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Negri Giovanni - 15 giugno 1988
35· Congresso: in Jugoslavia
di Giovanni Negri

SOMMARIO: Le ragioni della convocazione del 35· Congresso del Partito radicale a Zagabria.

(Notizie Radicali n· 122 del 15 giugno 1988)

Per non dimenticare l'altra Europa

In questo difficile anno di sperimentazione, di tentativo transnazionale, il Partito radicale intende celebrare il suo prossimo congresso in Jugoslavia.

Ve ne sono tutte le possibilità logistiche, come in questi ultimi giorni abbiamo constatato; ma ancor più vi sono molte e buone ragioni politiche per giustificare tale scelta.

La Jugoslavia è stata, è, nei prossimi mesi sempre più sarà, il teatro di tre crisi acute, destinate ad esplodere in modo drammatico e che possono ormai trovare risposte e sbocchi positivi solo all'interno del federalismo democratico europeo e della prospettiva degli Stati Uniti d'Europa.

Dalla Slovenia al Kossovo, dalla Croazia alla Macedonia, si sta inasprendo a ritmo accelerato una crisi etnica -carica di valenze sociali e culturali- che non può essere risolta, e rischia anzi di marcire (come tutte le crisi etniche e di identità presenti e latenti nel nostro continente) nel quadro e nei confine del vecchio »stato nazionale .

La crisi economica è grave al punto da aver indotto il Primo ministro jugoslavo a prospettare l'opzione politica di un profondo mutamento del sistema nel senso di un pieno ristabilimento della logica di libero mercato, »sia economico che politico e partitico .

I plateali colpi di mano autoritari di questi giorni in Slovenia, con un'ondata di arresti indiscriminati, hanno inoltre suscitato nell'opinione pubblica e nella stessa stampa una reazione di sdegno tale da assumere i veri e propri contorni di una protesta popolare difficilmente contenibile, sul terreno dei diritti umani e civili.

Perciò la Jugoslavia assume un'obiettiva importanza, che sarebbe cieco ignorare e sottovalutare. Perciò il Partito radicale, grazie in primo luogo a Sandro Ottoni e agli oltre 50 iscritti che lì operano, è oggi il protagonista della puntuale, intelligente, solida proposta di adesione della Jugoslavia alla Cee, che trova la sua naturale espressione nella petizione popolare al governo di Belgrado attorno alla quale si sta organizzando la raccolta delle firme.

Ma la ragione decisiva per lo svolgimento del nostro congresso in quel paese è un'altra. Al di là dei suoi interessi la Jugoslavia è oggi un vero test, cruciale, per la speranza di un'Europa politica.

L'89 e il '92, con l'elezione del Parlamento europeo e la spinta verso il mercato unico rappresentano altrettante tappe di un processo che è determinato dalla forza delle cose, che il Partito radicale vuole marcare con il suo progetto di rafforzamento -ma forse sarebbe più giusto dire di vera e propria creazione- di autentiche istituzioni e d effettivi poteri europei. Ma se nei prossimi cinque anni si gioca la grande partita della costruzione dell'Europa e dell'equilibrio dei poteri al suo interno, il più grave errore che ogni democratico ed ogni federalista potrebbe commettere sarebbe quello di dimenticare l'altra Europa, gli europei d'»oltre cortina , vittime come noi della spietata logica di Yalta ma potenziali co-autori (né più né meno che noi) di quel progetto di unione europea che è indispensabile per una politica di pace e di democrazia. Il primo interlocutore di quest'»altra Europa , quello più pronto ed attento è la Jugoslavia, vero e proprio test per l'Europa, della sua (nostra) capacità di respira

re e di iniziativa politica.

Per questa somma di ragioni credo sia necessario darsi, tentare, l'appuntamento di Zagabria o di Lubiana (e comunque in Jugoslavia) dal 4 all'8 gennaio per il congresso del Partito radicale transnazionale.

E' un'iniziativa sicuramente costosa e difficile sul piano organizzativo non meno che su quello politico, che occorre tuttavia affrontare sin d'ora.

Per poter svolgere il congresso in Jugoslavia il dialogo con il governo di Belgrado è dunque aperto, e per parte nostra sarà sicuramente rispettoso delle leggi e dell'autonomia di quel paese, oltre che dei valori civili e democratici che sono i nostri.

 
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