di Marco De AndreisSOMMARIO: Introduzione al volume "Quale disarmo": come nacque l'idea di una ricerca sulle opzioni di disarmo, il lavoro dell'IRDISP.
(Irdisp - Quale disarmo - Franco Angeli editore - Milano - ottobre 1988)
L'idea di lavorare a questo volume risale agli inizi del 1985. Allora le prospettive di disarmo non erano né rosee, né brillanti: dopo l'interruzione del novembre 1983, i negoziati di Ginevra tra Usa e Urss si erano sì riaperti, ma le posizioni rimanevano quasi inconciliabili. Nel frattempo lo spiegamento in entrambi i blocchi di nuovi sistemi d'arma continuava incessante, accompagnato dal continuo aumento delle spese militari un po' ovunque nel mondo. Al Cremlino si insediava un nuovo leader, Mikhail Gorbaciov, ma era troppo presto per fare predizioni sensate sulle sue scelte di politica interna e internazionale.
Si trattava, insomma, di un periodo talmente fosco per chiunque ritenesse urgente frenare e invertire la corsa al riarmo, che era il caso di fermarsi a riflettere. Il controllo degli armamenti o, più in generale, l'intero approccio negoziale avevano ancora senso? O non era arrivato il momento di prescindere da ogni sforzo contrattualista e puntare soprattutto su atti di disarmo unilaterale? In quest'ultimo caso, qual era l'obiettivo cui dare la priorità: riformare qualche aspetto dell'attuale organizzazione difensiva italiana e atlantica (tipo: rinuncia al primo uso delle armi nucleari), oppure puntare a riforme radicali come la difesa difensiva o la difesa popolare nonviolenta?
Per tentare di rispondere a queste domande occorre sempre, comunque, un passo preliminare: cercare di capire quale sicurezza è realistico perseguire e da quali minacce. Qui l'intenzione nostra, all'IRDISP, era quella di tentare di correggere alcune distorsioni nel modo corrente, da parte di larga parte dell'informazione, di presentare le minacce alla nostra sicurezza. Sul piano militare c'è, ad esempio, una sistematica sottovalutazione del rischio rappresentato dalla presenza di migliaia di armi nucleari sul nostro continente. Atteggiamento cui fa da contrappunto un'altrettanto sistematica sopravvalutazione delle capacità convenzionali del Patto di Varsavia.
Quasi nessuna attenzione, infine, viene prestata alle minacce non militari, quelle minacce cioè contro le quali gli eserciti sono non solo inutili, ma anche dannosi. Nei confronti dell'esplosione demografica e del concomitante disastro ecologico, così come rispetto al debito del Terzo Mondo, cosa fanno gli eserciti se non distrarre risorse finanziarie, scientifiche e tecnologiche di cui c'è disperato bisogno? Allo stesso titolo, la presenza in Europa di milioni di uomini in armi, lungi dal farvi fronte, ha aggravato, cristallizzandola, quella che qualsiasi cittadino occidentale percepisce come la vera minaccia dall'est: la mancanza nei paesi del socialismo reale delle libertà democratiche.
Queste, in sintesi, le premesse a partire dalle quali i vari saggi contenuti in questo volume sono stati elaborati. Il fatto che il libro esca quando i negoziati sul controllo degli armamenti hanno ripreso a dare qualche frutto rende ancor più attuali i vari contributi. Si tratta, infatti, proprio di cominciare a pensare con più continuità quale disarmo Ed.De Angeli e quale sicurezza vogliamo e come arrivarci. Risposte definitive a queste domande, comunque, qui non ce ne sono. L'intenzione era quella di mostrare che alternative praticabili alla competizione militare esistono, sono molte e non sono necessariamente in conflitto tra loro. A chi legge definire priorità e preferenze.
Tutti i contributi qui presentati sono stati scritti espressamente per questo volume. Fanno eccezione: il capitolo 4, "Simulazione di un conflitto nucleare in Europa", cui Andrea Ottolenghi ha lavorato per conto dell'Organizzazione Mondiale della Sanità; il capitolo 7, "Ridefinire la sicurezza nazionale", di Lester Brown, pubblicato nell'edizione del 1986 dell'annuario 'State of the World', del 'Worldwatch Institute', col titolo "Redifining National Security". Entrambi, tuttavia, compaiono qui per la prima volta in lingua italiana.
Le traduzioni, tutte da un originale inglese e riviste dal curatore, sono di: Danila Curcio (cap. 7), Paolo Miggiano (cap. 10), Carlotta Pittori (capp. 1, 5, 11). Gran parte delle figure è stata curata dallo studio grafico Graph '87 di Mauro Magni.
L'intero progetto ha seguito le vicissitudini del curatore: concepito all'IRDISP, si è poi spostato all'Istituto Affari Internazionali (IAI) quando (estate 1985 - estate 1987) chi scrive era ricercatore cola, diventando 'pro tempore' un progetto congiunto IAI-IRDISP. Tra l'altro, nel dicembre del 1985, presso la sede dello IAI, si svolgeva un incontro di un giorno e mezzo tra gli autori invitati a contribuire a questa ricerca, con lo scopo di meglio definire i termini dei singoli saggi. La preparazione finale per la stampa si è svolta all'IRDISP nei primi mesi del 1988.
A questo riguardo va detto che se il volume non ha sofferto di ulteriori ritardi si deve esclusivamente a Paolo Miggiano, Cesare Ruotolo (vero terrore dei refusi) e Marco Tagliavini, cui si è aggiunto più avanti Francesco Angelino. Se, loro malgrado, qualcosa è sfuggito, la responsabilità è solo del curatore.
Roma, giugno 1988