di Jonathan DeanSOMMARIO: Al di là delle dichiarazioni generiche concernenti l'equilibrio delle forze Nato-Patto di Varsavia, laddove tutto si riduce ad un problema numerico (numero dei missili, dei carri armati, degli aerei a confronto) la realtà è molto più complessa e comprende fattori quali la tecnologia, l'efficienza e persino la motivazione psicologica degli arruolati, fattori di cui occorre tener conto. La situazione, a voler ben guardare, è sicuramente molto meno squilibrata e preoccupante rispetto a quanto gli esperti della Nato vogliono far credere e l'Autore, che come ambasciatore guidò la delegazione statunitense ai negoziati di Vienna sulla riduzione delle forze convenzionali in centro Europa, lo dimostra ampiamente in questo saggio, accennando anche a possibili azioni unilaterali di disarmo.
(Irdisp - Quale disarmo - Franco Angeli editore - Milano - ottobre 1988)
1. Introduzione (1)
A quaranta anni dall'inizio della guerra fredda la massiccia competizione politica tra est e ovest nell'Europa centrale ha superato il suo apice. Col passare degli anni il fervore ideologico del contrasto è scemato da entrambe le parti. I trattati della Germania federale con l'est e gli accordi di Helsinki hanno riconosciuto che lo status quo nell'Europa dell'est può essere cambiato solo con mezzi pacifici. D'altra parte, non c'è alcuna possibilità reale che partiti comunisti occidentali legati a Mosca possano guadagnare influenza decisiva nei loro paesi.
Il confronto NATO-Patto di Varsavia dal punto di vista militare, invece, sembra aver sviluppato una propria esistenza autonoma ed essere vigorosamente florido. Quella attuale è la più vasta concentrazione militare in tempo di pace nella storia dell'umanità. Comprende il più grande potenziale distruttivo mai accumulato che include, secondo calcoli NATO, più di dieci milioni di uomini in servizio militare effettivo, più di 200 divisioni terrestri, 40.000 carri armati pesanti, 10.000 velivoli da combattimento e più di 2600 navi da guerra nei mari che confinano con l'Europa. Inoltre in Europa, Unione Sovietica inclusa, sono schierate circa 15.000 testate nucleari per vettori tattici e a raggio intermedio, senza parlare delle testate strategiche puntate da entrambe le superpotenze su questa stessa area. Sul fronte centrale della NATO, lungo il confine della Germania federale con la Repubblica democratica tedesca e la Cecoslovacchia, sia la NATO che il Patto di Varsavia sono sul punto di effettuare due nuove grand
i ondate di potenziamenti: lo schieramento di missili balistici e da crociera armati di testate convenzionali e chimiche e quello di difese antimissile per fronteggiarli. Questi sono la punta di diamante degli armamenti ad alta tecnologia. Costeranno parecchio ad entrambe le parti, ma è poco probabile che abbiano un effetto sostanziale sull'equilibrio delle forze.
2. Equilibrio militare in Europa - cosa significa?
Fin dalla fondazione della NATO nel 1949, gli esperti militari occidentali sono stati quasi unanimi nello stimare una superiorità numerica considerevole del Patto di Varsavia rispetto alle forze NATO, specialmente sul fronte centrale.
Storicamente tali stime sono state la giustificazione principale perché la NATO affidasse la propria difesa alle armi nucleari, cosa rispecchiata fin dal 1967 nella strategia della risposta flessibile. Tale superiorità è stata anche la giustificazione fondamentale per successivi programmi di miglioramento delle forze convenzionali della NATO.
La maggior parte degli esperti occidentali sembra concordare che la superiorità numerica del Patto di Varsavia esiste. Recenti cifre NATO giungono alla conclusione che gli Stati del Patto di Varsavia hanno nel complesso una forza di 6 milioni di personale militare in servizio effettivo (esercito, aeronautica e marina) in confronto ai 4,5 milioni della NATO; 115 divisioni dell'esercito contro le 88 divisioni NATO; quasi 27.000 carri armati contro 13.500 carri armati della NATO; e 2250 cacciabombardieri contro i 1960 della NATO. Si stima che le forze del Patto di Varsavia abbiano un impressionante vantaggio numerico su: aerei da caccia, elicotteri da combattimento, pezzi d'artiglieria e carri da trasporto truppa (2).
Ma si tratta di numeri controversi. Vi sono difficoltà anche per le cifre che riguardano le forze NATO. Per ragioni politiche, le forze francesi e spagnole non sono assegnate al comando integrato della NATO. Di conseguenza queste forze non vengono contate in quelle NATO, nonostante le 10 divisioni dell'esercito e la considerevole aeronautica della Francia, e un esercito spagnolo di circa 4 divisioni più l'aeronautica, in un paese la cui popolazione e le cui forze sono circa uguali a quelle della Polonia.
Come è prevedibile, queste cifre della NATO non concordano nemmeno con quelle presentate dall'Unione Sovietica. Allo scopo di presentare le proprie ragioni all'opinione pubblica occidentale durante la polemica sulle INF, l'Urss negli ultimi anni si è allontanata dalla sua tradizione di segretezza sulle questioni militari e ha iniziato a pubblicare le sue proprie stime sul confronto delle forze. Le cifre sovietiche per il 1984, lo stesso anno delle stime NATO già citate, mostrano non 115 divisioni del Patto, bensì 78 e non 88 divisioni NATO, ma 94 e pressoché lo stesso numero di carri armati e cacciabombardieri da entrambe le parti (3). Le cifre NATO e quelle sovietiche a confronto appaiono come in tabella 5.1.
Tab. 5.1 - Confronto tra le forze della NATO e del Patto di Varsavia secondo fonti diverse
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Forze NATO Patto di Varsavia
Cifre di Cifre di Cifre di Cifre di
fonte NATO fonte Urss fonte NATO fonte Urss
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------
Divisioni
pronte al 88 94 115 78
combattim.
Caccia/ 1.960 La NATO ha 2.250 Il Patto ha
bombar- un leggero un leggero
dieri vantaggio svantaggio
Carri 13.470 25.000 (in- 26.900 25.000
armati clusi i car-
ri spagnoli
e quelli in
deposito)
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Fonti: cfr. il testo e le note.
Ci sono grandi discordanze anche nelle stime ufficiali occidentali delle forze del Patto di Varsavia. Per esempio, l'edizione del 1983 del Libro Bianco del ministero della Difesa della Germania federale indica 253 divisioni del Patto di Varsavia in servizio effettivo, 173 delle quali fra Russia europea ed Europa dell'est (4). Ma la valutazione 1985-1986 dell'International Institute for Strategic Studies (IISS) ne indica solo 78 nella stessa area (Russia europea ed Europa dell'est) - si noti che è lo stesso numero di divisioni sovietiche che compare nella succitata pubblicazione sovietica (5).
Parte di questa ampia variazione è dovuta al fatto che il Libro Bianco del 1983 della Germania federale include nel suo calcolo 53 divisioni sovietiche in estremo oriente, 12 al confine con Iran e Afghanistan e 15 divisioni di riserva strategica nell'Urss centrale. Ma - e questo è importante per l'analisi dell'equilibrio delle forze est-ovest in Europa - esso conta anche tutte le rimanenti 173 divisioni sovietiche e del Patto di Varsavia nell'Urss occidentale e nell'Europa dell'est, effettivamente schierate contro la NATO, come se esse fossero divisioni da pronto combattimento di prima categoria, quelle con più del 75% del loro personale presente e in servizio. Le divisioni di prima categoria sono le uniche forze che possono essere usate in un classico attacco di sorpresa del Patto di Varsavia con tempo limitato - quattro, cinque giorni - per la preparazione. Le rimanenti divisioni del Patto di Varsavia appartengono alla seconda categoria, (solo il 50-75% del personale in servizio attivo), oppure sono divisi
oni di terza categoria, che hanno solo dal 10% al 50% degli uomini necessari per combattere in caso di guerra. Il tempo per rendere pronte al combattimento le divisioni di seconda categoria del Patto di Varsavia è di una settimana o più; esse, quindi, potrebbero essere usate di rinforzo, ma è dubbio che possano venire utilizzate per un attacco del Patto con preparazione minima. Le divisioni di terza categoria impiegano dai 30 ai 60 giorni per raggiungere la piena efficienza di combattimento. Sarebbero utilizzate solo in una guerra europea o mondiale di lunga durata.
Anche così c'è una grande disparità tra la cifra NATO del 1984 di 115 divisioni del Patto di Varsavia in servizio effettivo nell'Urss occidentale e nell'Europa dell'est e le 78 divisioni indicate dall'IISS e dai sovietici per lo stesso periodo. In realtà, rispetto al gran numero di divisioni sovietiche spesso citate negli studi sulle forze militari, il numero effettivo di divisioni sovietiche di prima categoria è sorprendentemente basso. Oltre a due divisioni paracadutisti ci sono solo due divisioni sovietiche in quelle zone dell'Urss occidentale che includono forze che potrebbero sostenere un attacco al fronte centrale della NATO in Germania - i distretti militari del Baltico, della Bielorussia e della Carpazia (le uniche divisioni di prima categoria nel distretto militare di Leningrado e nell'Urss sud-orientale sono due divisioni paracadutisti che hanno missioni dirette contro gli Stati dei fianchi sud e nord della NATO). Se sommiamo le 26 divisioni sovietiche di prima categoria stanziate in Germania est,
in Polonia e in Cecoslovacchia, alle 4 divisioni in Urss e alle 4 in Ungheria raggiungiamo un totale di 34 divisioni sovietiche di prima categoria. Le divisioni non sovietiche del Patto di Varsavia nel nord Europa che l'IISS considera di prima categoria sono 20. Sommando queste due forze il Patto di Varsavia ha un totale di 54 divisioni, sovietiche e no, di prima categoria contro le 24 divisioni (o equivalenti) NATO in servizio effettivo sul fronte centrale - le divisioni NATO diventano 34 se si contano le divisioni francesi (6). In media le divisioni NATO sono molto più grandi di quelle del Patto, con 18.000 uomini nelle divisioni americane o della Germania federale, contro i 13.000 delle divisioni sovietiche di fanteria motorizzata o i 9500 uomini di una divisione corazzata della Germania est.
Le cifre riguardanti la forza del Patto di Varsavia sono imponenti, ma sono comunque cifre finite e non quelle di un'orda innumerevole. Come vedremo, il bilancio non è poi così sfavorevole come queste cifre, prese da sole, sembrerebbero indicare.
3. Problemi delle stime occidentali
Il fatto che ci siano grandi divergenze sulle cifre anche tra diverse fonti occidentali non solo indica l'implicito uso di criteri di conteggio differenti e la frequente mancanza di distinzione tra divisioni del Patto pronte al combattimento e quelle che non lo sono; ma illustra anche il grosso problema incontrato dagli esperti occidentali nello stimare il rapporto di forze tra NATO e Patto di Varsavia: ovvero la continua difficoltà nell'ottenere dati affidabili sulle forze del Patto di Varsavia.
Anche all'interno della NATO è molto difficile contare le forze in servizio effettivo veramente presenti in un dato momento. Ma almeno per queste forze occidentali vengono pubblicate cifre ufficiali nei bilanci parlamentari e nelle relazioni dei vari ministeri della Difesa. L'Unione Sovietica e i suoi alleati del Patto di Varsavia ritengono che la rigorosa segretezza delle loro società chiuse sia fonte di vantaggio militare e, anno dopo anno, sono riusciti a mantenere tale segretezza con considerevole successo.
Le stime occidentali delle forze del Patto di Varsavia sono, quindi, per lo più informazioni trafugate che rimangono frammentarie e devono essere messe insieme nel tradizionale mosaico dell' 'intelligence', spesso assumendo che altre unità simili siano della stessa forza o dello stesso livello di equipaggiamento di una unità nota. Quando vengono introdotti nuovi armamenti, come ad esempio il carro armato sovietico T-72, la supposizione occidentale, spesso, è che essi vengano schierati rapidamente in tutto il Patto di Varsavia, anche se quasi sempre ci vogliono decine di anni prima che questo realmente accada e in qualche caso, addirittura, ciò non si realizza mai. Infatti, sebbene il carro armato sovietico sia apparso per la prima volta, come dice il suo nome, nel 1972, la divisione sovietica che nel 1980 è stata ritirata dalla Germania est era ancora equipaggiata con carri armati T-54/55, un modello introdotto venticinque anni prima. In realtà molto più della metà dei carri armati del Patto di Varsavia è a
ncora del vecchio tipo T-54/55 (7). La NATO ha molti carri armati vecchi, ma ha una maggiore proporzione di carri armati moderni che include nuovi modelli americani, inglesi e tedeschi.
Professionalmente gli esperti dell' 'intelligence' sono obbligati ad assumere una visione conservatrice e a considerare l'ipotesi peggiore sulle capacità dei loro avversari in ogni valutazione dei singoli aspetti delle forze sovietiche e del Patto. Quando, poi, queste analisi vengono combinate per una stima totale delle forze del Patto, specialmente in una situazione in cui gran parte delle informazioni è sconosciuta e le lacune devono essere colmate per estrapolazione, c'è un effetto cumulativo intrinseco tendente ad una gonfiatura delle stime. Il processo consultivo della NATO si aggiunge a questo effetto poiché le stime compilate dai singoli paesi NATO in pratica devono essere negoziate tra valutazioni basse (spesso quelle degli Stati Uniti) e alte (spesso quelle della Repubblica federale tedesca).
4. Come sono, qualitativamente, le forze del Patto di Varsavia?
Un'ulteriore difficoltà dell'analisi occidentale delle forze del Patto di Varsavia è che essa si concentra quasi esclusivamente su dati quantificabili, che possano, cioè, essere espressi in cifre. Esclude deliberatamente come non quantificabile un gran numero di fattori chiave nella valutazione militare, quasi tutti quei fattori che si basano sulla qualità delle forze. Nella sua valutazione dell'equilibrio convenzionale est-ovest in Europa, l'IISS esprime questo punto con una formulazione tipica: "Ci sono degli elementi che è impossibile valutare: la qualità delle unità o dell'equipaggiamento, vantaggi geografici, dottrina, tecnologia militare, schieramento, addestramento, supporto logistico, morale, leadership, iniziativa tattica, terreno, condizioni meteorologiche, volontà politica e coesione dell'alleanza" (8).
Comunque, nonostante le difficoltà nell'ottenere informazioni affidabili sulle forze sovietiche e del Patto, col passare degli anni si sono sapute molte cose su questi fattori qualitativi e su come essi influiscono sulle forze del Patto di Varsavia. La tendenza inflazionistica dell' 'intelligence occidentale risulta particolarmente evidente nella valutazione della qualità dei nuovi equipaggiamenti sovietici. Poiché attraverso la rigida segretezza sovietica filtrano solo frammenti di informazione sui nuovi modelli, gli esperti occidentali sono costretti ad estrapolare e a formulare delle teorie sulle probabili prestazioni. Per esempio, appena apparso, il carro armato sovietico T-72 è stato descritto come particolarmente efficace come prestazioni e corazzatura. Dieci anni più tardi, nei combattimenti israelo-siriani nella valle della Bekaa in Libano, dove le forze siriane erano equipaggiate con tali carri armati, si evidenziarono i loro numerosi difetti: cannone impreciso, forza motrice insufficiente, blocco m
otore di alluminio altamente infiammabile. Si sono riscontrati molti difetti simili anche nel carro trasporto truppa sovietico BMP, inizialmente descritto come una svolta nella progettazione che avrebbe aumentato in modo decisivo l'efficacia delle forze convenzionali sovietiche in Europa. Anche gli aerei da caccia sovietici in combattimento o quelli esaminati dopo la cattura hanno fornito prestazioni molto più scarse di quelle previste nei rapporti dell' 'intelligence' occidentale (9).
Si sono anche venute a sapere molte cose, principalmente dagli emigrati e dai disertori, sulle difficoltà nel comando e nell'organizzazione delle forze sovietiche: una leadership rigida e tradizionalista impedisce lo sviluppo di flessibilità e spirito di iniziativa nei comandanti più giovani; un rapporto gerarchico autoritario tra ufficiale e soldato semplice è causa di basso morale; c'è una mancanza di sottufficiali a lunga ferma per l'addestramento delle truppe; un gran numero di soldati è quasi analfabeta e molti non-russi conoscono pochissimo la lingua russa. In realtà ci sono motivi per credere che le forze sovietiche in Germania, le unità scelte dell'esercito sovietico, siano qualitativamente inferiori alla 'Bundeswehr', come anche alle forze americane e inglesi in Germania.
L'organizzazione dei carri armati pesanti delle forze del Patto, specialmente delle forze sovietiche in posizione avanzata in Germania est, è stata a lungo fonte di preoccupazione e di ansia per la NATO. Eppure alcuni esperti, con alle spalle l'esperienza dei combattimenti lampo tedeschi con carri armati durante la seconda guerra mondiale, ritengono che, nonostante i cambiamenti, le forze sovietiche abbiano ancora troppi carri rispetto allo scarso numero di truppe da supporto - fanteria corazzata, tecnici specializzati, forze logistiche - che, invece, resero possibili i rapidi spostamenti dei reparti corazzati della 'Wehrmacht'. Malgrado recenti modifiche nella struttura organizzativa allo scopo di risolvere questo problema, le divisioni corazzate sovietiche non hanno ancora adeguati mezzi di supporto e ciò può facilmente essere causa di un "impantanamento" delle unità (10).
Anche nel campo dell'aeronautica l'analisi quantitativa dell'equilibrio NATO-Patto di Varsavia non rende conto dei vantaggi della NATO risultanti da armamenti migliori e da migliore addestramento delle forze. Per esempio i piloti della NATO, avendo alle spalle molte più ore di volo, sono addestrati meglio di quelli del Patto. Presi singolarmente, gli aerei da combattimento della NATO sono qualitativamente superiori e sono in grado di trasportare carichi maggiori di missili e bombe.
Se si escludono alcune forze greche e turche del fianco sud della NATO, anche le forze di terra sono migliori di quelle del Patto e vengono addestrate più a lungo sul campo. I comandanti della NATO sostengono che l'Alleanza, essendo una coalizione di Stati indipendenti, ognuno con le sue tradizioni militari, ha maggior bisogno di esercitazioni rispetto alle più omogenee forze armate del Patto di Varsavia, dominate dai sovietici. E' comunque degno di nota che, qualunque sia la ragione, il Patto di Varsavia negli ultimi trentacinque anni ha condotto molte meno esercitazioni congiunte - Unione Sovietica e alleati del Patto - di quelle NATO tra alleati occidentali. Le esercitazioni annuali della NATO coinvolgono 250.000 uomini, più del doppio del personale militare impiegato nelle più vaste esercitazioni del Patto.
Il cruciale fronte centrale della NATO in Germania è l'area chiave per il successo di un attacco totale del Patto di Varsavia alla NATO. In tale zona il terreno, in generale, favorisce il difensore. Lungo molti degli 800 chilometri che dividono la Germania federale dalla Germania est e dalla Cecoslovacchia si estendono la foresta bavarese e i monti Harz, fittamente coperti di boschi. Nella piana della Germania settentrionale, ritenuta spesso il terreno ideale per un attacco corazzato da parte delle forze del Patto, ci sono molti paesi e città che potrebbero rappresentare un'insidia per i carri armati, come anche il fiume Elbe e la brughiera di Lueneburg, con la miriade di piccoli corsi d'acqua e paludi (11).
La tradizionale analisi quantitativa, però, soprattutto non tiene conto del morale e della attitudine politica delle forze armate dell'est europeo. L'invasione sovietica della Cecoslovacchia nel 1968 ha lasciato così a terra lo stato d'animo delle forze armate di quel paese che si sono dovuti effettuare numerosi cambiamenti di personale nel corpo ufficiali, senza che questo abbia portato ad una sostanziale ripresa. Lo sviluppo di Solidarnosc e l'agitazione politica in Polonia è motivo di seri dubbi sulla fedeltà delle forze armate polacche ai sovietici. Le forze della Germania est, che sono considerate le migliori del Patto subito dopo quelle sovietiche, sono state tenute relativamente poco numerose a causa della sfiducia verso il popolo tedesco nutrita dallo stesso governo tedesco orientale e dai sovietici, che pure sono loro alleati. La fedeltà e la coesione di queste forze della Germania est è messa in dubbio in ogni contesto militare che permetta contatti e fraternizzazione fra i soldati e la popolazione
della Germania federale o con personale di unità della Germania federale che si trovasse ad avanzare in Germania est.
5. Problemi delle forze NATO
Questa disamina sull'equilibrio delle forze NATO-Patto di Varsavia ha il deliberato scopo di ridimensionare la presentazione spesso esagerata della minaccia del Patto all'Europa. Naturalmente, però, non si può ignorare il fatto che un potente spiegamento di forze fronteggia la NATO in Europa.
Quelle del Patto di Varsavia sono forze che, sebbene siano rimaste all'incirca allo stesso livello del decennio scorso quanto a personale militare, hanno fatto progressi notevoli nella modernizzazione degli armamenti, almeno numericamente. Il Patto di Varsavia ha ora più elicotteri da combattimento della NATO, sebbene sia stata quest'ultima ad introdurli per prima, e il vantaggio qualitativo della NATO nel campo dell'aeronautica si sta assottigliando. Per decenni l'aeronautica del Patto di Varsavia ha schierato un gran numero di aerei intercettori inadatti al supporto di offensive terrestri. Ora il Patto ha un numero sempre maggiore di cacciabombardieri in grado di dare supporto alle truppe di terra e di attaccare obiettivi NATO. La difesa contraerea, che era già molto sviluppata con aerei intercettori, artiglieria e missili terra-aria, a causa delle paure sovietiche di un attacco da parte di bombardieri nucleari americani dall'Europa occidentale dagli anni '50 in poi, è stata ulteriormente potenziata, rende
ndo sempre più difficile la penetrazione ai pur migliori cacciabombardieri della NATO.
Questi sviluppi sono causa di crescente preoccupazione nella NATO per l'accresciuta capacità delle forze sovietiche di seconda schiera di rinforzare un primo attacco. In passato si poteva fare assegnamento sulle capacità di successo delle forze aeree NATO in attacchi a ponti, aeroporti, ferrovie e nodi delle linee di trasporto per rallentare l'avanzata dei rinforzi dall'Unione Sovietica. Questo, infatti, sarebbe stato il ruolo logico delle armi nucleari tattiche della NATO lanciate da aerei, oltre alla funzione di dissuadere il Patto dall'uso delle armi nucleari.
I nuovi carri armati e i mezzi corazzati da trasporto truppa del Patto di Varsavia, anche se non così validi come spesso vengono descritti, rappresentano comunque un progresso rispetto ai modelli precedenti. E' stata introdotta, in numero crescente, artiglieria semovente in grado di sostenere e rinforzare una avanzata rapida. Con lo schieramento dei progrediti missili nucleari a raggio intermedio SS-20, la modernizzazione dei missili nucleari a corto raggio FROG e 'Scud', lo spiegamento in avanti del missile nucleare modernizzato 'Scaleboard' con una gittata di circa 900 chilometri e con l'introduzione di cariche nucleari per l'artiglieria sovietica, la capacità nucleare sovietica intermedia e tattica è aumentata notevolmente. Le forze sovietiche e del Patto hanno anche migliorato la loro logistica e stanno affrontando i problemi organizzativi e di leadership menzionati in precedenza.
La NATO sta facendo solo lenti progressi nell'affrontare le tradizionali debolezze in campo convenzionale: in particolare la carenza di munizioni e altri rifornimenti da combattimento. Le forze armate di alcune nazioni della NATO hanno una scorta di munizioni sufficiente per appena tre-quattro giorni, contro la richiesta NATO di rifornimenti sufficienti per almeno trenta giorni. Questa è la principale ragione per cui il comandante supremo dell'Alleanza, generale Rogers, lamenta il fatto che i paesi della NATO raggiungono solo il 70% degli obiettivi militari posti loro ed afferma ripetutamente che sarebbe costretto a raccomandare l'uso di armi nucleari dopo meno di una settimana di conflitto convenzionale in Europa. I rifornimenti da guerra sono molto costosi e le forze armate di ogni paese, Stati Uniti inclusi, tendono a sacrificarli allo scopo di comprare armamenti più pesanti. Inoltre i parlamenti europei e i comandi militari sono molto restii a destinare fondi per lunghi conflitti convenzionali.
Dal 1987 l'esercito della Germania federale, la più forte componente nazionale della NATO, deve fare i conti con una carenza di personale militare che alla metà degli anni novanta ammonterà a 100.000 uomini per ogni classe di giovani leve, a meno che non si provveda non solo ad allungare il periodo di servizio militare, ma anche ad una serie di incentivi dispendiosi per far sì che il numero di volontari aumenti.
Una importante debolezza delle forze NATO è la scarsità di riserve operative, unità in servizio effettivo che possano essere schierate direttamente dietro le unità NATO di prima linea e che siano in grado di muoversi rapidamente per fronteggiare eventuali penetrazioni sovietiche.
Soprattutto la NATO ha ancora i punti deboli tipici degli eserciti di coalizione: mancanza di standardizzazione e intercambiabilità degli armamenti, principalmente delle munizioni, sia delle forze terrestri che dell'aeronautica. La struttura di coalizione della NATO ha una debolezza ulteriore, potenzialmente molto grave. Gli esperti continuano a temere che il Consiglio NATO non sarebbe in grado di decidere rapidamente le misure da prendere di fronte all'evidenza di preparativi di guerra del Patto (anche se è plausibile assumere che, per quanto riguarda il fronte centrale, gli Stati Uniti, la Repubblica federale e la Gran Bretagna potrebbero prendere decisioni tempestive tra di loro, senza aspettare la risposta tardiva del Portogallo o della Danimarca).
Un ulteriore problema di crescente importanza è il costo sempre maggiore della difesa. Le spese per la difesa NATO, come ripetutamente mostrato nei rapporti annuali del dipartimento della Difesa, sono state sempre maggiori - pur rendendo di meno - di quelle del Patto di Varsavia sin dalla formazione di entrambe le alleanze. Il motivo è da ricercarsi in parte nell'alto costo del personale in occidente. La NATO spende metà del suo bilancio militare per il personale, mentre quello del Patto di Varsavia viene pagato molto meno. Il Patto gode anche di alcuni vantaggi come il controllo sull'economia nella produzione di armamenti. Lo 'Spitfire' della RAF costava 5000 sterline a velivolo nel 1939; il nuovo cacciabombardiere 'Tornado', prodotto da un consorzio dell'Europa occidentale, ne costa 17.000.000, 172 volte di più, anche tenendo conto dell'inflazione (12). La ragione principale di questi maggiori costi è la mancanza di standardizzazione e l'assenza di economie di scala nella NATO, che è una coalizione di forz
e nazionali autonomamente organizzate.
6. L'equilibrio delle forze in un attacco del Patto di Varsavia
Cerchiamo ora di stabilire quale sarebbe l'effetto netto di questi fattori in un attacco del Patto di Varsavia al fronte centrale della NATO. La paura principale dei comandanti NATO continua ad essere un attacco convenzionale del Patto al fronte centrale con una preparazione breve di 4-5 giorni, allo scopo di una rapida e profonda penetrazione nelle difese NATO, evitando, tramite la rapidità e la breve durata del conflitto, l'uso di armi nucleari da parte occidentale. Tale penetrazione rapida dell'esercito del Patto, che includerebbe attacchi diversivi dietro le linee e il veloce conseguimento della supremazia aerea, verrebbe usata per distruggere armi nucleari della NATO, aeroporti e capacità di comando e controllo. L'attacco sarebbe progettato in modo da prevenire l'escalation, interrompere i rinforzi rapidi dagli Usa e dalla Gran Bretagna e mettere gli Stati Uniti di fronte al fatto compiuto prima che possano mettere in gioco il loro potenziale nucleare e convenzionale - e anche prima che inizino ad emerg
ere grossi problemi in Europa dell'est.
Per questo tipo di conflitto, con al massimo tre o quattro giorni di preparazione, l'Unione Sovietica dovrebbe utilizzare le sue forze schierate in Europa centrale. Quelle in Polonia sarebbero utilizzate per proteggere le comunicazioni di terra con l'Unione Sovietica (e potrebbero dover essere rinforzate in caso di prolungamento del conflitto). Quelle in Ungheria e in Unione Sovietica sono troppo lontane per questo scopo. Il loro spostamento verso il fronte centrale durerebbe più di una settimana e sarebbe un chiaro segnale di attacco imminente.
Quindi l'Unione Sovietica potrebbe usare per un tale attacco alcune delle sue cinque divisioni in Cecoslovacchia e la maggior parte delle sue 19 divisioni in Germania est, forse con una divisione paracadutisti dell'Urss per attacchi dietro le linee: una forza probabilmente di 21 o 22 divisioni. Se possano o no essere utilizzate anche le 6 divisioni di prima categoria della Germania est è dubbio, in ragione della nostra discussione precedente, ma assumiamo l'uso di 4 divisioni.
Le forze cecoslovacche e polacche sono di bassa qualità e probabilmente non sarebbero pronte in un tempo così breve; nonostante ciò ipotizziamo l'uso di 4 divisioni ciascuno per attacchi ai fianchi nord e sud del fronte centrale, raggiungendo così un totale di 34 divisioni del Patto.
Abbiamo fornito alcune delle ragioni per credere che le forze permanenti della NATO sarebbero in grado di fronteggiare un attacco di tali dimensioni, specialmente date le molte debolezze qualitative delle forze del Patto. Esaminiamo il caso già citato: un attacco sovietico con preparazione minima al fronte centrale, diciamo con 22 divisioni sovietiche e 12 divisioni fra Polonia, Germania est e Cecoslovacchia per un totale di 34 divisioni. La NATO avrebbe l'equivalente di 26 divisioni in servizio effettivo per affrontarle. Questo conteggio pessimistico include solo le forze tedesche, degli Usa e della Gran Bretagna schierate in Germania, comprese 6 brigate da combattimento delle forze territoriali tedesche, equivalenti a 2 divisioni; attribuisce alle forze Usa l'equivalente di 6 divisioni, a quelle tedesche l'equivalente di 14 divisioni e agli inglesi 4 divisioni. Esclude le divisioni francesi in Germania e le forze del Belgio e dell'Olanda, normalmente stazionate nei loro paesi con elementi in avanti nella
Repubblica federale. Il rapporto di personale da combattimento così è di circa 1 a 1 nel primo giorno di mobilitazione. In tale circostanze le forze della NATO dovrebbero essere in grado di contenere l'attacco.
Per avere un quadro più completo dell'equilibrio militare NATO-Patto di Varsavia, è necessario usare una forma di analisi più dinamica del confronto statico che abbiamo fatto fin qui.
Una analisi dinamica tiene in considerazione fattori come la capacità di colpire l'obiettivo, le perdite, il consumo di munizioni e la velocità delle mobilitazioni. Le forze attaccanti del Patto di Varsavia riceverebbero naturalmente dei rinforzi. Numerosi studi indicano che il Patto di Varsavia è in grado di mobilitarsi e di fornire rinforzi più velocemente della NATO e che il momento di maggior pericolo per la NATO giungerebbe dopo 7-10 giorni, quando il rapporto delle forze potrebbe avvicinarsi a 2 contro 1 in favore del Patto (13). Ciò nonostante, una vittoria del Patto, anche in tali condizioni, è tutt'altro che assicurata. Una debolezza di queste stime è che esse assumono la completa mobilitazione delle forze non sovietiche del Patto di Varsavia e il loro impegno nell'azione. Queste ipotesi non sono realistiche. Inoltre, se le forze della Germania federale penetrassero in Germania est durante limitati contrattacchi, potrebbero avere il supporto esterno di alcuni elementi della popolazione della Germani
a est. Tale supporto aumenterebbe col prolungarsi delle ostilità. Le forze della Germania federale provocherebbero maggiori spaccature oltre le linee sovietiche di quanto non potrebbero fare in Germania federale le unità sovietiche in un ambiente ostile.
Le due divisioni sovietiche di prima categoria nell'Urss occidentale inizierebbero a spostarsi in avanti subito dopo l'inizio del conflitto. Inoltre 5 divisioni di seconda categoria dello stesso distretto militare potrebbero iniziare a spostarsi in avanti dopo circa dieci giorni, per un totale di 7 divisioni sovietiche in arrivo in posizione di rinforzo entro due settimane circa. Ma queste forze dovrebbero percorrere dagli 800 ai 1000 chilometri principalmente tramite ferrovie. Le linee ferroviarie e stradali est-ovest incrociano due grandi fiumi, la Vistula e l'Oder con ponti vulnerabili, che sono solo alcune delle circa venti strettoie delle linee di trasporto adatte per attacchi d'interdizione da parte della NATO. In più la sola Germania federale può mobilitare circa 700.000 uomini dell'esercito entro una settimana, più del doppio di tutto il personale militare delle suddette divisioni sovietiche di rinforzo. Parte di questi riservisti tedeschi verrebbe utilizzata per completare le unità in servizio effet
tivo delle forze da campagna della 'Bundeswehr', alcune delle quali hanno solo il 60% del personale previsto in tempo di guerra. Ma il personale di riserva tedesco rimanente, se ben organizzato ed equipaggiato, dovrebbe essere in grado da solo di far fronte ai rinforzi sovietici anche nel caso in cui gli aiuti promessi da americani, inglesi, belgi e olandesi ritardassero e le dieci divisioni dell'esercito francese non venissero per nulla coinvolte.
Sembra probabile, data la scarsezza di munizioni, di rifornimenti e ricambi per i principali armamenti da entrambe le parti, che una guerra puramente convenzionale sul fronte centrale si esaurirebbe in circa quattro settimane, creando l'opportunità di intraprendere negoziati per cessare le ostilità o per continuarle su scala ridotta. Come conclude l'IISS: "La nostra conclusione rimane che il rapporto di forza convenzionale globale è ancora tale da rendere una aggressione militare generale un'impresa altamente rischiosa per entrambe le parti - sembrerebbe che da entrambe le parti non ci sia ancora forza sufficiente a garantire una vittoria. Le conseguenze di un attacco sarebbero ancora alquanto imprevedibili e, in particolare, il rischio di una escalation nucleare sarebbe incalcolabile" (14).
Quest'ultimo punto ci ricorda che, se i leader sovietici progettassero un attacco all'Europa occidentale, dovrebbero calcolare le possibilità di vincere non solo la guerra in Europa, ma anche la probabile guerra mondiale che ne scaturirebbe, che includerebbe battaglie navali mondiali in cui le forze NATO sarebbero superiori, possibili attacchi al territorio sovietico dal Mar Nero e dall'estremo oriente e la possibile partecipazione al conflitto del Giappone o persino della Cina: tutti sviluppi, questi, - come anche la possibilità di una escalation nucleare - che potrebbero minacciare la sopravvivenza stessa del sistema sovietico. Tali rischi sarebbero enormi.
7. Valutazione della minaccia
Come già notato, le forze della NATO in Europa si trovano di fronte a numerose gravi difficoltà. Negli ultimi anni le forze sovietiche e del Patto di Varsavia, con l'introduzione di nuovi e migliori armamenti, hanno trasformato il loro vantaggio numerico per quanto riguarda aerei da caccia, carri armati, elicotteri da combattimento e artiglieria, in vantaggio anche qualitativo. Nello stesso tempo la NATO non è riuscita a procurarsi le munizioni e i ricambi che le occorrerebbero per combattere una guerra convenzionale di quattro settimane, che sarebbe per la NATO un obiettivo ragionevole. Inoltre la NATO scarseggia anche quanto a riserve operative - forze mobili e corazzate di supporto che potrebbero contrattaccare per tappare eventuali buchi nelle prime linee NATO nel caso di penetrazione delle forze sovietiche in attacco.
Le risposte a tutti questi problemi della NATO sono evidenti da decenni:
1. maggiore specializzazione tra paesi della NATO, con gli Stati Uniti che colmano le lacune delle forze navali ed aeree in cambio di un aumento del numero di divisioni terrestri in Europa centrale da parte di Germania federale, Paesi Bassi, Belgio e Danimarca - e forse anche Italia e Turchia;
2. formazione di un numero maggiore di unità da combattimento da parte della Germania federale e di altri riservisti continentali;
3. una semplice dichiarazione della Francia che si impegni in caso di guerra a mettere a disposizione della NATO appoggi logistici e aeronautici;
4. più estesa standardizzazione e coordinamento della produzione militare tra Europa e Stati Uniti.
Ciascuna di queste misure porterebbe ad un notevole miglioramento nella capacità della NATO di difendersi da un attacco convenzionale al fronte centrale ed alzerebbe così la soglia nucleare in Europa. Tuttavia, eccettuati alcuni aumenti nelle scorte di munizioni e di rifornimenti da guerra, è improbabile che alcuna di tali azioni venga portata avanti in maniera decisiva. Le ragioni di questa conclusione sono abbastanza evidenti: nessun paese della NATO reputa la situazione abbastanza urgente da giustificare l'impegno politico ed economico che queste misure implicherebbero. Questa riluttanza mette in evidenza indirettamente il fatto che tutti i governi coinvolti considerano altamente improbabile l'eventualità di un attacco sovietico all'Europa occidentale.
Questo tacito consenso è probabilmente fondato. A parte la capacità di resistenza della NATO e i costi incalcolabili di un conflitto mondiale, è improbabile che venga effettuato un attacco sovietico in Europa allo scopo di ottenere il controllo delle risorse produttive, poiché tale obiettivo sarebbe reso vano dalle immense distruzioni che avrebbero luogo sia in caso di vittoria che di sconfitta. Non esiste più alcuna possibilità, se mai ne è esistita una, che l'Unione Sovietica usi come agenti partiti comunisti europei locali, col sostegno delle forze armate sovietiche, per prendere politicamente il controllo dell'Europa occidentale. Inoltre, anche in caso di successo di un attacco sovietico in Europa occidentale, l'impegno richiesto alle forze di occupazione sarebbe enorme, dal momento che sarebbe ancora in corso il conflitto mondiale. Il compito di reprimere la resistenza, come i sovietici ben sanno per esperienza, sarebbe immensamente arduo. I leader sovietici sanno anche che una occupazione creerebbe pri
ma o poi gravi problemi di morale e di controllo politico non solo per il personale coinvolto, ma in definitiva per lo stesso sistema sovietico.
Razionalmente, non esistono guadagni che controbilancino le perdite per la nazione sovietica in un attacco all'Europa occidentale e nessuna forma di attacco può escludere il rischio sia di una guerra nucleare che di un conflitto mondiale. L'attacco e l'occupazione dell'Europa occidentale avrebbero minori benefici economici e politici di quanti non ne rechino scambi commerciali e crediti. L'Unione Sovietica ha più da guadagnare, e con rischi molto minori, dal proseguimento della sua attuale politica di accordi con l'Europa occidentale. Questa conclusione non significa che essa non potrebbe lanciare una aggressione se l'insieme dei costi diminuisse molto. Nulla nella storia dell'Unione Sovietica sembra indicare un particolare ritegno morale nell'uso della forza militare o un disgusto nel versare sangue pur di portare avanti le mire nazionali. E non c'è alcuna evidenza di importanti cambiamenti positivi nelle istituzioni rispetto a tali caratteristiche. Ma, militarmente, sulla base di considerazioni razionali,
l'Unione Sovietica è diventata una potenza che tiene al mantenimento dello status quo in Europa.
Gli scettici obietteranno, a ragione, che questa conclusione dà molto peso all'elemento di razionalità nel pensiero sovietico, e c'è scarsa evidenza diretta a favore di questo punto di vista, considerando la continua modernizzazione delle forze sovietiche che fronteggiano l'Europa occidentale. Però, se ammettiamo che considerazioni razionali su perdite e guadagni siano un deterrente per i leader sovietici, dobbiamo assumere che anche il loro calcolo dei pro e contro di un attacco all'Europa occidentale sia un calcolo razionale. Continuano ad esistere parecchie possibilità contingenti di un tale attacco, tutte remote: errori di valutazione, paura di attacchi occidentali, reazione di panico di fronte ad una estesa rivolta in Germania est, atti di pura irrazionalità guidati da lotte di potere interne. Ma la possibilità di un deliberato attacco d'aggressione sovietico allo scopo di conquistare e occupare l'Europa occidentale, per quanto grande possa essere stata in passato, è divenuta ora così remota da essere t
rascurabile. Gli esperti della NATO, pur non arrivando ad ammettere questo, in effetti definiscono pubblicamente il rischio molto basso.
Giudicando obiettivamente, la vasta competizione militare est-ovest in Europa ha superato il suo punto massimo politicamente, se non militarmente, ed è in declino. E' stato raggiunto uno spartiacque ed è stato sorpassato. Visto nei termini delle paure e degli antagonismi che caratterizzarono il suo inizio una generazione fa, la competizione è ora nel suo tratto discendente. Di conseguenza la soglia nucleare, in termini pratici, è abbastanza alta.
E' evidente che l'Unione Sovietica continuerà a tentare di utilizzare la sua forza militare ed economica per aumentare la sua influenza politica sui governi dell'Europa occidentale, così come anche la coalizione occidentale continuerà i suoi sforzi per accrescere la sua influenza sull'Europa dell'est e sull'Unione Sovietica. E' una questione secondaria se questi sforzi sovietici siano motivati dal desiderio di una grande potenza conservatrice di accrescere sempre più la propria sicurezza guadagnando influenza sui paesi vicini ai suoi confini, oppure da una ideologia espansionistica: gli sforzi continueranno. Comunque, fin quando i paesi dell'Europa occidentale riusciranno a mantenere una approssimativa parità militare con quelle porzioni delle forze sovietiche destinate all'occidente e rapporti politici ragionevolmente stretti con gli Stati Uniti, essi saranno in grado di fronteggiare questi tentativi con successo come hanno fatto in passato. L'Unione Sovietica non entrerà in guerra in Europa se non riuscirà
a raggiungere i suoi obiettivi politici con mezzi politici.
8. Prospettive per azioni unilaterali o azioni indipendenti
Sebbene molti funzionari di governi della NATO possano non essere d'accordo con questa analisi, l'impressione generale, comunque articolata, che l'apice del contrasto est-ovest sia nei fatti superato, ha fornito le basi per gli sforzi occidentali durante lo scorso decennio di ridurre il livello del confronto militare tramite il controllo degli armamenti. Questi tentativi non hanno portato a progressi decisivi in questo senso. Durante i prossimi dieci anni potrebbero portare alcuni limitati e modesti risultati nella riduzione delle forze e nelle 'confidence-building measures' (15).
Ma essi incontreranno grandi ostacoli nel fare più di questo. Il livello di diffidenza tra est e ovest rimane così elevato che misure di disarmo di grande portata non sono accettabili per entrambe le parti. Potenti e radicali interessi da ambo i lati ostacoleranno grossi progressi nel controllo degli armamenti. Questo vale in special modo per l'Unione Sovietica. Lo scopo principale delle forze sovietiche nell'Europa dell'est, sebbene esse abbiano anche altre missioni, è quello di appoggiare governi comunisti che hanno poche prospettive di sostenersi autonomamente. Un loro ritiro in larga scala creerebbe seri problemi all'Unione Sovietica in termini di controllo politico ed è poco probabile per questa ragione.
Allo stesso tempo, in Europa occidentale la crisi degli euromissili è stata un catalizzatore di dubbi e scetticismo circa il confronto est-ovest. Ha evidenziato i difetti della deterrenza estesa e della risposta flessibile in una situazione di prolungata parità nucleare tra Stati Uniti e Unione Sovietica. Ha reso profondamente insoddisfatta una vasta parte dell'opinione pubblica dell'Europa occidentale per l'esistenza di un confronto militare costoso, pericoloso e sempre meno funzionale e per gli effetti deludenti del controllo degli armamenti, insufficienti a limitarlo. Ha destato il comprensibile desiderio di spezzare la spirale verso l'alto, apparentemente automatica, della competizione militare tramite qualche azione unilaterale o indipendente, comunque non legata ad una reciproca azione sovietica immediata.
Il consenso sulla difesa europea nei passati 25 anni da parte di tutti i principali partiti politici in ogni paese membro della NATO si è in effetti spaccato sulla controversia degli euromissili. Non ci sono più le dimostrazioni pubbliche di massa, ma gran parte del programma unilateralista e antinucleare del movimento della pace, come è successo già per molti movimenti in passato sia in Europa che negli Stati Uniti, è stato istituzionalizzato nei programmi dei partiti di opposizione di sinistra - ripreso nelle sue caratteristiche essenziali, per quanto riguarda i paesi del nord Europa, dai partiti laburista e liberale in Inghilterra, dai socialdemocratici tedeschi e dai partiti socialisti del Belgio e dell'Olanda. In Norvegia e Danimarca questo tipo di approccio è già predominante. In particolare, la perdita del supporto da parte del Partito laburista inglese e dei socialdemocratici tedeschi in favore dello schieramento degli euromissili, per la strategia NATO della risposta flessibile e, più in generale, p
er i futuri bilanci della difesa, è un duro colpo che potrà risultare equivalente, come importanza a lungo termine, al ritiro delle forze francesi del generale De Gaulle dal comando integrato della NATO circa 20 anni prima.
La tendenza risultante è importante e probabilmente duratura. I socialdemocratici tedeschi hanno rifiutato in pratica la deterrenza nucleare estesa, chiedendo il ritiro dall'Europa centrale dei missili a medio raggio e delle armi nucleari tattiche americane e sovietiche, insieme agli stock di armi chimiche. Alcuni socialdemocratici richiedono anche il diritto per la Germania di co-decisione per l'uso delle armi nucleari. Da parte sua il Partito laburista inglese continua a sostenere che tutte le armi nucleari debbano essere rimosse unilateralmente dal territorio britannico. La Norvegia, la Danimarca - e anche la Spagna - proibiscono già lo stazionamento in tempo di pace di armi nucleari americane sul loro territorio. La conseguenza ultima dell'orientamento nel nord Europa verso restrizioni del ruolo delle armi nucleari potrebbe essere il rifiuto del permesso di stazionamento in tempo di pace delle armi nucleari americane in Germania ovest e nei paesi del Benelux.
Quello che stiamo esaminando non è certamente una fluttuazione temporanea dell'opinione pubblica, mossa da sviluppi contingenti e di durata limitata, bensì un cambiamento di valori che, se ulteriormente consolidato, può durare per i prossimi decenni non solo come orientamento d'opinione, ma come forza politica. Tale tendenza sembra probabilmente più forte in Germania ovest, l'alleato di gran lunga più pro-americano nell'Europa continentale a causa della sua profonda paura dell'Unione Sovietica e della diffusa opinione che solo la potenza americana possa contenere le pressioni sovietiche. In molti paesi dell'Europa, specialmente del nord, il più forte sentimento in politica estera oggi è una sempre più radicata esasperazione e risentimento per la dipendenza dell'Europa da due grandi potenze che molti iniziano a ritenere ugualmente biasimevoli per la continuazione della loro contrapposizione.
Parlare di opinione pubblica della NATO non vuol dire parlare dei suoi governi. Ma questi ultimi, per quanto con riluttanza, tendono poi a conformarsi ad essa. In assenza di progressi nel controllo degli armamenti o, d'altra parte, di qualche importante azione negativa dell'Unione Sovietica nel contesto europeo, tali sviluppi possono portare in definitiva in un'unica direzione, anche se lentamente e gradatamente. Si va verso un sempre minore appoggio ai bilanci militari le cui voci verranno per la maggior parte contestate su basi partigiane, in favore di riduzioni unilaterali di forza militare e di restrizioni unilaterali del ruolo delle armi nucleari, provocando una continua frizione con gli Stati Uniti che rinforzerà a sua volta questa tendenza.
9. Possibili azioni unilaterali
Sondaggi dell'opinione pubblica, specialmente quelli riguardanti le attitudini di gruppi di età inferiore ai 40 anni nelle popolazioni del nord Europa, che costituiranno la maggioranza dell'elettorato nei prossimi dieci anni, indicano che esiste una considerevole possibilità che venga eletto nel prossimo decennio un governo con un forte programma antinucleare e persino unilateralista sia in Germania che in Gran Bretagna o in uno dei paesi del Benelux. Se così fosse, quali azioni unilaterali ci si potrebbero aspettare da tali governi nell'area del fronte centrale della NATO? Le possibilità più estreme sono già state menzionate: ritiro unilaterale di una parte o di tutte le armi nucleari americane a raggio intermedio e tattiche da tale area. Altre possibilità includono: astensione unilaterale da previsti potenziamenti di forze, come l'introduzione di missili balistici a raggio intermedio e da crociera da utilizzare con testate convenzionali o chimiche, oppure ritiro unilaterale delle riserve americane di armi
chimiche dalla Repubblica federale (paradossalmente questa azione è ora prevista dal governo americano in connessione con la decisione di produrre una nuova generazione di armi chimiche binarie ma da immagazzinare negli Stati Uniti per schieramenti contingenti in Europa). Azioni indipendenti più modeste potrebbero includere cambiamenti unilaterali nella struttura delle forze occidentali, strategia e schieramento in direzione delle proposte che vanno sotto il nome generico di "difesa non provocatoria", trattate in maniera più estesa altrove in questo studio (16). Un esempio potrebbe essere quello di costituire una zona o fascia di difesa statica lungo il confine della Germania federale con la Repubblica democratica tedesca e la Cecoslovacchia - armamenti non mobili e a raggio ristretto che non possano essere utilizzati per attacchi in avanti, ma che possano comunque limitare il primo impatto di un possibile attacco del Patto di Varsavia. C'è una vasta gamma di possibilità: dall'uso di armamenti ad alta tecnol
ogia al maggiore utilizzo delle milizie locali, dal più vasto uso di fortificazioni campali leggere all'interramento di esplosivi anticarro e mine anticarro da schieramento rapido.
Molte di queste misure sono state proposte o riproposte negli ultimi anni. La maggior parte di esse è stata rigettata dagli esperti militari ortodossi dei vari ministeri della Difesa della NATO. Molte sono costose e molte avrebbero come effetto quello di rimuovere le forze armate alleate stazionate in Germania dalla loro attuale posizione avanzata e interporre uno schermo costituito da milizia o fanteria leggera tedesche. Tale azione ridurrebbe il valore deterrente di tali forze alleate contro un possibile attacco del Patto di Varsavia e ciò costituirebbe un netto svantaggio. Però, nonostante queste obiezioni, sembrerebbe che nei prossimi decenni pressioni politiche interne, questioni di bilancio e scarsezza di manodopera si combineranno per portare all'inserimento di varie componenti di questi nuovi approcci difensivi non ortodossi nell'attuale configurazione della forza NATO. La strategia NATO della difesa in avanti sul fronte centrale riflette i valori politici del paese più importante in quella zona - la
Repubblica federale. Mentre è poco probabile che la Germania rinunzi alla difesa avanzata, i processi politici potrebbero col tempo esercitare una effettiva pressione affinché vengano modificati i mezzi per portare avanti tale strategia.
Per quanto riguarda la più drastica questione di governi impegnati in programmi di rimozione unilaterale delle armi nucleari americane dal loro territorio, il problema più immediato, nel caso in cui tali governi andassero realmente al potere negli Stati europei della NATO, potrebbe non essere nei loro programmi come tali. Questo perché la maggior parte di essi sarebbe comunque cauta nel mettere in pratica gli aspetti più estremi dei propri programmi, come il ritiro unilaterale delle armi nucleari americane, attraverso un'azione completamente isolata. Se eletti, è probabile che essi, prima di rendere effettivi i loro programmi, in primo luogo premerebbero per rinnovati sforzi congiunti da parte dell'Alleanza per il controllo degli armamenti e cercherebbero di guadagnare il consenso dei loro alleati per tentare azioni individuali su base sperimentale. Il problema più immediato sarebbe il considerevole shock che la loro elezione costituirebbe per le relazioni fra Stati Uniti ed Europa. Inoltre, lo scopo effetti
vo dei programmi di azione unilaterale, dopo che questi ultimi siano stati passati al vaglio dell'opinione pubblica interna e dell'Alleanza, potrebbe essere limitato ad accordi reciproci sulle 'confidence-building measures', che ora invece gli unilateralisti guardano con scetticismo. Potrebbe essere limitato anche l'effetto di tali programmi come segnale verso il Patto di Varsavia. La risposta del Patto potrebbe essere esitante e scettica o potrebbe addirittura non esserci.
In breve, la difficoltà di fondo delle azioni unilateraliste potrebbe rivelarsi la stessa degli altri mezzi proposti per ridurre il livello del confronto militare est-ovest - riduzioni negoziali delle forze, 'confidence-building measures' e negoziati politici: per quanto si possa prevedere ora, nessuno di tali approcci sembra avere di per sé un probabile effetto decisivo nell'abbassare il livello del confronto in Europa. In altre parole, non c'è nessun approccio che, preso singolarmente, sembra offrire la possibilità di una svolta decisiva. Allo stesso tempo c'è spazio per oculate misure indipendenti, attentamente valutate, con scopi limitati come aggiustamenti nello schieramento difensivo avanzato della NATO sul fronte centrale, inseriti nel contesto di una strategia globale per una deliberata riduzione del livello del confronto militare est-ovest.
Nei prossimi vent'anni è probabile una diminuzione di tale confronto in Europa tramite un processo di smussamento lento, graduale e spesso non coordinato, combinazione di 'confidence-building measures', controllo degli armamenti, misure politiche ed economiche - provvedimenti, sia negoziati che non, da entrambe le parti. Gli esperti politici della NATO, se avranno una visione chiara dell'obiettivo e useranno una combinazione opportuna di tali fattori, potranno contribuire a far sì che la contrapposizione est-ovest in Europa superi il suo picco militare, come già quello politico, uscendo dall'attuale fase indeterminata che vede convivere misure di disarmo e misure di riarmo, verso una ben definita fase di diminuzione degli armamenti.
NOTE
1. La trattazione dei rapporti di forza tra NATO e Patto di Varsavia contenuta in questo capitolo è basata sull'analisi dello stesso argomento svolta in J. Dean, 'Watershed in Europe: Dismantling the East-West Military Confrontation', Lexington Books, Lexington (Massachusetts), 1987.
2. Cfr. 'NATO and Warsaw Pact Force Comparisons', NATO Information Service, Brussels, edizione 1984, pp. 8 e 11.
3. Cfr. 'Whence the Threat to Peace', Military Publishing House, Moscow, 1984.
4. Cfr. Federal Ministry of Defense, 'White Paper 1983', Bonn 1983, p. 66.
5. Cfr. IISS, 'The Military Balance 1985-1986', p. 186.
6. I dati sulle divisioni pronte al combattimento si basano sul 'Military Balance 1985-1986'.
7. Cfr. 'Defense Electronics', 14:1, gennaio 1982.
8. Cfr. 'The Military Balance 1985-1986', p. 182.
9. Cfr. A. Cockburn, 'The Threat', Vintage Books, New York, 1984, per una discussione su questi ed altri problemi nella valutazione delle forze sovietiche; cfr. anche A. von Buelow, 'Die Eingelbidete Unterlegenheit', C. H. Beck, Muenchen, 1985, che rappresenta la valutazione di un leader socialdemocratico tedesco. Questi libri si concentrano sui punti deboli delle stime occidentali delle forze sovietiche e del Patto di Varsavia e sono quindi a loro modo di parte. Ma costituiscono un utile correttivo alle sovrastime cumulative.
10. Cfr. C. Krause, 'The Balance Between Conventional Forces in Europe', Friedrich Ebert Stiftung, Bonn, 1982.
11. Cfr. S. Canby, "Territorial Defense in Central Europe", 'Armed Forces and Society', 7:1, autunno 1980 e J.J. Mearsheimer, "Why the Soviets Can't Win Quickly in Central Europe", 'International Security', estate 1982.
12. Citato in G. Dyer, 'War', Crown Publishers, New York, 1985, p. 191.
13. Cfr. Carnegie Endowment for International Peace, 'Challenges for U.S. National Security, Part II, Assessing the Balance-Defense Spending and Conventional Forces', Washington DC, 1981, cap. 2; J. J. Mearsheimer, 'op. cit.'; e F. Osler Hampson, "Groping for Conventional Panaceas", 'International Security', 8:3, inverno 1983-84.
14. 'The Military Balance 1985-1986', p. 185.
15. Sul significato di questo termine, cfr. la nota 14 del cap. 2.
16. Cfr. in questo stesso volume il cap. 10.