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Negri Giovanni - 25 agosto 1988
Per una nuova primavera cecoslovacca ed europea
di Giovanni Negri

SOMMARIO: La cronaca di una manifestazione radicale a Praga e le accuse del regime cecoslovacco.

(Notizie Radicali n· 180 del 25 agosto 1988)

Il portavoce del governo cecoslovacco Miroslav Pavel ha denunciato in una conferenza stampa del 23 agosto il ruolo svolto dal Partito radicale nel »preparare l'atmosfera intorno ai fatti del 21 agosto .

Crediamo, per parte nostra, che il merito fondamentale delle manifestazioni del 21 agosto vada alle diecine di migliaia di cittadini cecoslovacchi che hanno aderito all'appello di »Charta 77 per ricordare la »primavera di Praga e per smentire la lugubre scritta che domina su piazza San Venceslao, ad esaltazione dei carri armati »Cecoslovacchia ed Urss saranno legate da amicizia eterna .

Certo, i radicali hanno voluto essere presenti, in forma militante, diffondendo per alcuni giorni migliaia e migliaia di volantini, ed esponendo il 18 agosto alcuni striscioni, in sostegno fraterno di quanti in Cecoslovacchia non si rassegnano all'oppressione, all'occupazione militare, alla normalizzazione, e non hanno rinunciato a battersi per una nuova primavera cecoslovacca ed europea. Per questo siamo stati »espulsi a vita . E la notizia di questa espulsione, i filmati della nostra manifestazione, volti ad accreditare la tesi di un complotto, trasmessi per televisione forse hanno contribuito a dare un maggior impulso al successo dell'iniziativa di charta 77.

Una sola affermazione è decisamente falsa nella conferenza stampa di Pavel: la definizione del Partito radicale come italiano. No, eravamo in Cecoslovacchia, in nome di un partito oggi più che mai transnazionale ed europeo, cecoslovacco non meno che italiano.

Siamo stati, dunque, espulsi a vita dal territorio cecoslovacco, probabilmente colpevoli di aver fatto qualcosa di più e di diverso dalla abbondante convegnistica di questi giorni o da una semplice manifestazione di testimonianza sulla piazza centrale di Praga, così come fecero altri radicali (tra i quali Marco Pannella) all'indomani del 21 agosto 1969, in tutte le capitali dei paesi del Patto di Varsavia.

A seguito dell'arresto e dell'espulsione dei radicali italiani, spagnoli e belgi che distribuivano i volantini, il 17 sera si è scatenata a Praga una vera e propria caccia di polizia alle vetture italiane targate Milano, con diversi fermi e interrogatori.

Il 18 mattina, infine, altri 11 radicali hanno dato il via alla manifestazione di piazza San Venceslao, suscitando la solidarietà della folla presente, immediatamente assiepatasi attorno agli striscioni. Al centro della piazza campeggiava uno striscione di venti metri (»Insieme per la democrazia e una nuova Primavera. Via le truppe sovietiche, libertà per i detenuti politici, Diritti Civili , accompagnati dalla grande raffigurazione di un tank circondato da fiori). Nel frattempo, dall'alto del monumento di San Venceslao veniva gettato uno striscione di 10 metri con la scritta »Svoboda .

L'azione è stata possibile solo grazie al paziente studio, durato un'intera giornata, di una piazza presidiata in quelle o in queste ore in modo militare, con la presenza ogni dieci metri di un poliziotto in divisa o in borghese. Ritengo che la nostra capacità di resistenza, nel trattenere gli striscioni immediatamente assaliti dalla polizia, sia stata di circa due minuti. Un intervento in alcuni casi brutale, in particolare nei confronti di Jean Luc Robert e di Gabriele Paci, terminati con il nostro trasferimento -a gruppetti separati- in camera di sicurezza di due commissariati di polizia. Dopo alcune ore siamo stati sottoposti ad interrogatorio e obbligati a recitare una scenetta di sapore staliniano-Komeinista. Nel cortile dei commissariati ci si è imposto di aprire gli striscioni, sotto l'occhio scrupoloso di una telecamera che riprendeva la scritta e poi i nostri volti, uno a uno, e le foto segnaletiche dei passaporti, retti accanto al viso per dimostrare la nostra identità e l'encomiabile successo del

l'operazione di polizia.

Le autorità di polizia ci hanno in seguito chiesto di firmare il verbale delle nostre dichiarazioni o delle nostre presunte dichiarazioni. Avendo rifiutato di farlo siamo stati immediatamente tradotti alla »casa dello studente , dove clandestinamente avevamo dormito, e dove si è ripetuta una minuziosa ripresa filmata di ogni angolo delle nostre stanze, ennesima conferma di come, persino tra le polizie dell'Est, quella cecoslovacca sia particolarmente affetta da una vera e propia sindrome maniacale da telecamera e microfono. Alle 19 ci è stata infine notificata l'espulsione perpetua dal territorio ceco e nella tarda serata siamo stati lasciati ad un paese della frontiera della Germania ovest.

Proprio perché possiamo ritenerci soddisfatti dell'azione compiuta in Cecoslovacchia, di cui voglio ribadire il carattere non di mera testimonianza, credo che sia giusto fare alcune osservazioni sia sulle tante occasioni di dibattito attorno a questo anniversario che sull'atteggiamento del governo italiano verso i regimi autoritari in generale e quelli polacco e cecoslovacco in particolare.

Ai molti impegnati nella riflessione sulla straordinaria esperienza nonviolenta di quell'agosto '68 vogliamo ricordare come anche un impegno diretto e personale in Cecoslovacchia avrebbe e può avere una grande utilità. Quanto al governo italiano e ai partiti che lo compongono, il nostro invito è quello di rinunciare al farisaismo che sul tema dei diritti umani connota la sua azione. I governi succedutisi da tre anni a questa parte sistematicamente e sfacciatamente tradiscono l'impegno -voluto con formale voto della Camera e relativo stanziamento di denaro- a costituire un'agenzia per i diritti umani, con sede presso la presidenza del Consiglio e con il compito di studiare iniziative di informazione alternativa per le vittime dell'autoritarismo, per i sudditi dei paesi totalitari. Le parole ipocrite si sprecano, i fatti non si vedono, persino la volontà della maggioranza della Camera italiana non è stata rispettata. Nel frattempo, per bocca di Jaruzelskj, l'Italia è uno dei primi partner d'affari per il gover

no polacco, e si dicono e scrivono milioni di parole su Solidarnosc e su questo ventesimo anniversario del '68 di Praga. Ognuno, insomma, celebra e fa vivere gli anniversari come vuole e può. Noi ci abbiamo umilmente provato a nostro modo, da radicali e da nonviolenti, vorremmo che il nostro governo -alla luce delle sue scelte concrete- almeno non si nascondesse dietro alibi e scuse inaccettabili.

 
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