di Gianfranco SpadacciaSOMMARIO: La meccanica riproposizione della maggioranza pentapartitica non può che far riprecipitare le forze politiche nelle contraddizioni e lacerazioni che già v'erano state nel governo Goria. Solo il superamento del clima di diffidenza reciproca potrà evitarlo.
(IL TEMPO, 22 marzo 1988)
NULLA, ma proprio nulla, autorizza a ritenere che con un nuovo governo pentapartito non debbano ripetersi, aggravate ed ingigantite, tutte le contraddizioni, le lacerazioni e le debolezze del Governo Goria. L'evitarlo non dipende soltanto dalla autorevolezza della guida politica (e noi siamo fautori del "governo dei segretari"), ma dalla capacità di superare il clima di diffidenza reciproca, la situazione d'incertezza, lo stillicidio di piccole polemiche che ha caratterizzato questa prima fase di legislatura.
La meccanica riproposizione della maggioranza pentapartitica riprecipita le forze politiche in questa condizione e ne alimenta tutte le spinte centrifughe. Il faticoso tentativo di ridescriverne per l'ennesima volta il programma rischia di costituire una illusione trasformistica. Apparentemente si ricerca la coerenza e la continuità delle alleanze, ma contemporaneamente si lanciano i segnali e si coltivano disegni contraddittori rispetto a questi propositi.
Da una parte si propone il pentapartito ma si ammicca a chi parla con interesse di "governi di transizione" (transizione verso che cosa?); al già equivoco "doppio tavolo" del programma di governo e delle riforme istituzionali (come se riforme istituzionali non fossero l'aspetto più importante di un programma di governo) si aggiunge un segnale di dialogo con le opposizioni (come se questo non fosse fisiologici in una democrazia parlamentare); si dice no all'eptapartito, ma si fanno aperture programmatiche anche a radicali e verdi. Tutto questo non è contraddittorio con le ripetute sollecitazioni a irrobustire le coalizioni di governo fino a costringerle (qualcuno ha detto ad ingessarle) in comuni piattaforme elettorali?
La volontà popolare
Dall'altra, chi per anni ha invocato la stabilità e soprattutto la governabilità sembra lavorare non per superare ma per approfondire le difficoltà e le divisioni, ed aggiungere a quelle prevalenti fra Dc e Psi altre nuove fra partiti laici, in particolare con il Pri ma solo con esso.
Un "governo a sette" complicherebbe tutto questo anziché semplificarlo? Non credo proprio. Abbiamo ritenuto di dare un contributo di chiarezza a questa crisi; di chiarezza e di semplificazione. Non abbiamo infatti chiesto un allargamento della maggioranza a radicali e verdi. Abbiamo proposto un nuovo governo, una nuova maggioranza, intorno ad un programma che prendesse finalmente atto delle novità delle elezioni del giugno 1987 clamorosamente confermate dal risultato referendario di novembre.
Contributo di chiarezza
Una tale maggioranza ed un tale governo significherebbero che ci si decide a prendere atto della volontà popolare e che si preferisce la strada delle scelte politiche e programmatiche a quella faticosa e impossibile delle mediazioni, degli arrangiamenti, degli accordi tortuosi sanati solo momentaneamente dai compromessi di potere.
Una tale maggioranza e un tale governo non potrebbero non avere al centro del proprio programma: il rilancio del processo di unità politica dell'Europa; la questione ambientale come qualificante anche delle scelte economiche e di politica urbana, infrastrutturale e industriale; un programma energetico alternativo; un programma di riforme di investimenti straordinari per la giustizia.
E' impossibile? E' troppo? L'alternativa è continuare litigare su Montalto Sì Montalto No o sulla questione risibile del cosiddetto "aggancio tecnologico", rimanendo paralizzati nella scelta del piano energetico.
E' troppo difficile raggiungere l'accordo su questi punti? Certo, è più facile coltivare le contrapposizioni e immaginarne di nuove (come quella fra un polo laico-ambientalista-antinucleare Psi-Pr-Psdi e uno laico-nucleare-antiambientalista Pri-Pli). Ma chi non riesce a superare le contrapposizioni e a trovare un accordo programmatico di governo su questioni già in gran parte risolte dall'elettorato, come potrebbe trovarle sulle questioni istituzionali che mettono in gioco riforme costituzionali ed elettorali? Ecco perché abbiamo ritenuto di dare un contributo di chiarezza, di disponibilità e anche di semplificazione. Non abbiamo particolari vocazioni ministeriali. Siamo disposti ad assumerci le nostre responsabilità. Gli altri si assumano le loro. Ma è certo che saremo decisi oppositori di formule deboli, ripetitive illusioni trasformatistiche.