DELO - LUBIANA
Intervista a Marco Pannella pubblicata il 14 ottobre 1988
SOMMARIO: Intervistato dal quotidiano sloveno "Delo", Marco Pannella ribadisce l'urgenza dell'ingresso della Iugoslavia nella Comunità europea proprio per superare la crisi in atto; altrimenti "sono guai. Guai per voi, per noi, per tutti". Le ragioni della crisi iugoslava sono innanzitutto politiche: un sistema politico nazionale chiuso, uno Stato nazionale di poche decine di milioni di persone costituisce un mercato inagibile. Il modello iugoslavo che per alcuni sembrava di poter essere una sorta di "oasi" e di "limbo" in eterno si sta tramutando in "ghetto", impedendo la piena espansione della società. "Gli eventi di questi giorni e di queste settimane mostrano che tutti gli schieramenti tradizionali, in Jugoslavia come in Italia e ovunque altrove, non rappresentano più gran cosa. Il nuovo incalza e o riusciamo a dargli forma ragionevole e razionale o ci esploderà contro al prezzo di tragedie e di catastrofi. Siamo nella stessa barca, e vorrei che ne fossimo tutti coscienti".
(RADIKALNE NOVOSTI a cura di MARINO BUSDACHIN e SANDRO OTTONI - hanno collaborato: MASSIMO LENSI, FULVIO ROGANTIN, PAOLA SAIN JAN VANEK, ANDREA TAMBURI - TRIESTE, 1 gennaio 1989)
DOMANDE:
- Lei condivide l'interesse, la preoccupazione dell'opinione pubblica italiana sulla crisi in Jugoslavia?
- Quali sono le radici della crisi, secondo lei? Di natura economica o etnica?
- Lei si è sentito sempre vicino al modello dell'autogestione socialista jugoslava. Cosa ne pensa di questo modello oggi?
- Chi è responsabile dela crisi in Iugoslavia?
- Anche in Italia si sa, che si tratta del conflitto fra due visioni politiche diverse del socialismo.
- Giorgio Napolitano ha imputato una bella parte della colpa anche all'ingiustizia del sistema economico internazionale, soprattutto verso paesi indebitati.
- Proprio oggi lei è tornato da Strasburgo; cosa si pensa al Parlamento europeo dell'aumento della tensione in Jugoslavia?
- E' ancora viva l'idea del Partito Radicale di chiedere l'adesione della Jugoslavia alla Cee? I motivi?
- Avete avuto l'idea di tenere il prossimo congresso del Partito Radicale transnazionale a Zagabria o a Lubiana. E' ancora attuale?
Jure Pengov, corrispondente di Delo, Ljubljana.
RISPOSTE:
1) Sono dieci anni che personalmente mi auguravo altro e temevo proprio quel che accade oggi. Dal 1980, come membro del parlamento Europeo e della delegazione per i rapporti con il Parlamento jugoslavo, a Belgrado o a Bruxelles, nei nostri incontro con le massime autorità della Repubblica jugoslava, e con i nostri colleghi, ma anche in pubblici comizi o interventi parlamentari, esprimevo la preoccupazione che i limiti di uno "Stato nazionale" non consentissero alla Jugoslavia quel che altri dodici paesi europei, fra i quali la Francia, Germania, Inghilterra, Italia avevano ritenuto possibile semplicemente rinunciando alle loro sovranità a favore della Comunità Europea, destinata a trasformarsi in Stati Uniti d'Europa.
Il Partito Radicale lotta da tempo perché la Comunità Europea inviti la Jugoslavia a far parte a pieno titolo, con pari diritti e pari doveri, della Comunità stessa. Anche nel Parlamento Europeo, dove all'inizio eravamo isolati e oggi abbiamo un forte ascolto. Se non sono sorpreso di una cosa, ve lo confesso, è che che la crisi arrivi solo ora: io la temevo da tempo. Questo ritardo è determinato, a mio avviso, da due fattori: la grande, straordinaria serietà della classe dirigente jugoslava, da una parte (che difendo con convinzione a costo di dispiacere a tanti, a troppi, dentro e fuori i vostri confini) e la straordinaria serietà, il senso di responsabilità, la pazienza di tutti voi... Ma, alla fine, quel che doveva arrivare, sta arrivando. E sono guai. Guai per voi, per noi, per tutti.
2) Le radici della crisi sono tante, di carattere internazionale e interno. Ma a voler semplificare a rischio di sembrare sommari non c'è che da constatare che la crisi è innanzitutto "politica".
Un "sistema politico nazionale", chiuso, uno Stato nazionale di poche decine di milioni di persone, con territorio limitato, costituisce un ``mercato'' inagibile; oggi la sicurezza, la difesa di un territorio non può esser affidata ad eserciti e tecnologie ``nazionali'', né lo sviluppo tecnologico, la ricerca scientifica, la difesa da interessi privati (e no) multinazionali, possono esserlo. E non è possibile democrazia economica e sociale senza democrazia politica, senza piena libertà di manifestare opinioni e di organizzarle.
I problemi della società contemporanea sono tali da esigere che l'internazionalismo socialista dell'inizio del secolo torni a guidare anche il pensiero e l'azione dei socialisti e dei democratici di qualsiasi tipo. Voi, con lo Stato federale avete - storicamente e ideologicamente - avuto una intuizione fondamentale, avete anticipato quel che altri hanno compreso a mala pena decenni dopo di voi. Ma questo modello va oggi ampliato, trasferito all'Europa, per ora a quella che in quanto tale si sta organizzando in un'unica realtà economica, politica, internazionale.
D'altra parte, ovunque in Europa, in Italia non meno che da voi, la Riforma politica e istituzionale è divenuta una necessità.
Penso che ai nostri due paesi occorra uscire dalla situazione attuale, superare noi il caos partitocratico multipartitico, voi il sistema del partito (o dell'``Alleanza''!) unico, per passare al ``modello'' anglosassone: quello tendenzialmente bipartitico articolato in centinaia di circoscrizioni, con ispirazione ``americana'' (o jugoslava?) per quanto riguarda la natura "federale" (e non solamente confederale) dello Stato. Credetemi, ci vuole altrettanta forza e lotta, da voi e da noi, per arrivare a questo obiettivo, che personalmente mi pare il migliore.
3) Quel che ne pensavo ieri. Che le motivazioni e l'ispirazione sono ottime, che affondavano le loro radici sia nell'antistalinismo antiburocratico dei liberali sia nella iniziale concezione leniniana (la rivoluzione = elettrificazione + i soviet). Ma, anche, che autogestione e economia di mercato ad essa necessaria non sono alla lunga vitali senza democrazia politica e Stato di Diritto.
4) I conservatori "dogmatici" dell'``indipendenza nazionale'' e del ``non-allineamento'' all'interno, il cinismo con cui l'occidente e l'Europa li hanno strumentalizzati, sapendo benissimo che se la via dell'indipendenza dello Stato nazionale non era più possibile né augurabile per la Germania, la Francia, l'Italia, il Belgio, la Spagna o la Grecia, hanno mostrato ipocritamente di credere che questo fosse possibile per voi, proprio per arrivare alla crisi. Le grandi ragioni storiche che avevano imposto questa scelta sono ormai venuta a mancare, anche se per almeno un ventennio hanno continuato ad avere la loro forza oggettiva. E, tanto per parlare fuori dei denti, ma con onestà intellettuale, né Mikulic né Drulovic, per esempio, sono dei dogmatici. Per alcuni il ``modello'' jugoslavo sembrava poter esser una sorta di ``oasi'' o di limbo in eterno: ma già da tempo si stava tramutando in ``ghetto'', impedendo la piena espansione della cultura, degli ideali, dello sviluppo moderno della vostra società.
5) Non mi sembra che si tratti solamente di ``due socialismi'': di fronte ai problemi storici dell'umanità, del pianeta, a quelli della rivoluzione tecnologica e del disordine economico e sociale mondiale, gli spartiacque non sono più quelli ideologici tradizionali: per esempio l'ambientalismo, l'ecologia mi sembrano costituire una forza storica e ideale, culturale e politica almeno alla pari di quelle classiche.
6) Certo. Ha ragione. Ma, guarda caso, la maggior parte di paesi distrutti dall'ingiustizia selvaggia del sistema che produce indebitamento dei poveri e arricchimento dei ricchi sono Stati nazionali, in primo luogo, e a partito unico, in secondo luogo. In Africa, non meno che in Europa o in Oriente.
6) Il Presidente del Parlamento Europeo era oggi di ritorno dalla sua visita in Jugoslavia, testimonianza dell'interesse che si porta alla nostra amicizia. Ma avevamo la visita del Papa e non abbiamo potuto affrontare un dibattito sulla sua visita a Belgrado. Nei prossimo giorni chiederò una riunione straordinaria delle delegazioni del PE e del Parlamento jugoslavo. Anche se la tendenza è quella opposta: di rimandare i nostri incontri, il nostro lavoro comune, mai come oggi urgente e necessario.
7) Lo è più che mai: almeno per quanto riguarda la responsabilità della Comunità europea della quale facciamo parte e sulla quale tutti ci riconoscono, come partito radicale, di avere una capacità di influenza infinitamente più forte del piccolo numero di deputati che siamo. Ma penso che anche da voi questo tema, questo obiettivo non possano non essere almeno apertamente e seriamente discussi, e non ignorati. I motivi? Gli stessi per i quali siamo federalisti europei in Italia, in Germania, in Belgio, in Spagna e ovunque.
Un grande Stato federale, che sarebbe secondo solamente alla Cina come numero d'abitanti, ma che sarebbe anche la prima potenza economica, commerciale, produttiva del mondo, oltre che da una quindicina di (ex) Stati nazionali, potrebbe assicurare sicurezza, autonomia, libertà, giustizia, lavoro e qualità della vita ai circa quattrocento milioni di suoi cittadini.
Questi Stati Uniti d'Europa potrebbero facilitare una evoluzione convergente degli Stati dell'Est europeo, della stessa URSS. E costituirebbe una forza storica e ideale tale da consentire che i Trattati di Lomé, fra la Comunità Europea e 66 Stati d'Africa, Caraibi e Pacifico, diventino strumento di "interdipendenza istituzionale" fra una parte importante del Nord e una parte altrettanto importante del Sud del mondo.
8) Certo. Noi abbiamo voluto mostrare all'Europa ed a tutti, anche altrove, che la Jugoslavia - già oggi - deve essere considerata come un grande paese civile, tollerante, aperto agli ideali ed alle forze che la considerano con profonda amicizia ma anche con la stessa lealtà e con lo stesso rigore che riservano agli altri loro paesi. Abbiamo voluto mostrare, con la decisione di tenere il nostro Congresso annuale di Partito transnazionale il 4 gennaio a Zagabria, il nostro attaccamento fraterno, la nostra profonda volontà di partecipazione alle nostre lotte per la giustizia, la libertà, la pace, lo sviluppo, il non-allineamento, la non subalternità verso le politiche imperiali del mondo contemporaneo.
Non solo è attuale, ma è più attuale che mai! Personalmente ribadisco: personalmente, non ``il Partito Radicale'', ritengo che gli eventi di questi giorni e di queste settimane mostrano che tutti gli schieramenti tradizionali, in Jugoslavia come in Italia e ovunque altrove, non rappresentano più gran cosa. Il nuovo incalza e o riusciamo a dargli forma ragionevole e razionale o ci esploderà contro al prezzo di tragedie e di catastrofi. Siamo nella stessa barca, e vorrei che ne fossimo tutti coscienti.