di Francesco RutelliSOMMARIO: Francesco Rutelli, presidente del gruppo parlamentare federalista europeo considera, in questo articolo, la possibile intesa tra socialisti, radicali e verdi. Se intervenisse un accordo politico ne deriverebbe un nuovo contesto capace di raccogliere e non mortificare il limpido responso,delle elezioni politiche e dei referendum.
(AVANTI!, 19 marzo 1988)
(E' quella rappresentata da socialisti, radicali e verdi. Se intervenisse un accordo politico ne deriverebbe un nuovo contesto, capace di raccogliere e non mortificare il limpido responso delle elezioni politiche e dei referendum
Riceviamo da Francesco Rutelli, presidente del Gruppo parlamentare federalista europeo al quale aderiscono i deputati radicali, questo articolo che volentieri pubblichiamo.)
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Non so se una nuova maggioranza con radicali e verdi, un nuovo programma qualificato, un'intesa forte e leale anche sino al termine della legislatura - garantita dalle presenze nel governo dei leaders della maggioranza - risponderebbe a un'esigenza di semplificazione, oppure di complicazione.
Credo che se un simile scenario - ad oggi improbabile - si realizzasse, noi avremmo un contesto politico nuovo, l'unico adeguato nell'orizzonte di questa legislatura, capace di raccogliere e non mortificare il limpido responso del voto delle elezioni politiche e dei referendum di novembre.
Se avessimo potuto scrutare la palla di vetro del futuro, e vedervi l'affermazione socialista e riformatrice nelle lezioni e quella sonante dei nostri referendum, e quindi la nascita nel marzo 1988 di un pentapartito De Mita, forse avremmo buttato dalla finestra la palla di vetro o l'avremmo portata a riparare da un tecnico qualificato.
Nelle ultime settimane si è registrata una responsabile e positiva ripresa del dialogo e dei rapporti politici tra radicali e socialisti. Non a caso, l'incrinatura seria tra PSI e PR non si era aperta sulla base di polemiche superficiali o di incomprensioni, ma su un nodo politico reale: sul fatto che l'area del 20% che si è concretizzata con le elezioni non è riuscita a trovare un'intesa politica effettiva e di respiro, un'intesa che è nell'interesse delle forze che la compongono, e nell'interesse della democrazia italiana. Questa intesa può riguardare - ed è quanto non proponiamo - un'assunzione di responsabilità di governo sia per i socialisti e i socialdemocratici, sia per i radicali: per questi ultimi, sulla base di un impegno al massimo livello politico e dell'assunzione di scelte programmatiche di qualità in materia di unificazione europea, ambiente, energia, giustizia.
Sarebbe un'ostacolo, in questa direzione, la recente e formale decisione del Partito radicale di non più concorrere - in quanto tale perché "partito transnazionale" - alle competizioni elettorali e quindi di non concorrere, in quanto tale, alla formazione di governi nazionali? Mi sembra di no. Mi sembra piuttosto che tale situazione - lungi dall'essere misteriosa o sorprendente - fornirebbe proprio un contributo a quell'esigenza di "semplificazione" cui Craxi ha fatto riferimento, sottraendo un attore partitico al negoziato per il nuovo governo ed assicurandovi contemporaneamente la piena rappresentatività di una componente politica, elettorale, di opinione.
Se questa strada non la si volesse percorrere, occorre intanto spiegare bene il perché, se possibile in modo convincente, ad assumersi l'onere di indicare una strada alternativa. Non lo credo così facile, ma se qualcuno reputa possibile che alcune componenti della "area del 20%" siano al governo ed altre all'opposizione, deve anche proporre un quadro preciso di iniziative comuni sul piano politico, parlamentare, magari anche referendario.
Una terza strada (quella di non percorrere né la prima, né la seconda) non porta da nessuna parte. Semplicemente, è una scelta che non esiste, e che comporterebbe la dissoluzione dell'ipotesi stessa di un'"area del 20%" socialista, radicale, riformatrice.
L'esperienza parlamentare radicale degli ultimi mesi (con la riaffermata, leale, sincera volontà di consolidare i rapporti con PSI e PSDI; con la conferma di un accordo di consultazione con il PSI e, oggi, anche con un disgelo con il PRI; con lo sviluppo di una positiva e incisiva collaborazione con i Verdi e la stessa DP; con la riapertura di un dialogo dopo molti anni di aspra rottura con il PCI) testimonia la nostra volontà di far progredire l'arco delle nostre relazioni con le forze laiche e di sinistra: mette a fuoco e rafforza quella che è la migliore funzione tradizionalmente svolta dal Partito radicale, nella convinzione che la nascita e la candidatura di una sinistra democratica di governo può nascere solo dal riequilibrio dei rapporti di forza e che questo riequilibrio può nascere a sua volta solo dal rinnovamento della sinistra e da una costante, concreta, non ideologica iniziativa riformatrice.
All'interno di questo cammino, spezzare oggi proprio l'intesa tra socialisti e radicali sarebbe un errore grave, e mi auguro che nessuno tra di noi pensi di commetterlo, perché esso riaprirebbe conflitti e conflittualità che ci siamo lasciati dietro le spalle. In questa X Legislatura non possiamo riprodurre le condizioni e i rapporti politico-parlamentari della Legislatura precedente. Occorre andare avanti assumendo ciascuno una parte di responsabilità.
Le ragioni comuni possono e, io credo, debbono prevalere.