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Stango Antonio - 31 dicembre 1987
Attraverso antiche speranze, le battaglie
Testimonianze raccolte da A. Stango

SOMMARIO: Alla vigilia del Congresso del Pr di Bologna (gennaio 1988), Antonio Stango raccoglie pareri e commenti di Alexandr Lerner e Anatolij Dubkov in Urss, di Laurence Dini e Andrè Gattolin in Francia e di Nino Olmeda in Spagna.

(Notizie Radicali n· 302 del 31 dicembre 1987)

Russia

Prof. Alexandr Lerner, 74 anni, di Mosca, membro dell'Accademia delle Scienze dell'Urss.

Salve, cari amici! Sono lieto della possibilità di esporre alcuni pensieri che si sono formati nella testa di un »otkaznik , o »refuznik , che aspetta da sedici anni il permesso di emigrare.

Sedici anni fa tutta la mia famiglia, me compreso, espresse il desiderio di ottenere il permesso di partire alla volta dello Stato di Israele. A quell'epoca ero a capo di una grossa sezione che si occupava di ricerche circa la gestione di grandi sistemi nell'ambito dell'Accademia delle Scienze dell'Urss. Godevo di una posizione estremamente privilegiata; avevo a disposizione più di centotrenta collaboratori scientifici, e le mie possibilità di lavorare e di avere rapporti con i colleghi di altri paesi erano eccezionalmente estese. Ho visitato molti paesi, ho preso parte a congressi e incontri scientifici e lavorato in laboratori di molti paesi del mondo.

Durante tutti questi sedici anni ho cercato di rimanere attivo, nonostante fossi stato immediatamente licenziato, così come mia figlia e mio figlio. Abbiamo seguitato a lavorare: io non avevo la possibilità di iniziare un nuovo lavoro, ma ho continuato attivamente a fare ricerche scientifiche a casa, e ho dovuto pubblicare i miei lavori all'estero; in massima parte negli Stati Uniti d'America, negli atti dell'Accademia delle Scienze di New York, poiché ne ero e ne sono tuttora membro effettivo. Inoltre mi sono dedicato con fervore alla pittura e ho preso parte attiva alla vita sociale di quella categoria di ebrei dell 'Unione Sovietica che vengono denominati »otkazniki , cioè le persone cui viene rifiutato il permesso di emigrazione, nonostante ne facciano richiesta su basi perfettamente legali.

Negli ultimi tempi, da quando sono state proclamate la »glasnost e la »perestrojka , l'atmosfera in Unione Sovietica è migliorata. Negli organi di comunicazione di massa sono apparsi commenti, articoli e cronache che riflettono la situazione reale, senza abbellimenti; sono apparsi articoli critici che condannano molte cose sbagliate che sono state fatte prima e ciò che tuttora sussiste come conseguenza di quelle azioni sbagliate. E, indubbiamente, bisogna valutare tutto ciò come un fenomeno positivo, ed è questa la condizione di base - anche se insufficiente - di radicali cambiamenti nella vita sovietica.

Disgraziatamente, questi processi non vengono compresi in modo del tutto esatto in occidente: alcuni sono portati a non dare ad essi il giusto peso, dicono che in sostanza nulla è cambiato (e questo non è vero, perché, anche se non va tutto bene, in molti settori la situazione è nettamente migliorata rispetto a prima); altri, invece, danno a questi processi troppo valore, ritengono che il problema della democratizzazione della vita sovietica sia stato risolto definitivamente e che non si tornerà più indietro. Ambedue queste posizioni sono sbagliate: questo processo va avanti, ma penosamente, con grandi difficoltà, incontrando forti resistenze da parte di chi sta attaccato alle vecchie abitudini, ai propri privilegi, alla propria superiorità, e che, come è ovvio, ha difficoltà a staccarsi da tutto questo. Nondimeno, non è il caso neanche di sopravvalutare i risultati che sono stati raggiunti a tutt'oggi: così, per esempio, nella sfera della politica dell'emigrazione, la »glasnost e la »perestrojka non hanno

portato cambiamenti sostanziali. Nonostante un gruppo di famosi »otkaznik sia stato lasciato libero di partire, nonostante la quantità dei permessi, a paragone di quelli rilasciati negli anni passati, sia aumentata, e si sia arrivati adesso a circa 800 permessi al mese, tuttavia è evidente che questi permessi non sono sufficienti. Molte persone che desiderano partire vengono trattenute da diversi anni, e ancora non hanno ricevuto il permesso; da noi ci sono persone che da più di quindici anni si sforzano di ottenere questo permesso, e fra loro ci sono anch'io. Ci sono moltissime persone che cercano di ottenerlo da oltre dieci anni e migliaia la attendono da più di cinque.

E' indispensabile lasciar partire questa gente, e tutti i pretesti con cui vengono trattenuti, di qualsiasi tipo siano (per esempio, motivi di sicurezza statale), sono finzioni e bugie. Non ci sono motivi reali, motivi seri legati alla sicurezza dello Stato che inducano a trattenere queste persone: così io, per esempio, ho smesso di avere qualsiasi rapporto con lavori coperti dal segreto venticinque anni fa. Ripeto: venticinque anni! In questo frattempo, i sistemi che conoscevo io sono stati dimenticati dagli specialisti, e da un bel pezzo, e non interessano oramai più a nessuno. Inoltre, dopo aver smesso di occuparmi di ricerche di questo tipo, ho pubblicato i risultati che avevo ottenuto in questo campo: essi sono noti a tutti gli specialisti del mondo, e sono descritti particolareggiatamente in due miei libri che sono stati tradotti in diverse lingue e pubblicati in diversi paesi; ed è sciocco pensare che, nonostante tutto, io sia a conoscenza di segreti di Stato. Cionondimeno, mi trattengono. Parlo di tu

tto questo non perché riguarda me personalmente, ma perché è un esempio di come viene ingannata l'opinione pubblica dell'occidente tirando in ballo interessi statali. Penso che ora sia venuto il momento per i nostri amici in occidente di sostenere con particolare energia le nostre richieste volte ad ottenere il permesso di emigrare per tutti coloro che lo vogliono.

E' con grande interesse che sono venuto a conoscenza del fatto che il partito che, in Italia, si chiama »radicale , e che è in realtà un partito transnazionale, sottolinea l'esigenza che vengano rispettati i diritti umani in tutti i paesi, fra cui l'Unione Sovietica, e si interessa molto al problema del rimpatrio degli ebrei dall'Unione Sovietica. Poiché questo partito è fautore di azioni nonviolente, poiché sostiene i principi morali del rispetto dei diritti della persona, provo una grande simpatia per la sua attività. Penso che i suoi sforzi rivolti alla mobilitazione dell'opinione pubblica per la liberalizzazione della politica sovietica relativa all'emigrazione, le sue azioni nonviolente consistenti in proteste, pubblicazioni di materiali su questo problema, propaganda in favore di un approccio liberale nei confronti di coloro che desiderano emigrare siano utili e che renderanno un grande servizio a coloro che cercano di vedere rispettato questo loro diritto legale.

Io sostengo fervidamente gli sforzi di questo partito, e spero che si riveleranno fecondi.

Russia

Anatolij Dubkov, 27 anni, di Leningrado

Sono redattore della rivista sociopolitica indipendente Slovo (La parola), diffusa principalmente nella città di Leningrado. Da tempo cerco dibattermi per il rispetto dei diritti umani e per la liberazione dei prigionieri politici, nonché per promuovere forme di dibattito in un paese in cui i mezzi di informazione (a parte il »samizdat , cioè l'autoeditoria) sono tutti in mano alo Stato ed ai suoi organi. La mia rivista, del resto, è appunto una delle pubblicazioni del »samizdat , ed è fatta con semplici macchine da scrivere. Il numero di copie che riusciamo a produrre è molto limitato, ma il tentativo è quello di scrivere e far circolare articoli di interesse reale , molto diversi da quelli che compaiono normalmente sulla stampa ufficiale.

Ora ho avuto l'occasione, la fortuna di venire a conoscenza dello statuto del Partito radicale, fondato in Italia, che sta attraversando una fase di rifondazione in senso transnazionale. Io sostengo pienamente il preambolo allo statuto -che ho letto con attenzione- e tutti i principi di questo partito.

Considero particolarmente importante che i radicali non abbiano una »ideologia e neppure un normale »programma , perché in realtà il loro programma è già stato formulato in anticipo nella Dichiarazione universale dei Diritti dell'uomo, in altri patti sui diritti civili e politici e nelle Costituzioni dei paesi democratici.

In effetti, non è necessario inventare nulla di nuovo. Ed anch'io agisco usando gli stessi metodi nonviolenti, e sostengo che occorre usare esclusivamente tali metodi. Sono lieto che i radicali abbiano attuato varie manifestazioni anche in Unione Sovietica, in particolare nel settembre scorso per la fine della guerra in Afghanistan. Io sono stato arrestato varie volte proprio per delle manifestazioni nonviolente: l'ultima volta il 30 ottobre, giorno in cui ho preso parte ad una dimostrazione per la libertà dei prigionieri politici dell'Urss. In quella occasione sono stato condannato a dieci giorni per »teppismo : come è evidente, una imputazione del tutto strumentale. Ad ogni modo, non ho fatto alcuna resistenza.

Certo, da noi la situazione è tale che i diritti della persona non sono tenuti in gran considerazione. Beh, spero che in questo campo potremo fare delle iniziative insieme.

Francia

Laurence Dini e Andrè Gattolin, di Parigi.

»Essere, senza essere omicida. Ci si può sottrarre a questa responsabilità, rinnegare il luogo da cui incombe, ricercare l'integralità del'anacoreta. Si può scegliere l'utopia. Ma, d'altra parte, si può, in nome dello spirito, non sfuggire alle condizioni grazie alle quali la sua opera attinge senso, restare quaggiù. Questo vuol dire, scegliere l'azione etica .

Emmanuel Lévinas

»Il luogo e l'utopia , 1950

A circa mille chilometri da Bologna, in un paese vicino, il principio e la pratica radicali non possono più essere pensati, oggi, come un'utopia, un oggetto senza luogo. Sviluppandosi ogni giorno fuori dal suo quadro di origine (l'Italia) il Partito radicale transnazionale si libera a poco a poco dell'evocazione simbolica e della tentazione contemplativa che aveva ai confini dell'Europa. Ma non vi è pratica che non agisca, di rimando, sul pensiero da cui promana. Così, la presenza radicale in luoghi tanto diversi come Ankara, Atene, Varsavia, Tel Aviv, Belgrado, Madrid o Parigi, genera essa stessa, quasi automaticamente, sulle ceneri dell'utopia una pluri-topia radicale.

Siamo chiari, non è permesso dubitare dell'accordo fondamentale che unisce, al di là della loro origine nazionale, italiani e non italiani iscritti al Pr. Insieme e senza distinzione, noi ci riconosciamo nella nonviolenza politica »per essere nella società senza essere assassini . Insieme scegliamo »l'azione etica , in nome del diritto alla vita e per la vita del diritto. Pluri-topia non significa dunque policentrismo o degenerazione del principio di trasversalità politica per affondare nelle ben note angosce delle internazionali dei partiti. Pluri-topia, quindi, per affermare non le divergenze sull'essenza (guardiamo allo steso oggetto) me piuttosto per render conto della differenza di prospettive tra gli attori di un partito transnazionale di fronte al medesimo oggetto. Gli spettatori di uno stesso anfiteatro, osservando lo stesso personaggio, ne ricevono un'immagine diversa a seconda che si situino davanti alla scena, in fondo alla sala, sul lato sinistro o destro. Se di congresso di rifondazione si tratt

a, cerchiamo di non rimuovere questo problema. Anche in un meccanismo democratico si può essere naturalmente portati a privilegiare la prospettiva di coloro che si contano a migliaia piuttosto che quella di coloro che ammontano a delle centinaia. Pure, è in questo piccolo numero -quello dei non italiani e delle doppie tessere- che si trovano le premesse della trasversalità radicale. Ci eravamo opposti, l'anno scorso, all'obiettivo formale »di alcune migliaia di iscritti fuori dall'Italia , perché ci sembrava, contrariamente alla sfida dei diecimila iscritti della fine dell'86, di rilevare l'utopia, un'uni-topia riduttrice ed illusoria. Nel 1988 non saremo un partito transnazionale effettivo, semplicemente perché non ce ne saremo dati l'obiettivo. Non siamo per ora, in Francia e nelle altre terre di conquista, altro che un partito transnazionale di testimonianza; testimonianza di personalità iscritte, così come sono testimonianze quelle manifestazioni simboliche organizzate da qualche »missionario italiano e

da un pugno di »indigeni .

Vogliamo dire, con questo, che l'elaborazione di una transnazionalità vera sarà difficile e che ci vorrà del tempo per tradurla nella pratica. Questo compito deluderà certo numerosi iscritti italiani. Chiederà agli ultimi tra loro come ai responsabili del partito di avvicinarsi ad altri contesti politici e tutti insieme cercare gli strumenti politici appropriati per agire nel nuovo quadro, composto da un mosaico di cittadinanze.

Bologna 1988 sarà, forse, il congresso della rifondazione; non è meno certo che, nel migliore dei casi, non marcherà che una piccola tappa nell'apertura della fase transnazionale del Partito radicale.

Spagna

Nino Olmeda, 31 anni, giornalista, lavora nel gabinetto tecnico della Commissione esecutiva federale della gioventù socialista spagnola.

E' sempre difficile dover descrivere in poche parole la ragione per cui si fanno certe cose. Per questo mi sembra un po' complicato spiegare la mia adesione al Partito radicale.

Considero che i partiti sono formati da persone, con le loro distinte sensibilità; e che noi -i radicali- siamo molte individualità (tante quante le persone che vi fanno parte) unite (ma non mescolate) che devono essere tutte rispettate. Quello -il rispetto per l'altro, per il diverso- mi ha catturato.

Mi sono iscritto per la prima volta al Partito radicale sette o otto anni fa, avevo passato un po' di tempo in »vacanza in varie prigioni spagnole. Dicevano che ero un terrorista. Di questo al Partito radicale non importava niente.

Mi lasciarono essere e mi ascoltarono. Che differenza fa essere stato un terrorista o un giornalista attivo?

Oggi, 1987, mi sono di nuovo iscritto al Partito radicale, semplicemente perché continuo a volervi bene. Mi affascinano le vostre provocazioni e utopie realizzabili. I radicali mi incantano per il fatto che non ti possono espellere e che puoi fare quello che ti pare: mi piacciono perché amano la felicità e la vita che, in definitiva, è ciò che abbiamo.

E mi unisco ai radicali perché vi disturbano -tanto quanto me- le frontiere e i localismi... e perché sono per gli Stati Uniti d'Europa.

 
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