei prodotti di fissione sarebbero dispersi su enormi aree, che diventerebbero inabitabili per sempre.
5. Bilancio di funzionamento del Superphénix
23 dicembre 1972: Legge francese autorizzante la creazione d'imprese esercitanti n Francia un'attività di interesse europeo.
13 maggio 1974: Decreto firmato dal Primo Ministro autorizzante la creazione della Nersa.
8 luglio 1974: Costruzione della società Nersa, società legale francese.
20 dicembre 1976: Decisione definitiva del consiglio di controllo della Nersa di costruire un reattore a Creys-Malville. Autorizzazioni amministrative.
17 giungo 1973: Ordinanza del Prefetto dell'Isère per un'inchiesta di pubblica utilità sulla centrale di Creys-Malville.
12 maggio 1977: Decreto d'autorizzazione della centrale. Svolgimento dei lavori.
22 maggio 1977: Decreto che dichiara d'utilità pubblica la centrale.
1973: Primi acquisti di terreni.
Dicembre 1974-76: Lavori preliminari d'infrastruttura e di sterro.
Dicembre 1976: Inizio dei lavori delle fondamenta del reattore.
Aprile 1977: Commessa della caldaia.
Dicembre '76-metà '81: Ingegneria civile.
Metà 1978-metà '81: Assemblaggio dei gradi componenti sul sito.
Dicembre 1979: Fine di installazione dell'armatura del duomo del reattore.
1980-1982: Montaggio delle componenti del blocco reattore e installazione dei Gv.
Maggio 1980: Introduzione della tanca di sicurezza.
Dicembre 1980: Installazione del tetto del reattore.
1· Giugno 1981: Inizio della consegna di sodio in sito.
16 Giugno 1981: Installazione tappi girevoli.
1983: Montaggio elettrico.
1984: Prove meccaniche a freddo.
Marzo 1984: Inizio dell'assemblaggio del combustibile nel sito.
Giugno-Ottobre 1984: Introduzione del sodio nei circuiti del reattore.
1985: Prove generali termiche a diverse temperature.
20 luglio-7 settembre 1985: Carico del combustibile.
7 settembre 1985: Malfunzionamenti.
Settembre 1985-Gennaio 1986: Prove neutroniche, test nei circuiti secondari e riempimento dei Gv.
14 gennaio 1986: Allacciamento alle rete (10% Pn).
30 gennaio 1986: Potenza parziale.
9 dicembre 1986: Piena potenza.
5.1. La fase di prova dell'entrata in funzione.
Parecchi problemi sono già venuti fuori "prima" del carico di combustibile, tra cui:
- vibrazioni delle strutture interne della tanca del reattore. Il problema è stato reso pubblico dagli anti-nculeari del Comitato Malville a Lione. Per rimediarvi si è fissata la portata del refrigerante ad un livello del 50% superiore a quello del progetto. La riduzione dell'altezza di caduta del sodio ha ridotto le vibrazioni ad un livello accettabile, secondo l'esercente;
- un robot speciale, la macchina d'ispezione dei reattori veloci (Mir) è caduta e si è incastrata fra le due pareti della vasca. Ci sono voluti dieci giorni per recuperarla;
- fughe a livello del circuito di raffreddamento del cemento della vasca;
- difetti nelle parti ad alta pressione della turbina, già prima osservati sul reattore italiano di Torrevaldalica. Le verifiche sulle parti, di analoga fabbricazione, delle due turbine del Superphénix hanno indicato gli stessi difetti;
- danneggiamenti dovuti al gelo su diverse parti dell'impianto;
- difetti all'impianto di manipolazione del combustibile;
- blocco del dispositivo d'isolamento dello scambiatore sodio-aria del circuito secondario;
- difetti dei »fusibili (circuiti secondari e terziari);
- deformazione dei dischi di rottura del duomo del reattore.
5.2. La fase di prova da appena prima a dopo i malfunzionamenti
Altri incidenti sono successi durante la fase di prova subito dopo il carico del combustibile, fra il 20.7 ed il 7.9.'85, ma prima dell'allacciamento alla rete, il 14 gennaio '86:
- danneggiamento della nuova carica di combustibile durante la manipolazione;
- fuga dalle pompe del circuito primario;
- arresto intempestivo delle due pompe del circuito primario (perdita dell'alimentazione elettrica sulla via B);
- parecchie volte arresto urgente, dovuto alla cattiva regolazione delle catene di misura;
- blocco dei due meccanismi delle barre di controllo;
- scorrimento dei meccanismi delle barre di controllo;
- difetti nei gruppi elettrogeni di emergenza (diesel);
- il tempo di permanenza di H2 nel sodio è del 30% superiore a quello previsto.
5.3. Incidenti dopo l'allacciamento alla rete.
- Surriscaldamento d'un assemblaggio fissile del combustibile. Al momento della fabbricazione dell'assemblaggio si è dimenticare di togliere un tappo di gomma che si trovava all'interno. L'assemblaggio in questione, dopo essere stato sottoposto a tutti i controlli di qualità, è stato installato nel nocciolo. Il tappo ha impedito la circolazione normale del sodio ed in questo modo ha provocato il surriscaldamento. L'assemblaggio è stato tolto dal nocciolo e messo nella tank di stoccaggio.
- Problemi di regolazione dei circuiti acqua-vapore.
- Surriscaldamento d'un assemblaggio fertile.
- Difetti dei gruppi elettrogeni d'emergenza (diesel).
- Parecchi arresti d'emergenza provocati dalla debolezza dei »sistemi di mantenimento delle barre di controllo del sistema d'arresto complementare. Tutti questi »sistemi sono stati cambiati a due riprese per risolvere il problema. E' stato necessario modificare la fabbricazione di questi sistemi.
- Durante le prove periodiche si è accertato che delle batterie di accumulo, alimentando i quadri di controllo-comando, si sono scaricate in 10-20 minuti, mentre le regole generali di sfruttamento prevedono un termine di almeno un'ora.
- Un colpo d'ariete nel circuito acqua-vapore necessita di riparazioni per parecchie settimane. L'incidente è stato reso pubblico dal collettivo d'Opposizione al Superphénix.
- Fuga lungo il contenitore di stoccaggio.
Il 9 dicembre 1986, Superphénix ha raggiunto la piena potenza per circa 30 ore. La messa in servizio industriale (Msi) è ancora lontana. Affinché l'entrata in funzione industriale sia dichiarata soddisfacente, il reattore deve aver funzionato per almeno un mese minimo al 60% della sua potenza nominale ed una settimana ininterrottamente. Per ottenere il pagamento dei fornitori è indispensabile la dichiarazione d'entrata in servizio. In seguito al colpo di ariete, nell'aprile '87, il reattore non più funzionato che con una sola turbina.
Dopo il 26 maggio 1987, il reattore è fermo. La rimessa in funzione (senza contenitore di stoccaggio) non è prevista fino alla fine dell'87.
5.4. Il problema della fuga dal contenitore di stoccaggio.
L'8 marzo '87 un allarme nella stanza di controllo del Superphénix segnala una fuga di sodio nel contenitore di trasferimento e di stoccaggio del combustibile. Per il Superphénix ogni carica di combustibile deve transitare in questo contenitore, prima e dopo l'utilizzazione del nocciolo del reattore. C'è voluto quasi un mese perché l'azienda avvertisse (il 3 aprile '87) le autorità di sicurezza (Scsin) e la popolazione dell'incidente. In quel momento la quantità di sodio già fuoriuscita e contenuta nello spazio ubicato fra i contenitore e la tank di sicurezza era stimata fra il 15 e 20 m3.
La spiegazione che la Scsin dà di questo ritardo è stupefacente: »a causa di errori nell'entrata in funzione degli allarmi, e dell'abitudine dei lavoratori della centrale ai difetti dei sistemi di segnalazione di fughe di sodio (...) questi allarmi sono stati intempestivi, e hanno dato luogo solo alla richiesta di lavori di verifica dei sistemi di collegamento. Solo una volta queste ricerche hanno mostrato che le candele di segnalazione dello spazio fra le tank erano veramente in cortocircuito, cioè il 30 marzo '87 sono state iniziate le operazioni miranti a confermare o smentire la presenza di sodio nello spazio tra le »tank (Sn. n. 56, 1987, p. 10).
L'abitudine del personale a dei falsi allarmi aveva portato, nell'arile dell'84, a Bugey, all'incidente potenzialmente il più grave mai successi su un reattore Pwr in Francia.
Alla fine del settembre 1987, la situazione è questa: le vecchie cariche di combustibile che erano state usate per le prove prima del carico definitivo del combustibile sono state tirate fuori dal contenitore dei stoccaggio e stoccate dentro contenitori d'acciaio. Gli assemblaggi nuovi (fissili e fertili) sono stati trasferiti nel nocciolo del reattore. L'assemblaggio danneggiato (vedere 5.3.) è stato tolto e stoccato in un contenitore specifico. Le 700 tonnellate di sodio contenute nel contenitore di stoccaggio sono state svuotate all'inizio di settembre '87. La fuga è stata localizzata il 5 settembre '87, cioè quasi 6 mesi dopo la sua segnalazione. Si trova lungo un supporto della tubatura situato all'interno della tank del contenitore di stoccaggio. A tutt'oggi restano sconosciuti la natura e l'origine del difetto. Forniranno più informazioni e ispezioni visive. Non è stata presa alcuna decisione riguardo al tipo di riparazione. Cionondimeno si può constatare che la sostituzione del contenitore di stoccag
gio è la soluzione più verosimile.
Si stima la durata dei lavori da due a tre anni, ed il costo dell'opera tra 400 milioni e un miliardo di franchi. E' ovvio che la sostituzione porrebbe enormi problemi. Questo contenitore di stoccaggio è alto 13 metri e largo 10 metri. Bisognerà, o fare una grande apertura nella »cinta di confinamento per far uscire il vecchio contenitore di stoccaggio ed entrare il nuovo, oppure fare a pezzi il vecchi contenitore di stoccaggio e montare il nuovo sul posto. Le due possibilità richiederanno uno sforzo considerevole di studio e d'invenzione. Potrebbero facilmente essere superati i tempi previsti per questi lavori.
5.5. Le conseguenze dei problemi al contenitore di stoccaggio.
Esse cono prima di tutto finanziarie. Le spese di riparazione dovranno essere assunte dai contraenti industriali poiché, finché non è messo in servizio industriale, il reattore non diventa di proprietà dell'ente esercente, dunque alla Nersa. Il contenitore di stoccaggio fa parte della caldaia nucleare la cui costruzione si trova sotto l'intera responsabilità dei partners Novatome-Nira, che ne restano proprietari fino all'entrata in servizio industriale del reattore. Ciò significa anche che una parte delle fatture non sarà pagata entro questo termine.
In particolare, Novatome si trova, per questa ragione, in una situazione finanziaria precaria. La società presenta un deficit di 110 miliardi di franci nell'86, ed ha licenziato 430 persone su un effettivo di 750 (fine '85).
Novatome appartiene per il 70% a Framatome. La casa madre ha proposto la ripresa del 100% di Novatome, a condizione di poter riportare il deficit Novatome sull'esercizio '87 di Framatome per ragioni fiscali. Il Ministro delle Finanze ha posto una condizione a questo trasferimento: Novatome deve uscire dal deficit nell'87, cosa che è quasi impossibile a causa dei problemi posti dal contenitore di stoccaggio. La situazione è ad un vicolo cieco, e Novatome rischia di dover fallire.
La sostituzione del contenitore di stoccaggio impegnerà anche i partners tedeschi e italiani: Novatome-Nira hanno subappaltato lo studio alla società d'ingegneria tedesca Interatom Noell, e la realizzazione al gruppo italiano Nira Fochi.
Si può prevedere un conflitto su chi dovrà pagare il conto. La rivista specializzata »Power Europe commenta (20.8.87): »Sembra finire con un esempio di litigio internazionale, quello che era cominciato come un esempio di cooperazione internazionale .
6. Il ritrattamento, chiave di volta del sistema dei reattori veloci
I reattori veloci non hanno, in sé, alcun significato. Essi non possono funzionare senza implicare tutta una serie di tappe: la produzione di plutonio dei reattori classici, la separazione del plutonio dai combustibili irradiati delle centrali convenzionali (ritrattamento a monte), la fabbricazione di combustibili al plutonio, il passaggio ai reattori veloci e la separazione del plutonio dai combustibili irradiali dei reattori autofertilizzanti (ritrattamento a valle). Ogni tappa implica il trasporto di plutonio sotto diverse forme, ed ogni manipolazione di materiale fissile, fra cui il plutonio, produce delle scorie nucleari. Il ritrattamento è la chiave di volta di questo sistema, perché senza ritrattamento non è possibile ottenere plutonio.
6.1. Il ritrattamento a monte.
Il principio di ritrattamento è conosciuto dal tempo della fabbricazione della prima bomba al plutonio, quella che ha annientato Nagasaki. Esiste nondimeno una differenza fondamentale fra il ritrattamento militare ed il ritrattamento industriale civile. Nel primo caso, tutto è diretto dallo scopo di ottenere plutonio d'una certa qualità; si sono costruiti a questo scopo dei reattori e li si fa funzionare in modo che producano un massimo di »buon plutonio militare, e la produzione di elettricità viene considerata come secondaria, utile solo a rendere l'operazione meno dispendiosa. Nel secondo caso lo scopo dei reattori elettronucleari è di produrre il massimo d'elettricità con un costo minimo. Per il ritrattamento civile, si tratta di estrarre quello che rimane di materiale fissile dai combustibili irradiati, cioè plutonio ed uranio. E' importantissima la differenza fra i due processi per la tecnologia di ritrattamento. Gli esercenti delle centrali nucleari elettrogene preoccupandosi del miglioramento del re
ndimento, hanno considerevolmente aumentato i tassi di combustione.
Questa tendenza rende sempre più difficile il ritrattamento perché produce combustibili irradiati più radioattivi e più »caldi (aumento del tenore in prodotti di fissione). Difficoltà più numerose significano anche un aumento dei costi (ragione essenziale dell'abbandono del ritrattamento industriale da parte degli Stati Uniti e della Svezia).
6.1.1. L'esperienza industriale acquisita
La Francia è il solo paese al mondo a far uso del ritrattamento industriale dei combustibili Lwr (non prendiamo qui in considerazione il ritrattamento dei combustibili grafite-gas; non essendo rinnovata la prima generazione di reattori, essi non avranno più alcun ruolo dalla fine di questo decennio in poi). La Cogema ha trattato nell'impianto Up2-400 di La Hague l'80% dei combustibili Lwr ritrattati nel mondo occidentale, cioè 1.862 tonnellate alla data del 1· gennaio dell'87. Questa prestazione si deve confrontare con la capacità nominale dell'impianto di 400 tonnellate all'anno. Up2 ha dunque funzionato per il 42% della sua capacità nominale.
Il 70% dei combustibili provenivano dall'estero (Rft, Giappone, Belgio, Svizzera, Paesi Bassi e Svezia).
6.1.2. I progetti.
In Francia:
Due impianti sono in costruzione a La Hague: Up3 (800 7/anno) e Up2-800. Lo stato dei lavori di Up3 è molto inoltrato, l'impianto deve entrare in servizio intorno al 1990. Esso e finanziato al 100% da aziende elettriche straniere che in cambio hanno diritto ad usarlo per i primi 10 anni.
Up2-800 è un ampliamento dell'impianto attuale; dovrebbe entrare in funzione nel '91-92. Deve essere finanziato tramite contratti di ritrattamento dell'Edf, che si è sempre mostrata particolarmente scettica nei riguardi del ritrattamento. Tuttavia oggi l'Edf considera che, dopo aver già speso due terzi dell'investimento, è ormai troppo tardi per tornare indietro (Nf, 13.7.87).
In Rft:
Il progetto dell'impianto di Waschersdorf (350 a 500 t/anno) in Baviera ha suscitato grandi proteste della popolazione. Il partito democristiano è il solo partito che sostenga questo progetto incondizionatamente. I lavori di sterro sono appena iniziati. E' poco probabile che venga portata a termine la costruzione.
In Gran Bretagna:
Ha avuto inizio alcuni anni fa la costruzione dell'impianto Thorp a Sellafield. Gran parte dell'impianto è finanziato alla pari da partners stranieri. Il suo avvenire è incerto. Il bilancio del funzionamento degli impianti attuali è tappezzato di scandali e di problemi d'inquinamento.
6.1.3. Il costo economico.
Poiché la Francia è il solo paese a eseguire con criteri industriali le operazioni di ritrattamento, per valutare i costi di ritrattamento si può usare solo l'esperienza francese. Secondo alcuni ricercatori (Finon, Fenesh) il costo totale reale a tonnellata ritrattata sarebbe da 2 a 4 volte più alto delle cifre ufficiali, cioè da 10.000 a 20.000 franchi invece di 5.000 franchi.
6.1.3.1. Le spese di ricerca e sviluppo.
E' importante notare che in Francia la società Cogema, che gestisce l'impianto di ritrattamento, non sostiene gli sforzi di Ricerca e Sviluppo (R S). La situazione è comparabile a quella del settore dei reattori a neutrini veloci. Attraverso il budget del Cea, lo stato francese finanzia le spese di R S. Fra il 1974 e il 1984 le spese (in franchi costanti) sono state moltiplicate per dieci per arrivare a circa 650 milioni di franchi per anno. Mentre dal '76 si ritrattano combustibili Lwr. Le difficoltà costano care!
6.1.3.2. Le spese d'investimento e i costi d'esercizio.
La Cogema al momento della sua creazione, nel '76, ha ricevuto come regalo, l'impianto Up2 di La Hague.
Up2 è stata finanziata dalla Cea per il 50% sul budget civile e il 50% sul budget militare. La Cogema ha poi dovuto investire alcune centinaia di milioni di franchi nei primi 5 anni, periodo che comprende le prime campagne di ritrattamento di combustibile Lwr. Ancora spese dovute a difficoltà tecniche. Finanziato al 100% dalle compagnie elettriche straniere, l'investimento per i nuovi impianti di La Hague è stimato a 34 miliardi di franchi 1984. I contratti sono stati stabiliti sulla base »cost plu fee , cioè i clienti pagano l'investimento, qualsiasi esso sia, e le spese di sfruttamento, più un prezzo forfettario per tonnellata ritrattata, in altri termini, un assegno in bianco alla Cogema.
6.1.4. I rischi del ritrattamento
6.1.4.1. Funzionamento normale
Gli impianti di ritrattamento sono grandi inquinatori.
Una comparazione fra le autorizzazioni all'emissione di rifiuti radioattivi fra un sito di una centrale e l'impianto attuale di La Hague ci dà un'idea degli ordini di grandezza.
Rifiuti annuali Tricastin La Hague
(4x900 Mw) (Up2)
Gas rari 60.000 Ci 13.000.000 Ci
Effluenti liquidi 40 Ci 45.000 Ci
escluso Trizio 3.000 Ci 1.000.000 Ci
(Fonte: Cea J.Cl. Zerzib 1981)
6.1.4.2. Rischi dovuti ad incidenti
Il rischio potenziale di un impianto di ritrattamento deriva essenzialmente dalla manutenzione di rilevantissime quantità di plutonio (dell'ordine di parecchi tonnellate all'anno) e dello stoccaggio dei rifiuti ad alta attività (prodotti di fissione). Oltre il problema della radioattività del plutonio si pone quello del pericolo di criticità. Ad ogni tappa del ritrattamento si deve garantire in ogni momento che non ci sia una concentrazione di plutonio così alta da formare una massa critica (e dunque creare una reazione nucleare incontrollata: esplosione).
Le scorie (liquide) ad alta attività devono essere raffreddate permanentemente per decenni, anche dopo la loro vetrificazione. L'interruzione prolungata del raffreddamento, dovuta ad esempio ad un'interruzione della corrente, provoca già, dopo circa 20 ore, l'evaporazione e dunque la dispersione di particelle altamente radioattive, in particolare degli emettitori a vita lunga.
E' ovvio che si possono immaginare molteplici scenari che potrebbero causare gli incidenti sopra accennati (come anche esplosioni, incendi, contaminazioni, ecc...).
Possono avere un ruolo importantissimo avvenimenti di origine esterna quali: terremoti, caduta d'aerei, sabotaggi, ecc...
6.2. Il ritrattamento a valle.
Un reattore veloce può produrre molto plutonio che non è utilizzabile se non lo si separa dal resto del combustibile irradiato. E' dunque indispensabile il ritrattamento a valle. Nelle discussione sull'opportunità dell'introduzione dei reattori veloci stranamente l'attenzione non si è mai soffermata sul ritrattamento. A torto, perché le difficoltà comportate da questa tappa nel sistema surgeneratori, hanno certamente contribuito in modo significativo al suo insuccesso.
6.2.1. I problemi specifici del ritrattamento dei reattori autofertilizzanti.
Dichiara K. Traube ex direttore d'Interatom ed ex capo dei programmi per gli autofertilizzanti in Rft (»Plutoniumwirtschaft 1984): »Il ritrattamento industriale dei combustibili autofertilizzanti è certo il problema più difficile dell'uso civile dell'energia nucleare .
Se il balzo dal ritrattamento grafite-gas al ritrattamento Lwr è costato 10 anni di esperimenti e intensi lavori in R S, si può immaginare quanto sarebbe difficile il balzo per il ritrattamento del combustibile dell'autofertilizzante. Basta guardare l'evoluzione dei tassi di combustione:
grafite-gas: maggiore 4.000 Mwj/tonnellata
Lwr: oggi 33.000 Mwj/t dall'88, 42.000 Mwj/t
Autofertilizzanti: oggi 70.000 Mwj/t
teoricamente fino a 150.000 Mwj/t.
Un impianto industriale dovrebbe trattare circa 100 chili di plutonio al giorno, circa 10 volte di più di quello di La Hague. Tutti i problemi legati alla manipolazione del plutonio vengono quindi largamente aumentati. Il caso è analogo a ciò che riguarda i prodotti di fissione, per l'attività neutronica ed il tenore in emittenti alfa.
Inoltre si pone il problema del disassemblaggio degli elementi di combustibile che non esiste nel caso degli altri tipi di combustibile.
6.2.2. L'esperienza acquisita
Dieci anni fa quattro ricercatori, impegnati nella messa a punto del ritrattamento degli auto-fetilizzanti in Francia, presentavano il problema in questo modo: »Quando il ritrattamento dei combustibili dei reattori veloci raggiungerà la propria fase industriale si dovranno assumere ritorni di circa una tonnellata al giorno, ciò significa una capacità di 1000 volte superiore a quella At-1 (impianto di ricerca di La Hague) e 40 volte più grandi di quelle del laboratorio pilota (impianto pilota Sap-Top a Marcoule). Un incremento di scala così considerevole implica un autentico mutamento tecnologico (Cea, Bist, maggio/giugno 1977, p. 72).
Il mutamento tecnologico non ha avuto luogo. L'esperienza industriale è sempre uguale a zero. Un impianto industriale di ritrattamento auto-fertilizzante esiste solo sulla carta. I progetti d'impianti (Mar 600 a Marcoule e Edpr a Dounreay in Scozia) sono stati eliminati per mancanza di combustibile. Non ha senso la costruzione d'un grande impianto di ritrattamento (per servire 3 o 4 surgeneratori), quando esiste solo un surgeneratore e non ci sono in vista dei successori.
I costi per tonnellata ritrattata sarebbero esorbitanti. Doveva entrare in servizio nell'84 un piccolo impianto di ritrattamento (capacità 5 tonnellate/anno), chiamato Tor (rifusione ed allargamento del Sap-Top a Marcoule). Adesso Tor deve entrare in servizio attivo all'inizio dell'88.
Alla fine dell'85 sono state ritrattate in tutto circa 13 tonnellate di combustibile degli auto-fertilizzanti al plutonio in Europa, in piccoli impianti pilota (Sap-Top a Marcoule ed installazione di ritrattamento del Pfr a Dounreay). Questa quantità rappresenta circa un quarto d'un nocciolo del Superphénix (all'infuori del mantello radiale)!
6.2.3. Il costo economico
Quello che costerebbe il ritrattamento dei »veloci è sconosciuto. »Nell'immediato, si possono solo fare ipotesi più o meno favorevoli , ha scritto P. Lorino, direttore generale aggiunto dell'industria nell'84 (»Annales des Mines , gennaio '84, p. 18). Lorino avanza cifre fra 26.000 e 55.000 franchi al chilo (di metallo greggio) ritrattato, in funzione della misura dell'impianto previsto.
La Cogema avanza un'altra idea, che »renderebbe i costi del ciclo di combustibile molto attraenti (almeno per questo secolo): il ritrattamento di combustibili autofertilizzanti diluiti con combustibili Lwr e La Hague (C. Aycoberry, Recod '87 Paris, agosto 1987). Per il momento le conoscenze non oltrepassano il livello di studio preliminare, ma si è già ritrattato il combustibile del Phénix diluito con combustibile grafite-gas a La Hague. Il problema è, da una parte, che sin dal gennaio 1987 ogni attività di ritrattamento è stata trasferita a Marcoule, e d'altra parte che il processo non è confrontabile con una diluizione Lwr, in ragione delle diverse particolarità di questi combustibili (vedi 6.1.).
Di più, la capacità di ritrattamento auto-fertilizzante di La Hague (se funziona) è stimata a sole 10 tonnellate all'anno. Superphénix (se funziona) scaricherà, da solo, circa 40 tonnellate di combustibile l'anno, tra le 27 t del nocciolo e 13 t del mantello radiale (»At??wirtschaft , dic. 1985, p. 625). La concessione non sembra molto solida.
Questa tabella dimostra l'eccedenza di produzione di prodotti dal ritrattamento, in relazione al ciclo a passaggio unico o ciclo »aperto (opzione non ritrattamento). Naturalmente, questi rifiuti vengono aggiunti agli affluenti liquidi e gasosi dell'impianto di ritrattamento, che non sono indicati su questa tabella. Si nota che il ritrattamento produce una categoria supplementare di rifiuti: i rifiuti a media attività di vita lunga (Ll, Ilw). Valutazione dei volumi di rifiuti radioattivi prodotti.
Ciclo a passaggio unico
Ciclo di ritrattamento
Fonti: Ocde 1987
Abbreviazioni:
Ll-Ilw: rifiuti a media attività di vita lunga.
Llw: rifiuti a bassa attività.
Hlw: rifiuti ad alta attività (compresi i radionucleidi calogeni di vita lunga).
Sl-Ilw: rifiuti a media attività (di vita breve).
Reo: reattori ad acqua ordinaria (Lwr).
Candu: reattori ad acqua pesante (filiera canadese)
6.2.4. Opzione »non ritrattamento per gli auto-fetilizzanti?
Il noso del programma del reattore veloce tedesco Willy Mark non nasconde che »si pensa ad uno stoccaggio intermedio prolungato, o ad uno stoccaggio definitivo diretto per i combustibili irradiati dal reattore veloce di Kalkar, se dovesse entrare in servizio un giorno (»Energie Spektrum , n. 4, 1986, p. 95). Lo stoccaggio diretto dei combustibili dei veloci, al di là dei problemi di sicurezza, renderebbe assurda la teoria del sistema iniziale, stoccare direttamente combustibili degli auto-fertilizzanti: si autofertilizza, cioè si produce più plutonio di quanto se ne era introdotto all'inizio, per poi buttar via quello che si è messo e quello che si è guadagnato.
Oggi, di fronte a stock di plutonio in crescita veloce, si sentono già le prime voci tendenti a promuovere i reattori veloci non più come autofertilizzanti, ma come mezzo ideale (senza mantello fertile) per sbarazzarsi del surplus di plutonio accumulato a causa della supposta necessità di costituire uno stock di plutonio per poter far funzionare gli autofertilizzanti... Mi seguite?
7. Le implicazioni militari
La migliore definizione d'un reattore autofertilizzante è »macchina lava-plutonio (Nersa, »La centrale di Creys-Malville , 1982, p. 7). In effetti, il plutonio introdotto nel reattore separato dai combustibili irradiati nel reattore separato dai combustibili irradiati dei reattori classici contiene circa il 60% del plutonio 239 fissile (il »buono ) e il 40% di plutonio 240 non-fissile (il »cattivo ). All'uscita dal reattore si ritroveranno due qualità di plutonio, da una parte quello del nocciolo propriamente detto (circa il 95% della quantità totale) che avrà di poco cambiato composizione (60% Pu 239, 40% Pu 240); d'altra parte, il plutonio generatosi nei mantelli fertili (assiale e radicale) per cattura dei neutroni dall'uranio 238, che sarà quasi del »buon plutonio 239 (97% Pu 239, 3% Pu 240).
I reattori a neutroni veloci, sia che autofertilizzino o no, »trasformano dunque una parte (circa il 50%) del plutonio »cattivo in plutonio »buono - da qui il giusto soprannome di »macchina lava-plutonio . Ma non sono solo gli ingegneri nucleari delle centrali, che sappiano apprezzare la qualità del plutonio 239, i militari lo stimano anch'essi particolarmente buono, per le bombe.
7.1. Qual è l'interesse militare?
7.1.1. Il livello tecnico
Nella concezione delle armi nucleari si tende alla miniaturizzazione, alla precisione, alla prevedibilità degli effetti, insomma all'efficienza puntuale. Con l'aumento del tasso del Pu 239 è ridotta la massa critica (quantità di materia fissile necessaria per provocare una reazione a catena). Le testate nucleari diventano dunque più piccole e più leggere. Il plutonio 239 quasi puro permette anche una migliore determinazione del comportamento dell'ordigno e più precisione. Tutte queste qualità sono dunque riunite nel caso del plutonio separato dai mantelli dei veloci.
7.1.2. Il livello politico-militare.
Ufficialmente la Francia non ha più nessun reattore per la produzione del plutonio militare. Sono definitivamente fermi i tre reattori plutogenici di Marcoule (G1, G2, G3). Siccome la Francia continua ad avere un enorme programma d'espansione del proprio armamento nucleare, esistono fonti clandestine di plutonio militare:
- i tre reattori grafite-gas di Chinon-A (all'origine chiamati Edf1, Edf2, Edf3) fra i quali due sono a tutt'oggi fermi definitivamente, ed il terzo è fermo per riparazioni sin dal maggio '84;
- il Phénix di Marcoule, predecessore del Superphénix, sfruttato congiuntamente dal Cea e da Edf. I militari già approfittano dunque delle prestazioni specifiche dei veloci.
Nessuna decisione è stata presa riguardo alla costruzione di nuovi reattori, né riguardo alla modificazione (militarizzazione) dei reattori Edf già esistenti. Per le altre potenze nucleari la situazione è del tutto simile.
Allora non stupisce che personalità del campo politico-militare contino sulla produzione di plutonio militare del Superphénix.
Alcuni esempi:
Citazioni per ordine cronologico: nome, funzione, citazione, fonte fra parentesi.
* Generale Thiry, ex direttore del Centro sperimentale del Pacifico.
»La Francia sa fare armi atomiche di ogni modello ed i ogni potenza. Per costi abbastanza bassi, potrà fabbricarne grandi quantità, appena i surgeneratori la riforniranno in abbondanza del plutonio necessario. Che fortuna per l'Europa e per la Francia, finalmente capaci di praticare loro stesse la propria dissuasione nucleare allargata, garantita della propria sicurezza! E che cemento per l'unione e la cooperazione con le forze convenzionali dei nostri vicini, particolarmente tra la Germania e la nostra potenza nucleare! . (»Le Monde , 19.1.87).
* Lammers, giornalista economico vicino all'Edf
Il plutonio fin da adesso proviene dal ritrattamento dei combustibili dei reattori G2 e G3 di Marcoule. Non solo questi reattori si avvicinano alla prevista fine del loro sfruttamento, ma la loro produzione diventa assolutamente insufficiente ad alimentare lo sviluppo della potenza nucleare tattica nazionale. E' dunque necessario trovare un nuovo sistema, e questo è garantito adesso dal Superphénix che potrà produrre una quantità sufficiente di plutonio di qualità adatta per realizzare una sessantina di bombe atomiche tattiche all'anno.
Dato che il carico d'una bomba esige attualmente circa 5 chili di plutonio, ci vorranno al minimo da 120 a 150 chili di plutonio all'anno.
Il Superphénix lui stesso può produrre più di 300 chili all'anno. »In queste condizioni, il Superphénix diventa ovviamente la base tecnologica della forza d'urto francese (»Energie 32.4.1982).
* Colonnello Geneste, padre della bomba neutronica francese.
»Se i veloci producono plutonio di buona qualità militare, allora, viva i veloci! (Seminario sugli autofertilizzanti, 21-22 giugno 1982, Parisi).
* Georges Benedetti, onorevole socialista del Gard. »In effetti, la filiera dei veloci è la sola capace, attualmente, di rifornire plutonio con più del 90% dell'isotopo 239, in quantità sufficiente per alimentare lo sviluppo della nostra forza nucleare tattica (Giornale Ufficiale, Assemblea Nazionale, 3ª seduta, 15 novembre '83).
* M. Messmer, presidente del gruppo Rpr all'assemblea Nazionale, ex primo ministro, e ministro della difesa.
Nel caso della decisione di costruire la bomba a neutroni in serie, ad una domanda sull'uso del plutonio prodotto nel Superphénix, risponde: »Se facessimo ciò saremmo sicuramente portati a trasformare certi reattori plutogeni. Non ci vorrebbe tanto, lei ha ragione. Sin dal momento in cui su lancia un programma di serie, si deve avere la quantità di plutonio necessaria, quantità abbastanza rilevante .
Domanda: la domanda era piuttosto politica. E' politicamente possibile utilizzare il Superphénix?
Messmer: »Tecnicamente, certo! Politicamente, certamente si entra in conflitto con Tnp (trattato di non proliferazione). Perché la maggior parte dei paesi impegnati hanno firmato il Tnp .
Domanda: la domanda è stata fatta al governo federale (tedesco), che ha risposto che la Francia è assolutamente libera di fare uso almeno della sua parte.
Messmer: »Qui non c'è alcun dubbio. Ognuno è libero di usare come vuole la propria parte in percentuale .
Domanda: Per ciò, lei vede un problema politico?
Messmer: »In Francia, no. Se la domanda si facesse adesso, non ci sarebbe crisi internazionale all'interno dell'Europa (Intervista, luglio '87).
* H. Bouchardeau, ministro dell'ambiente
»Non sono sicura che la filiera dei veloci sia quella sulla quale ci si debba appoggiare per l'avvenire. Il Psu critica il possibile recupero della filiera a fini militari . (»Il Progresso , 5.8.1984).
* Generale Thiry, ex direttore del Centro di sperimentazione del Pacifico.
»Si potrà sempre avere plutonio se si sviluppano i veloci. E' una cosa che sembra non si debba dire perché non è morale. Io difendo Creys-Malville e la filiera auto-fertilizzante, perché lì si trova plutonio di qualità militare straordinaria (Intervista non pubblicata, luglio '87).
* »Financial Times , 13.7.1984
Il ruolo di »riserva del Superphénix è tuttavia chiaramente annunciato da un alto ufficiale della Difesa a Parigi. Ha dichiarato assurdo dire che il Superphénix è costruito apposta per il rifornimento dei militari. Ma è diverso dire che si costruisce il Superphénix perché abbiamo bisogno di plutonio, e dire che il combustibile (del reattore) potrebbe essere utilizzato a fini militari, le opzioni per il futuro sono aperte. Nulla ci obbliga a dare al Superphénix un ruolo militare, ma non c'è chi ce lo impedisca .
* Régis Debray
Domanda: Quali sono le considerazioni che impediscono al governo francese di dichiarare »una volta per tutte che l'autofertilizzante Superphénix non sarà mai usato a fini militari?
»Senza dubbio, le stesse considerazioni di quelle che ispirano i governi americani, sovietico, cinese e inglese, che non svelano quale sia il loro impianto nucleare che servirà o no a fini militari.
In ogni modo, siccome sappiamo che la Francia ha un programma militare, non vedo l'utilità di una tale dichiarazione sia che il plutonio venga dal Superphénix sia da'altrove . (Colloquio organizzato dal Gruppo di Bellerive, 27-28-29-6-1985).
7.2. I trattati internazionali e la militarizzazione del Superphénix.
Hanno firmato parecchi trattati internazionali sull'uso pacifico del nucleare la Francia e i suoi partners nella Nersa. Si è spesso sentito o letto che questi trattati impedirebbero alla Francia d'usare il plutonio del Superphénix a fini militari. I principali trattati in questione, sono il Trattato di non proliferazione (Tnp), il Trattato dell'Euroatom e gli accordi fra l'Euratom e gli Stati Uniti.
7.2.1. Il Trattato di non proliferazione
Ogni azionista della Nersa rappresenta un paese che ha firmato il Tnp, meno la Francia. Dunque la militarizzazione del Superphénix non sarebbe in contraddizione con il trattato. Niente impedisce alla Francia l'uso della propria quota di plutonio a fini militari.
I paesi firmatari e gli Stati non nucleari (senza armi nucleari cioè: Rtf, Italia, Belgio e Pesi Bassi) non hanno il diritto neanche loro di far uso del plutonio a fini militari sul proprio territorio. Invece, il Tnp non impedisce loro di vendere, dare o scambiare il plutonio a profitto della Francia, che dopo lo userebbe per le armi.
Il Tnp è stato firmato allo scopo di limitare il numero degli Stati nucleari ai cinque già esistenti al momento in cui è stato stipulato (Stati Uniti, Gran Bretagna, Unione Sovietica, Cina, Francia).
Di più, il trattato deve permettere la promozione di tutti gli usi pacifici del nucleare. L'aumento degli stocks di plutonio militare, delle potenze nucleari (con l'aiuto dei paesi non nucleari nel caso del Superphénix) è certamente un preambolo che chiede negoziazioni per l'abbandono delle armi nucleari. Ma nulla impedisce la militarizzazione d'un progetto come il Superphénix.
7.2.2. Il trattato Euratom
Ogni paese impegnato nella Nersa è firmatario del trattato Euratom. Accordi specifici regolano l'applicazione dei controlli di garanzie (sale guarde) dell'utilizzazione degli impianti nucleari, civili o militari, negli Stati detentori di armi nucleari. In principio, tutte le attività civili sono sottoposte a controlli fatti dagli ispettori dell'Euratom. Difficoltà specifiche appaiono nel caso degli impianti a doppio uso, civile e militare. L'ultimo esempio di questi problemi è il rifiuto da parte della autorità britanniche di lasciare l'accesso ad una parte dell'impianto di ritrattazione di Sellafield agli ispettori.
Le istanze del Parlamento europeo hanno avviato un processo legale per obbligare il governo inglese a piegarsi. Gli Stati detentori sono tenuti ad usare i loro impianti e materie fissili secondo la destinazione dichiarata dall'Euratom.
Nel caso del plutonio del Superphénix, la Francia ha la necessità di dichiarare all'Euratom, se ha l'intenzione di usarlo a fini civili (e se sì, di definirli) o ad altri fini (nel caso specifico, militari).
Nell'ultimo caso, basta la sola notificazione all'Euratom, per intralciare il lavoro degli ispettori. Dettaglio importante: una tale nota francese rimarrà confidenziale. La Francia dunque avrà non solo il diritto di militarizzare il Superphénix, ma inoltre niente obbliga i governi impegnati ad informare le popolazioni.
Ciò riguarda tanto la quota francese di plutonio recuperato, quanto la quota degli atri paesi. La Rft o l'Italia, ad esempio, potrebbero vendere il loro plutonio di qualità militare o scambiarlo per plutonio di qualità inferiore.
7.2.3. Gli accordi Euratom - Stati Uniti
Almeno il 20-30% del plutonio è »di origine americana . Questo plutonio si è formato nei combustibili dei reattori classici di diversi paesi europei. L'uranio utilizzato in questi combustibili è stato in parte arricchito negli Stati Uniti, di qui l'origine americana (vedi D. Albright, »Bolletta of the Atomic Scientist , nov. '84).
Alcuni accordi del 1059 e 1960 fra Euratom e Stati Uniti autorizzano solo l'utilizzazione a fine esclusivamente civile delle materie fissili che provengono dagli Stati Uniti. Questi accordi non solo vietano l'uso militare diretto delle materie fissili importate nei paesi dell'Euratom, ma anche di tutte le materie derivate. I firmatari del trattato Euratom dunque sarebbero costretto ad escludere l'uso militare del plutonio derivato dall'uranio arricchito negli Stati Uniti.
Il problema posto è che ci sono inevitabilmente miscugli di materi d'origine americana con materie d'altre fonti. Secondo la lettura fatta dalla autorità americane (non ufficialmente) del trattato, quale che sia la percentuale d'origine americana nel miscuglio di materie fissili, l'insieme sarebbe »contaminato e non potrebbe essere utilizzato a fini militari. La posizione francese è sempre consistita nel rifiutare categoricamente questa clausola, detta di contaminazione.
8. Problemi generali dell'economia del plutonio
Il sistema-plutonio rappresenta di per sé una filiera. Niente obbliga la lobby nucleare di perseguirla. L'esempio migliore è quello degli Stati Uniti, dove il ritrattamento industriale ed i reattori veloci sono stati abbandonati. E' un vero complesso militare ed industriale che ha sviluppato, soprattutto in Europa, la propria dinamica. La lobby del nucleare e la lobby del plutonio non più la stessa cosa. La lobby relativa al nucleare si trova oggi davanti a fatti compiuti che hanno la loro origine negli anni '70: l'euforia dei veloci da una parte, dall'altra l'incapacità di trovare una soluzione per i combustibili irradiati. Il ritrattamento, cerniera fra nucleare civile e militare, porta d'accesso al vicolo cieco dell'economia del plutonio, dove allora una possibilità confortante di rimandare i problemi delle scorie nucleari a più tardi. In un primo tempo la lobby del plutonio si trovava in una situazione »inattaccabile , gli esercenti delle centrali le erano totalmente dipendenti.
Subito dopo la fine degli anni '70, l'entusiasmo era nettamente diminuito.
La produzione e la manipolazione del plutonio si sono rivelati all'origine di acute difficoltà, a tutti i livelli: tecnologia, sicurezza, problemi di proliferazione, costi. Oggi la lobby del plutonio è minacciata nella propria stessa esistenza. Il reattore veloce non ha più avvenire, benché la lobby affermerà sempre che »bisogna provare un'altra volta . Certo, oggi è difficile confessare lo scacco totale d'un progetto che ha mobilitato migliaia di ricercatori e cifre astronomiche. Tanto più che siamo nel campo della tecnologia e »i tecnocrati non sbagliano . Adesso la lobby cerca un'uscita che rischia molto di farci trovare di fronte a nuovi fatti compiuti.
8.1. Addio surgeneratore, buongiorno Mox?
La lobby europea del plutonio, negando lo scacco definitivo dei veloci, tenta di preservare la propria esistenza minacciata e la sua ragione di esistere. Salvare l'opzione, significa il mantenimento del ritrattamento dei combustibili classici e degli »impianti di plutonio (Up 2 - Up3 a La Hague, i progetti di Wackersdorf, in Baviera, Thorp a Sellafield / Windscale).
Vista l'assenza degli auto-feritlizzanti, la lobby preconizza, per adesso, l'uso dei combustibili al plutonio (Mox ossidi d'uranio e di plutonio) nei reattori nucleari classici. In Francia, il Mox sarà caricato per la prima volta nel reattore B, della centrale di Saint-Laurent des Eaux, nell'autunno '87.
Il Mox è già utilizzato in Rft, in Belgio ed in Svizzera (e in Italia?). Si prevede d'aumentare considerevolmente la capacità di fabbricazione di questo tipo di combustibile.
»Il riciclaggio del plutonio nei reattori ad acqua leggera è un'aberrazione economica e garantisce solo un risparmio teorico d'uranio naturale di 18%: tenuto conto dei costi molto alti d'estrazione di plutonio e di fabbricazione dei combustibili, bisognerà, per trovarvi una giustificazione, che il prezzo dell'uranio naturale sia moltiplicato da 15 a 30 volte , commenta ancora J. L. Fensh. La produzione del Mox costa da tre a cinque volte di più di quella del combustibile classico e uranio arricchito ed il risparmio d'uranio è solamente teorico (stessa cosa per i veloci).
Di più, la moltiplicazione dei trasporti di plutonio e di nuovi combustibili al plutonio aumenterebbero in modo spettacolare i pericoli di proliferazione delle armi nucleari.
8.2. L'arricchimento al laser.
Il reattore veloce costituisce un pericolo non trascurabile per il »regime attuale di non proliferazione. La militarizzazione del Superphénix sarebbe un esordio poco incoraggiante. Un progetto internazionale al quale partecipano parecchi paesi firmatari del Tnp non è mai stato utilizzato a fini militari.
Ma questo pericolo sembra poco in confronto all'evoluzione che si sta operando dietro le quinte. L'aumentato sviluppo della tecnologia di separazione isotopica al laser modificherà profondamente la situazione del settore dell'economia del plutonio, dato il suo interesse per la produzione militare.
L'interesse militare dei veloci si trova nella loro capacità di produrre plutonio 239 quasi puro. L'uso del laser renderà la »lava-plutonio obsoleta. Si potranno separare gli isotopi Pu 239 (il »buon plutonio ) dagli isotopi 240 (il cattivo), dal plutonio proveniente dal ritrattamento. Se la Francia persiste nel realizzare un ritrattamento in grande scala, verso il 2000, l'Edf sarà non solo il più gran detentore di plutonio nel mondo, ma questo plutonio potrà facilmente essere trasformato in un ottima materia prima per le bombe.
Soprattutto negli Stati Uniti ed in Francia ma anche in Rft, Gran Bretagna e Giappone, si lavora con accanimento sull'applicazione dei laser. Negli Stati Uniti ed in Francia sia dall'inizio si è favorito il processo Silva (Separazione Isotopica al Laser su Vapore Atomico) applicando quest'ultimo tanto all'uranio quanto al plutonio.
Gli americani hanno appena annunciato risultati d'arricchimento che sorpassano le loro aspettative. Potrebbero entrare in servizio impianti di produzione all'inizio degli anni '90 negli Stati Uniti e qualche anno dopo in Francia.
9. Conclusioni
I reattori veloci »costituiscono in realtà il mezzo più complicato, più inquietante, più inefficiente e più aleatorio che abbia mai inventato l'uomo fino ad ora per ridurre i consumi di combustibile nucleare .
E' questa la conclusione d'un rapporto di 250 pagine, presentato a fine '82 al Consiglio Generale Superiore della Sicurezza Nucleare, da J.L. Frensch ingegnere al Cea. Sin dall'82 le affermazioni di Frensch sono state confermate e rafforzate. L'entrata in servizio del Superphénix è stata seguita da parecchi incidenti e problemi tecnici, la debolezza del contenitore di stoccaggio può rendere il reattore imperante per parecchi anni.
Il funzionamento senza contenitore necessiterebbe di riscrivere una gran parte del rapporto di sicurezza, del quale la definizione della versione finale è già stata rimandata per 2 anni nell'86.
Non è più all'ordine del giorno la costruzione di un »erede del Superphénix.
I Paesi Bassi tentano di abbandonare la cooperazione europea e l'Italia ne uscirà probabilmente dopo il referendum del novembre '87.
L'esperienza di Kalkar, che aspetta invano l'autorizzazione di funzionamento, ha spento ogni speranza di vedere la Rft persistere »nel settore .
L'abbandono ufficiale dei progetti di impianti di ritrattamento commerciale auto-fertilizzante mette in luce le poche speranze dei sostenitori stessi dei reattori veloci.
Il rischio attualmente è di vedere la lobby del plutonio prendere la via dei combustibili misti (plutonio-uranio) per continuare a giustificare il senso di ciò che costituisce la chiave di volta del risparmio del plutonio, il ritrattamento.
L'altro problema si pone al livello industriale e legale. L'abbandono della filiera dei veloci, sviluppata da 30 anni dalla collaborazione stretta di parecchie società ed organismi europei, necessiterà la risoluzione di contratti basati su cifre esorbitanti. Alcune imprese dovranno far fronte a situazioni finanziarie delicate.
La messa a punto di piani di riconversione per queste imprese e la valutazione delle basi legali per la risoluzione dei contratti ed accordi internazionali richiedono che ci si impegni in lavori di valutazione approfonditi.