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Ouattara Gaoussou - 15 giugno 1988
Razzismo: il futuro del mondo è uno solo
di Gaoussou Ouattara

Partendo dall'analisi dei sintomi di razzismo in Italia, l'autore afferma che l'unico rimedio ai problemi posti dalla forte emigrazione dai paesi poveri del sud del mondo è l'intervento dei paesi industrializzati per combattere la fame e promuovere vero sviluppo nel terzo mondo.

(Notizie Radicali n· 122 del 15 giugno 1988)

Il popolo italiano è razzista? Io credo che sia troppo presto per dirlo giacchè in Italia non c'è mai stata una forte immigrazione di popolazioni di colore che richiedevano di essere inserite in un contesto di vivibilità di lavoro, di salute, di vita, nelle sue espressioni più complesse. Certo, gli episodi di intolleranza e di ignoranza, cioè di razzismo, che si sono verificati negli autobus -laddove la popolazione è più mescolata e gli spazi più ristretti- lasciano pensare che il peggio possa verificarsi. Io non intendo accettare né sostenere la logica del »povero negro che è l'altra faccia necessaria perché il razzismo si realizzi; credo, invece, che le responsabilità che bisogna esigere siano grandi e importanti, e che non ci sarà salvezza per nessuno se non saranno fatte le scelte necessarie.

E allora bisogna comprendere che l'immigrazione, con le devastanti conseguenze che ne seguono, è figlia della mancanza assoluta di una politica dello sviluppo nord/sud e di quell'irresponsabilità grande ed imperdonabile che ha fatto vivere metà del mondo, come diceva Thomas Sankara, con le vene che scoppiano per un'alimentazione eccessiva e l'altra metà che muore di fame letteralmente.

Questo non è un problema del singolo negro e neppure di alcuni milioni di persone di colore, questo è un problema che riguarda tutto il mondo nei prossimi anni.

Non so quanti di voi abbiano riflettuto sul fatto che, senza essere giunti ancora in Italia, milioni di Etiopi, di Burkinabè, di Malien, di Senegalesi, di Tehadien e di Nigeriani Ougandais, hanno abbandonato le proprie terre mangiate dal deserto e hanno compiuto un esodo biblico per potersi salvare la vita. Se le tecnologie del Nord fossero state davvero utilizzate per combattere l'avanzata del deserto, non solo non si sarebbe avuto l'esodo ma si sarebbe potuto arginare un disastro ecologico di dimensioni spaventose.

Io non chiedo che lo Stato italiano provveda a me più di quanto non farebbe per un disoccupato italiano contro il quale non voglio concorrere per togliergli il posto che non ha: io chiedo se non sia tempo di capire che il futuro del mondo non può essere più spaccato a metà. Molti anni fa, la campagna del Partito radicale contro la fame nel mondo e per salvare da morte certa milioni di persone aveva una parola d'ordine: Salviamoli, Salviamoci!

A fronte di tanti anni di politica cosiddetta »dello sviluppo nella quale sono stati volatilizzati migliaia di miliardi con una concezione un po' cattolica e un po' assassina, non è un po' di razzismo che ci fa paura.

Ci fa paura la mancanza di informazione, ci fa paura l'imbecillità con la quale si lascia pensare alla gente che il problema sia davvero il negro incontrato sul tram, o sui marciapiedi delle strade mentre dorme avvolto in qualche straccio: ci fa paura la carità pelosa.

Esiste la necessità di sedersi al tavolo della politica e degli impegni responsabili; esiste la necessità di far capire che se non si interviene per tempo, tutto il mondo è già Africa e tutti siamo neri.

Altrimenti avrà ragione Le Pen così come ha avuto ragione Hitler sterminando milioni di ebrei per ragioni che, vestite di razzismo, erano in realtà tutte economiche. Ma lo sterminio nel Terzo mondo è già in corso, silenzioso e orribile. Lo sappiamo tutti; lo abbiamo visto tante volte in televisione, e non si trattava di una finzione cinematografica. L'appello è a tutti: per favore, amateci di meno, non compatiteci affatto e assumiamoci insieme tutte le responsabilità. Personalmente non chiedo che di poter tornare nella Costa d'Avorio dove sono nato: magari un po' più »europeo , e non solo nei vestiti, ma nel diritto a vivere e nella speranza.

 
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