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Nazioni Unite - 22 aprile 1988
(5) Studio delle conseguenze economiche e sociali della corsa agli armamenti e delle spese militari
Nazioni Unite - Dipartimento degli affari del disarmo - Rapporto del Segretario generale - 22 aprile 1988

CAPITOLO III

SPESE MILITARI E SVILUPPO SOCIO-ECONOMICO

A . Generalità

84. Già da tempo viene messo in evidenza lo stretto rapporto esistente tra disarmo e sviluppo. Numerosi esperti affermano esista un legame intrinseco tra spese militari e sviluppo. Nello stesso tempo altri affermano che questo concetto va meglio precisato dato che il processo di sviluppo non può realizzarsi se non quando viene assicurata una stabile sicurezza tramite mezzi di difesa appropriati. Per questi studiosi, non si può parlare di legami diretti tra disarmo in un paese industrializzato e risultati economici nei paesi in via di sviluppo. Nella maggior parte dei casi, si considera positivamente il rapporto tra disarmo e sviluppo. In effetti dato che una parte delle risorse, già di per sé stesse limitate, viene assorbita dalle crescenti spese militari a scapito di quelle civili, il processo di disarmo può determinare un nuovo apporto di risorse altrimenti in difetto: queste risorse liberate dal disarmo possono contribuire allo sviluppo economico e sociale. La relazione tra spese militari e sviluppo è, pe

r contro, in genere considerata ampiamente negativa: l'aumento delle spese militari mina la base economica della crescita e dello sviluppo e contribuisce pertanto alla stagnazione. Se è pur vero che alcuni tipi di spese militari stimolano a breve termine la crescita di alcune economie, a lungo termine però portano come conseguenza minor effetti favorevoli di quanto non facciano la più parte degli investimenti nel settore civile e, quasi invariabilmente, hanno incidenza economica negativa.

85. Le conseguenze negative dell'eccesso di armamenti sono riassunte nel Documento finale della Conferenza internazionale sul rapporto tra disarmo e sviluppo nei termini seguenti:

»La perdurante corsa agli armamenti assorbe una parte troppo considerevole di risorse umane, finanziarie, naturali e tecnologiche mondiali, con un peso eccessivo sull'economia di tutte le nazioni e crea un ostacolo agli scambi commerciali, finanziari e tecnologici internazionali. Inoltre è un limite nel processo di costituzione della reciproca fiducia tra gli Stati. Le spese militari mondiali sono in drammatico contrasto con il sottosviluppo economico e sociale, così come con la miseria e la povertà che affliggono più di due terzi dell'umanità. E' perciò interesse comune garantire la sicurezza al più basso livello di armamenti e ricercare le strade che permettano di ridurre queste spese 85/.

86. In ogni caso si deve essere prudenti nel trarre delle conclusioni per quanto riguarda la relazione tra spese militari e sviluppo. Può infatti produrre effetti differenti in un gruppo di paesi o in un altro, ma anche all'interno dello stesso gruppo in periodi diversi. Categorie generali come paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo, o paesi ad economia di mercato e paesi ad economia pianificata, possono essere utili per definire, all'interno del sistema dei rapporti internazionali, sottosistemi che permettono di analizzare la relazione tra militarizzazione e sviluppo. Tuttavia queste suddivisioni sono poco precise e possono esservi, quindi, differenze considerevoli tra paesi classificati in uno stesso gruppo. I concetti generali di »militarizzazione e di »sviluppo possono venir usati con vari indicatori, differenti tra loro. Ad esempio, per quanto riguarda lo sviluppo, si può far ricorso a indicatori come l'investimento, il tasso di crescita economica, l'equità socio economica o il grado di risposta

alle esigenze di base. La correlazione tra queste variabili e gli indicatori relativi alle attività militari darà probabilmente risultati che possono essere molto diversi tra loro. E quindi con estrema cautela che si possono individuare gli effetti della relazione tra spese militari e sviluppo, facendo attenzione a collocarla nel suo giusto contesto 86/.

87. I dati sulle spese militari sono generalmente troppo poco precisi perché una loro analisi permetta una valida comparazione geografica e nel tempo. Perciò questi non permettono di individuare in modo soddisfacente la reale portata del settore militare, in termini di sistemi d'arma, di forniture e di effettivi, così come non permettono di valutarne l'influenza economica. Per tentare di completare l'informazione parziale che questi dati forniscono sono stati proposti vari indicatori corrispondenti ai due aspetti. Alcuni fanno riferimento al numero del personale militare, altri alla parte di prodotto interno lordo (PIL) assorbita dal settore militare. Il metodo del PIL, anche se imperfetto sotto molti aspetti, sembra essere per ora l'indicatore più oggettivo se si vuole stimare quantitativamente gli investimenti per la difesa nei diversi paesi, pur con una comparazione approssimativa 87/.

88. La tradizionale interpretazione economica di questo indicatore è sostenuta dalla nozione analitica di costi opportuni. Il costo opportuno delle spese militari definisce semplicemente a quante unità di altri settori di spesa (insegnamento, salute o protezione sociale ad esempio) si dovrebbe rinunciare per produrre un'unità di difesa o, al contrario, quante unità in questi altri settori potrebbero essere create se si rinunciasse ad un'unità di difesa. Questo ragionamento si basa sul fatto che le spese militari si sostituiscono alle spese sociali, e ad altre spese, e calcola l'effetto di un aumento o di una riduzione delle spese militari a favore di altri settori. Questo metodo può essere applicato in diversi modi. Uno dei più semplici è quello di applicarlo all'analisi delle scelte governative dei settori di spesa, sempre considerando la possibilità che siano intercambiabili. Si può quindi valutare il risultato positivo che potrebbe essere raggiunto con la destinazione a fini sociali di una parte delle spe

se militari.

89. Un quadro generale di quanta parte di risorse viene investita, nei diversi gruppi di paesi, permette di rendersi approssimativamente conto della ripartizione tra settore militare e i settori non militari normalmente considerati di grande importanza (vedi Tavola 6).

Tavola 6

Ripartizione percentuale degli stanziamenti di bilancio per settore

Previdenza Altri

Difesa sociale Sanità Istruzione settori

78 84 78 84 78 84 78 84 78 84

Paesi

industr. 13,5 15 37,7 36,8 11,2 11,5 5,1 4 32,5 32,7

Paesi

V.S. 15,4 13,4 16,1 16,1 4,4 4,2 10,8 9,8 53,3 56,5

Investim.

nel mondo 13,9 14,6 33,3 32,6 9,6 9,8 6,4 5,3 36,8 37,7

Fonte: Gouvernment and Finance Statistics Yearbook, vol. 10 (Fondo monetario internazionale. Washington) 1986.

a/ Per le fluttuazioni del PIL, sia nei paesi industrializzati, come in quelli in via di sviluppo e su scala internazionale, una variazione di crescita o di decrescita percentuale non indica necessariamente una variazione in termini assoluti.

Inevitabilmente una tale ripartizione è molto generica, sia per quanto riguarda le categorie che per il gran numero di programmi e di attività tra loro assai diversi raggruppati nell'ultima colonna, e non permette, quindi, un'analisi approfondita. Mette, però, in evidenza alcune caratteristiche interessanti che sembrano essere confermate da altre fonti. Ad esempio che, tra il 1978 e il 1984, i bilanci militari sono aumentati in termini relativi nei paesi industrializzati, ma sono diminuiti, sempre in termini relativi in quelli in via di sviluppo. E' quindi fondamentale stabilire se le spese militari effettuate in questo periodo siano state sostitutive di quelle per il civile o se siano state complementari. Ma non si può rispondere a questa domanda in modo conclusivo, in effetti qualsiasi modifica apportata all'insieme del bilancio della difesa nazionale può avere delle ripercussioni sul meccanismo di ripartizione degli investimenti tra settore militare e settore sociale. Comunque, i dati riportati nella tavo

la suggeriscono la possibilità di una situazione di concorrenzialità tra le spese militari e le spese pubbliche civili nei paesi industrializzati. Ricerche approfondite hanno messo in evidenza che le spese militari tendenzialmente incidono in modo negativo sulla possibilità di soddisfare i bisogni elementari della popolazione, tendenza che, ad ogni modo, non si riscontra ovunque 88/. E' inoltre importante tener presente che gli obiettivi sociali, come la sanità, l'educazione e l'alloggio, possono essere realizzati tramite una contrazione delle spese di settori diversi dal militare, come ad esempio progetti non prioritari del settore pubblico e consumi privati.

B. Incidenza sullo sviluppo economico

90. Oggi il dibattito sul fatto che le spese militari favoriscano o ostacolino la crescita economica è largamente superato. Nella maggior parte dei paesi si assiste al fenomeno di sostituzione delle spese militari con lo sviluppo socio economico 89/. Anche se il fine primario delle spese militari è quello di rispondere alle esigenze di difesa, recenti studi sembrano indicare che alcune spese militari, quando sono tra le priorità politiche, stimolano a breve termine la domanda e, di conseguenza, l'occupazione in industrie collegate alla difesa e, per quanto riguarda alcune economie, anche altre attività economiche. A lungo termine, tuttavia, i costi di opportunità del bilancio della difesa diventano più gravosi e più appariscenti. Ossia, mentre a breve termine, nell'ipotesi di una capacità eccedente o di una domanda insufficiente, le spese militari possono produrre un effetto moltiplicatore suscitando la domanda necessaria, a lungo termine, la mancanza dell'investimento produttivo può nuocere considerevolment

e alla crescita 90/. I costi di opportunità delle spese militari possono venir analizzati confrontandoli nei differenti paesi o con l'esame dell'evoluzione del processo di sviluppo nei vari paesi. Questi due metodi portano a risultati differenti.

91. L'analisi dell'evoluzione dei paesi industrializzati mette in evidenza come, in varie riprese, la crescita economica sia andata di pari passo con la lievitazione delle spese militari 91/. Da queste valutazioni non si può comunque stabilire quale delle due determini l'altra; inoltre per vari fattori questa correlazione, all'interno dei diversi paesi, è ben lontana dall'essere chiaramente individuabile 92/.

92. Diversi studi sulle incidenze a lungo termine delle spese militari nei vari paesi hanno messo in evidenza l'importanza fondamentale rappresentata dagli investimenti produttivi. In generale le spese militari hanno effetto positivo sulla produzione industriale a causa della committenza pubblica di beni d'equipaggiamento per le forze armate. Ma non di meno, in alcuni paesi, come ad esempio negli Stati membri dell'Organizzazione di cooperazione e sviluppo economico (OCSE), si può constatare che, per la maggior parte del periodo trascorso dalla seconda guerra mondiale ad oggi, le spese militari sono state maggiori nel momento in cui gli investimenti restavano deboli. Si può quindi supporre vi sia una relazione di causa effetto tra questi due aspetti, le spese militari provocano inesorabilmente e in modo diretto una compressione dei capitali d'investimento. La riduzione degli investimenti si ripercuote sulle basi della crescita economica e comporta un rallentamento di quest'ultima. Infine, la produzione milita

re tende ad assorbire risorse che potrebbero essere messe utilmente a disposizione della crescita economica tramite le esportazioni. Ci si trova perciò di fronte ad un effetto di sostituzione tra le spese militari da un lato e gli investimenti produttivi o, in ultima analisi, alla crescita economica nel suo complesso dall'altro 93/. Questo rapporto negativo tra spese militari e investimenti da una parte e creazione di capitale e tassi di crescita macro economici dall'altra è riscontrabile nella maggior parte dei paesi facenti parte dell'OCSE 94/.

93. Questo rapporto di alternativa tra gli investimenti militari e sviluppo civile esiste anche nei paesi ad economia pianificata. Questi ultimi hanno dovuto sostenere uno sforzo considerevole, dal punto di vista economico, per rafforzare le loro infrastrutture difensive e per mantenere al contempo un equilibrio in campo economico, scientifico e tecnologico. Per raggiungere questo obiettivo è stato necessario allocare risorse economiche indirizzate allo sviluppo del settore militare dell'industria e alla creazione e sostentamento di una base industriale, scientifica e tecnologica che rendesse possibile la produzione delle armi moderne. Di conseguenza l'avvio di programmi militari ha pesantemente inciso sull'economia e ha distolto dal settore produttivo risorse umane, finanziarie e naturali, limitando le riserve di investimento che sarebbero state disponibili per il settore civile. Tutto ciò, praticamente senza interruzione, sin dalla fine della seconda guerra mondiale 95/. Altri ricercatori hanno rilevato il

ruolo ostacolante di alcuni tra questi effetti di tradeoff nei confronti di programmi per beni di prima necessità, in modo particolare per quanto riguarda l'edilizia e la produzione di beni di consumo durevoli. Ad ogni modo, è anche stato rilevato, che nei paesi ad economia pianificata il sistema di previdenza sociale è sempre stato protetto nei confronti delle fluttuazioni delle spese militari 96/.

94. Se la base economica permette, nei paesi sviluppati, di attenuare gli effetti negativi delle spese militari nei confronti delle condizioni sociali, molte volte si sottolinea che questo non avviene per i paesi in via di sviluppo, dove queste incidenze sono non solamente più rilevanti ma anche più critiche per le condizioni sociali che per lo sviluppo 97/. Si può tuttavia notare che, per il criterio di marginalità dei costi di opportunità delle spese militari, analizzato sopra, non vi è una stretta relazione tra questi e il reddito nazionale. Ciò permette di capire come, indipendentemente dal loro livello di sviluppo attuale, i paesi impegnati in attività militari avanzate o in crescita, investono delle risorse che potrebbero, e in alcuni casi dovrebbero, essere utilizzate per produzioni a fini sociali 98/.

Questa osservazione è basata su varie analisi empiriche della relazione tra spese militari e sviluppo economico dei paesi in via di sviluppo. Tuttavia, secondo queste analisi, la relazione tra spese militari e crescita economica varia a secondo del livello di sviluppo raggiunto dai diversi paesi. Può essere un fattore positivo per quei paesi in via di sviluppo che abbiano reddito elevato, mentre per quelli a reddito intermedio o debole, diventa progressivamente sempre più negativo 99/. Gli effetti positivi a breve termine delle spese militari, in quanto parte delle spese pubbliche, derivano dal processo di modernizzazione, in particolare come progresso tecnologico e creazione di nuova domanda. Tuttavia succede spesso che questi effetti siano annullati dal fatto che le spese militari vengono attuate a detrimento di altri settori e che hanno delle incidenze negative sui tassi di risparmio e, pertanto, sulle possibilità di investimento indispensabili alla crescita ed allo sviluppo 100/. E' quindi evidente come

la corsa agli armamenti produca i medesimi effetti sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo, cioè l'asfissia degli investimenti orientati allo sviluppo economico e sociale e come, quest'effetto, sia più grave nei paesi meno avanzati.

95. Le variazioni marginali delle spese militari, sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo, sono dovute a un gran numero di fattori. E' evidente che la partecipazione a conflitti sia interni che esterni ha delle ripercussioni dirette sulle spese militari. Allo stesso tempo, emerge chiaramente che i regimi militari dedicano alla difesa somme più elevate di quanto non facciano i paesi a governo civile 101/. A lungo termine i costi di opportunità di un ampio budget militare, qualunque ne sia la motivazione, sono quasi sempre elevati: gli effetti negativi della destinazione di risorse al settore militare non possono venir controbilanciati da effetti positivi di lunga durata. E' comunque opportuno sottolineare che questo varia considerevolmente da paese e paese e da regione a regione 102/. I costi di opportunità per un alto livello di spese militari sono chiaramente più elevati in quei paesi che, per altre ragioni, debbono far fronte ad una crisi economica e non possono assolutamente permettersi

spese supplementari per programmi militari.

C. Incidenza sulle risorse umane

96. Il settore militare non offre reali soluzioni al problema dell'occupazione. La relazione tra spese militari ed occupazione è tuttavia complessa e deve essere considerata in un appropriato contesto. Questo risulta assai difficile dato che la situazione varia considerevolmente, non solo da paese a paese ma anche tra i diversi settori industriali. Inoltre non è semplice definire cosa si intenda per occupazione legata al settore militare. In effetti, al di là degli effettivi delle forze armate propriamente dette, si deve tener conto delle diverse tipologie di occupazione nel settore militare. Perciò non ci si può limitare a considerare solo i grandi fornitori di equipaggiamenti militari, tralasciare i sottocommittenti darebbe un'immagine falsata della situazione. Questi ultimi, così come i fornitori di componenti, danno occupazione ad un minor numero di quadri e di tecnici, ma ad un numero maggiore di operai 103/. La contrazione del mercato della difesa per le grandi aziende indipendenti, almeno per quanto r

iguarda gli Stati Uniti, non ha modificato questa situazione. Di fronte a questa tendenza i grandi fornitori si sono indirizzati verso un'integrazione verticale, ossia verso un controllo diretto delle sottocommesse. Essi hanno anche sviluppato gli acquisti all'estero, in particolar modo per quanto riguarda la componentistica la cui produzione standard non richiede mano d'opera specializzata 104/. Questo processo di internazionalizzazione dell'industria degli armamenti, anche a livello di sottocommesse, non fa altro che complicare l'analisi dell'incidenza diretta del settore militare sull'occupazione. Oggi, la produzione di sistemi d'arma richiede apporti umani, finanziari e tecnologici provenienti da diversi paesi e, anche nello stesso paese, da settori industriali estremamente variati. Ad ogni modo, se l'occupazione legata al settore militare è in espansione in ogni paese sotto l'influenza delle società trasnazionali, la ricerca di base, così come i processi di messa a punto e di produzione, rimangono sotto

il controllo nazionale, in particolar modo quando si tratta di tecnologia di particolare valore strategico 105/.

97. In termini generali, gli studi effettuati a livello nazionale non confermano che un elevato grado di spese militari assicuri la piena occupazione. Al contrario, queste spese possono essere causa di disoccupazione in quanto sono accompagnate da una contrazione degli investimenti pubblici nei settori di maggior concentrazione di mano d'opera. In effetti le industrie militari offrono minor possibilità d'occupazione di quanto non avvenga negli altri settori. Questo effetto alternativo appare in modo evidente quando ci si serva di modelli indicativi per quanto riguarda determinate industrie, o determinate regioni, o ancora determinati programmi di armamento 106/. Un approccio più corretto potrebbe essere quello di analizzare gli effetti delle spese militari sull'occupazione tenendo maggiormente presenti i problemi della riconversione (in termini di passaggio dalla produzione militare alla produzione di beni e servizi per il settore civile, di cui ci occuperemo nel seguito) che si pone non solamente su scala n

azionale ma anche a livello locale. D'altra parte, tagli considerevoli degli investimenti destinati al settore militare ed alle forze armate permetterebbero di liberare risorse in favore del settore civile, sia allocando delle risorse attraverso il bilancio dello Stato, sia riducendo le imposte e creando occupazione tramite il rilancio degli investimenti e dei consumi.

98. La destinazione finale della produzione - sia militare che civile - non ha, in sé, incidenze dirette sul livello occupazionale il quale è dovuto ad altri fattori. Questo spiega perché alcuni settori industriali dipendenti dal militare, come le costruzioni navali e gli approvvigionamenti di materiale, a volte creino altrettanta occupazione, se non maggiore, di quanto non facciano quelli orientati al settore civile, come l'industria dell'automobile. Comunque, in termini generali, ad ugual livello d'investimento, le aziende che producono per il settore militare tendono a dar occupazione a meno persone di quanto non avvenga nelle altre. Questo per due motivi fondamentali. In primo luogo perché, nei principali paesi industrializzati, gli investimenti delle forze armate o dell'amministrazione militare per la produzione di equipaggiamenti e servizi per la difesa hanno una relativa incidenza sull'occupazione; di modo che, la riconversione degli impieghi dal settore pubblico verso il settore delle industrie priva

te o ad esse connesse riduce lo spazio di possibilità occupazionale. Inoltre, un secondo fattore è rappresentato dal fatto che questa riconversione permette la creazione di impieghi maggiormente remunerati e la costituzione di gruppi di lavoratori e di quadri privilegiati. In altre parole l'effetto complessivo dell'occupazione legata al settore militare è quello di abbassare il livello occupazionale in termini relativi, ma allo stesso tempo di aumentarne il costo 107/.

99. Il livello di occupazione nel settore militare, così come in quello civile, è determinato dal grado tecnologico e dall'entità dei capitali investiti nel processo di produzione. Si deve anche tener conto del periodo di industrializzazione del settore. Nelle industrie avviate da lungo tempo, come la cantieristica o la metallurgia, la produzione militare può essere utile per mantenere l'occupazione. I finanziamenti pubblici dei contratti legati alla difesa possono aiutare queste industrie a sopravvivere, senza questo sostegno potrebbero essere danneggiate dalla concorrenza internazionale, sia a livello di produzione che di redditività, e finire per essere eliminate. Ciononostante, questa destinazione delle risorse, che trae origine da motivazioni politiche, può contribuire a rallentare l'emergere di nuovi settori industriali che non potrebbero contrapporsi alla concorrenza internazionale sul mercato dei prodotti civili se non facendo ricorso a tecnici specializzati e ad una mano d'opera qualificata. Così, s

ul piano strutturale, la destinazione di risorse limitatamente al settore militare a danno di altri settori potrebbe avere, nei principali paesi industrializzati, effetti controproducenti. In taluni casi le spese militari impediscono la crescita della produzione in modo indiretto, per le incidenze negative a lungo termine che possono produrre sulle politiche di investimento e sui piani di ricerca 108/.

100. Di norma, le branche industriali del settore militare ad alta tecnologia e maggiormente specializzate, come ad esempio l'aviazione, le comunicazioni e la produzione missilistica, sono proprio quelle che offrono le minori possibilità di occupazione 109/. In confronto alle industrie tradizionali si tratta di industrie »giovani . Ma, il passaggio dalle vecchie alle nuove industrie può provocare problemi a livello occupazionale che possono venir aggravati dalla tendenza sempre più appariscente del settore militare a far ricorso a tecnologie avanzate. Oggi è generalmente accettato che spese pubbliche in settori diversi da quello militare permettono una più ampia occupazione 110/. Per questo motivo, su scala nazionale, la ridistribuzione delle risorse precedentemente allocate al settore militare produrrebbe sull'occupazione non conseguenze negative, ma anzi positive.. Ad ogni modo non si deve sottovalutare che l'occupazione nel settore militare è fortemente concentrata, sia per regioni che per settori d'attiv

ità. Questa caratteristica può essere di ostacolo agli sforzi di riconversione di mano d'opera dal settore militare al settore civile. Bisogna far fronte ad ostacoli, peraltro non insormontabili, dal momento che le riforme strutturali del settore militare e la conclusione di accordi per la riduzione degli armamenti comportano misure di riaggiustamento. In questo contesto, nei paesi ad economia di mercato, si possono temere impedimenti di ordine politico alla creazione di occupazione nel settore pubblico. Se per motivi politici non si potesse ravvisare la possibilità di espansione in questo settore, dovrebbero essere create altre possibilità di occupazione, sia nelle nuove forme industriali, come anche nel terziario, ove la domanda di mano d'opera è ancora forte. La soluzione più costruttiva sarebbe quella di trasferire la mano d'opera altamente qualificata dal settore delle produzioni militari alla produzione civile delle industrie ad alta tecnologia, trasferimento che non rappresenterebbe solo vantaggi dire

tti per l'economia nazionale, ma permetterebbe altresì di rinforzare la posizione dei singoli paesi sulla concorrenzialità del mercato internazionale, cosa che, a lungo termine, rappresenta un vantaggio.

D. Incidenze sul progresso tecnologico

101. I progressi tecnologici nel campo dell'aviazione civile, dell'elettronica, dell'informatica, della ricerca spaziale, della chimica e della biologia hanno applicazioni militari evidenti. E' noto che la messa a punto di tecnologie innovative nelle branche industriali civili contribuisce fortemente allo sviluppo della produzione militare. Nella situazione attuale la ricerca e sviluppo (R&S) militare sarebbe inconcepibile senza il supporto delle infrastrutture civili a livello di ricerca, di messa punto e di produzione. La maggior parte delle tecnologie del settore civile sono tecnologie bivalenti, che hanno la possibilità di venir impiegate anche in quello militare.

102. Vi è anche la possibilità della relazione inversa, ma ciò è maggiormente complesso dato che le tecnologie militari debbono rispondere a fini ben precisi e non hanno possibilità di applicazioni civili immediate. Questo ha portato a credere che le applicazioni tecnologiche della R&S militare siano limitate, o talora inesistenti 111/. Ad ogni modo questa conclusione, anche se giustificata, deve essere rivista alla luce della situazione attuale. In effetti la produzione industriale oggi fa maggiormente ricorso all'elettronica, alle biotecnologie, alla chimica e alle altre tecnologie innovative. La necessità di individuare delle applicazioni per i prodotti di queste nuove tecnologie, in ogni sistema di produzione contemporanea, tende a sfumare i limiti tra applicazioni civili e applicazioni militari 112/. In altre parole la differenza tra le produzioni è più legata alla loro applicazione finale che ai loro specifici aspetti tecnologici.

103. Perciò, nel momento in cui si voglia analizzare le applicazioni della R&S militare, è opportuno stabilire una netta distinzione tra, da una parte, l'apporto del settore civile alla produzione puramente militare e, dall'altra, le tecnologie che possono avere applicazioni miste. Queste ultime hanno avuto, senza ombra di dubbio, maggiori applicazioni nel settore civile di quanto non abbiano avuto i risultati della R&S puramente militare. Si è inoltre fatto notare che i grandi progetti di R&S militare, i cui obiettivi militari sono definiti in modo vago, avrebbero verosimilmente prodotto maggiori applicazioni civili di quanto non sia avvenuto con la messa a punto di sistemi d'arma con parametri precisi 113/. Nel complesso si può dire che tali applicazioni presentano due aspetti distinti: un aspetto specifico, ossia l'applicazione al settore civile delle conoscenze tecnologiche acquisite nella messa a punto di determinati sistemi d'arma e un aspetto più generale che deve venir valutato all'interno della situ

azione di ogni singolo Stato. In definitiva si tratta di stabilire se, dal punto di vista nazionale, il progresso tecnologico è determinato dalle necessità militari o dalle esigenze dello sviluppo. Varie analisi nazionali sembrano indicare che lo sviluppo delle industrie militari, spaziali e nucleari è in parte dovuto alle conseguenze non previste dei progressi tecnologici. Ma è anche vero che l'espansione di queste industrie è determinata da considerazioni di ordine politico e militare che non tengono necessariamente conto della volontà di contribuire al benessere delle popolazioni e del progresso sociale o della sicurezza nazionale 114/. Una volta garantita la sicurezza, sarebbe nell'interesse del soddisfacimento dei bisogni delle popolazioni destinare le risorse finanziarie allocate per la R&S militare per la realizzazione di prodotti civili, questo sia per i paesi sviluppati che per quelli in via di sviluppo.

104. Nelle grandi potenze, la R&S militare è passata da progetti di limitata portata a »mega progetti che assorbono decine e decine di miliardi di dollari. Questi progetti coinvolgono svariati istituti di ricerca e migliaia di ricercatori e tecnici, sia che si tratti di realizzare un determinato sistema d'arma che di approfondire un'idea di carattere più generale. Il beneficio economico e sociale che questi progetti comportano è oggetto di polemiche. Quanti sono favorevoli a questi progetti sottolineano che la loro realizzazione, nel quadro di programmi come ad esempio quello dell'Iniziativa di difesa strategica (SDI), esposto succintamente nel primo capitolo, possono essere commercializzati con un'espansione del mercato ed essere, quindi, occasione di profitti per varie branche industriali. Non vi è dubbio che le società che partecipano direttamente ai vari »mega progetti ne traggono profitti a breve termine, essendo garantiti considerevoli finanziamenti statali per la loro realizzazione.

105. Sul piano nazionale, le conseguenze dei progetti militari si presentano in maniera più complessa. E' stato sottolineato a ragione che il segreto militare ostacola il reale trasferimento di tecnologia verso il settore civile. In oltre, la R&S militare mette l'accento sul carattere di prestazione di una tecnologia. Si è già visto che i criteri di prestazione e le esigenze di duplicazione sono interessi particolarmente sentiti in campo militare in cui un sistema d'arma deve poter essere superiore e distruggere quello del nemico, ma, per il mercato dei consumi, in cui ha valore l'elemento »prezzo , si tratta di considerazioni secondarie 115/.

E. Incidenze sull'inflazione

106. Spesso si dice che le spese militari sono una delle maggiori cause delle pressioni inflazioniste. Non di meno la relazione tra spese militari e inflazione non è facile da cogliere. Per metterla in evidenza si deve tener conto dei tre fattori comunemente ammessi come responsabili dell'inflazione: i costi, la domanda e l'inflazione monetaria. L'inflazione determinata dai costi presuppone l'esistenza di elementi propri alla produzione militare che possano provocare autonomamente una spinta inflazionistica. Come esempio si può riportare il carattere oligopolico e non concorrenziale del mercato degli armamenti, grazie al quale i principali produttori di armi impongono prezzi che non potrebbero essere sostenuti se fossero in gioco le leggi di mercato 116/. Spinge ugualmente all'inflazione la rapida crescita dei costi delle tecnologie militari sul mercato internazionale degli armamenti, risultante tanto dalla struttura stessa dell'industria militare quanto dall'importanza rappresentata dall'aspetto qualitativo

della corsa agli armamenti. Questo suggerisce che l'importanza dedicata ai criteri di prestazione nella valutazione delle tecnologie militari e nella loro realizzazione contribuisce ulteriormente all'inflazione causata dai costi. Si deve tuttavia ricordare che il rialzo dei prezzi di costo inerenti alla messa a punto di nuovi sistemi d'arma non è equivalente ad inflazione. La corsa agli armamenti comporta la produzione di armi sempre più perfezionate e differenti da quelle già esistenti. Se è vero che si tratta anche di un perfezionamento dei prodotti, l'importanza rivestita dai criteri di prestazione e di qualità tecnica nei confronti dell'avversario non sono motivi estranei alla crescita continua dei costi relativi alla tecnologia militare. Per tutti questi motivi i costi legati alla realizzazione di nuovi programmi, in pratica, saranno sempre molto elevati 117/.

107. La crescita delle spese militari non accompagnata da una riduzione equivalente delle altre spese, pubbliche o private che siano, particolarmente quando il sistema di produzione funziona a pieno ritmo, tende a provocare il rialzo dei prezzi. Si può facilmente rilevare che, in alcuni periodi, è avvenuto che l'aumento delle spese militari non sia stato compensato da un aumento di imposte per limitare le spese private né da una riduzione delle spese pubbliche negli altri settori. Una simile situazione provoca generalmente, con le dovute differenziazioni, una tendenza all'inflazione specialmente quando vi sia piena occupazione. Cosa che avviene anche quando il deficit di bilancio imputabile generalmente, almeno in parte, a grossi investimenti militari non viene finanziato dal risparmio interno, ma da un aumento della massa monetaria o da importazione di capitali. Questo rigonfiamento della massa monetaria non può che tradursi in un aumento dei prezzi. In materia di inflazione sia la domanda che l'elemento mo

netario sono di carattere generale e si applicano a qualsiasi forma di spesa, sia pubblica che privata, militare o civile.

108. Nei paesi industrializzati il tasso di crescita dei costi di produzione, prodotto dai vari tipi di inflazione coniugati al necessario perfezionamento dei prodotti, è stato ben più rapido nel settore militare che nell'insieme dell'economia. Ne sono risultati problemi specifici del settore militare che, congiunti all'importanza data alla prestazione del prodotto finito, hanno determinato l'impossibilità di produrre aerei militari o qualsiasi altro sistema militare d'avanguardia nella stessa quantità che nel passato. Perciò, ad ogni nuova generazione di aerei militari, i costi di programma sono superiori a quelli della generazione precedente e la produzione è meno ampia. Una tale compressione è difficilmente aggirabile. A questo proposito i produttori di armamenti si sono sforzati di accrescere le esportazioni per realizzare delle economie di scala, obiettivo divenuto sempre più aleatorio nel corso degli anni '80 per la diminuzione della domanda d'armi da parte dei paesi in via di sviluppo 118/. E' assai d

ifficile compensare la crescita dei costi di produzione militare se non attraverso una ristrutturazione e una contrazione delle spese militari in altri settori dell'attività economica. Ma simili soluzioni non possono essere facilmente applicate, sia per ostacoli di ordine politico sia perché viene ritenuto illogico dover ridurre l'occupazione e restringere i consumi in una congiuntura economica che si viene deteriorando.

109. Per questi motivi un paese che decidesse di accrescere le sue spese militari senza misure di compensazione si esporrebbe ad una spinta inflazionistica 119/. Inoltre, l'aumento dei costi di produzione dei nuovi sistemi d'arma tende a rilanciare il processo inflazionistico nel suo insieme. Le analisi mettono in evidenza che in alcuni paesi, sia sviluppati che in via di sviluppo, l'aumento delle spese militari ha rappresentato, in certi periodi, una delle cause dirette dell'inflazione. Non si vuole però affermare che, in questi casi specifici, l'inflazione sia esclusivamente imputabile alla crescita delle spese militari, dato che sarebbe impossibile valutare in modo preciso, nei diversi paesi, quel che si sarebbe prodotto se non vi fosse stata una tale crescita.

F. Incidenza sui flussi finanziari e sull'indebitamento

110. L'aumento dei deficit di bilancio è stato, nel corso di questi ultimi anni, al centro delle preoccupazioni di numerosi paesi, sia industrializzati che in via di sviluppo. Questi deficit sono stati causati da svariati fattori: l'instabilità dei mercati monetari, i mutamenti sul mercato internazionale del costo del petrolio e di altri prodotti di base, le politiche economiche nazionali, ecc. In generale i programmi militari non hanno avuto, al di là di facili generalizzazioni, un ruolo determinante in questo processo, anche se questa valutazione varia da un paese all'altro. Nel caso di alcune grandi potenze mondiali è evidente quanto la relazione tra programmi militari di grande portata e politiche fiscali lassiste hanno contribuito al prodursi di una crisi finanziaria, segno di una profonda contraddizione delle politiche governative. A lungo termine i deficit non possono venir finanziati se non tramite un crescente indebitamento, cosa che presuppone il ricorso a fonti di finanziamento sia nazionale che i

nternazionale.

111. Nel caso dei paesi in via di sviluppo la maggior parte del debito è finanziato da risorse straniere che, dalla metà degli anni '70, sono sempre più spesso rappresentate da consorzi di banche private e non da organizzazioni pubbliche internazionali. In tutti i paesi, ma particolarmente nei paesi in via di sviluppo, il finanziamento del debito crea pressioni inflazionistiche e porta a sua volta l'esigenza di nuovi prestiti esteri. La produzione nazionale di armi non può »decollare se non quando una parte considerevole dei fondi pubblici venga destinata allo sviluppo delle infrastrutture e alla messa a punto dei sistemi d'arma, tende perciò ad accrescere il deficit di bilancio. Le importazioni d'armamenti contribuiscono a loro volta al deficit della bilancia commerciale provocando la necessità di nuovi prestiti. La produzione nazionale di armamenti, in particolar modo quando è ancora poco sviluppata, non sopperisce all'esigenza di importare armi. Per altro i paesi produttori devono acquistare all'estero i

nfrastrutture intermedie che sono indispensabili per il processo di produzione e non disponibili da fornitori nazionali.

Questi due tipi di sforzo militare - la fabbricazione e l'importazione di armamenti - pur non rappresentando l'unica causa di indebitamento estero, contribuiscono in tutti i casi ad aggravarlo. La produzione di armi con forte componente di importazione e gli acquisti esteri hanno pertanto aggravato il peso del debito estero e impediscono l'utilizzazione per altri fini delle già scarse risorse.

112. L'espansione della vendita d'armi negli anni '70 è stata ampiamente finanziata dai crediti provenienti dagli stessi paesi fornitori. Da quel periodo in poi il mercato internazionale delle armi è stato caratterizzato da una crescente concorrenza tra i principali fornitori. Per conservare il loro primato alcuni di questi hanno accordato notevoli crediti per l'esportazione, fino a 5 miliardi di dollari nel caso dei maggiori clienti. Alla fine degli anni '70 più della metà delle importazioni d'armi, nei paesi in via di sviluppo, erano finanziate dai crediti. Secondo certe valutazioni il costo sostitutivo dei crediti militari è rappresentato tra il 20 e il 30% del valore reale del debito dei paesi in via di sviluppo. In assenza di forniture d'armamenti i trasferimenti negativi netti di questi paesi avrebbero potuto essere minori 120/. Queste percentuali sono da mettere in rapporto all'ammontare totale accumulato dal debito militare che, secondo le stime, era valutabile, per il periodo 1972 82, in 86 miliardi

di dollari, il 15% dell'ammontare totale del debito del 1982 dei paesi in via di sviluppo. La crescita del debito è stata messa in relazione all'aumento dei crediti per il trasferimento di armi che, dai due ai tre miliardi di dollari all'anno all'inizio degli anni Settanta, sono passati all'inizio degli anni '80 a circa 10 miliardi.

113. La portata degli investimenti militari può ripercuotersi direttamente anche sull'indebitamento estero. Nella misura in cui riducono la parte destinata agli investimenti e alla ricerca e sviluppo, le spese militari minano alle fondamenta le strategie economiche interne orientate all'esportazione. Ne deriva uno squilibrio delle economie nazionali che devono essere sostenute tramite l'importazione di capitali destinati a finanziare sia i deficit di bilancio che le strategie di rilancio delle esportazioni. In altri termini, i deficit di bilancio tendono a limitare i quantitativi di risorse disponibili per gli investimenti privati o permettono di assicurare la tenuta di questi investimenti mentre il debito estero va aumentando. In tutti e due i casi il risultato finale è un aumento del debito estero sia per la minor incisività dei risultati dell'esportazione, sia per l'aumento diretto dei prestiti stranieri. E' quindi evidente che le spese militari, in quanto componenti del deficit di bilancio compromettono

gli sforzi fatti nel tentativo di far uscire le economie nazionali dall'impasse nel quale si trovano anche a causa delle spese militari stesse 122/. Questa contraddizione strutturale, e gli sforzi effettuati per risolverla, comportano costi sociali elevati, in modo particolare per i dipendenti, che arrivano addirittura a mobilitarsi contro i governi nel momento in cui questi dovessero applicare misure di austerità. In altri termini i tentativi fatti dai governi per superare la crisi del debito estero possono, a causa delle conseguenze sociali provocate dalle misure di austerità, provocare instabilità politica, cosa che rende assai difficile il passaggio dal potere militare a quello civile 123/.

114. In ogni caso gli acquisti di armamenti non hanno nei vari paesi le stesse ripercussioni sul debito estero. Nei paesi con ampia disponibilità di valuta estera le spese militari non rappresentano necessariamente un ostacolo particolare nei confronti delle spese per il civile o per la crescita economica. Mentre nei paesi in cui le risorse in valuta sono limitate vi sono considerevoli difficoltà nel creare e sviluppare una vitale industria degli armamenti, difficoltà che possono venir superate solo facendo ricorso a prestiti sempre più ampi. Inoltre, in questi paesi, il volume dei fondi disponibili per gli investimenti è una delle componenti fondamentali per la crescita economica 124/.

115. La contrazione delle risorse prodotta dal debito estero tocca più particolarmente i paesi che hanno basato la loro strategia economica sull'esportazione dei prodotti di base. La crisi del debito degli anni '80 è legata alla caduta dei prezzi dei prodotti primari e alla crescita concomitante dei tassi di interesse verificatasi nei primi anni '80.1 paesi esportatori di materie prime hanno saturato il mercato internazionale, al fine di procurarsi i capitali necessari in funzione del prestito, nel momento in cui la domanda era poco favorevole. Per di più, nel tentativo di sviluppare le loro esportazioni, si sono sottoposti ad accresciute misure protezionistiche e alla competizione tra nazioni esportatrici. I paesi indebitati avranno sicuramente esportato più prodotti di base, ma questo non ha necessariamente ostacolato la diminuzione del loro cumulo globale delle entrate da esportazione. Così la crisi del debito ha aggravato i problemi delle materie prime, proprio perché non vi è stato nessun serio tentativ

o su scala internazionale per tentare di risolverlo 125/. In questa situazione i paesi in via di sviluppo che avevano tentato di finanziare i loro acquisti di armamenti tramite l'esportazione di materie prime si sono scontrati con problemi di aggiustamento strutturale e di servizio del debito particolarmente gravi. Questa è una delle ragioni che ha imposto la riduzione, negli ultimi tempi, dei loro acquisti di armamenti.

116. La pressione del credito internazionale spiega in parte la diminuzione dei trasferimenti di armamenti dai paesi industrializzati verso i paesi in via di sviluppo. La carenza di valuta pregiata impedisce il mantenimento dell'alto livello delle importazioni d'armi e di materiale militare. Secondo alcuni ricercatori, per aggirare questo ostacolo, i partners commerciali sono ricorsi a varie forme di compensazioni. Ma non sempre la preferenza accordata alle compensazioni è unicamente determinata dalla mancanza di liquidità economica. Indipendentemente dalla quantità di valuta pregiata la scelta delle compensazioni può essere determinata da valutazioni politiche dei vari governi. Molto spesso sono state preferite perché possono creare punti di comunanza, sul piano politico, economico e tecnologico, tra gli acquirenti e i venditori 126/. In genere, la riduzione delle importazioni di armamenti è stata per molti paesi indebitati positiva, nella misura in cui il ristabilirsi di un regime democratico ha implicato

una ristrutturazione delle priorità.

117. La produzione nazionale di armamenti e le importazioni hanno contribuito all'indebitamento estero ma i motivi profondi di questo fenomeno sono da ricercarsi altrove. Tali motivi comprendono la riduzione di alcune forme d'importazione di capitali, l'aumento in alcuni paesi della fuga di capitali, i tassi d'interesse elevati e gli stessi interessi sul debito. Tra il 1976 e il 1983, i soli paesi dell'America latina hanno pagato 173 miliardi di dollari di interessi sul loro debito internazionale 127/.111982 ha segnato una svolta nella posizione finanziaria dell'America meridionale. Tra il 1973 e il 1981, i trasferimenti netti di risorse economiche verso i paesi dell'America latina erano stati di 10,2 miliardi di dollari. Nel periodo '79/'81 i trasferimenti netti rappresentavano ancora il 13% delle esportazioni. Tra il 1982 e il 1984 però i trasferimenti in negativo avevano raggiunto circa il 25(1o delle esportazioni, comportando un notevole prelievo di risorse economiche del continente sud americano. Nel 19

82 i trasferimenti negativi raggiunsero i 18,9 miliardi di dollari, per arrivare a circa 30 miliardi di dollari annui durante il periodo 1983 1985 128/.

118. La complessità dei problemi dell'America latina fu aggravata dalla convergenza di politiche interne ed estere di normalizzazione e congiunturali. Nei vari paesi gli sforzi per superare la situazione di squilibrio interno dovuto all'inflazione e alla recessione sono andati di pari passo con il passaggio a governi di tipo costituzionale. Il ristabilimento dell'equilibrio economico interno rappresentava un aspetto importante di questo processo, ma sono state necessarie pressioni esterne su questi paesi per indurli a correggere gli squilibri legati al deficit della bilancia dei pagamenti. In luogo di modificare progressivamente la distribuzione delle risorse per porre rimedio a questi squilibri esterni, i governi dei paesi indebitati hanno dovuto cedere alle esigenze delle istituzioni economiche internazionali e, in mancanza di altre soluzioni valide, prendere rapide misure di riduzione delle spese pubbliche, in modo particolare delle spese sociali 129/.

119. Se si paragona questa situazione con quella del Medio Oriente si rileva che in America latina il peso delle importazioni di armamenti è stato minore. Negli ultimi due decenni il Medio Oriente è stato infatti il principale importatore di armamenti. Le entrate dovute al petrolio e l'aiuto militare esterno hanno spinto queste regioni a mantenere un volume elevato di acquisti d'armamenti, ma, dalla metà degli anni '80, essendo diminuiti gli introiti relativi al petrolio, ne è conseguita una riduzione della capacità d'importazione di armi e delle tecnologie avanzate. In altri termini, questi paesi non possono più importare armamenti senza che la loro economia ne abbia un contraccolpo. In questa prospettiva la guerra del Golfo, perciò, in parte è stata condotta mediante finanziamenti stranieri.

G. Incidenza sulle condizioni socio culturali

120. Le innovazioni tecnologiche in generale, e in particolare quelle che appartengono all'industria militare, creano nuove condizioni sociali, politiche e psicologiche. La tecnologia perciò è una componente interna della struttura economica e politica delle società. I moderni sistemi d'arma comportano enormi mezzi economici ed organizzativi che mobilitano e concentrano le risorse di numerosi settori sociali. Nel corso della loro realizzazione i progetti per gli armamenti acquisiscono facilmente una identità e una motivazione propria. Per questa ragione spesso è difficile limitare o arrestare la loro realizzazione.

121. I principali sistemi d'arma sono l'espressione del grado di capacità tecnologica delle nazioni coinvolte nella corsa agli armamenti. Cosa particolarmente vera per quanto riguarda le grandi potenze militari. L'idea del progresso industriale e tecnologico è profondamente radicata nella cultura politica della gran parte delle società che tendono alla modernizzazione. Nelle società industrializzate le tecnologie militari avanzate sono spesso considerate come espressione della modernità e del progresso 130/. Perciò questi sistemi di distruzione sono nello stesso tempo segno delle contraddizioni implicite nel concetto di modernità. Le politiche ufficiali di sicurezza, che si suppone fondate sulla ragione e la prudenza, spesso hanno prodotto risultati irrazionali e poco accorti compromettendo tutte quelle misure prese in funzione di assicurare la sicurezza internazionale e collettiva. Questa situazione paradossale è dovuta all'antinomia che si è creata, parallelamente alle nuove armi, tra la sicurezza delle na

zioni e la sicurezza globale: è stato detto che »sempre più, con lo svilupparsi delle tecnologie militari contemporanee, l'esigenza di sicurezza degli Stati nell'interesse dei loro cittadini implica una crescente insicurezza di tutti gli esseri umani in quanto tali. Più la sicurezza è definita in funzione dell'interesse dei cittadini dei singoli Stati più questa viene compromessa nei confronti della popolazione mondiale 131/.

122. Una delle basi dei rapporti internazionali odierni è la sicurezza garantita dai singoli Stati. Di conseguenza, secondo i principi della dottrina della deterrenza, vengono accettati quegli armamenti considerati difensivi, che quindi abbiano credibilità sia nelle rappresaglie sia nella diretta difesa del territorio nazionale. Ma, nella misura in cui sono simboli della potenza e del valore nazionale, i grandi sistemi d'arma svolgono anche una funzione politica. Che si voglia o no i progetti militari rappresentano i valori, le intenzioni e gli obiettivi politici che le altre nazioni recepiscono secondo il loro proprio sistema di riferimento. Per ragioni culturali e politiche questa differenziazione di percezioni aumenta l'elemento di incertezza e di non prevedibilità nei rapporti militari tra le nazioni. Inoltre il significato rappresentato dagli armamenti viene interpretato in modo diverso dai responsabili politici e dalle popolazioni, cosa questa che può produrre polemiche e manifestazioni di piazza.

123. E' evidente che le decisioni relative alla messa a punto e allo sviluppo dei moderni sistemi d'arma provocano assai spesso accese controversie su scala nazionale. Tali decisioni determinano approvazione o opposizione all'interno di una nazione, uniscono e nello stesso tempo dividono le nazioni coinvolte. Questo tipo di contraddizione riflette l'opposizione sempre prodottasi tra l'esigenza di sicurezza militare e la volontà di pace. In queste due concezioni si possono ritrovare, con proposte di soluzione certamente differenti, le risposte alla insicurezza. La reazione alla violenza e alla mancanza di sicurezza storicamente dominante è stata quella di rinforzare la macchina politica e militare, ossia lo Stato, per proteggere i cittadini contro i disordini interni e contro la minaccia esterna.

124. Oggi ci si chiede sempre più spesso se, nell'era delle armi nucleari di lunga gittata, lo Stato possa offrire una sicurezza appropriata al territorio nazionale ed ai suoi abitanti. Le armi nucleari hanno messo in luce il distacco tra i mezzi di cui si dispone per la sicurezza nazionale e la natura della sfida con cui ci si deve confrontare. Si è tentato di ridurre questo problema con la riaffermazione del ruolo centrale dello Stato come garante della sicurezza, ma nello stesso tempo la dottrina della deterrenza, in particolare quella nucleare, è divenuta in alcuni paesi uno strumento fondamentale per la sicurezza nazionale e per tranquillizzare l'opinione pubblica sulla sua adeguatezza. Ma sempre più ci si domanda se questo approccio possa rispondere alle esigenze di sicurezza. Dai sondaggi emerge che l'opinione pubblica è divisa tra coloro i quali ritengono la sicurezza prima di tutto un problema di dissuasione e di capacità di difesa e quelli che la concepiscono in termini di disarmo, di sviluppo e in

funzione di considerazioni umanitarie ben più vaste. Queste due posizioni non sempre possono convergere ma anzi, nei fatti, sempre più spesso si contrappongono.

125. Questo disaccordo si manifesta in varie forme - negli organi di informazione, nei dibattiti pubblici e nell'insegnamento. Storicamente, le esigenze di sicurezza e le aspirazioni della collettività hanno trovato convergenza nello Stato. Ma, le nuove forme di insicurezza apparse sia sul piano internazionale che nazionale hanno incrinato questo consenso rimettendo in discussione l'efficacia della dottrina di deterrenza e la nozione stessa di sicurezza basata sullo Stato. Una soluzione potrebbe essere trovata in modo più ampio e nel ridefinire il ruolo dello Stato, tenendo al contempo conto delle esigenze tradizionali di sicurezza nel campo militare e dei nuovi fattori che rimettono in causa la concezione di sicurezza fondata sullo Stato. Questi problemi hanno anche una dimensione psicologica: la corsa agli armamenti suscita angosce e resistenze, volontà di rimozione e protesta. Vivere nell'era delle armi nucleari, sia che queste vengano concepite in modo difensivo che offensivo, è un'esperienza del tutto n

uova per l'individuo posto di fronte ai problemi dell'insicurezza. Tuttavia gli psicologi non hanno mancato di sottolineare che si può rendere questo vissuto più sopportabile, in particolare mettendo l'accento sui punti comuni delle due esperienze e sollecitando nuove forme di reciprocità e di impegno verso la sicurezza collettiva. Particolarmente importante è accrescere la reciprocità nelle relazioni tra gli avversari, dato che rappresenta la base di una durevole cooperazione. Le iniziative e gli investimenti nella cooperazione rappresentano un serio sforzo di credibilità delle nazioni. Si deve riconoscere che qualsiasi costo sostenuto da una parte per accrescere le misure di fiducia reciproca solleciterà l'altra parte ad impegnarsi in un rapporto di cooperazione a lungo termine 132/.

126. Negli ambienti militari è diffusa la tendenza al segreto, giustificata dalla necessità di non fornire informazioni strategiche agli avversari. Il segreto militare è la base su cui si fonda generalmente l'immagine del nemico sviluppata dalle parti coinvolte in conflitti internazionali. Infatti, segretezza e rappresentazione del nemico si rinforzano l'un l'altra e producono una catena difficilmente spezzabile. Il segreto inoltre è associato alla concentrazione del potere nella sfera militare. La realizzazione pratica della sicurezza militare è spesso concepita come un settore ad di fuori del controllo democratico che non può essere materia di pubblica discussione. In altri termini, vi è contraddizione tra le esigenze di sicurezza militare e quelle della politica democratica, contraddizione che ogni società ha cercato di risolvere a suo modo. Molto spesso i mezzi di comunicazione di massa hanno in questo campo un ruolo centrale dato che possono dar giustificazione delle spese militari e delle decisioni in

materia di armamenti, così come possono riportare le informazioni e le critiche di coloro i quali vi si oppongono. Vi è quindi un loro duplice ruolo nella corsa agli armamenti 133/.

127. Gli aspetti della sicurezza nazionale sono inscindibili dagli altri aspetti della vita sociale. Perciò i rapporti tra i diversi settori e le scelte a cui danno origine debbono essere oggetto di un approfondito dibattito pubblico, che riconduca le esigenze di segreto alle loro giuste dimensioni. Un dibattito su tali argomenti e la conseguente presa di coscienza che si produrrebbe nella pubblica opinione, contribuirebbero a ridurre le barriere di diffidenza e di pregiudizio tra le nazioni, nel contempo limitando l'esigenza di segreto e riducendo l'importanza dell'immagine stereotipata di nemico, cosa che non potrebbe altro che accrescere la fiducia reciproca. Una vera fiducia in effetti non può instaurarsi in presenza del segreto e della deformazione degli avvenimenti, ma presuppone una maggiore apertura e una migliore comunicazione per quanto riguarda i settori vitali della sicurezza. L'instaurazione di un clima di fiducia reciproca presuppone anche misure concrete che tendano a limitare il ricorso alla

forza e la riduzione del potenziale militare tramite il disarmo. Accrescere il clima di fiducia è dunque un processo politico che si propone di modificare la percezione dell'avversario e che, per essere credibile, deve venir accompagnato da misure tangibili di limitazione della potenza militare. La fiducia reciproca tra le nazioni è il prodotto di condizioni e di politiche instaurate sia a livello nazionale che internazionale.

128. Le strutture militari e la società civile sono spesso considerate come due sottosistemi distinti tra loro, mentre in realtà sono in contatto l'uno con l'altro. L'interazione di questi sottosistemi militare e civile a volte può assumere forme molto radicali, i colpi di stato militari o l'abolizione delle forze armate da parte di un governo civile possono esserne gli esempi estremi. Tuttavia in genere la situazione è meno drastica ed assume forme più sfumate. Nella maggior parte delle società, nei periodi di pace, si stabilisce una società parallela o »società fantasma che riemerge nei periodi di crisi. In genere, nella costruzione di questa società parallela le autorità militari e civili non dimostrano rivalità ma cooperano una con l'altra. Questa cooperazione, evidentemente, attira meno l'attenzione dell'opinione pubblica di quanto non facciano le manifestazioni più appariscenti di militarizzazione, come l'introduzione di nuovi sistemi d'arma e le parate militari. Tuttavia questi legami poco appariscen

ti hanno pur sempre un effetto negativo sugli aspetti sociali e culturali all'interno della società.

129. L'incidenza della corsa agli armamenti sui giovani e sulle loro aspettative è un aspetto che merita una particolare attenzione. Le precedenti generazioni, che hanno vissuto la guerra mondiale, possono considerare la messa a punto e lo spiegamento di nuove armi come »nell'ordine normale delle cose , anche se la loro esperienza può portarli ad opporsi alla corsa agli armamenti ed alla guerra. Nella maggior parte dei casi, questa opposizione è spiegabile con la coscienza degli orrori e delle distruzioni provocate dalla guerra. Agli occhi dei giovani le armi contemporanee, in particolare quelle di distruzione di massa, sono sopratutto i simboli dell'assurdità e dell'irrazionalità del mondo in cui devono imparare a vivere. Mobilitandosi contro le nuove armi essi manifestano anche contro tutte le altre minacce e contro le ingiustizie esistenti sia a livello nazionale che mondiale. Per loro, la corsa agli armamenti fa parte della sindrome ben più ampia del »mal sviluppo che ci si deve sforzare di correggere o

sforzare di dimenticare. In questo senso la corsa agli armamenti e le ripercussioni sull'opinione pubblica - in particolare sui giovani - vanno oltre le conseguenze immediate relative alla sicurezza nazionale o internazionale. Questo impone di analizzare le conseguenze della corsa agli armamenti sotto i complessi aspetti dei rapporti socio culturali all'interno della società e non solamente di valutarne gli effetti in termini militari o economici.

H. Incidenza sulle possibilità di riconversione dell'industria militare

130. Qualsiasi analisi del rapporto tra spese militari e sviluppo socio economico non potrebbe essere completa senza un attento esame di quanto provocherebbe una riduzione dell'impegno militare all'interno della ripartizione del bilancio pubblico. Abbiamo già indicato in maniera generale che le conseguenze economiche della corsa agli armamenti possono venir modificate da una limitazione degli armamenti e da misure di disarmo, in altri termini da riduzioni quantitative e qualitative del potenziale militare nazionale. Il cambiamento, a livello nazionale e locale potrebbe essere attuato tramite la riconversione industriale e altre forme di diversificazione. La riconversione è, perciò, un elemento indispensabile per qualsiasi sforzo in vista non soltanto di una limitazione degli armamenti e del disarmo, ma anche di una ridistribuzione costruttiva delle risorse a favore di attività civili.

131. La riconversione ha aspetti politici, economici e tecnologici. Sul piano politico rappresenta una strategia che mira a mettere a fuoco soluzioni alternative di utilizzazione delle risorse destinate alla corsa agli armamenti e a far in modo che queste soluzioni vengano correttamente applicate. La riconversione ha quindi bisogno che vengano assunte alcune misure a livello nazionale e locale. Dato che il disarmo ha implicazioni che mettono in discussione la sicurezza nazionale e internazionale non può venir promosso solamente in quanto tale. E' opinione comune che la riconversione non può venir considerata indipendentemente dall'insieme delle relazioni internazionali. La sua applicazione dipende, in effetti, dalla volontà politica degli Stati e dal loro desiderio di assumere misure concrete di riduzione degli armamenti e di disarmo idonee a consolidare la sicurezza internazionale. Perciò la riconversione di una economia militare in una economia civile è prima di tutto un problema politico 134/. Ciononostan

te riconoscere l'aspetto politico della riconversione non dovrebbe condurre a trascurare gli aspetti economici e tecnologici, di cui tratteremo nella presente sezione. Piani concreti e, soprattutto, esperienze reali di riconversione, a condizione che venga loro data la possibilità politica, ne favorirebbero la credibilità e permetterebbero di convincere gli organi competenti ed i cittadini che è effettivamente possibile ridurre gli armamenti.

132. Ogni Stato potrebbe prendere decisioni unilaterali di riduzione delle spese militari, e avviare conseguentemente un processo di riconversione. Ma, tenendo conto della realtà e della situazione politica internazionale, sono le grandi potenze che hanno la responsabilità di avviare il disarmo sulla base di accordi reciproci e verificabili di riduzione degli armamenti ed eliminazione di alcune capacità militari. Progressi in questa direzione non soltanto potrebbero permettere la riconversione economica dal militare al civile delle grandi potenze, ma permetterebbero agli Stati medi e piccoli di avviare la riduzione e la riconversione delle loro capacità militari. Ad esempio, un piano di riconversione concepito per la Svezia si basava sull'ipotesi di negoziati per il disarmo internazionale che avrebbero prodotto risultati progressivi nell'arco di 25 anni. La Svezia, se questo fosse avvenuto, avrebbe potuto ridurre l'ammontare delle risorse destinate alla difesa senza compromettere la sua sicurezza 135/. Indub

biamente qualsiasi ipotesi del periodo nel quale la riconversione potrebbe diventare un progetto politico realizzabile è del tutto astratta. Gli attuali progressi nel dialogo Est/Ovest sulla limitazione degli armamenti fanno comunque supporre che delle strategie di riconversione potrebbero rendersi necessarie a breve termine. In alcuni casi la riduzione delle spese militari potrebbe produrre effetti positivi solo nel medio e nel lungo periodo. L'esistenza di piani nazionali e locali per una modificazione di impiego delle risorse naturali, tecnologiche e umane assorbite dalla corsa agli armamenti permette di sperare in un mondo meno militarizzato e più pacifico.

133. Per essere efficace la pianificazione della riconversione deve essere indirizzata a settori industriali e aziende importanti. Le caratteristiche specifiche di queste ultime, ad esempio la loro dipendenza nei confronti delle vendite di prodotti militari, rivestono una importanza cruciale per la natura e la fattibilità del processo di riconversione. Nei paesi ad economia di mercato, al di là della pianificazione statale, la volontà e la determinazione dei dirigenti aziendali e sindacali di assumersi il rischio di piani dei riconversione è determinante per la loro riuscita. Comunque ciò presuppone vi sia continuità, per alcuni anni consecutivi, necessari alla messa a punto dei nuovi progetti tecnologici, dei piani di produzione e delle strategie di commercializzazione dei nuovi prodotti 136/. Nei paesi socialisti viene spesso sottolineato come, nelle economie pianificate, la riconversione possa essere più facile dato che già esistono gli strumenti per applicarla. Ma si riconosce che anche i paesi ad econom

ia di mercato sono in grado di riconvertire la loro economia militare per usi civili. La riconversione dovrebbe essere facilitata dal fatto che si potrebbe attuarla gradualmente, permettendo tempi di previsione e eventuali correzioni di impostazione 137/.

134. Esperienze di riconversione a fini civili delle basi militari e degli impianti industriali si stanno compiendo negli Stati Uniti ed in altri paesi ad economia di mercato nel quadro di un reimpiego delle risorse 138/. Mentre la riconversione delle basi militari è considerata compito del governo, generalmente, nei paesi ad economia di mercato, si valuta la riconversione delle industrie militari come parte di un processo più o meno spontaneo di ristrutturazione e di aggiustamento economico tendente a nuovi prodotti e alla messa a punto di processi innovativi sia nella produzione che nella commercializzazione di prodotti e procedimenti. E per questo che l'onere della riconversione ricade in prevalenza sull'industria e non sulle autorità nazionali o comunque pubbliche. La situazione sarebbe differente se alla riconversione venisse associata una riduzione sostanziale degli armamenti. In questo caso non ci si potrebbe aspettare che industrie e aziende militari possano essere in grado di risolvere, con i loro s

oli mezzi, i problemi di una riconversione. I tentativi di diversificazione dei costruttori di aerei militari verso prodotti di uso civile dimostrano quanto questi problemi non siano sempre facili da risolvere. Per queste ed altre ragioni è necessario si attui una politica statale di riconversione che preveda in primo luogo riduzioni fiscali, ricollocamento dei lavoratori e aiuti all'investimento 139/. Questa politica potrebbe essere possibile se venissero utilizzate le risorse finanziarie, attualmente destinate al settore militare, per promuovere l'economia civile.

135. Studi macro economici sui problemi congiunturali che potrebbero sorgere con la riconversione dimostrano che questi problemi sono sostanzialmente limitati nei paesi piccoli e poco militarizzati. Un programma relativamente semplice di contro misure nazionali sarebbe sufficiente a compensare qualsiasi perdita di occupazione o diminuzione di produttività nazionale. Cosa confermata da svariati studi effettuati in

diversi paesi. Uno studio fatto in Norvegia, ad esempio, ha messo in evidenza che una riduzione del 15% delle spese militari in assenza di misure di compensazione produrrebbe una diminuzione dello 0,8% del numero complessivo di occupati mentre, nel caso di disarmo totale, si arriverebbe a una contrazione del 5,6%. Gravi problemi congiunturali possono presentarsi in quelle imprese e in quelle collettività che dipendono quasi totalmente dai contratti e dall'impiego militare, ma possono venir compensati da contro misure statali. In Svezia la riduzione graduale del 50% degli investimenti statali della difesa, dal 1990 al 2355, ossia in un periodo di 25 anni, comporterebbe la riduzione annua di 1.430 dipendenti delle forze armate e delle industrie militari. Le esigenze di ricollocamento toccherebbero, in questo periodo di 25 anni, meno dell'1% dell'effettiva mano d'opera svedese. Il problema non è dunque irrisolvibile, ma dovrebbero essere previsti corsi di riqualificazione e misure idonee per quanto riguarda gli

impianti di produzione maggiormente specializzati nel settore militare 140/. Valutazioni rispetto altri paesi sembrano confermare che la riconversione potrebbe essere effettuata un po' ovunque, a condizione che vi siano le premesse internazionali.

136. Il reimpiego della mano d'opera è, tradizionalmente, il problema fondamentale delle ipotesi di riconversione proprio per l'importanza economica che riveste e per il suo cruciale aspetto sul piano politico. Ma anche gli aspetti tecnologici della riconversione cominciano ad assumere una sempre maggiore importanza. Questo è dovuto al ruolo sempre più determinante della ricerca, dello sviluppo e della tecnica nella concorrenzialità economica tra industrie e nazioni. Gli enormi progetti tecnologici militari sono considerati come strumenti di potenza e di prestigio sul piano della concorrenza. La riconversione perciò non può limitarsi a produrre nuove conoscenze e nuove attitudini nel personale del settore della ricerca e sviluppo, ma questo stesso personale deve poter applicare concretamente queste attitudini in settori nuovi 141/. In altri termini il processo di riconversione è sempre più legato alle politiche tecnologiche delle nazioni e delle industrie, che devono mettere a punto progetti sostitutivi civi

li concorrenziali.

137. Il reimpiego di tecnici e di mano d'opera qualificata nell'industria civile può creare problemi particolarmente gravi proprio per il peso assunto dalla tecnologia nelle produzioni militari. Comunque, nei settori tecnologici innovativi - come ad esempio l'elettronica, l'ottica, le industrie spaziali - il reimpiego della mano d'opera specializzata non dovrebbe creare problemi insormontabili. Le temporanee difficoltà del processo di riconversione sono ridotte dai potenziali vantaggi che potrebbero aversi con l'utilizzazione per fini civili delle risorse precedentemente destinate al settore militare. Ad esempio potrebbero essere avviati progetti su vasta scala per lo sviluppo di nuove fonti d'energia, per migliorare i trasporti, per rinnovare le città in degrado e quelli direttamente finalizzati all'educazione, alla salute e al benessere sociale. Progetti che potrebbero coinvolgere l'impegno congiunto di più nazioni, cosa che contribuirebbe a rafforzare interessi reciproci e la comprensione internazionale.

* * *

138. Tenendo presente l'analisi precedente, appare chiaramente che il disarmo avrebbe positive conseguenze economiche e sociali dato che libererebbe delle risorse addizionali che potrebbero essere destinate a usi civili. Qualunque sia il contributo economico positivo che le spese militari possono produrre nel breve termine non sarà mai così vantaggioso quanto la maggior parte delle forme di spesa pubblica non militare. Nella maggior parte degli incontri internazionali, e in particolare nella Conferenza internazionale del 1987 sul rapporto tra disarmo e sviluppo, viene riconosciuto che la corsa agli armamenti assorbe una parte troppo considerevole di risorse, limitando il commercio internazionale, la cooperazione e l'instaurazione della fiducia reciproca tra le nazioni quando due terzi dell'umanità vivono in manifesta situazione di sottosviluppo. Ma nonostante tutto le conseguenze di questa interrelazione sono complesse, variano da un paese all'altro e nel tempo, dipendono da numerosi fattori, come ad esempio

il raggiungimento di livelli minimi di sicurezza, l'ammontare degli investimenti, i tassi di crescita e il grado di soddisfacimento dei bisogni fondamentali. L'esame delle spese militari in termini di capacità militare e di costi di perdute opportunità porta alla conclusione che il modo migliore di stabilire globalmente al contempo le conseguenze politico militari e i costi delle spese militari è quello di utilizzare criteri riferiti al PNL.

139. Tenendo conto di queste considerazioni, l'esame della ripartizione degli stanziamenti governativi dal 1978 al 1984 mette in evidenza che quelli militari sono relativamente aumentati nei paesi industrializzati e diminuiti nei paesi in via di sviluppo. L'analisi degli altri stanziamenti sembra indicare che, almeno nei paesi industrializzati, è possibile operare una scelta in favore dei bisogni sociali. Una pari riduzione delle spese militari, nei paesi in via di sviluppo, non comporterebbe però automaticamente la crescita di stanziamenti per gli aiuti sociali, almeno in un periodo di recessione economica, mentre questi paesi hanno seri e urgenti problemi. Altri lavori di ricerca confermano che le spese militari hanno effetti negativi nei confronti del soddisfacimento dei bisogni primari e che la generale recessione economica impone una riduzione delle spese sia militari che civili.

140. La possibilità di una alternativa tra spese militari e sviluppo socio economico esiste nella maggior parte dei paesi, siano essi ad economia pianificata o ad economia di mercato. Le spese militari creano inizialmente uno stimolo alla domanda e all' occupazione, per quanto riguarda l'incidenza sui costi di opportunità, ma finiscono per tenere il passo negli investimenti produttivi e rallentare la crescita. Gli investimenti sono un fattore essenziale e si può supporre una relazione di causa effetto tra forti spese militari e deboli investimenti: le prime assorbirebbero i capitali necessari ai secondi. Inoltre la produzione militare preleva risorse che avrebbero potuto contribuire alla crescita economica basata sulle esportazioni. E' stato dimostrato dai fatti che le conseguenze di questa situazione sono più gravi nei paesi in via di sviluppo e ancor più serie nei paesi poco o meno avanzati.

141. E' stato parimenti dimostrato che l'aumento del numero degli occupati nel settore militare non è una soluzione efficace per ridurre la disoccupazione. Anche se si deve tener conto di fattori complessi esistenti in questo ambito, generalmente si osserva che le imprese militari controllano le loro sottocommittenti, che le società transnazionali offrono sempre più occupazione nel settore militare, che le spese militari tendono a creare disoccupazione riducendo le spese pubbliche nei settori a più forte concentrazione di manodopera e che, più in generale, a pari investimenti, le industrie militari danno occupazione a un minor numero di persone delle industrie civili. La produzione militare, in alcuni casi, aiuta a conservare l'occupazione nelle industrie tradizionali. Storna così occupati a detrimento delle nuove industrie - che, in ogni caso, richiedono minor mano d'opera - ma anche delle attività pubbliche civili competitive sul piano internazionale che necessitano di una gran quantità di mano d'opera o d

elle produzioni non governative e dei servizi.

142. Le spese militari contribuiscono a creare inflazione per i metodi oligo polistici e non concorrenziali del mercato militare che provocano un aumento dei prezzi che non potrebbe venir sopportato nel libero mercato. Inoltre l'importanza accordata dagli ambienti militari alle alte prestazioni comporta di conseguenza una crescita dei costi non assimilabili all'inflazione. Comunque, qualunque aumento delle spese militari non accompagnato da una corrispondente riduzione di altre spese pubbliche o private tenderà generalmente a far aumentare i prezzi. Infine, come già si è detto, i costi elevati del materiale militare incrementano gli incentivi all'esportazione di armamenti.

143. E' fuor di dubbio che le tecnologie civili innovative hanno delle potenziali applicazioni militari. Ma ciò nonostante numerose tecnologie sono, nella loro utilizzazione finale, puramente militari. La conclusione che se ne può trarre è che le applicazioni tecnologiche della ricerca e sviluppo militare sono limitate. E' comunque opportuno sottolineare che un numero crescente di tecnologie hanno utilizzazioni sia civili che militari e gli ulteriori studi che si compiranno in questo settore ne dovranno tener conto. In definitiva, il problema è di sapere se i progressi tecnologici sono determinati dalle esigenze della difesa o da quelle dello sviluppo. In gran parte i progetti di ricerca delle grandi potenze sono di aiuto a quelle industrie che vi partecipano, ma le esigenze di qualità di prestazione e di Segretezza fanno sì che essi abbiano poco rilievo sul mercato civile. Nel complesso si può dire che, una volta garantita la sicurezza nazionale, si potrebbero dare migliori risposte alle esigenze umane dedi

cando alle attività civili i fondi della ricerca e sviluppo, sia per quanto riguarda i paesi sviluppati che quelli in via di sviluppo.

144. Pur se le situazioni sono assai differenti da caso a caso, i programmi militari hanno contribuito pesantemente, soprattutto negli ultimi anni, al disequilibrio dei flussi finanziari e all'indebitamento. Le esigenze infrastrutturali della produzione nazionale di armamenti hanno accentuato questa tendenza, ma l'alto livello delle spese militari, nelle sue varie forme, compromette la resa delle esportazioni riducendo le risorse che potevano venir destinate ad investimenti orientati in questo senso. La necessità di ricorrere al credito nelle esportazioni come compensazione alla vendita d'armamenti aggrava ulteriormente la situazione, in modo particolare per quei paesi che dipendono dalle esportazioni di materie prime in un mercato difficile o in contrazione. Di conseguenza vengono effettuati accordi di scambio di merci che creano legami politici economici e tecnologici tra i partners commerciali. Ii problema generale dell'indebitamento, conseguenza della fuga di capitali provocata dalle varie ragioni sopra

citate, sovrapponendosi al disequilibrio economico interno, è stato particolarmente pesante in America latina, ove i governi hanno dovuto bruscamente procedere a tagli nelle spese pubbliche. Nel Medio Oriente, regione con la maggiore importazione di armi, è proseguito l'afflusso di armamenti e la guerra del Golfo è stata sostenuta in parte da stanziamenti d'origine straniera. Questo processo, tenendo conto della diminuzione degli introiti petroliferi, non è senza conseguenza sul piano economico.

145. La tecnologia e l'industria militare producono condizioni sociali, politiche e psicologiche nuove che possono condurre a politiche di sicurezza nazionale tali da compromettere la sicurezza mondiale. Alcune volte questo paradosso provoca proteste all'interno degli stessi Stati. Si produce perciò la necessità di una relazione di cooperazione, di reciprocità e fiducia tra coloro che sono favorevoli alla dissuasione nucleare, ad esempio, e quelli che sono preoccupati per la sicurezza globale. La trasparenza nell'informazione potrebbe essere di aiuto nell'instaurare la fiducia reciproca e la comprensione tra i sostenitori di queste due dottrine. I mass media, sia a livello nazionale che internazionale, e militari e civili insieme, hanno la possibilità di svolgere un ruolo nel superare i conflitti tra i governi e le popolazioni o tra i differenti settori della stessa popolazione, come ad esempio tra la giovane e la vecchia generazione.

146. Una conversione di beni e servizi militari in beni e servizi civili che venisse effettuata in un periodo sufficientemente lungo e che fosse ben programmata con la collaborazione di governi e industrie sia locali che nazionali, in un processo di disarmo a livello mondiale, potrebbe già permettere di ripartire in modo più positivo e vantaggioso le risorse, senza produrre disoccupazione, né suscitare difficoltà per la mano d'opera.

 
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