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Rutelli Francesco, Calderisi Giuseppe - 28 aprile 1988
Fame: il caos e la mangiatoia
conferenza stampa di Francesco Rutelli e Peppino Calderisi

SOMMARIO: La sintesi di una conferenza stampa tenuta dai deputati radicali Rutelli e Calderisi sulla riforma della legge italiana per la cooperazione allo sviluppo. Le critiche del gruppo parlamentare federalista europeo.

(Notizie Radicali n· 87 del 28 aprile 1988)

La conferenza stampa è stata introdotta da Francesco Rutelli, capogruppo radicale, il quale ha detto:

»Il Partito radicale ha agito prioritariamente, a lungo, per modificare drasticamente la cosiddetta `politica di cooperazione con i paesi del Terzo mondo'. La nostra proposta, volta a realizzare interventi concentrati, `multisettoriali', mirati innanzitutto alla salvezza della vita umana e a creare le condizioni essenziali dell'autosufficienza alimentare, è stata respinta; prima con la versione del tutto negativa della legge istitutiva del Fai; poi con la nuova legge per la cooperazione, che compie una totale `restaurazione' dei criteri di dispersione degli aiuti e quindi di obbedienza ai meccanismi da `grandi magazzini' degli interventi già sperimentati dal Dipartimento, con l'aggravante che la nuova direzione oggi può spendere -anzi: sperperare- ben 5.000 miliardi all'anno. Non è il caso di far qui dell'anedottica, che potrebbe riempire da sola 5 conferenze-stampa con esempi allucinanti di cooperazione, come i 17 miliardi e mezzo per lo sviluppo della pioppicoltura in Anatolia (Turchia): o aiuti di `emerge

nza' quali la fornitura di 20.000 tonnellate di zucchero all'Egitto, o miriadi di fantomatici progetti e progettini affidati a centinaia di Enti e soggetti per non scontentare alcuna `famiglia' partitocratica; il vero problema è di una svolta nella politica -e nel controllo- degli aiuti nel loro complesso e nella loro priorità .

A questo proposito, è quindi intervenuto Peppino Calderisi, deputato e membro della segreteria radicale, il quale ha annunciato due iniziative specifiche dei radicali: »La prima è la richiesta alla Corte dei Conti di un referto in corso d'esercizio, ai sensi dell'art. 148 del regolamento della Camera, su tutti i progetti relativi alla Somalia e all'Etiopia (paesi che beneficiano di oltre il 30% dei finanziamenti) con ogni possibile informazione e valutazione sui criteri con cui essi sono stati prescelti, sul rispetto delle procedure amministrative, sulla verifica della congruità delle spese rispetto agli obiettivi e sulle eventuali modifiche, trasformazioni e integrazioni dei progetti stessi in corso d'opera .

La seconda è l'annuncio che, dopo un anno dall'entrata in funzione della nuova Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (istituita dalla legge n. 49 del 26 febbraio 1987 che ha assorbito le funzioni del Dipartimento per la cooperazione e del Fai) i radicali predisporranno un secondo libro bianco sui cosiddetti aiuti allo sviluppo, non essendo più tollerabile che i risultati degli aiuti effettuati dal nostro paese siano riconosciuti e valutati dopo anni e anni, come è avvenuto finora. Ricordiamo che la Corte dei conti nella sua ultima relazione al Parlamento ha dovuto denunciare che »non è possibile, allo stato delineare un quadro valutativo riferito a un consuntivo completo -comprensivo cioè anche di dati sulla effettiva e completa utilizzazione delle somme destinate alla predisposizione e attuazione dei progetti- della gestione del Dipartimento e del Fai. Ciò anche in ragione sia delle inadempienze del Fai agli obblighi di rendicontazione, sia perché i consuntivi del Dipartimento per la coopera

zione allo sviluppo sono stati trasmessi alla Corte con ritardi notevoli .

Ha poi proseguito Rutelli:

»Noi non abbiamo alcun intento persecutorio, né siamo particolarmente sensibili alle iniziative del Kgb, come qualcuno sembra affermare. La Somalia è il primo paese al mondo destinatario di aiuti italiani, ed è al primo posto per i disastri e i fallimenti della cooperazione. In Somalia, nessuno nega la esistenza di una corruzione generalizzata e di una pesantissima inaffidabilità amministrativa, frutto anche di una grave indigenza; questa situazione ha spinto noi radicali a segnalare all'opinione pubblica e a chiedere conto al governo circa numerosi casi di sperperi e malversazioni di denaro pubblico italiano in Somalia: ma la nota deposizione di Ali Khalif Ghalayo a Milano ha per la prima volta consentito di far emergere un preciso ed inquietante caso di corruzione.

Su questa vicenda, sono a disposizione della Procura di Roma per collaborare e fornire ogni opportuna informazione .

Sulla fabbrica di urea a Mogadiscio, Rutelli ha ricordato che le presunte precisazioni fornite nei giorni scorsi non fanno che confermare la verità, ovvero:

1) che il progetto era tecnicamente assurdo perché mancavano la materia prima, l'energia e il personale specializzato;

2) che la fabbrica ha funzionato in pratica solo per celebrazioni e visite di rappresentanza, producendo in 5 anni appena 7.000 tonnellate (dichiarate) di fertilizzanti contro le 250.000 tonnellate programmate;

3) che il costo dell'impianto è stato ripianato nell'84 con un »regalo di ben 63 milioni di dollari, oltre alle tranches precedenti e prescindendo dai tre miliardi e mezzo donati dal Ministero degli Esteri in due fasi successive per la »formazione del personale. Rutelli ha anche ripreso un documento dell'onorevole Forte, nel quale alla fine dell'85 si affermava:

»In quarto luogo parte dei debiti con noi sono stati contratti per investimenti che non si dovevano a suo tempo consentire, come quello per l'impianto di urea per fertilizzanti costato oltre 70 milioni di dollari che ancora non riesce ad entrare pienamente in funzione. Non solo; l'economicità aziendale originaria di questo impianto non sussisteva, sicché -se lo si voleva fare- lo si doveva finanziare con sistemi meno onerosi. Ad esempio lo si doveva fare con erogazioni a fondo perso, nel quadro degli investimenti infrastrutturali per l'agricoltura. Inoltre, quando il credito fu concesso la Somalia versava già in insolvenza, in senso tecnico; ma il credito, con garanzia dello Stato (mediante la Sace) per l'investimento fu erogato sulla base di un escamotage: lo Stato italiano si accollò la rata di sofferenza finanziaria della Somalia di quell'anno, in modo da non farla risultare insolvente. Ragionando a posteriori si deve osservare che i casi sono due: o lo Stato intendeva fare lo stesso per il futuro, e allo

ra era ragionevole non considerare la Somalia insolvente ma è anche logico ora cancellare il suo debito; o lo Stato non lo voleva fare, ma allora sapeva che la Somalia, nella realtà, era insolvente: il lenire tale situazione con una partita finanziaria transitoria aveva lo stesso senso di chi per dichiarare guarito un ammalato gli dia un'aspirina che transitoriamente gli fa scendere la febbre .

Rutelli ha poi affrontato alcuni altri capitoli dell'inefficienza e dello sfascio della cooperazione in Somalia, preminentemente -come la vicenda della fabbrica di fertilizzanti- da attribuire alla responsabilità del Dipartimento per la cooperazione allo sviluppo ed ai sottosegretari e ministri competenti pro tempore.

1) Camion del Fai. Rutelli ha confermato che, appena ceduti al governo somalo, i camion utilizzati dal Fai sono stati in gran numero trasferiti all'esercito. Testimoni oculari, circa due mesi fa, li hanno osservati dirigersi in colonna verso l'Ogaden (ancora con l'insegna Fai), dove sono stati utilizzati contro moti locali (un'analoga situazione si è prodotta per i camion del Fai in Mali).

2) Pesca. E'stato richiamato il fallimento clamoroso del programma di cooperazione costato circa 30 miliardi, che oggi si vuole rilanciare con nuovi interventi della direzione generale per una cinquantina di miliardi (quel fallimento produsse la bancarotta della società Somitfish, che operava con pescherecci totalmente inadeguati, privi di celle frigorifere e bunkeraggio a terra, rimasti per anni semiaffondati nel porto di Mogadiscio). Notevole anche la distorsione del Programma pesca del Fai, originariamente previsto per il porto di Bosaso, terminale funzionale della celebre strada Garoe-Bosaso, ed inopinatamente trasferito per decisione somala a centinaia e centinaia di chilometri di distanza, con un aggravio di altri tre miliardi rispetto ai quattro e mezzo previsti appena un anno fa.

3) Rutelli ha citato altri disastri lasciati dal Dipartimento: l'ospedale di Corioley per il quale furono comperate attrezzature per un miliardo e 200 milioni salvo poi accorgersi che l'ospedale era privo di fogne, acqua e persino delle porte; l'istituto farmaceutico di Mogadiscio, per il quale sono stati spesi tre miliardi dal Dipartimento e sette dalla Cee e che non ha mai funzionato richiedendo uno stanziamento supplementare di quindici miliardi del Fai: i ventisei miliardi stanziati dalla nuova direzione (anziché i quindici preannunciati) per tentare di risanare l'altro fallimento della raffineria di Mogadiscio. I colossali sprechi di un'Università che paga con 10-12 milioni al mese professori che vengono remunerati in dollari su un conto speciale del banco di Roma a Lugano.

A proposito di alcune polemiche concernenti il Fai, Rutelli ha infine affermato: »Abbiamo sempre seguito con molto rispetto personale l'operato dell'onorevole Forte. Questo non deve e non può impedirci l'esercizio della critica, alla luce di alcuni risultati assai negativi. Tra questi, a proposito della Somalia, va segnalato il caso assurdo della strada Garoe-Bosaso, divisa in due lotti di esecuzione per un importo complessivo di 210 miliardi, incluse alcune infrastrutture. Ebbene: appena il 4 novembre scorso l'onorevole Raffaelli, sottosegretario agli Esteri, rispondendo ad un'interrogazione del Pci dava piena garanzia della qualità dei lavori e circa il loro buon andamento. Appena tre mesi dopo il comitato direzionale per la Cooperazione ha invece provveduto ad incrementare di una cifra iperbolica lo stanziamento del 1· lotto: di ben 73,6 miliardi, con un aumento quindi di quasi il 70% ad un anno e mezzo dalla stipula del contratto! A proposito dell'Etiopia, va registrato il disastro dell'intervento nel Te

na Belès, dove lo stesso comitato ha dovuto prendere atto della spaventosa crescita della malaria e della mortalità (si sono registrate migliaia di vittime), decidendo un ulteriore stanziamento di 8,5 miliardi -curiosamente affidato alla ditta Salini- per gli interventi sanitari urgenti. In Etiopia, dunque, ci sono voluti tre anni per accorgersi che i deportati da Menghistu sono stati portati a morire di malaria .

 
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