di Gianfranco SpadacciaSOMMARIO: Nell'orazione funebre per la morte di Enzo Tortora, Gianfranco Spadaccia rievoca i momenti più drammatici dell'"affaire" Tortora e del suo impegno per l'affermazione del diritto.
(Notizie Radicali n· 107 del 24 maggio 1988)
Enzo, mi hanno affidato questo compito difficile. In genere in queste circostanze io amo ascoltare e pregare anch'io alla mia maniera, come so e posso, laicamente; riflettendo e ricordando, recuperando alla memoria, per trarre forza per il futuro nel ricordo del passato.
Ora mi tocca farlo ad alta voce, non avendo preparato nulla perché mi è stato detto all'ultimo momento.
Manca un mese a quel terribile 17 giugno nel 1983. Meno di cinque anni fa. In questi cinque anni hai conosciuto di tutto, da quando quelle telecamere che tanto fedelmente avevi servito con insistenza, ti ripresero e ti accompagnarono mostrando agli italiani il volto del loro presentatore televisivo più conosciuto, popolare ed amato, divenuto improvvisamente, indicato come un pericoloso criminale. In questi cinque anni non sei stato l'interprete di una commedia all'italiana; sei stato il protagonista di una grande tragedia, di un autentico dramma. Sei stato all'altezza del ruolo , Enzo. Lo devono oggi riconoscere anche coloro che con sufficienza, qualche volta con spocchia, disprezzo, ti indicavano come l'uomo di un sentimentalismo facile, e sottointendevano falso, solo perché sapevi parlare ai sentimenti della gente. E non sapevano, o volevano ignorare, che questa capacità di parlare alla gente, ai sentimenti della gente, ti derivava anche dalla tua cultura, dalle tue culture, da quell'enorme biblioteca che
tanto amavi, che tanta forza ti ha dato nei momenti difficili. Hai conosciuto l'arresto improvviso, che ti ha colto stupito e incredulo; le accuse infami; la solitudine di un'istruttoria in cui era difficile, sembrava impossibile districarsi; gli arresti domiciliari, per ragioni di salute -e cominciava, la salute, ad essere colpita da quelle vicende. E poi hai avuto questo coraggio, questa capacità -mentre anche lì in tanti, anche in buona fede, anche coloro che ti ritenevano innocente, ti invitavano, un po' all'italiana, a non buttarla in politica- hai avuto la capacità e il coraggio, nel tuo caso personale, di farne un caso generale, un'occasione di riflessione collettiva ed anche di battaglia civile e politica: politica nel senso più alto del termine; politica è il governo della città, politica è la res publica, la cosa di tutti.
E hai onorato i tuoi impegni; hai avuto il processo, quella condanna, quella condanna ignominiosa a dieci anni di carcere. Eri bollato come un camorrista, come un criminale, come un diffusore di morte. Hai avuto al Parlamento europeo il conforto di parlamentari di ogni parte di Europa che ti avevano conosciuto, che negarono l'autorizzazione a procedere dopo aver esaminato gli atti del processo e dissero che quell'autorizzazione non doveva essere concessa perché quel processo, secondo i canoni della civiltà giuridica europea, era inficiato di illegittimità.
Ma nonostante questo conforto, onorando gli impegni presi con i tuoi elettori -nessuno oggi lo dice o pochi lo ricordano- sei stato l'unico parlamentare italiano che si sia dimesso per andare incontro a coloro che ti avevano condannato e a coloro che ti accusavano di voler colpire la giustizia italiana, renderla incapace di reagire alla criminalità. Tu desti questo grande e socratico esempio sapendo onorare la giustizia, da imputato e da condannato, come nessun altro ha mai fatto.
Hai poi conosciuto la riparazione del processo di secondo grado, l'assoluzione, il ritorno alla vita civile.
Io ti dico grazie, Enzo, per aver saputo in questi cinque anni dare questa grande prova di coraggio e di dignità personale, civile e umana; questo grande esempio di rigore.
Ho letto che sei morto senza parole di perdono; ma tu non hai pronunciato parole di vendetta. Hai pronunciato parole di giustizia, e il perdono presuppone la giustizia. Ora, Enzo, ti dico ciao; ciao, Enzo. Finalmente puoi riposare in pace. Non ti hanno colpito nello spirito, perché lo spirito è stato sempre, in ogni momento, indomito. E per questo sei stato colpito nella carne. Ora finalmente puoi riposare in pace.
Tocca a noi continuare.