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Teleks - 14 luglio 1988
ZAGABRIA (10) IL CONGRESSO DEL PR

Radicali italiani in Jugoslavia

Conti senza l'oste: il congresso a Ljubljana o Zagreb

TELEKS - 14 luglio 1988

SOMMARIO: Il giornale "Teleks" di Lubiana, pur commentando favorevolmente la decisione del Partito radicale di tenere il suo congresso a Zagabria, sottolinea le difficoltà di questa scelta e intervista Giovanni Negri e Sandro Ottoni. Per Negri sarebbe un grande errore lasciarsi sfuggire l'occasione del congresso radicale: Una volta la Iugoslavia era il modello per la perestroika d'oggi. Oggi la perestroika viene invece realizzata dall'Unione Sovietica. Ospitare il congresso radicale costituirebbe un fatto di estrema importanza, un segno di grande tolleranza.

(RADIKALNE NOVOSTI a cura di MARINO BUSDACHIN e SANDRO OTTONI - hanno collaborato: MASSIMO LENSI, FULVIO ROGANTIN, PAOLA SAIN JAN VANEK, ANDREA TAMBURI - TRIESTE, 1 gennaio 1989)

I radicali non sarebbero radicali se badassero a quello che pensano le autorità; lo sarebbero anche di meno se chiedessero il loro parere per quanto riguarda le idee; il meno se si regolassero secondo le loro risposte. Che cosa nascerà dalla loro decisione di organizzare in mezzo alla Jugoslavia il prossimo congresso annuale, al quale l'argomento principale sarà l'ingresso del nostro paese nella Comunità Europea?

I radicali italiani erano da sempre così: prima ripensavano l'idea che poi lanciavano nel pubblico e solo dopo cominciavano a cercare alleanze e sostenitori. Anche questa volta fanno nello stesso modo, benché le dimensioni siano molto differenti. Per la prima volta questo metodo sarà usato nelle dimensioni internazionali. Sarà messo alla prova qualcosa di molto più grande dell'ambiente italiano indulgente ed abituato al pluralismo.

Poco fa la loro ultima idea è stata portata alla seconda fase di realizzazione. Hanno convocato giornalisti per annunciare al mondo tramite i più grandi quotidiani italiani le loro decisioni riguardo il 35º congresso dell'appena concepito partito ``transnazionale'':

1. La risoluzione principale riguarderà l'ingresso della Jugoslavia nella Comunità Europea; i sottocapitoli tratteranno mezzi e metodi per la realizzazione di questo.

2. Si perfezionerà l'immagine della transnazionalità del partito con particolare attenzione all'esigenza della fondazione degli SUE.

3. Sarà discusso e approvato il nuovo simbolo del partito con lineamenti di M. Gandhi tracciati con il nome del partito in 18 lingue dei suoi iscritti.

4. Il congresso si svolgerà dal 4 all'8 gennaio 1989 a Zagreb o Ljubljana, con circa 1.000 partecipanti di due dozzine di paesi.

Tra due sessioni della direzione (anche loro hanno moltissime sessioni), durante l'interruzione obbligatoria per il pranzo hanno preso gli spaghetti dietro l'angolo di piazza Navona, ``la più bella piazza del mondo'', che per i radicali ha un altro significato: da qui sono sempre partiti per le più spietate lotte elettorali o riformative. Giovanni Negri, a sua volta segretario del partito, ora segretario aggiunto e prima di tutto deputato del partito nel Parlamento Europeo. Sandro Ottoni, segretario federale ``ministro degli esteri'' del partito, obiettore di coscienza, proprio quell'Ottoni che nell'aprile all'incontro di calcio a Split ha portato il cartellone con la scritta ``Jugoslavia nella Comunità Europea'' ed è stato per questo multato ed espulso. E lo scettico sottofirmato.

Estremisti del dialogo

``Siamo sempre stati e saremo un partito di provocazione, di provocazione dialogica. Vogliamo il dialogo ad ogni costo'', è la risposta all'osservazione che un congresso di partito politico non è l'incontro di calcio a Poljud con alcuni tifosi sbarazzini.

Non serve a niente. Giovanni Negri cerca di dimostrare di aver ragione con il fatto che lui era l'unico parlamentare europeo a chiedere in Metelkova il permesso di visitare Janez Jasna. Non perché loro due siano anime gemelle, ma per accertarsi della sua salute. ``Ho cercato di convincerli che non si trattava di interferenze negli affari interni, ma di un semplice gesto di dovere verso i diritti dell'uomo, come, per esempio, avevamo fatto senza problemi nel caso di Esposito o di Tortora nelle carceri italiane''.

A questo punto vorrei dare un breve chiarimento per evitare equivoci: Negri non è venuto a Ljubljana a causa di Jasna, ci si trovava con l'altro nostro interlocutore durante la sua tournée tra la gioventù jugoslava con la quale discuteva le idee dei radicali.

``Senza risultati, la lettera l'hanno accettata, ma non c'è risposta. Leggo che Jasna ha cominciato lo sciopero della fame, vuol dire che si è messo sulla via della nonviolenza. Il padre di questo metodo l'abbiamo nel nostro simbolo!''

``Il ministro degli esteri'' Ottoni, che, visto l'orientamento del partito, è responsabile particolare della Jugoslavia, è più prudente quanto al caso Jasna. Pensa che un sostegno esagerato da parte del Pr a Jasna o al Comitato (Consiglio?) per i diritti dell'uomo potrebbe dare a qualcuno l'opportunità di varie speculazioni, per esempio, sull'incitare al separatismo, su un complotto internazionale, ecc., le quali anche senza loro non mancano. Perciò preferiscono agire fuori Jugoslavia: a Strasbourg stanno raccogliendo firme, a Trieste hanno dato inizio alla petizione per processo civile già firmata da alcune migliaia di persone. E' chiaro che il caso Jasna è accaduto in un tempo per loro ``inopportuno''. Era prevista una visita di Marco Pannella (leader carismatico del partito, senza incarico, ma con un ruolo decisivo) agli esponenti della Alleanza socialista jugoslava e slovena per spiegarli il progetto ``Jugoslavia nella CE''. ``Nella situazione attuale a Ljubljana è giustificabile rimandare tali progetti'

'.

Il congresso non è uno spauracchio

In nessun modo, però, può essere rimandata l'idea di congresso in Jugoslavia e il suo argomento principale. I radicali, tuttavia, non sono tanto radicali da non essere anche opportunisti politici: ``Visto tutto che sta succedendo, preferiscono tenere il congresso a Zagreb invece che a Ljubljana, non è da escludere che si svolgerà metà a Ljubljana e metà a Zagreb. Sarebbe il primo congresso del PR (ancora 90% italiano) organizzato fuori d'Italia.

Dal punto di vista dei radicali questo non è un problema, al contrario: le spese più basse di pernottamento (che i partecipanti pagano da soli) e l'esotismo dell'estero attiverebbero una moltitudine di delegati. La questione è - non riesco a scacciare i dubbi fondati sull'esperienza - come il congresso di un partito (prevalentemente) straniero sarebbe accettato dalle nostre autorità, alle quali, finora, nessuno ha chiesto il permesso. cosa direbbero i difensori della ``indipendenza'' di turno, quelli che vogliono prevenire ``le interferenze negli affari interni?'' Probabilmente ci si troverebbe anche quelli che spiegherebbero il congresso come segnale (luce?) verde per il pluralismo politico?

``Chi ha paura del dialogo? Di che cosa possono avere paura? Di parole? E' ridicolo! I radicali non possono parlare alle masse in Jugoslavia, perché non hanno in mano i mezzi di comunicazione (nota - In Italia la propria radio che trasmette in diretta oltre ai loro congressi anche le discussioni parlamentari) ``Possono anche circondarci di muro di silenzio preventivo. E perché il congresso non potrebbe essere da voi? Ne avete avuto anche di più grossi: l'alleanza dei contadini, per esempio, o gli scrittori. Impedire questa iniziativa sarebbe un segno di falso potere, di chiusura e isolamento, di cuocere nel proprio brodo. Questo, secondo me, sarebbe un grande errore'', dice Negri, sinceramente sorpreso dei dubbi. ``Sostengo, al contrario, che questa è un'occasione che non dovreste lasciarvi sfuggire. C'è sempre qualcosa, che succede per la prima volta. Una volta la Jugoslavia era la prima, era il modello per la perestroika d'oggi. Oggi la perestroika è il modello che richiede di essere osservato con attenzio

ne e rispetto. Sostegno, che l'ospitare del congresso in queste dimensioni sarebbe di estrema importanza, un segno di tolleranza''.

YU negli SUE

Che cosa intendono in verità con l'argomento principale del congresso, cioè con una delle bandiere di battaglia (la seconda è la costituzione degli Stati Uniti d'Europa) spiegate con il loro nuovo orientamento internazionale? Tre settimane fa a Trieste molti sono rimasti sbalorditi, quando Marco Pannella spiegava la sua visione della Jugoslavia nella CE nel modo che già poteva vedere tornare i 300.000 esuli ai propri focolari.

In un'Europa unita delle nazioni, in una federazione degli stati. Ancora un trucco elettorale della vecchia volpe, o qualcosa di più?

``Siamo imparziali! La nostra proposta, anche se questo non si addice ai radicali, è molto più prudente e meno rivoluzionaria di quello di cui ora stanno discutendo le autorità politiche jugoslave.

Mikulic, per esempio, ha detto in una intervista per la ``Liberation''; la crisi è tanto profonda, che la nostra società deve definitivamente decidersi se continuare a vivere in una società autoritaria socialista sotto il coperchio dello stato, o in un sistema economico e politico fondato sul pluralismo. Vorrei sottolineare che noi non interferiamo in questa scelta e chiediamo anche alla CE di aprire la porta alla Jugoslavia senza interferire o condizionare la scelta, che è un diritto autonomo dei cittadini jugoslavi. In seguito pensiamo così: se la Jugoslavia continua a stare isolata (e questo pericolo diventerà sempre più grande con le elezioni nel Parlamento Europeo del 1989 e con l'integrazione economica del 1992) o a cuocersi nella propria crisi, questo può portare alle soluzioni con approcci vecchi (poco chiaro in sloveno/B.M.). Quali sarebbero le conseguenze, non solo in Jugoslavia, ma in tutta l'Europa, lo sappiamo dalla storia''.

Negri è convinto, che l'ingresso della Jugoslavia nel mondo, oltre ai vantaggi economici, contribuirebbe a superare molti particolarismi, ad abbattere molte frontiere artificiali, a silenziare i nazionalismi che stanno crescendo dentro queste frontiere. ``Perché nasconderle? C'erano anche quelli che ci suggerivano la linea: Slovenia e Croazia in Europa, gli altri, addio. Questa idea è una pura pazzia poiché incita il nazionalismo, e noi, radicali ci opponiamo proprio a questo, anche a livello internazionale. Che sia chiaro: non ci schieriamo con questi o quei dissidenti, il nostro unico motto è ``La Jugoslavia intera nella CE''.

La Jugoslavia è la prima sulla loro lista strategica della graduale formazione degli Stati Uniti d'Europa. Il suo aderire per l'Europa occidentale significherebbe anche un arricchire nel senso culturale e civilizzatorio. ``Sarà rovinoso per l'Europa occidentale'' dice Negri ``se permetteremo che diventi una fortezza dei grandi un feudo politicamente e socialmente incontrollabile delle multinazionali. Ha bisogno del sangue fresco, deve tenere conto dell'Est''. La Jugoslavia e gli altri possono contribuire molto a rompere questo monopolio.

Il mondo senza frontiere

``Come Italiano e ammiratore della politica non allineata jugoslava, che cosa posso trarne? In questo momento e nel futuro quello che mi interessa è un'Europa non allineata! E lo stesso vale per tutte le questioni fondamentali. Nessuna di queste continua ad essere un fenomeno nazionale, così l'economia che l'ambiente, la difesa e i diritti dell'uomo. Questo è il salto qualitativo del nostro tempo. Da qui, del resto, deriva anche la nostra decisione di diventare partito transnazionale''.

L'azione è progettata molto in ampio, sproporzionatamente più in ampio del loro potere. Nel parlamento Europeo stiamo raccogliendo le firme dei deputati di vari profili politici sotto il documento per l'ingresso della Jugoslavia, che servirà a spingere la commissione del Consiglio ad andare avanti con la cosa. Giorni fa hanno cominciato a raccogliere le firme dei cittadini italiani, jugoslavi ed altri sotto un modulo scritto in varie lingue con il titolo ``Petizione popolare all'Assemblea della SFRJ (scritta, come dicono loro stessi, in un tono molto prudente e rispettoso) con la richiesta al Parlamento di Belgrado ``di pronunciarsi sulle possibilità e ostacoli per la candidatura della Jugoslavia''.

L'offensiva dialogica è appena cominciata. E perché prima di decidersi a organizzare il congresso in Jugoslavia e intorno all'argomento principale non si sono consultati con le nostre autorità? ``Se lo facessimo, si potrebbe pensare che stiamo esitando, che non lo pensiamo sul serio. I problemi vanno esplosi, se no, non si risolvono''. Così.

Il metodo dei radicali italiani è sempre uguale: inventare sempre nuovi modi di agire, tali che funzionano innanzitutto perché sono completamente imprevedibili. L'anno scorso, per esempio, quando erano minacciati da un tramonto (declino?) silenzioso, hanno deciso di autopunirsi con la minaccia che si sarebbero aboliti se in un certo periodo di tempo non avessero avuto un numero sufficiente di iscritti.

Ha funzionato. Hanno usato un approccio differente dagli altri partiti della sinistra (tra i quali si annoverano senza giurare su Marx) anche al sistema costituzionale: sono stati iniziatori di innumerevoli referendum per abolizioni di leggi che altrimenti non potevano essere cambiate. Alcuni esempi: contro il concordato tra il Vaticano e l'Italia di Mussolini, contro le restrizioni del diritto all'aborto (la vittoria più conosciuta), contro il codice e la giustizia militari nel tempo di pace, contro il monopolio della TV statale, contro la proibizione dell'hascich, contro la fame nel mondo, contro la caccia... Nei rari casi, quando lottavano per e non contro qualcosa, di solito si trattava di provocazioni: per la vendita libera di tutte le droghe, per l'elezione di Cicciolina nel parlamento. Non ogni volta con successo, ma sempre con grande pompa.

Nel mare dei partiti italiani i radicali sono in nano. Malgrado la forte eco e qualche successo eccezionale non hanno mai avuto più di 2,5% dei voti, cioè 900.000 elettori. L'anno scorso erano, per così dire, alle porte del palazzo Chigi, quando la loro grande speranza, Bettino Craxi, come anche ai Verdi, gli hanno voltato le spalle. Dopo aver vinto, non aveva più bisogno di loro. Dall'approfondimento dopo la delusione è nata la transnazionalità: perché stancarsi e distruggersi nel fango della politica italiana quando ci sono tanti problemi molto più grandi e generali che vanno oltre le frontiere? Detto, fatto, compreso il simbolo del partito: niente più rosa nel pugno come segno di appartenenza alla sfera socialista, ma Gandhi, per ora in 18 lingue alle quali dopo si possono aggiungere altre.

Sul modulo d'iscrizione (in tutte le lingue possibili) c'è scritto: ``Il PR non è concorrente con alcun partito nazionale, sia esso unico o no, e tantomeno dal punto di vista elettorale''. Non si tratta, quindi, più della gara per il potere, ma di un movimento morale di pressione per risolvere problemi generali dell'umanità.

``Sarebbe benvenuto nel partito ogni iscritto della Lega di Comunisti che nella sua organizzazione si occupi dei problemi sociali interni e da noi, invece, della macro-ecologia, spiega Sandro Ottoni. Finora al PR si sono iscritti 60 jugoslavi, tra i quali 25 sloveni. Nella prima metà dell'anno hanno avuto 4.800 iscritti, dei quali 500 non italiani.

 
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