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Sciascia Leonardo - 27 dicembre 1987
Ma la mafia non ha una sola cupola
di Leonardo Sciascia

SOMMARIO. Dà un giudizio positivo sulla sentenza che ha assolto Liggio, per insufficienza di prove. E' un sintomo buono, che indica "osservanza del diritto, della legge, della Costituzione". Resta comunque dell'avviso che i maxiprocessi "mettano in pericolo l'amministrare giustizia". L'impalcatura istruttoria del processo ha retto alle prove, non ha retto invece la "teoria della cupola", detta altrimenti "teorema Buscetta". La mafia non è fatto unitario, ma una sorta di "confederazione di mafie", spesso in conflitto tra loro, e questo nonostante che Michele Greco venga definito il "papa" della mafia. Si tratta, al più, di un "papa" scismatico, di una mafia scismatica che oggi trova conveniente che "nelle patrie carceri vengano... ospitate... persone che, libere, sarebbe stata costretta ad eliminare". Ne è riprova l'assassino di Antonino Ciulla appena uscito dal carcere dopo l'assoluzione.

(CORRIERE DELLA SERA, 27 dicembre 1987)

Confesso che dalla sola udienza del maxiprocesso cui ho assistito sono uscito con una impressione di sgomento. Era una delle giornate in cui Buscetta rispondeva alle domande degli avvocati; e tranne Buscetta, che con calma e precisione rispondeva, tutto era confusione. Fierissimi dubbi mi assalirono riguardo alla conduzione e all'andamento del processo; e mi pare di averne anche scritto su questo giornale. Ma quel che della sentenza mi è dato oggi conoscere cancella l'impressione di allora. La sentenza non mi pare frutto della confusione; vi si intravede anzi quell'osservanza del diritto, della legge, della Costituzione che i fanatici vorrebbero far cadere in desuetudine. E basti considerare l'assoluzione di Liggio, che a me pare fatto anche più importante della condanna di altri.

Tutta la leggenda che intorno a questo personaggio si muove, tutte le attribuzioni di cui i giornali lo gratificano, tutti i gravi sospetti che lo toccano (e che anch'io condivido) non sono parsi alla corte sufficienti per pronunciare su di lui una condanna. Rassicurante decisione, per chi ancora è affezionato al diritto; e quasi assurge a segno del tabula rasa che i giudici han saputo fare dei pre giudizi esterni, piuttosto clamorosi e pressanti. Ciò riconoscendo, non recedo dall'opinione che i maxiprocessi mettano in pericolo l'amministrare giustizia, se della giustizia si ha idea.

Che l'impalcatura istruttoria abbia sostanzialmente resistito al processo dibattimentale si può senz'altro dire, ma mi pare non abbia invece retto né poteva la teoria della "cupola", altrimenti detta "teorema Buscetta". Non ho mai creduto che la mafia fosse un fatto fortemente unitario e piramidale; e ritengo che il crederlo produca fuorviazioni, rischi, cedimenti a facili e momentanee soddisfazioni (come quelle che nei media si notano di fronte all'esito di questo processo).

La mia opinione è stata sempre che la mafia è una confederazione di mafie: qualche volta in pace, qualche volta in accordo, spesso in conflitto. Conflitti che è da credere nascano appunto dalla volontà di prevaricare, di sconfinare, di sconvolgere l'equilibrio federativo per farne uno stato unitario e assolutistico (usiamo, si capisce, termini approssimativi).

Il fatto che la sentenza riconosca Michele Greco come "papa" non vuol dire che non esistano altri papi, antipapi e papineri; e gli è toccato anzi la brutta sorte di essere, all'interno di quella mafia di cui lo si dice capo, "il papa" di un evento scismatico talmente nuovo e grave nella storia delle mafie, da trovarsi a dover affrontare una specie di oggettiva alleanza tra gli scismatici e le leggi dello stato. Fatto inaudito e si spera di nessun vantaggio, se non provvisorio, se non precario, per gli scismatici.

Del qual vantaggio che sarà provvisorio e precario nella misura in cui i tutori della legge e l'opinione pubblica sapranno prenderne coscienza si può cercare di trovare una definizione breve e netta: la mafia scismatica ha scoperto a sé conveniente il fatto che nelle patrie carceri vengano più o meno lungamente ospitate tante di quelle persone che, libere, sarebbe stata costretta ad eliminare affrontando qualche spesa e qualche rischio. Di ciò è già stata segno l'eliminazione del "confidente" che aveva permesso la cattura di Michele Greco: atto che è stato generalmente valutato come una vendetta per conto del "papa" ed era invece da ascrivere a tentativo di aggravare la sua posizione giudiziaria. Ed oggi se ne ha la prova del nove nell'assassinio di Antonino Ciulla; la sera stessa dell'assoluzione, della scarcerazione. Che sarà stata anche una vendetta, ma soprattutto è da intendere come un dire alla corte che l'ha assolto: "Avete fatto bene per gli altri, avete sbagliato con lui." E possono queste mie c

onsiderazioni (che non vogliono minimamente scalfire la validità e la giustezza del processo) apparire paradossali, ma ne affido la validità al tempo, e non lontanamente.

 
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