Nazioni Unite - Dipartimento degli affari del disarmo - Rapporto del Segretario generale - 22 aprile 1988CAPITOLO V
CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI
171. La precedente analisi mette in evidenza osservazioni d'ordine generale che vanno a sommarsi alle conclusioni dei distinti capitoli. Durante gli anni '80, la corsa agli armamenti non solamente è proseguita, in particolar modo sul piano qualitativo, senza perdere di intensità, ma addirittura è aumentata ed accelerata. Evoluzione che rende urgente, particolarmente nel caso delle armi nucleari, la riduzione e in fine l'eliminazione di queste armi. La corsa agli armamenti assorbe globalmente circa il 6% della produzione mondiale e, in alcune aree critiche, assai di più. I progressi tecnologici hanno trasformato l'ambiente militare e provocato una serie di conseguenze politiche e socioeconomiche. Dato che il peso della corsa agli armamenti varia sostanzialmente da un paese all'altro, le conseguenze economiche e sociali sono diverse e mal si prestano a facili generalizzazioni. D'altro canto, per il suo carattere mondiale, la corsa agli armamenti influisce sulla sicurezza e sullo sviluppo di ogni paese. Per le
sue caratteristiche militari, politiche ed economiche ha assunto sempre più un aspetto pluridimensionale e che supera i confini. L'aumento qualitativo e quantitativo della corsa agli armamenti compromette la stabilità delle relazioni internazionali.
172. Il presente studio mette in evidenza come le spese militari abbiano profonde conseguenze sul piano socio economico. La loro incidenza economica è maggiormente grave per quei paesi che hanno pesanti bilanci militari in modo particolare nel settore della loro economia collegato alla scienza e alla tecnologia avanzata, fattori chiave della attuale corsa agli armamenti. Le conseguenze negative a lungo termine delle spese militari mettono in second'ordine gli effetti positivi che possono produrre a breve termine. Perciò queste spese determinando stagnazione economica e distorsioni strutturali influenzano le economie e le politiche dei paesi con ampi investimenti nel settore militare e determinano le loro relazioni con gli altri paesi, che sono in concorrenza per garantirsi il controllo della tecnologia avanzata. I paesi in via di sviluppo hanno anche il problema della scelta tra lo sviluppo socio economico, di cui la loro economia ha particolare necessità, e le spese militari. Le conseguenze sociali e cultur
ali della corsa agli armamenti sono evidenti in tutti i paesi che vi prendono parte, determinano altresì sia la ripartizione delle risorse sia il clima politico. Le conseguenze sociali opprimono particolarmente i più poveri i cui bisogni primari restano insoddisfatti, proprio per l'insufficienza delle risorse di cui una parte viene assorbita dalla corsa agli armamenti. Esiste una vera e propria dicotomia tra investimenti a fini militari e possibilità di risolvere i problemi sociali globali. Il Gruppo degli esperti sottolinea l'esigenza di tenere in considerazione questa relazione nel momento delle relative decisioni politiche.
173. Dato che le armi e le forze armate convenzionali assorbono gran parte delle spese militari mondiali, il problema della loro limitazione e della loro riduzione assume sempre maggiore importanza. Oltre alle priorità sociali, anche altre motivazioni possono essere di sostegno alla necessità di ridurre le armi convenzionali. La corsa agli armamenti convenzionali si manifesta sia a livello globale che in quello regionale e locale, alimenta le crisi e i conflitti con vittime sia civili che militari e costituisce una vera minaccia per i diritti dell'uomo.
174. I tentativi compiuti per arrestare la corsa agli armamenti, in particolare quelli nucleari, sono il segnale del desiderio generale di costruire un mondo più sicuro e più vivibile. La necessità di un mondo in cui la forza possa essere facilmente evitata viene evidenziata insistentemente nel Documento finale della prima sessione straordinaria dell'Assemblea generale dedicata al disarmo, tenutasi nel 1978:
»L'arresto della corsa agli armamenti ed un vero disarmo sono compiti che rivestono la più grande importanza ed urgenza. La sfida storica deve essere quella di tutelare gli interessi economici e politici di ogni nazione e di ogni popolo del mondo ed assicurare loro la reale sicurezza ed un avvenire di pace 155/.
Per raggiungere questo obiettivo gli Stati e i loro governi dovrebbero assumere decisioni politiche efficaci intese a frenare la corsa agli armamenti e avviare un reale processo di disarmo nel quadro degli accordi bilaterali e multilaterali, questo anche tramite misure di autolimitazione. Con una prospettiva a lungo termine dovrebbero anche avere la determinazione di mettere fine, tramite negoziati, alle applicazioni tecnologiche innovative che alimentano la corsa agli armamenti.
175. L'intensificazione della corsa agli armamenti ha dato origine, sia nell'opinione pubblica che tra i politici, ad una nuova visione politica. In particolar modo alla consapevolezza che la guerra nucleare non può essere una proposta concepibile: nessun paese potrebbe uscire vincitore da una conflagrazione nucleare. La prevenzione della guerra nucleare occupa perciò un posto prioritario negli sforzi per assicurare la sopravvivenza dell'umanità. Per realizzare questo tentativo gli Stati debbono impegnarsi a regolare esclusivamente con mezzi pacifici le loro tensioni di crisi adottando, al contempo, misure tese a raggiungere un disarmo generalizzato e completo sotto un efficace controllo internazionale. I primi passi in questa direzione sono stati facilitati dalla crescente consapevolezza dell'opinione pubblica della diminuita utilità politica e militare delle armi nucleari. Il Trattato, tra Stati Uniti e Unione Sovietica, per l'eliminazione dei missili nucleari di media e corta gittata, accompagnato da effi
caci processi di verifica, ha aperto una via nuova per importanti riduzioni degli arsenali strategici. Si tratta di un significativo sviluppo politico che permette di sperare in una sicurezza più garantita per tutti i paesi, in particolare se venisse rafforzato dalla limitazione e dalla riduzione delle altre armi nucleari e delle armi convenzionali.
176. Come viene sottolineato nel Documento finale della Conferenza internazionale sul disarmo e lo sviluppo, svoltasi nel 1987, il disarmo, lo sviluppo e la sicurezza sono processi di ampia portata, e i complessi legami che vi intercorrono sono difficoltosi da analizzare. Non vi è comunque dubbio che la sicurezza deve essere concepita in maniera ampia. Per una nozione globale di sicurezza si deve tener conto dei numerosi aspetti dello sviluppo che hanno un ruolo determinante nel garantire la sopravvivenza, l'integrità e il benessere dell'umanità. In questo senso un equo sviluppo contribuisce alla sicurezza sia sul piano nazionale che su quello internazionale. Il disarmo deve contribuire sia alla sicurezza che allo sviluppo. Inoltre, può anche facilitare la ridistribuzione delle risorse umane e naturali per permettere la realizzazione dei piani di sviluppo, rafforzando in questo modo la base della possibile sicurezza.
177. Le distorsioni esistenti nelle relazioni economiche internazionali, come i problemi posti dai prezzi dei prodotti di base e dal debito, confermano l'urgente necessità della cooperazione tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo. I paesi industrializzati dovrebbero assumersi una parte più rilevante in questo processo favorendo la cooperazione ai fini dello sviluppo nell'ambito degli aiuti pubblici. Progressi nella limitazione degli armamenti e nella regolamentazione dei conflitti dovrebbero permettere di orientare in maniera più concreta l'attenzione della comunità internazionale verso i problemi del sottosviluppo, della mancanza di sicurezza e del degrado dell'ambiente. Questo nuovo modo di valutare le priorità dovrebbe essere accompagnato da una ristrutturazione degli organismi multilaterali e di cooperazione internazionale, sia sul piano mondiale che regionale. E' una contraddizione destinare grandi fondi al settore militare - come avviene in alcuni paesi in via di sviluppo - e nello stesso temp
o chiedere maggior impegno nel settore degli aiuti.
178. Il Gruppo degli esperti sottolinea che la promozione della politica internazionale in favore del disarmo e dello sviluppo richiede un ruolo più importante delle Nazioni Unite. La cooperazione nel rafforzamento generale dell'Organizzazione dovrebbe permettere un miglioramento e più ampie funzioni di tutte le istituzioni internazionali multilaterali. Gli sforzi in questa direzione dovrebbero essere diretti a migliorare l'efficacia dell'Organizzazione nell'informazione disponibile a tutte le nazioni sia sulla corsa agli armamenti, sulla limitazione delle armi e sul disarmo, che nel fornire analisi approfondite dei dati relativi a questi aspetti. Sarebbe pertanto utile che gli organi delle Nazioni Unite perfezionassero la qualità dei loro interventi in armonia con i punti di vista e con gli interessi degli Stati, incoraggiando questi ultimi a adottare ed applicare positive azioni politiche. Le Nazioni Unite, che già partecipano all'esame ed ai negoziati internazionali sulla limitazione degli armamenti, potr
ebbero inoltre proporre il loro concorso nella verifica delle applicazioni degli accordi. La tempestiva soluzione delle controversie, sotto lo stimolo dell'ONU, contribuirebbe a prevenire il ricorso all'uso della forza nelle relazioni internazionali e lo sperpero di risorse in operazioni militari e in attività distruttive che, come è evidente, vanno contro la possibilità dello sviluppo. Questo, con la promozione della cooperazione tra gli Stati, permetterebbe di eliminare i motivi della costituzione e del mantenimento degli arsenali militari. Quindi gli stati sforzandosi congiuntamente di comprendersi meglio, di risolvere le loro controversie e di porre fine ai conflitti contribuirebbero non soltanto alla pace e alla stabilità ma anche, di conseguenza, alla riduzione del consumo delle già limitate risorse per fini militari consentendone la ridistribuzione - almeno parziale - ai fini dello sviluppo sociale ed economico, in particolare nei paesi in via di sviluppo. Anche in caso di ostilità il problema dello s
viluppo conserva tutta la sua importanza. Gli istituti specializzati delle Nazioni Unite, le organizzazioni regionali - come ad esempio l'Organizzazione dell'unità africana (OAU) - ed alcune organizzazioni non governative possono contribuire al processo di ricostruzione e di ripresa. D'altra parte, oltre all'azione di ristabilimento della pace tra partecipanti a conflitti armati, le forze di pace delle Nazioni Unite hanno garantito in alcuni casi, e potrebbero continuare a garantire, la tutela delle popolazioni locali e l'assistenza nel processo di ricostituzione delle collettività.
179. Gli organismi delle Nazioni Unite hanno acquisito una profonda conoscenza e una grande esperienza nei settori di cui stiamo trattando. Entrambe potrebbero essere meglio utilizzate nell'analisi dei complessi rapporti che intercorrono tra disarmo e sviluppo. Concretamente: agenzie specializzate delle Nazioni Unite potrebbero individuare, nei loro rispettivi campi di competenza, i contributi pratici che il disarmo potrebbe produrre nei confronti dello sviluppo.
180. C'è un crescente bisogno di una migliore cooperazione internazionale per proteggere e garantire il futuro del patrimonio comune, sia che si tratti di oceani, di regioni polari o dello spazio. Appare sempre più evidente che in questo patrimonio comune si debbono conciliare le necessità di sicurezza, dello sviluppo economico e dell'equilibrio ecologico. Le nazioni dovrebbero quindi impegnarsi collettivamente nel promuovere la sicurezza internazionale, lo sviluppo economico e l'equilibrio ecologico.
181. La corsa agli armamenti comporta sempre profonde conseguenze sociali ed economiche sia per paesi industrializzati come per quelli in via di sviluppo. Tuttavia, se la limitazione delle armi nucleari, delle armi chimiche e degli armamenti e delle forze armate convenzionali ha come obiettivo primario di rafforzare la sicurezza nazionale ed internazionale, non si deve trascurare la loro influenza sul piano socio economico. Infatti il disarmo sarebbe più facilmente attuabile se l'incidenza socio economica della riduzione degli armamenti e l'avvio di piani di riconversione dal settore militare a quello civile fossero oggetto di una sistematica valutazione preventiva. E' fuor di dubbio che, sia gli studiosi che i responsabili politici del settore, dovrebbero dare maggiore rilievo alle ricerche sulle conseguenze sociali, economiche e tecnologiche di una riduzione negoziata degli armamenti.
182. La riconversione è un fattore centrale della messa in atto delle strategie politiche tese alla riduzione degli armamenti e allo smantellamento delle installazioni di produzione. Perché la riconversione sia possibile debbono essere pragmaticamente affrontati i rilevanti problemi economici e tecnologici, cosa che presuppone il coinvolgimento di tutti coloro che fanno parte di questo processo a livello locale. Si tratta di un problema di macro economia che non può venir affrontato se non a livello nazionale. Nel tentativo di approfondire ulteriormente il problema alcuni paesi hanno avviato studi nazionali sulla fattibilità e la portata della riconversione. Queste analisi permettono di apportare informazioni utili alle decisioni sia di carattere politico che economico dei governi e meritano, quindi, di essere incoraggiate. L'Organizzazione delle Nazioni Unite potrebbe conferire la dimensione internazionale a un tale studio sulla redistribuzione delle risorse militari al settore civile nominando un gruppo di
esperti incaricati di esaminare a fondo il problema.
183. In linea generale l'idea che la pubblica opinione si è fatta della corsa agli armamenti e delle sue conseguenze svolge un ruolo determinante nella valutazione della situazione attuale e negli sforzi per eliminare ogni pericolo di guerra. A questo proposito le organizzazioni non governative sono degli importanti intermediari dato che stimolano la formazione dell'opinione pubblica e ne diventano portavoce presso i governi. Una parte dei giovani si oppone risolutamente alla guerra, ma un'altra parte non si rende ancora perfettamente conto del pericolo rappresentato per l'umanità da una guerra nucleare. Nel quadro della Campagna Mondiale per il Disarmo l'ONU deve, perciò, porsi come obiettivo un programma di informazione destinato in particolare ai giovani al fine di far loro meglio comprendere i particolari della corsa agli armamenti come pure le potenziali conseguenze di una guerra nucleare.
184. Le spese militari, in particolar modo quelle delle grandi potenze, influiscono direttamente sul funzionamento dell'economia mondiale: il commercio e i flussi di capitale internazionale, i trasferimenti di tecnologia e il sistema finanziario internazionale. Proprio in rapporto alle molteplici conseguenze della corsa agli armamenti sulla economia mondiale, le raccomandazioni del Gruppo di personalità eminenti nel campo del disarmo e dello sviluppo, riunitosi sotto gli auspici delle Nazioni Unite, appaiono assai pertinenti. Questi esperti si propongono in particolare di »valutare periodicamente l'incidenza delle spese militari mondiali sulle prospettive economiche globali, tenendo conto dei vincoli sulla domanda e sull'offerta nelle economie a diversi livelli di sviluppo 156/. Parallelamente anche la Conferenza internazionale sul disarmo e lo sviluppo è giunta alla conclusione, espressa nel Documento finale, che »l'Organizzazione delle Nazioni Unite dovrebbe proseguire l'analisi periodica dell'incidenza d
elle spese militari mondiali sull'economia mondiale e sul sistema economico internazionale 157/.
185. I deficit di bilancio che, in molti paesi, derivano dall'ampiezza delle spese militari offrono un buon esempio dell'impatto di queste spese sull'economia internazionale. Questo deficit aumenta la volatilità delle relazioni economiche internazionali destinando tassi di interesse e orientando i flussi finanziari internazionali. Dato che le ripercussioni delle spese militari sulla stabilità e la crescita dell'economia mondiale sono assai numerose, sarebbe molto utile avviare nuove ricerche in questo ambito. L'incidenza delle spese militari sull'economia dei vari paesi è abbastanza documentata per quanto riguarda i tassi di crescita, gli investimenti e l'occupazione, mentre i dati sembrano molto meno affidabili quando si tratta di interazione tra spese militari e meccanismi economici internazionali. Il Gruppo di esperti perciò consiglia all'ONU di dare il suo contributo a studi sugli effetti delle spese militari sul commercio e il finanziamento internazionale. Deve anche venir ulteriormente preso in esame l
'impatto diretto della riduzione degli armamenti sull'economia dei paesi coinvolti e quello indiretto nei paesi terzi.
186. Non si potrebbe misurare il peso socioeconomico della corsa agli armamenti senza valutare appieno l'ampiezza delle spese militari. Attualmente non è possibile avanzare cifre sicure, sia per le spese militari mondiali che per quelle dei principali protagonisti della corsa agli armamenti. Per questo motivo il Gruppo degli esperti concorda pienamente con la dichiarazione fatta a questo proposito dalla Conferenza internazionale sul disarmo e lo sviluppo:
»Sarebbe estremamente utile poter disporre di una banca dati perfezionata ed esaustiva delle spese militari mondiali e nazionali che permettesse lo studio e l'analisi dell'incidenza di queste sull'economia mondiale e sul sistema economico internazionale. Per ottenere questo risultato il maggior numero possibile di Stati dovrebbe fornire all'Organizzazione delle Nazioni Unite informazioni precise sui bilanci militari, sulla base di definizioni convenzionali in grado di poter essere comparate nelle varie voci di bilancio. A tal fine sarebbe necessario intensificare, all'interno dell'ONU, i lavoro di esame sistematico dei diversi problemi posti dalla definizione, dalla comunicazione e dal raffronto dei dati di bilancio militari 158/.
187. I precedenti rapporti, così come le numerose risoluzioni dell'Assemblea generale, insistono sulla necessità di proseguire e di intensificare l'attività delle Nazioni Unite per quanto riguarda le spese militari, in particolar modo collegandole a dati che siano affidabili e si prestino alla comparazione. Fino a quando non saranno raggiunti accordi internazionali di riduzione di queste spese sarà necessario incoraggiare i paesi alla moderazione. A questo proposito è importante che il sistema internazionale di standardizzazione dei dati, introdotto nei 1980, permetta l'effettiva comparabilità, e quindi sarebbe auspicabile che il maggior numero di Stati lo adottasse. Sarebbe inoltre opportuno che questo sistema di rilevamento venisse applicato ai dati forniti dalle contabilità nazionali. Per la valutazione del reale peso delle spese militari è fondamentale poter disporre di cifre affidabili, d'altronde questi dati rappresentano anche un elemento importante della negoziazione e conclusione di accordi verifica
bili della riduzione dei bilanci militari.
188. La corsa agli armamenti continua a dividere il mondo dando la possibilità di infrangere i principi fondamentali della Carta delle Nazioni Unite, compromettendo così la sicurezza internazionale e le condizioni necessarie all'instaurazione della cooperazione internazionale di cui vi è sempre più urgente necessità per tutti quei settori messi in evidenza dal presente rapporto. Il disarmo e la destinazione allo sviluppo di nuove risorse non possono realizzarsi senza l'applicazione in buona fede dei principi della Carta. Tutti questi sforzi comuni sono indispensabili per rafforzare e affermare la sicurezza globale, principio fondamentale e irrinunciabile individuato dalla Carta per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.
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Note
1 A/8469/ Rev. I, Les conséquences économiques et sociales de la course aux armaments et des dépences militaires (pubblicazione delle Nazioni Unite, numero: F.72.1X.16).
2 A/32/88/Rev. I, Les conséquences économiques et sociales de la course aux armaments et des dépences militaires (pubblicazione delle Nazioni Unite, numero: F.78.1X.I).
3 A/37/386, Conséquences économiques et sociales de la course aux armaments et des dépences militaires (pubblicazione delle Nazioni Unite, numero: F. 83.1X.2).
4 Vedere il testo della dichiarazione congiunta Stati Uniti Unione Sovietica pubblicato a Ginevra ill novembre 1985, che compare nel documento A/40/1070.
5 Documentfinal de la Conférence internationale sul la relation entre désarmement et développement (pubblicazione delle Nazioni Unite, numero: F.87.1X.8), par. 20.
6 Risoluzione S 10/2 dell'Assemblea generale del 30 giugno 1978.
7 Pubblicati all'inizio sotto forma di documento e in seguito con i seguenti titoli come pubblicazioni delle Nazioni Unite:
Etude d 'ensemble des armes nucléaires (A/35/392) (numero di vendita: F.81.1.11);
Réduction des budgets militaires (A/35/479) (numero di vendita: F.81 .1.9);
Réduction des budgets militaires (A/40/421) (numero di vendita: F.86.1X.2);
Etude des rapporJs entre le désarmement et le développement (A/36/356) (numero di vendita: F.82.1X.I);
Etude détaillée sur les mesures propres à accroltre la confiance (A/36/474) (numero di vendita: F.82.1X.3);
Etude du désarmement en ce qui concerne les armes classiques (A/39/348) (numero di vendita: F.85.1X.I);
Etude sur les conceptions de la sécurité (A/40/553) (numero di vendita: F.86.1X.I);
Etude sur la dissuasion (A/41//432) (numero di vendita: F.87.1X .2).
8 A/37/386, par. 7.
9 Ibidem, par. I
10 Vedere Urss Us Summit, Washington, December 7 10, 1987:
Documents and Materials (Mosca, edizioni Novosti), 1987, pagg.
5 1 32.
11 Sipri Yearbook, 1986 (Oxford, Oxford University Press, 1986), pagg. 210 211.
12 Pubblicazione delle Nazioni Unite, numero: F.87.1X.8.
13 A/37/386, par. 25
14 Cifre elaborate da dati presenti nel Sipn Yearbook, 1986, pagg. 233 237 .
15 Conclusioni tratte dalle statistiche presenti nel Sipri Yearbook, /987 pagg. 173 177.
16 Robert M. Rosh, »Ethnic Cleavage as a Component of Global Military Expenditures , Journal of Peace Research, vol . 24, No I (1987), pagg. 21 30.
17 Indicazione comparsa in The Military Balance 1986 87, pag. 222.
18 Si tratta di un dato ufficiale fornito dall'Unione Sovietica nel numero della Pravda del 23 gennaio 1987.
19 Per maggiori informazioni vedere Sipri Yearbook, 1987, pagg. 24 37.
20 Cifre elaborate da dati presenti nel Sipri Yearbook, 1986, pag. 129.
21 Informazione tratta dalla Pravda del 13 marzo 1987.
22 Sipn Yearbook, 1986, pag. 129. Secondo questa fonte, l'Unione Sovietica avrebbe effettuato 113 esperimenti tra il1981 e il1985.
23 A/43/58, settore 1.
24 Stati Uniti, Department of States Bulletin, vol. 87, No. 2128, (Washington), pag. 39.
25 Vedere i seguenti documenti del Consiglio di Sicurezza dell'Organizzazione delle Nazioni Unite: S/ 16433, S/ 17 1 27 e Add. I, S/ 1 791 1 e Corr. I e Add. I e 2, e S/18852 e Corr. I e Add. 1.
26 Questa ed altre problematiche relative le armi convenzionali sono esaminate in maniera più approfondita in Etude du desarmement en ce qui concerne les armes classiques (A/39/348) (pubblicazione delle Nazioni Unite, numero: F.85.1X.I), par. 55 e 56.
27 Ibidem.
28 A/37/386, par. 58 d).
29/ Declaration commune du Groupe de personnalites eminentes dans le domaine du desarmement et du developpement, (pubblicazione delle Nazioni Unite, numero: F.86.1X.5), par. 3.
30 Sipn Yearbook, 1986, pag. 299.
31 Ibidem, pag. 299 e 302.
32 Per un raffronto sistematico dell'organizzazione della ricercasviluppo militare nei tre paesi con i maggiori bilanci militari in questo settore, vedere Raimo Vayrynen, »La R D militaire et la politique scientifique , Revue internationale des sciences sociales, vol . 35, No I (1983), pagg. 63 83.
33 Vedere »Survey: High Technology , The Economist, 23 agosto 1986, pag. 8.
34 Vedere Harvey Brooks, »The Strategic Initiative as Science Policy , International Security, vol. Il, No 2 (1986), pag. 181. I dati relativi al periodo 1983 1986 indicano che sulle 20 aziende partecipanti ai programmi dell'lniziativa di difesa strategica, i cinque principali erano del Lawrence Livermore National Laboratory (725 milioni di dollari), della General Motors (529 milioni di dollari), della Lockeed (521 milioni di dollari), della TRW (354 milioni di dollari) e della McDonnell Douglas (350 milioni di dollari), vedere Science Digest, agosto 1986, pag. 53.
35 Vedere Stephanie Neumann, »International Stratification and Third World Military Industries , International Organization, vol. 38, No 2 (1984), pag. 186.
36 Vedere Robert E. Looney e P.C. Frederiksen, »Profiles of Current Latin American Arms Producers , International Organization, vol. 40, No 30 (1986).
37 Per un'analisi sistematica dei diversi tipi di industrializzazione nel campo degli armamenti, vedere, ad esempio, Helena Tuomi e Raimo Vayrynen, Transnational Corporations, Armaments and Development (London, Gower, 1982). Per quanto riguarda gli accordi di compensazione, vedere Stephanie Neumann »Offsets in the International Arms Market , World Military Expenditures and Arms Transfers 1985, (Washington, D.C., 1985, Arms Control and Disarmament Agency degli Stati Uniti), pagg. 35 40.
38 Vedere ad esempio Christian Schmidt, »Alternative Approaches to Defense Industry , in National and Financial Resourcesfor Development, vol. 2, apparso sotto la direzione di S. Berner e L. Taylor (Londres, Macmillan 1987).
39 Per quanto riguarda gli Stati Uniti, vedere William J. Weida e Frank L. Gertcher, The Polihcal Economy of National Defence (Boulder, Westview Press, 1987), pagg. 123 l24. Per uno studio più approfondito e acuto dell'industria degli armamenti negli Stati Uniti, vedere Jacques S. Gansler, The Defence Industry (Cambridge, Mass., MIT Press, 1981). Per la Francia, vedere Pierre Dussange L'industrie francaise d'armement (Paris, Economica, 1986).
40 Vedere, ad esempio, David Holloway, »The Soviet Union in The Structure of Defense Industry, pubblicato sotto la direzione di Nicole Ball e Milton Leitenberg, (New York, St. Martin's Press, 1983), pagg. 50 80. In quest'opera compaiono anche studi sull'in dustria degli armamenti, in particolare degli Stati Uniti (Judith Reppy), della Francia (Edvard A. Kolodziej) della Repubblica Federale Tedesca (Michael Brzoska) e dell'ltalia (Sergio A. Rossi).
41 Vedere Michael Brzoska e Thomas Ohlson, »Arms Production in the Third World: An overview , in Arms Production in the Third World pubblicato sotto la direzione di Michael Brzoska e Thomas Ohlson, (London, Taylor and Francis, 1986), pagg. 7 33.
42 Ibidem.
43 Vedere Helena Tuomi e Raimo Vayrynen, op. cit. per una mo nografia sulla produzione di armi nell'economia di rimpiazzo delle importazioni, vedere Ron Ayres, »Arms Production as a Form of Impot Substituting Industrialization: The Turkish Case , World De velopment, vol. Il, No 9 (1983) pagg. 13 23.
44 Per maggiori informazioni, vedere Herbert Wulf, »Developing Countries , in The Structure of Defense Industry, pubblicato sotto la direzione di Nicole Ball e Milton Leitenberg, (New York, St. Martin's Press), 1983, pagg. 310 343. La produzione di armi nei diversi paesi del terzo mondo viene studiata, tra l'altro, in Michael Brzoska e Thomas Ohlson, op. cit., 1986 e Emerging Powers: Defense and Security in the Third World, pubblicato sotto la direzione di Rodney W. Jones e Steven A. Hildreth, (New York, Praeger, 1986).
45 Herbert Wulf, op. cit., pagg. 328 336; e Michael Brzoska et Thomas Ohlson, op. cit., pagg. 281 285.
46 Vedere Richard F. Grimmett, »Trends in Conventional Arms Transfers to the Third World by Major Supplier, 1979 1986 (Washington D.C., Congressional Research Service, 1987).
47 Sipri Yearbook 1986, pag. 324.
48 Ibidem, pag. 325.
49 Ibidem, pagg. 323 327. La diminuzione di trasferimenti d'armi su scala mondiale è confermata da un'altra fonte, secondo la quale il valore totale dei trasferimenti è stato di 27 miliardi, in dollari a prezzi costanti del 1983, per il 1985 contro i 40,3 miliardi del 1984. Le importazioni dei paesi in via di sviluppo sono scese dai 32,3 ai 20,3 miliardi di dollari; vedere World Military Expenditures and Arms Transfers 1986, (Washington, D.C., Arms Control and Disarmament Agency degli Stati Uniti, 1987). Per un'analisi più approfondita delle conseguenze di questa diminuzione, vedere Christian Schmidt, »Les marches internationaux d'armamenti en question , Chroniques S.E.D.E.I.S., vol. 36, No 11 (1987), pagg. 392 399.
50 Sipri Yearbook, 1986, pag. 325 e 326.
51 Vedere Michael T. Klare, »The State of the Trade: Global Arms Transfer Patterns in the 1980s , Journal of International Affairs, vol. 40, No I (1986), pagg. 7 12.
52 Michael Brzsoska e Thomas Ohlson, op. cit., 1986, pagg. 30 31.
53 Vedere ad esempio »Defence Aerospace , Christian Science Monitor, 24 aprile 1986, pagg. B 1 7; e »Planmaker are Flying in a Nasty Wind , Business Week, 8 giugno 1987, pagg. 62 B D.
54 A/37/386, par. 63 78.
55 Si può confrontare una analisi dei sistemi di risorse condotta nel medesimo spirito in: Kenneth Ruddle e Dennis A. Rondinelli, Trasforming Natural Resources for Human Development: A Resource System Framework for Development Policy (NRTS 22/UNUP52 469) (Tokyo, Universite des Nations Unies, 1983).
56 Vedere Helge Hveem, »Minerals as a Factor in Strategic Policy and Action , in Environmental Factors in Strategic Policy and Action, pubblicato sotto la direzione di Arthur H. Westing (Oxford University Press, 1986), pagg. 60 64.
57 Vedere Helge Heveem, op. cit., pag.61; e A/37/386, par. 73 e tavole 5 e 6.
58 Ibidem I dati che compaiono alla tavola 6 sono tuttora validi.
59 Analisi dettagliate si trovano in Erik Solem e Antony F. G. Scanian, »Oil and Natural Gas as Factors in Strategic Policy and Action: A Long Term View , in Environmental Factors in Strategic Policy and Action pubblicato sotto la direzione di Arthur H. Westing (Oxford University Press, 1986), pagg. 38 54
60 Vedere A/42/427, pagg. 362 369.
61 Vedere Alexander Arbatov, »Oil as a Factor in Strategic Policy and Action: Past and Present , in Environmental Factors in Strategic Policy and Action pubblicato sotto la direzione di Arthur H. Westing (Oxford University Press, 1986), pagg. 21 37.
62 Per maggiori notizie vedere Al Gedicks, »The New Resource Wars , Raw Materials Report, vol. 1, No 2 (1982), pagg. 8 13. La conclusione secondo cui il fattore minerario non sarebbe generalmente sufficiente a provocare una guerra è delineata nello studio dettagliato condotto da Mats Hammarstrom: Securing Resources by Force: The Need for Raw Materials and Military Intervention by Major Powers in Less Development Countries (Uppsala, Department of Peace and Conflict Research, Uppsala University, 1986). Hammarstrom prende in esame gli interventi americani, inglesi e francesi nei paesi in via di sviluppo. Nota una correlazione positiva ma modesta tra questi interventi e la dipendenza mineraria nel caso di una soltanto di queste grandi potenze. Negli altri due casi la relazione è trascurabile o inesistente.
63 Fernando Gonzalez Vigil, »New Thecnologies, Industrial Restructuring and Chandng Patterns of Metal Consumption , Raw Material Report, vol. 3, No 3.
64 Vedere ad esempio: Arthur H. Purcell, Resources Optimeation and World Peace, Occasional Paper 30 (Muscatine, lowa, The Stanley Foundation, 1982).
65 Vedere »Major Profits from Minor Metals , The Economist, 23 agosto 1986, pag. 65.
66 Vedere Jacques Aben e Ron Smith, »Defence and Employment in the United Kingdom and France: A Comparative Study of Existing Results , in Peace, Defence and Economic Analysis, pubblicato sotto la direzione di Christian Schmidt e Frank Blackby (London, Macmillan, 1987) pagg. 384 398.
67 Conséquences économiques et sociales de la course aux armaments et des depenses militaires (A/37/386), par. 58 e).
68 »Le désarmement et l'emploi : comunicazione dell'OlT alla Conferenza internazionale sulla relazione disarmo sviluppo, aprile 1986 (A/CONF.130/PC/INF/15), par. 2.
69 Vedere United States Arms Control and Desarmament Agency, Word Military Expenditures and Arms Transfers, 1986 (Washington, D.C., 1987), pagg. 59 62.
70 William J. Weida e Frank L. Gertcher, The Political Economy of National Defence, (Boulder, Westview Press, 1987), pagg. 147 149.
71 Vedere Michael Brzoska, »Economic Problems of Arms Production in Western Europe , in Militarization and Arms Production, pubblicato sotto la direzione di Helena Tuomi e Raimo Vayrynen, (London, Groom Helm, 1983), pagg. 67 69.
72 David K. Henry e Richard P. Oliver, »The Defence Buildup 1977 1985: Effects on Production and Employment , Monthly Labor Review, 1987, No 8, pagg. 6 9.
73 Vedere Rebecca Blank e Emma Rothschild, »The Effect of United States Defence Spending on Employment and Output , in International Labour Review, vol. 124, No 6 (1985), pagg. 689 693.
74 Ibidem, pagg. 678 685.
75 Mark Thee, Military Technology, Military Strategy and the Arms Race (London, Groom Helm, 1986), pagg.l07 108.
76 Si può trovare un'analisi parallela in Langdon Winner, The Whaleand theReactor:A SearchforLimitsinanAgeofHigh Technology (Chicago, The University of Chicago Press, 1986).
77 Inga Thorsson, »In Pursuit of Disarmament: Conversion from Military to Civil Production in Sweden , VoL IA: Background, Facts and Analysis (Stockholm, Liber, 1984), pagg. 133 134.
78 Per un'analisi più dettagliata vedere Mark Thee, op. cit.; e Bernd W. Kubbig, »Military Civilian Spin Off: Promises and Problems , Development and Peace, vol. 7, No 3 (1986), pagg. 199 227.
79 Inga Thorsson, op. cit., pag. 137.
80 Robert W DeGrasse, Military Expansion, Economic Decline (New York, M. E. Sharpe, 1983), pagg. 30 33; e Bernd W. Kubbig, op. cit., pagg. 212 214.
81 Per un'analisi più dettagliata vedere Asthon B. Carter, »Communications Thecnologies and Vulnerabilities , in Managing Nuclear Operations, pubblicato sotto la direzione di Asthon B. Carter, John D. Steinbruner, Charles A. Zraket, (Washington, D.C., The Brookings Institution, 1987) pagg. 17 281.
82 Bernd W. Kubbig, op. cit., pagg. 209 211.
83 Vedere Helena Tuomi e Raimo Vayrynen, Transnational Corporations, Armaments and Development (Aldershot, Gower, 1982), pagg. 238 247.
84 Vedere Akin Fadahunsi, The Development Process and Thecnology (Uppsala, Scandinavian Institute of African Studies, 1986).
85 Pubblicazione delle Nazioni Unite, numero: F.87.1X.8,par. 3.
86 Steven Chan, »Military Expenditures and Economic Performance , World Military Expenddures and Arms Transfers 1986 (Washington, D.C., Unites states Arms Control and Disarmament Agency, 1987), pagg. 29 e 30.
87 Vedere Michael Brzoska, »The Reporting of Military Expenditures , Journal of Peace Research, vol. 81, No 3 (1981), pagg. 261 277; Halcan Wiberg, »Measuring Military Expenditures: Purposes, Methods, Sources, Cooperation and Conflicts , ibidem, vol. 18, No 3 (1983), pagg. 161 177; Gary Goertz e Paul F. Diehl, »Measuring Military Allocations: A Comparison of Different Approaches , Journal of Conflict Resolution, vol. 30, No 3 (1986), pagg. 553 581.
88 William J. Dixon e Bruce E. Moon, »The Military Burden and Basic Human Needs , Journal of Conflict Resolution, vol. 30, No 4 (1986), pagg. 660 684.
89 Vedere Hendrik de Hann, »Military Expenditures and Economic Growth: Some Theoretical Remarks , in The Economics of Military Expenditures, pubblicato dotto la direzione di Christian Shmidt, London, Macmillan, 1987), pagg. 87 97.
90 Saadet Deger, Analyses intersectorielles des dépenses militairires et de la formation de capital de la productivité de la croissance économique et de la compétitivité (30 aprile 1986) (A/CONF. 130/PC/INF/16), pag. 5.
91 Adne Cappelen, Nils Petter Gleditsch e Olav Bjerkholt, »Military Spending and Economic Growth in the OECD Countries , Journal of Peace Research, vol . 21, No 4 (1984), pagg. 361 373. Una relazione positiva temporale tra spese militari e crescita economica non può venir paragonata alla relazione tra sforzi di difesa e spese pubbliche come salute o istruzione. Negli Stati Unitinon è stata riscontrata nessuna relazione sistematica tra questi due tipi di spesa nel periodo tra il1941 e il1979: vedere Bruce M. Russet, »Defense Expenditures and National Well Being , American political Science Review, vol. 76, No 4 (1982), pagg. 767 776.
92 Nils Petter Gleditsch, Dépenses militaire et structures économiques, en particulier dans les économie de marché
(A/CONF/PC/INF/14), 29 aprile 1986, pag. 7. Vedere anche Saadet Deger, op. cit., pag. 31.
93 Per un esame delle conclusioni pertinenti alla ricerca vedere
Goran Lindgren, Armaments and Economic Performance in Industrialized Market Economies (Uppsala, Département des recherches
sur la paix et les conflits, Università di Uppsala, 1985), pagg. 9 18.
94 Adne Cappelen, Nils Petter Gleditsch e Olav Bjerkholt, op.
cit. Così sembra nelle situazioni del contesto africano. Vedere B. E.
Aigboklhan, »Growth and Military Expenditure in a Less Development Economy , African Peace Research Institute Newsletter, No
16 (1987), pagg. 5 12.
95 »Dépenses militaires et structure économique: les pays à économie planifiée , comunicazione dell'lstituto dell'ecomonia mondiale e delle relazioni internazionali di Mosca alla Conferenza internazionale sulla relazione tra disarmo e sviluppo, 24 aprile 1986
(A/CONF/130/PC/INF/12), pagg. 4 e 5.
96 Paul M. Johnson e Robert A. Wells, »Soviet Military and Civilian Resource Allocation, 1951 1980 , Journal of Conflict Resolution, vol. 30, No 2 (1986), pagg. 195 219.
97 Vedere Augusto Varas, »Economic Impact of Military Spending: Military Spending and the Development Process , Disarmament, vol. 9, No 3 (1986), pagg. 85 e 86.
98 Vedere Rapport entre le désarmement et le développment
(A/36/356), (pubblicazione delle Nazioni Unite, numero: F.82.1X. 1),
par. 182.
99 Saadet Deger e Ron Smith, »Military Expenditures and Growth
in Less Developed Countries , Journal of Conflict Resolution, vol .
27, No 2 (1983); e Saadet Deger, op. cit., pagg. 19 21.
100 Vedere Alfred Maizels e Machiko K. Nissanke, »The Determinants of Military Expenditures in developing Countries , World
Development, vol. 14, No 9 (1986), pagg. 1125 1140.
101 David Lim, »Another Look: Growth and Defense in Less Developed Countries , Economic Development and Cultural Change,
vol. 31, No 2 (1983), pagg. 377 384. vedere anche Augusto Varas,
op. cit., 1986, pagg. 87 89.
102 A/CONF. 130/PC/INF/15, par. 3 e 4.
103 Per un'analisi dettagliata della sottocommittenza nell'industria della difesa degli Stati Uniti, vedere Jacques S. Gansler, The
Defense Industry (Cambridge, Mass., The MIT Press, 1981), pagg.
128 161 .
104 Come viene dimostrato dalla recente decisione degli Stati Uniti
d'impedire, per ragioni di sicurezza, l'acquisizione della Fairchild
Corp. da parte della Fujitsu Ltd. Vedere Newsweek, numero del 30
marzo 1987, pag. 50.
105 Vedere Hugh G. Mosley, The A rms Race: Economic and Social Consequences (Lexington, Mass., Lexington Books, 1985), pagg.
89 100; e Jacques Aben e Nicolas Daures, »Défense nationale et emploi en France , Probèmes de défense nationale, Università di Montpellier, 1. Les Cahiers du Séminaire Ch. Gide, vol. XV (Montpellier
1982), pagg. 154 192.
106 Rebecca Blank e Emma Rothschild, »L'effet des dépenses militaires des Etats Unis sur l'emploi et la production , Revue internationale du travoil, vol. 124, No 6 (1985), pag. 741.
107 In linea di massima gli economisti sono in disaccordo sulle cause della produttivita, della crescita e del ruolo delle spese militari;
vedere ad esempio Hugh G. Mosley, op. cit., pagg. 73 75.
108 Vedere Robert W. De Grasse, Military Expansion, Economic
Decline (New York, M.E. Sharpe, 1983), pagg. 30 33. Vedere anche Nicole Ball, »Converting the Workforce: Defense Industry Conversion in the Industrialized Countries International Labour Review, vol. 125, No 4 (1986), pagg. 409il2.
109 Vedere Rapports entre le desarmement et le development
(A/36/356) (pubblicazione delle Nazioni Unite, numero: F.82.1X.I),
parr. 211 215; e Goran Lindgren, op. cit., pagg. 19 23. 53
110 Vedere Hugh G. Mosley, op. cit., pagg. 100 108.
111 A/37/386. parr. 60 62.
112 Anthony J. Dolman, Resources, Regimes, World Order (New York, Pergamon Press, 1981).
113 Vedere Harvey Brooks, op. cit., pag. 182.
114 Vedere, ad esempio, Raju Thomas, »India's Nuclear and Space Programmes: Defense or Development? , Worls Politics, vol. 38, No 2 (1986), pagg. 315 342.
115 Vedere ad esempio »SDI Boom or Bust , Scientific American, novembre 1986, 1986, pagg. 54 e 55.
116 Harvey Starr e al. »The Relationship between Defense Spending and Inflation)>, Journal of Conflict Resolution, vol. 28, No I (1984) pagg. 105 112.
117 Vedere William J. Weida e Frank L. Gertcher, The Political Economy of National Defense (Boulder, Westview Press 1986), pagg. 149 153.
118 A/36/597, par. 236.
119 Per alcune conclusioni empiriche vedere Harvey Starr e altri, op. cit., pagg. 116 120.
120 Michael Brzoska, »The Military Related Debt in Non Oil Developing Countries)>, in Peace, Defense and EconomicAnalysis, pubblicato sotto la direzione di Frank Blackby e Christian Schmidt (London, Macmillan, 1987) pagg.302 316.
121 Vedere Rita McWilliams Tullberg, »Military Related Debt in Non Oil Developing Countries , in Peace, Defence and Economic Analysis, F. Blackaby and C. Schmidt, eds. (London, Macmillan, 1987), pagg. 302 316.
122 Tulleberg, op. cit., 1987.
123 Vedere Aldo Ferrer, »Argentina's Foreign Debt Crisis , Third World Affairs 1985 (London, Fondation du tiers monde pour les études sociales et économiques, 1985).
124 Robert E. Looney e P.C. Frederiksen, »Defense Expenditures, External Public Debt and Growth in Developing Countries , Journal of Peace Research, vol. 23, No 4 (1986), pagg. 329 337; e Robert E. Looney, »Financial Constraints on Potential Latin American Arms Producers , Current Research on Peace and Violence, vol. 10, No 4 (1987), pagg. 159 168.
125 Per un'analisi più dettagliata vedere Dragoslav Avaramovich, »Depressjon of Export Commodity Crisis of Developing Countries , Third World Quarterly, vol. 8, No 3 (1986), pagg. 953 977.
126 Rita MacWilliams Tulberg, »Arms Transfers, Military Related Debt and Counter Trade , Congresso internazionale degli economisti di lingua francese, Università di Friburgo, 1 3 giugno 1987, pagg. 7 13 Vedere anche Stephanie Neumann, »International Stratification and Third World Military Industries , in International Organization, vol. 38, No 2 (1984).
127 Vedere A/39/331, annessi.
128 Vedere segretariato della CEPALC, »Crisis and Development in Latin America and Caribbean , CEPALCReviw, No 26 (1985), pag. 26; e Stephany Griffith Hones, »The International Debt Problem: Prospect and Solutions . Documento di lavoro dell'lstituto mondiale di ricerca sugli aspetti economici dello sviluppo (Helsinku, 1987), pagg. 17 19.
129 Joseph Ramos, »Stabilization and Adjustment Policies in the Southern Cone, 1974 1983 , CEPAL Review, No 25 (1985), pagg. 136 108.
130 Donald Horne, The Public Culture: The Triumph of Industrialism (London, Pluto Press, 1987), pagg. 87 91.
131 R.B.J. Walker, »Culture Discourse, Insecurity , in Towards a Just World Peace, pubblicato sotto la direzione di Saul H. Men54 dlovitz e R.B.J. Walker (London, Butterworths 1987), pagg. 176 178.
132 Robert A. Hinde, »Trust, Co operation, Commitment and International Relationships , Current Research on Peace and Violence, vol 10, No 2 e 3 (1987) pagg. 83 90. Vedere anche Walker, op cit., pagg. 184 187.
133 11 ruolo dei media viene esaminato in modo piu approfondito da Tapio Varis e altri, in Peace and Communication (San Jose, Editorial Universidad para la Paz, 1986), pag. 65.
134 E. Burgov, »Economic Burden of Militarization , in Ways to Security, Consiglio scientifico di ricerche sulla pace e la sicurezza (Mosca, Edizioni Nauka, 1986), pag. 65.
135 Inga Thorsson, »In Pursuit of Disarmament, Conversion from Military to Civilian Production in Sweden , vol. IA:Background Facts and Analysis (Stockholm, Liber, 1984), pagg. 222 e 223. Per un'analisi dettagliata, vedere S. Nadel »Sotsialno ekonomicheskaya apologia gonki vooruzhenya i deistvitelnost Mirovaya ekonomika i mezdunarodnie otnoshenya, No 2 (1987), pagg. 41 51.
136 A/CONF.130/PC/inf/15, pagg. 7 e 8: Inga Thorsson, op. cit., 1984 pag. 292 e 293. Vedere anche Seymour Melman, »Problems of Conversion from Military to Civilian Economy , Bullettin of Peace Proposals, vol. 16, No I (1985) pagg. 15 18.
137 R. Faramazyan, Disarmament and Economy (Mosca, Edizioni Progresso, 1987), pagg. 118 121.
138 Vedere ad esempio »Economic Adjustment/Conversion , rapporto del Comitato presidenziale per l'assestamento economico (Washington, il Pentagono, 1985).
139 Seymour Melman, op. cit., pag. 18 e 19; e A/CONF. 130/Pc/lNF/15, pagg. 12 14.
140 Inga Thorsson, op. cit.; e Nils Petter Gelditsch, Olav Bjerkholt, Adne Cappelan e Knut Moun, »The Economic Effects of Conversion: A Case Study of Norway , in Militarization and Arms Production, pubblicato sotto la direzione di Helena Tuomi e Raimo Vayrynen (London, Groom Helm, 1983), pagg. 225 258. Per un'analisi dei tentativi di riconversione in Europa occidentale vedere Istituto sindacale europeo, »Disarmamenti and the Conversion of Arms Industries to Civilian Production in Disarmament and World Development (11 ed.), pubblicato sotto la direzione di Mac Grahm, Richard Jally e Chris Smith (New York, Pergamon Press, 1986), pagg. 205 224.
141 Vedere Klaus Engelhardt, »La reconversion de la recherche et de la mise au point militaires: realisme ou vue de l'esprit? , Revue internationale du Travail vol. 124, No 2 (1985), pagg. 181 192.
142 Vedere A/40/553, Etude sur les onceptions de la sécurité (pubblicazione delle Nazioni Unite, numero: F.86.1X.I) in cui vengono definite varie concezioni di sicurezza. Lo studio contiene anche un esame dettagliato dei differenti livelli e delle differenti dimensioni e dottrine di sicurezza.
143 A/37/386, par. 131.
144 Hugh G. Mosley, The Arms Race: Economic and Social Consequences (Lexington, Mass., Lexington Books, 1985), pagg. 135 143.
145 Ruth Leger Sivard, World Military and Social Expenditures 1987 1988 (Washington, D.C., World Priorities, Inc. 1987).
146 Citazione da una dichiarazione della sig.ra Lisabeth Palme membro della delegazione svedese alla riunione del Consiglio d'Amministrazione dell'UNlCEF (aprile 1988).
147 Vedere ad esempio Robert W. DeGrasse, Military Expansion Economic Decline (New York, Council on Economic Priorities, 1983). L'incidenza negativa delle spese militari sulle industrie della macchina produttiva in una società avanzata è stata analizzata da Anthony DiFilippo in Military Spending and Industrial Decline: A Study of the American Machine Tool Industry (Westport, Conn., Greenwood Press, 1986).
148 Questo problema è stato studiato da Lee D. Olvey, James R. Golden e Robert C. Kelly in The Economics of National Secunty (Wayne, N.J., Avery Publishing Group, 1984), pagg. 340 348.
149 Robert Gilpin, War and Change in the International System (Cambridge, Cambridge University Press, 1981).
150 A/37/386, par. 113 125.
151 I problemi di sicurezza regionale sono stati esaminati nel rapporto del 1982, par. 126 131 e in Sécurité collective: rapport de la Commission independante sur les questions de désarmement et de sécurité (London, Pan Books, 1982), pagg. 129 134.
152 »Désarmement et développement , Declaration du Groupe de personalites éminentes dans le domaine du desarmement et du développement (pubblicazione delle Nazioni Unite, numero: F.86.1X.5), par. 28 b).
153 Per una definizione globale di sicurezza vedere Richard Ullman, »Redfining Security , International Secunty, vol. 8, No I (1983), pagg. 129 153.
154 Risoluzione S 10/2 dell'Assembela generale.
155 Risoluzione S 10/2 dell'Assemblea generale
156 Déclaration commune du groupe de personnalités eminentes dans le domaine du désarmament et du développement (pubblicazione delle Nazioni Unite, numero: F.86.1X.5), par. 28 e).
157 Pubblicazione delle Nazioni Unite numero di vendita: F.87.1X.8, par. 35 c) ix) e).
158 Ibidem, par. 35 c) ix) c).