Risposta al compagno Rutellidi Celestino Lucarelli
SOMMARIO: Lucarelli ribadisce che il dibattito svoltosi prima e durante l'ultimo Comitato Centrale socialdemocratico, ha messo in luce che anche buona parte della minoranza, la quale non crede nell'"alternativa riformista", condivide invece appieno quello intermedio di un'"alleanza riformista".
(L'UMANITA', 22 marzo 1988)
L'Avanti di sabato 19 u.s. ha pubblicato un interessante articolo di Francesco Rutelli, intitolato "Intesa possibile per un'area del venti per cento", nel quale il capogruppo radicale alla Camera sviluppa una serie di considerazioni e proposte in ordine all'obiettivo politico di rendere operante un'alleanza dell'area riformista.
Rutelli parte dalla constatazione che l'area dei venti per cento, che si è concretizzata con le elezioni scorse, non è ancora "riuscita a trovare un'intesa politica effettiva e di respiro". Obiettivamente l'area riformista aveva fatto, prima delle elezioni politiche, molti più passi verso un'intesa di quanti ne abbia compiuti dopo. Aveva combattuto in piena unità tattica il difficile frangente che portò al governo Fanfani ed allo scioglimento delle Camere per congiunta volontà della Dc e del Pci, ed aveva affrontato le elezioni con un comune discorso politico che consenti anche l'emblematica presentazione di liste comuni Psdi-Psi-Pr in cinque collegi senatoriali.
Diversi fattori, che qui sarebbe lungo analizzare, rallentarono poi questo processo e il congresso radicale sembrò, con la scelta transnazionale, non porre più al centro della propria attenzione l'intesa intrariformista che invece il Psdi ha continuato a perorare, scontando anche non poche incomprensioni su questo terreno.
Ora l'on. Rutelli rilancia l'iniziativa d'area legandola all'obiettivo di una partecipazione radicale al nuovo governo.
Anche a questo riguardo il Psdi, coerentemente, si è pronunciato a favore di un allargamento a radicali e verdi della collaborazione governativa, ben sapendo che ciò favorirebbe il consolidamento e lo sviluppo di quell'intesa fra tutte le forze riformiste che è al centro della linea politica deliberata dall'ultimo congresso e che è stata ampiamente confermata dall'ultimo Comitato Centrale.
Si può anzi aggiungere che il dibattito, svoltosi prima e durante l'ultimo Comitato Centrale socialdemocratico, ha messo in luce che anche buona parte della minoranza, la quale non crede nell'obiettivo più lontano dell'"alternativa riformista", condivide invece, appieno quello intermedio di una "alleanza riformista" che la maggioranza del Psdi considera tramite necessario per giungere, in un domani meno prossimo, a determinare uno schieramento di forze riformiste consistente quanto basta per poter costituire un'alternativa di governo alla Dc.
Ma se l'allargamento dell'area di governo a verdi e radicali non fosse purtroppo possibile, a causa della dichiarata ostilità sia della Dc, che non vuol rafforzare nel governo la linea referendaria, sia del Pci, che aspira visibilmente a satellizzare intorno a se le forze minori di sinistra, non per questo il Psdi dovrà abbandonare la propria linea congressuale che lo impegna a ricercare, anche tramite altre iniziative politiche, un'intesa operativa con tutte le forze riformiste attraverso, per usare le parole dello stesso Rutelli, "quadro preciso di iniziative comuni sul piano politico, parlamentare, magari referendario".
Qui lo spazio di iniziativa radicale potrebbe essere reso più ampio proprio dalla sua dimensione non più nazionale che può meglio qualificarlo nei confronti delle crescenti nuove forze politiche localiste che proliferano appunto dalla crisi della dimensione nazionale dello Stato e dalla sua conseguente incapacità di fornire risposte congrue a determinati problemi sia sovranazionali che subnazionali.
L'on. Rutelli, dopo aver "riaffermata la leale e sincera volontà di consolidare i rapporti con il Psi e il Psdi" conclude l'articolo citato scrivendo "all'interno di questo cammino, spezzare proprio oggi l'intesa tra socialisti e radicali sarebbe un errore grave". Ha certamente ragione purché non presuma l'equivalenza: mancato ingresso dei radicali al governo = rottura con Psdi e Psi.
L'attuale crisi governativa è infatti più complessa di quanto possa apparire a prima vista, perché il Paese entra in un periodo di transizione forse verso quell'"alternativa riformista" che ancora purtroppo non è affatto pronta all'eventualità. Lo stesso Craxi non ha escluso un appoggio esterno a De Mita, che in ogni caso non gli negherebbe per non aprire la via al compromesso Dc-Pci. Cariglia, mentre ha ribadito la volontà di stretta collaborazione con il Psi, ha dichiarato che il Psdi non intende entrare al governo a tutti i costi. I Verdi hanno dichiarato, per parte loro, di considerare la propria partecipazione al governo incompatibile con la presenza del Pri che è campione del filonuclearismo ed il cui ministro Battaglia ha provocato formalmente la crisi del governo Goria con l'ordine di ripresa dei lavori alla centrale di Montalto. E certo non hanno tutti i torti.
Il Governo che nascerà sarà quindi la risultante di molti fattori, non tutti certo riconducibili alla volontà delle forze riformiste. L'obiettivo di realizzare un'"alleanza riformista per l'alternativa" deve dunque sì condizionare le scelte governative di ogni forza politica che si considera impegnata su tali obiettivi, ma non deve, viceversa, essere condizionato a sua volta dall'esito delle trattative per la formazione di un ministero. L'intesa dell'area del venti per cento che Rutelli auspica deve consolidarsi ed estendersi affinché non sia esposta a tutti i venti avversi, ma possa, al contrario, imporre via via di più il proprio peso sia in termini di governo, più di quanto oggi, chiaramente, non le riesca.