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NR - 15 giugno 1988
"Giustizia" a Castelcapuano

SOMMARIO: Autodifese lunghe 40 cartelle (pubblicate integralmente dal Mattino); querele per diffamazione contro il conduttore del »Testimone , Giuliano Ferrara; denuncia per calunnia contro i difensori di Tortora, colpevoli di aver proposto a nome di Enzo l'azione di risarcimento. Alcuni dei magistrati napoletani più in vista e discussi, gli autori del maxi-blitz anticamorra, partono all'attacco. Poco, pochissimo dopo la morte di Enzo Tortora. Una scheda informativa sul palazzo di giustizia napoletano; ma non solo.

(Notizie Radicali n· 122 del 15 giugno 1988)

A Napoli e in Campania si è assistito nei giorni scorsi, e si assiste ancora, ad un incredibile intreccio di vicende giudiziarie e politiche che hanno visti coinvolti i massimi livelli di tutte le istituzioni locali, sia pure con ruoli e responsabilità diverse. Da questo intreccio di vicende emerge un quadro estremamente preoccupante, nel quale la certezza del diritto, la distinzione dei ruoli propri di ciascuna istituzione, il rispetto delle regole del gioco democratico, i corretti criteri dell'informazione sono stati completamente disattesi. Pertanto chi, come noi, intende richiamarsi solo ed esclusivamente a tali principi non può fare altro che denunciare questo complesso intreccio di avvenimenti, con tutte le persone ad ogni livello coinvolte. Naturalmente, per il grande rispetto che abbiamo per le istituzioni, intendiamo con forza denunciare episodi e fatti che contrastano palesemente con le caratteristiche che dovrebbero essere proprie dei massimi livelli istituzionali.

E' opportuno partire in questo intreccio, dal rapimento dell'assessore regionale della Campania, il democristiano Ciro Cirillo, perché è da tale data, il 27.4.81, che possiamo far derivare altri inquietanti episodi. Innanzitutto, si deve registrare il grande ritardo delle indagini: oggi, dopo oltre sette anni, c'è ancora una istruttoria aperta, quella relativa alle trattative avvenute durante e dopo il sequestro. Ciò è reso ancora più inquietante dalla mancata completa luce su una lunga serie di omicidi e di »suicidi di persone legate in vario modo alla vicenda del rapimento Cirillo: Aldo Semerari, aprile '82; Albert Bergamelli, settembre '82; Vincenzo Casillo, gennaio '83; Giovanna Matarazzo; Luigi Bosso, dicembre '84; Salvatore Imperatrice, marzo '85; Nicola Nuzzo, settembre '86; Francesco Vicino, febbraio '87; Raffaele Nuzzo, giugno '87.

Ma il periodo del sequestro Cirillo e delle relative e conseguenti trattative è incredibilmente coincidente e correlato a quello della ricostruzione a Napoli e in Campania, seguita al terremoto del novembre dell'80 e all'approvazione in Parlamento, il 14.5.81, della legge 219, che al titolo 8· dispose la »realizzazione di un programma di edilizia residenziale per la costruzione nell'area metropolitana di Napoli di 20 mila alloggi e delle relative opere di urbanizzazione , oltre che alla nomina da parte del Presidente del consiglio dei ministri, il 19.5.81, del Sindaco di Napoli, Maurizio Valenzi (Pci) e del presidente della giunta regionale della Campania, Emilio De Feo (Dc), a Commissari straordinari di Governo per la ricostruzione.

Gli eventi che maggiormente testimoniano questa correlazione sono il rapimento, durato alcune ore, dell'allora Assessore comunista Umberto Siola, ferocemente gambizzato, responsabile, secondo i rapitori di Cirillo, della cosiddetta »deportazione del proletariato (6.6.81), e la cronometrica coincidenza tra la data del rilascio dell'assessore democristiano, il 24.7.81, e quella della stipula delle dodici convenzioni tra il Sindaco Commissario straordinario Maurizio Valenzi e i consorzi concessionari delle opere, tra il 31.7.81 e il 5.8.81.

Non intendiamo dilungarci sulle particolari condizioni di anticipazione previste dall'art. 23 di questa convenzione (15% entro sessanta giorni dalla firma delle convenzioni, 20% entro sessanta giorni dell'effettivo inizio dei lavori, ulteriore 2%, con la facoltà di concedere la revisione prezzi anche sulla prima anticipazione); né sull'apparato politico-finanziario messo in moto dal meccanismo della concessione (con i connessi appalti a condizioni capestro, imposti dai consorzi concessionari -assurti, quindi, a compiti di pura intermediazione finanziaria- alle ditte che hanno eseguito i lavori, spesso sospette anche di legami con gli ambienti malavitosi).

Non ci dilunghiamo; perché dalla ricostruzione, dagli appalti, dalle opere pubbliche, emerge un altro, più volte denunciato, »caso , quello delle Commissioni di collaudo; un »caso per il quale, se non c'è una questione di stretta legittimità, c'è sicuramente una questione di opportunità, di fondamentale importanza, che riguarda la necessaria distinzione di ruoli tra controllore e controllato.

I vertici della magistratura e della Prefettura napoletana e campana, sia pure in tempi e con durate diverse, hanno ricoperto incarichi di Presidente o componente delle Commissioni di collaudo, per opere riguardanti entrambi i Commissari straordinari (Sindaco e Presidente della Giunta Regionale) o per altre rilevanti opere (ad esempio a Monte Ruscello). Tra questi i Prefetti di Napoli e Salerno (Agatino Neri e Nestore Fasano), nonché i componenti l'Avvocatura (Quadri, Cananzi), il Consiglio di Stato (Trotta, Manzella, Nocelli), la Corte dei Conti (Zacchia, Covelli, Cianpaolini, Viggiani), i Tar (Rosa, Grignola) ai quali addirittura ricorsero alcuni magistrati »collaudatori attraverso una sentenza del Csm, contrario a tali incarichi.

Particolarmente folta è, poi, la presenza nelle commissioni di collaudo dei magistrati napoletani, alcuni dei quali impegnati nel blitz del 17 giugno '83 (Di Pietro, Di Persia, Miller, Fontana, Lancuba) e nel processo di primo grado a Enzo Tortora (Sansone, Marmo), oltre al Giudice istruttore della già citata inchiesta sulle trattative per il sequestro Cirillo (Alema, Capo); ed ai vertici attuali della magistratura napoletana (Modesto Caputo, presidente del tribunale di Napoli, ed Alfredo Sant'Eva, Procuratore capo).

In questo ricco elenco, c'è da segnalare la presenza degli Avvocati dello Stato Bruno Bausano e Aldo Linguiti, attualmente delegati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri al completamento della ricostruzione (al posto del Sindaco e del Presidente della giunta regionale), ed in passato componenti, per nomina del Sindaco-commissario, rispettivamente delle Commissioni di collaudo di Piscinola Marianella e di Piscinola Secondigliano.

Questa vicenda delle Commissioni di collaudo è ampiamente rappresentativa della situazione napoletana: magistrati e prefetti vengono coinvolti nelle opere della ricostruzione proprio da quei vertici delle istituzioni politiche verso le quali devono svolgere specifiche e separate funzioni istituzionali di controllo. E troviamo indistintamente insieme la classe politica, con i suoi più autorevoli esponenti, la magistratura e la Prefettura, con i suoi vertici. Altro esempio di legame tra vicende giudiziarie e politiche è quello delle Convenzioni stipulate da Comune e Provincia di Napoli -anche con stanziamenti della regione Campania- con cooperative di ex detenuti. E' noto che tali cooperative sono sorte grazie all'opera e all'attività della magistratura napoletana, e che solo l'interessamento successivo della Prefettura ha consentito la stipula delle convenzioni con le istituzioni politiche. In particolare, per quanto riguarda la magistratura, ci si riferisce al ruolo svolto dal Consiglio di Aiuto Sociale (Cas

) presso il tribunale allora presieduto dall'attuale presidente del Tribunale, Modesto Caputo, e dalla Pretura Generale presieduta nella fase ideativa da Angelone ed in quella iniziale da Italo Barbieri. Infine, altro particolare rilevante è che negli elenchi dei soci delle cooperative di ex detenuti così sorte, compaiono i nomi di persone comunemente ritenute esponenti di spicco della »Nuova famiglia .

C'è ancora da ricordare il ruolo spesso del tutto improprio svolto dagli organi di informazione, in particolare con continue e ripetute violazioni del segreto istruttorio, con l'annuncio ad effetto di comunicazioni giudiziarie, arresti, inchieste ed indagini, che non sono servite a tutelate né il cittadino e la sua immagine né un corretto funzionamento della giustizia.

Si pensi, ad esempio, al povero stilista Mariano Fiorino -suicidatosi a Poggioreale dove si trovava in stato di fermo- per avere appreso dal Mattino di aver rapinato il cognato; si pensi alla vera e propria campagna giornalistica avutasi nei confronti di Enzo Tortora da parte di alcuni cronisti giudiziari che brindarono alla sentenza di condanna; si pensi al Giornale di Napoli che il giorno in cui il Pm interveniva nel processo di primo grado, pubblicava le richieste di condanna per Franco Califano e Enzo Tortora, prima che queste fossero pronunciate in aula; si pensi, infine, al ruolo avuto dal Mattino nelle vicende che lo hanno riguardato da vicino, come il processo a Elena Massa e l'inchiesta sull'omicidio di Giancarlo Siani, con il rischio concreto di influenzare il corso delle indagini e della giustizia, e la possibilità di predeterminare nell'opinione pubblica giudizi sbagliati e parziali.

Non va sottovalutato, in questo contesto, il ruolo del Banco di Napoli, recentemente sottoposto nei suoi vertici a delicate inchieste sui rapporti e sui crediti concessi a noti esponenti del mondo camorristico.

Il ruolo del Banco di Napoli è particolarmente importante anche perché esso è »tesoriere del Comune di Napoli e proprietario della testata del Mattino; ci si vuole riferire alla stipula da parte del Comune di Napoli del mutuo di 180 miliardi per i parcheggi con il Banco di Napoli, stipula avvenuta proprio grazie allo »stimolo esercitato pubblicamente dal direttore del quotidiano, la cui testata è di proprietà dello stesso istituto di credito.

Ma non si può neanche, però, evitare di ricordare altri gravi episodi, che hanno visto coinvolti luoghi e personaggi insospettabili: le attività di gioco clandestino nei circoli più esclusivi e meglio frequentati di Napoli (si pensi al blitz al Circolo della Stampa e al Circolo Rari Nantes); e, soprattutto, l'inchiesta riguardante l'ambito della prostituzione, nella casa di via Palizzi, che ha visto coinvolti, almeno ufficialmente, 4 magistrati (Ferro, Fino, Miller, Stravino), inchiesta tutt'altro che generica, ma precisa e documentata.

 
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