di Marco PannellaSOMMARIO: Ricordo di Enzo Tortora nel giorno della sua scomparsa.
(Notizie Radicali n· 107 del 27 maggio 1988)
L'ultimo atto pubblico di Enzo Tortora è stata la sua firma di accettazione della candidatura nella lista »Per Catania »civile, laica, verde , per le elezioni del 29 maggio.
Doveva esserne il capolista. Tortora ripeteva che »Catania (era) la nuova Napoli . Andava leggendo, da un anno, inorridito e desolato, gli atti istruttori del maxiprocesso scagliato dai magistrati della Procura torinese, a sostegno delle ispirazioni di quella napoletana degli anni scorsi, a Catania.
Mi sono assunto la responsabilità di disobbedire al fratello e al compagno.
Abbiamo pubblicato, la scorsa settimana, il documento di accettazione di quella candidatura, escludendolo dalla lista. Non spiego e non mi scuso.
Ma gli rendo così fino all'ultimo quel che è suo anche sul piano della cronaca, Enzo voleva ben mostrare così, ed ha mostrato, di star vivendo, come non mai; e non morendo. Fino all'ultimo. Lo scrisse nel suo ultimo articolo sul »Corriere della sera .
Appena quarantanni fa, incontratici tra i goliardi genovesi, poi riconosciutici e accomunati, dal 1966, nella Lid di Loris Fortuna, e di Mauro Mellini. Da allora, ad intermittenza, fino all'orrore dell'incontro con »la giustizia , riscontrando le nostre diversità, e non ancora cogliendone la cifra comune.
Era uomo di cultura; e non di potere, né nelle istituzioni, né nella professione. E' forse l'unico, che si sia conosciuto in questi decenni, che amasse il »beau geste , lo stile, l'eleganza, riuscendoli. Lo amasse, ripeto. Non che lo divertisse. E il suo dimettersi dal Parlamento europeo fu gesto unico, nelle circostanze in cui accadde. Non a a caso su questo la memoria nazionale è stata subito ferocemente aiutata a dimenticare, a non capire.
Era un liberale. E accadde anche a lui di doverlo essere »altrove , per meglio esserlo, fino alla fine.
Era un radicale. Fu lui a riscoprire tante pagine e frasi di Voltaire che spiegavano meglio a noi stessi quel che eravamo andati facendo e tentando, nelle carceri e altrove.
Era, dicono, un »presentatore . Ma nessuno come lui ha »rappresentato , e non presentato o commentato, la passione per la giustizia, l'amore per coloro che la condividevano o per coloro che ne soffrivano la mancanza o la violenza.
Era anche capace di essere spietato.
Ma la carità è dura, non melassa. Ha conosciuto anche lo strazio dell'aver intelligenza e ragione: perché quel che l'intelligenza e la ragione vedono, oggi, è e non può essere che dolore, causa di dolore.
Se ne è andato una mattina in cui stava meglio, sereno.
Meglio, bene, per lui. Ma dolore più vivo, più violento per Francesca, la compagna, per cui ogni segno diveniva speranza. Domani ti celebreremo anche a Catania, Enzo.