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Walesa Lech - 24 maggio 1988
Non possiamo aspettare l'Europa delle libertà
intervista a Lech Walesa a cura di Adam Mickiewicz

SOMMARIO: Il movimento polacco Solidarnosc è momentaneamente in crisi e Lech Walesa spiega la strategia di ripresa dello scontro con il regime.

(Notizie Radicali n· 107 del 24 maggio 1988)

In questo numero di Notizie Radicali ci occupiamo molto ampiamente della Polonia: Solidarnosc, Wolnosc i Pokoj, opposizione democratica. Vi è, in quel paese del blocco orientale europeo, il movimento di opposizione di gran lunga più forte, più organizzato, più vitale. Il personaggio più importante, più prestigioso di quel movimento è stato intervistato da un collaboratore del nostro giornale che non nominiamo e a cui attribuiamo il nome di un grande poeta polacco.

L'intervista a Lech Walesa che pubblichiamo qui a fianco è stata raccolta alcuni giorni prima che in Polonia iniziassero gli scioperi e le manifestazioni di maggio. Di Nowa Huta, dei cantieri di Danzica ha parlato la stampa di tutto il mondo. A Nowa Huta gli operai che la occupavano sono stati sgombrati con durezza dalla polizia antisommossa; a Danzica, coloro che occupavano i grandi cantieri navali hanno deciso di abbandonare la mobilitazione, di sospenderla. Molti, troppi, hanno parlato di resa. Ma resa non è stata.

A Danzica, ad occupare i cantieri, vi era anche Lech Walesa; vi era un uomo che è da tempo un simbolo senza aver mai cessato, però, di essere un leader, un capo, un punto di riferimento politico. Insieme a lui, i giovani operai dei cantieri hanno sospeso l'occupazione perché si erano trovati di fronte ad un muro impenetrabile; avevano chiesto di dialogare, ma hanno trovato il più fermo dei silenzi. Chiedevano aumenti salariali e il riconoscimento di Solidarnosc a livello di aziende.

La situazione che si era creata non lasciava prevedere altra via d'uscita che l'uso della violenza da parte del regime: a Danzica hanno deciso di fare in modo che quella violenza non venisse usata.

Vi è insieme, in questo, una scoperta e una conferma. L'opposizione polacca, Solidarnosc è stata sovente mitizzata; e con ciò si è portati talvolta a dimenticare l'umanità di coloro che il sindacato libero polacco compongono e fanno vivere. Quella organizzazione che è solida -nonostante tutto- e forte, è tuttavia somma di energie ed intelligenze umane.

La conferma sta in questo, che la scelta della nonviolenza politica è per l'opposizione polacca consapevole e profonda.

Quando per il suo interlocutore non vi è altra via d'uscita che l'uso della violenza, il nonviolento ha il dovere di evitarla se la situazione non consente di ritenere che il subire una repressione violenta possa effettivamente essere utile per gli obiettivi che ci si è posti.

Walesa ha dichiarato che lo scontro è soltanto rinviato, e che si aggraverà. Si può crederlo?

Probabilmente basta leggere l'intervista al leader di Solidarnosc, qui a fianco, per capire che le mobilitazioni che si sono sviluppate in Polonia intorno al 1· e al 3 maggio costituivano un momento assai importante, ma un momento interno ad un programma di iniziative che è più ampio; anche se molto, sempre più difficile.

Nelle pagine seguenti troverete un lungo reportage di Giovanni Negri sul suo viaggio in Polonia; e due interviste molto interessanti: una a Geremek (medievalista di rilievo mondiale che è forse il più importante consigliere di Walesa), e l'altra a Jacek Csaputowicz, leader del movimento Wolnosc i Pokoj (libertà e Pace), sull'obiezione di coscienza. In Polonia, gli obiettori costituiscono nettamente la maggioranza dei detenuti politici.

Questa intervista è stata realizzata alcuni giorni fa da Adm Mickiewicz (nome fittizio di un collaboratore polacco del nostro giornale) per Notizie Radicali. Naturalmente -come è facile evincere dalla lettura della stessa- l'intervista risale ad un momento anteriore ai recenti drammatici sviluppi della situazione in Polonia, ma mantiene tuttavia un grande interesse soprattutto perché le risposte del Premio Nobel delineano un quadro delle posizioni attuali di Solidarnosc e di quelle del governo di Varsavia che è facile individuare come direttamente connesse e prodromiche alle agitazioni operaie di questi giorni.

Come valuta la situazione della Polonia attuale? Vede qualche via d'uscita nella situazione attuale?

Il fatto che la Polonia abbia tali enormi problemi è una vergogna; noi ci vergogniamo del fatto che il regime ci abbia ridotti a mendicanti del mondo. E non solo la Polonia è un mendicante, ma frena lo sviluppo di altri paesi. Mi riferisco a tutti i paesi di questo sistema, per i quali la crisi è il denominatore comune. Gli ultimi anni hanno dimostrato la non validità di questo sistema; e per questo bisogna cambiarlo. Il problema è come arrivare -partendo dalla situazione causata da questo sistema- ad una qualche normalità. Non c'è altra strada che quella delle riforme proposte da Solidarnosc. Per accelerare il nostro sviluppo dobbiamo utilizzare i moderni ritrovati della tecnica; ma la modernità comporta anche dei rischi, la cui prevenzione è possibile attraverso la cooperazione con i paesi che nel settore hanno già una ricca esperienza.

Con questo si può dire che stiamo assistendo al definitivo crack dei governi retti dai comunisti?

Questo sistema, queste autorità si comportano come ogni altra autorità che è in fallimento. E' in fallimento rispetto all'epoca che stiamo vivendo. I nostri tempi richiedono velocità; questo sistema non ce la fa a tenere il passo.

Le fonti del regime dicono che l'influenza di Solidarnosc si va sempre più riducendo, che il sindacato ha perso il sostegno della società.

Naturalmente il governo deve dire ciò che dice, perché è l'erede del fallimento.

Noi non facciamo pressioni contro i quadri o contro le persone; non lottiamo per il potere. Sappiamo, invece, che certi comportamenti sociali obbligano ai cambiamenti. Oggi Solidarnosc è più forte, è uscita vincitrice: non con la violenza, ma per le sue proposte. Dopo il 13 dicembre 1981 le autorità hanno usato la forza contro i nostri argomenti, ma non hanno risolto nulla. E ora stanno prendendo la via delle riforme che proprio noi chiedevamo; non bisogna ascoltare e giudicare quello che viene detto, ma i fatti, ciò che succede.

Dal 1980 in questo sistema ci sono stati seri mutamenti; il governo si è avviato nella giusta direzione. Ma potrà ottenere qualche risultato soltanto tra due o trecento anni; e noi non possiamo aspettare tanto.

E allora cosa si può fare? Come si può influire sulla situazione?

In Polonia si sta svolgendo una lotta tremenda. Non è una lotta di piazza; quella non la vogliamo, non vogliamo essere picchiati nè picchiare nessuno. Noi vogliamo riforme verificate, e da qui la proposta di riforma di Solidarnosc. Essa si fonda sul pluralismo nei tre campi: quello economico, quello sociale -che garantisce e completa il primo- e quello politico. Ovviamente le autorità sostengono che, date le condizioni economiche così difficili, non è tempo per la democratizzazione. Noi al contrario riteniamo importante che la società venga coinvolta nella maniera più ampia nella lotta per il futuro. Il sistema è scaduto definitivamente; la soluzione del problema economico è la più urgente. Per questo il pluralismo nell'economia ci appare così essenziale. E bisogna attingere a tutti i modelli che nel mondo sono risultati validi e non ostacolare i tentativi di introdurli qui da noi. Esistono il mercato, le banche, le tasse; è qui la soluzione del problema. Noi non possiamo inventarci modelli economici complet

amente nuovi.

C'è il modello orientale e quello occidentale: bisogna che passiamo gradualmente -per forza di cose- dall'uno all'altro.

Bisogna stabilire delle relazioni, rapporti di collaborazione; e ciò è possibile soltanto se c'è un clima favorevole. Le deficienze del nostro sistema sono enormi. Abbiamo bisogno di acquistare tutto, a partire dal cucchiaino da tè; per poter acquistare un alloggio dobbiamo aspettare 40 anni, e 20 per un'automobile. Vogliamo le riforme per essere in grado di fare scambi commerciali con l'occidente. Lo Stato dovrebbe creare le condizioni perché queste relazioni possano svilupparsi.

Parlo tanto delle questioni economiche proprio perché la situazione è grave. Solidarnosc propone cambiamenti rivoluzionari, ma da raggiungere sulla strada dell'evoluzione, della gradualità: non per paura, ma per necessità. Questo sistema ci ha resi invalidi dal punto di vista economico. Tutto è a brandelli; è un sistema pieno di assurdità. E' difficile intraprendere la strada della cooperazione totale quando si tratta dei settori economici più complessi.

Bisogna uscirne, ma come? La nostra proposta è che si scelga la via della riforma economica.

Lei parla dei rapporti economici con l'occidente: intende i crediti, o altre forme di aiuto?

I crediti non risolvono gran che. Da noi, appena cambiano le persone al governo cambia la politica economica. Si tratta invece di arrivare ad una situazione in cui, pur cambiando i governi, le leggi dell'economia restano le stesse; come in Italia, ad esempio.

I rapporti con gli altri paesi devono essere strutturati in maniera tale che per entrambe le parti siano favorevoli e proficui. Il governo polacco negli anni 70 ha contratto enormi debiti e sprecato molte ricchezze. Ora bisogna operare diversamente; bisogna sviluppare piuttosto collaborazioni dirette tra sindacati dell'est e sindacati dell'ovest, fabbriche e fabbriche, scuole e scuole, fra vari istituti scientifici, ecc. Deve crearsi una cooperazione tra specialisti dei vari settori, progettata per il lungo periodo. Questo riguarda tutti i paesi del blocco orientale; tutti ne hanno tanto bisogno.

Qual'è la differenza tra la proposta del ministro Sadowski (il vice primo ministro responsabile della riforma economica, n.d.r.) e la vostra? Cosa sono disposte ad accettare le autorità?

Loro ormai accettano tutto... soprattutto la valuta estera, e potrebbero governare con successo se soltanto gli uomini non fossero uomini e se le leggi dell'economia non fossero le leggi dell'economia. Questo lo dico per scherzare. Tanti elementi indicano che la riforma è stata avviata nella direzione giusta, ma almeno per ora tutto si è limitato alla teoria, ai dibattiti, al Wishfull thinking. Invece, la questione principale è quella delle strutture, cioè delle garanzie di stabilità. Tutto quello che il governo propone adesso sembra soltanto una serie di »regali , e non manifesta una reale volontà di cambiare. Anche se Sadowski fosse un santo, evidentemente dopo lui verrà un altro che potrebbe cambiare tutto, tutti i progetti di riforma; per questo bisogna lottare per strutture nuove. Io dico spesso cose che suonano simili a quelle che dice Sadowski, però aggiungo che ci vogliono strutture diverse, basate su diversi principi. Noi vogliamo nuove strutture, non soluzioni temporanee, che sono come caramelle c

he ci possono essere date o no, secondo la volontà delle autorità.

Sappiamo che le autorità, compreso Sadowski, si trovano in una situazione molto difficile. Ma soltanto quando le manette non saranno più tanto strette, la cooperazione con l'occidente sarà possibile. Il sistema deve somigliare a quello di una nave, perché funzioni la quale è necessario che ogni cavo assolva il suo ruolo, e tutti insieme devono portare a raggiungere un equilibrio del nostro livello economico con quello dell'occidente. Soltanto allora i polacchi cesseranno di voler fuggire dalla Polonia.

Il potere sarà d'accordo su una soluzione del genere? Abbiamo un ministro -Sadowski- chiamato spesso »liberista ; e questo è un fatto nuovo. Lo stato impoverisce sempre di più, ma i cittadini riescono a sopravvivere grazie all'iniziativa di ciascuno. Una parte fugge, alcuni hanno parenti ricchi fuori dalla Polonia, altri si industriano in qualche modo; ma tutto ciò comprova ulteriormente che il sistema è malato, tanto che toglie alla gente la voglia e la capacità di operare e rischiare all'interno di questo sistema.

Quale influsso sui cambiamenti in Polonia ha la perestroika di Gorbaciov?

Le autorità polacche sanno che devono realizzare una riforma economica, e osservano con attenzione le proposte e l'attività, di Gorbaciov. Ma il problema è che in ogni paese deve realizzarsi la riforma; però in maniera diversa in ciascuno. La situazione è molto difficile, perché da una parte dobbiamo mantenere »rapporti fraterni di aiuto con i paesi del blocco, e dall'altra parte dobbiamo comunque salvare i nostri interessi. I tempi cambiano, l'apertura all'occidente non è possibile a causa dei diversi livelli di sviluppo economico. Riusciremo a diminuire questo divario? Se noi fossimo da soli, forse si; ma soli non siamo. Siamo un anello nella catena di un intero sistema, e non possiamo tirare troppo questa catena. In Polonia è il potere che ha frenato la volontà di cambiamenti; in Unione sovietica sta avvenendo il contrario. Cioè il potere vuole i cambiamenti, ma la società non è ancora tanto coinvolta, e quando si sveglierà, chissà cosa accadrà. Osserviamo che dobbiamo essere molto cauti e cercare di arr

ivare al nostro scopo pacificamente, gradualmente: qualche volta accelerando, qualche volta rallentando. Ma sempre con un occhio all'Unione sovietica. Ci rimane un occhio solo, quindi, per fare le riforme in Polonia...

 
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