GIORNO DOPO GIORNO (rubrica quotidiana - corsivo)
(dal nostro commentatore)
VJESNIK 14 novembre 1988 (quotidiano croato)
SOMMARIO: Commentando la notizia dell'invio da parte di 52 parlamentari europei di una lettera al premier Branko Mikulic con la quale si sottolinea che il congresso radicale a Zagabria rappresenterebbe un importante avvenimento nel dialogo tra la Comunità europea e la Repubblica federale Iugoslava, il giornalista Radovan Stipetic del quotidiano croato Vjesnik afferma che la decisione sull'accettare o respingere il congresso a Zagabria non dovrebbe basarsi su sterili criteri burocratici. "La direzione politica jugoslava, nei giorni più fortunati, ha dimostrato e non in un solo caso, un certo favore nei confronti di aperture non convenzionali che prima o dopo si sono dimostrate scelte felici per tutto il paese".
(RADIKALNE NOVOSTI a cura di MARINO BUSDACHIN e SANDRO OTTONI - hanno collaborato: MASSIMO LENSI, FULVIO ROGANTIN, PAOLA SAIN JAN VANEK, ANDREA TAMBURI - TRIESTE, 1 gennaio 1989)
In questi giorni 52 deputati del Parlamento Europeo si sono rivolti con una lettera al presidente del Consiglio Esecutivo Federale Branko Mikulic in relazione all'intenzione del Pr (che ultimamente si è proclamato ``movimento transnazionale e transpartitico'') di tenere all'inizio del gennaio '88 il proprio congresso a Zagabria. Annunciando la propria adesione al congresso, gli europarlamentari firmatari del documento, sottolineano che esso potrebbe essere un ``importante avvenimento nel dialogo tra la Comunità Europea e la Repubblica Federale jugoslava'' come potrebbe ``contribuire al rafforzamento dei rapporti sempre più intensi tra i membri della CEE e della Jugoslavia''. Tra i firmatari ci sono i deputati di otto dei dodici paesi membri, appartenenti a vari partiti e raggruppamenti politici della delegazione per i rapporti con la Jugoslavia nonché il presidente e i due vice-presidenti della delegazione per i rapporti con i paesi europei dell'Est.
Precedentemente il portavoce ufficiale della segreteria federale agli esteri, in una conferenza stampa, aveva respinto l'iniziativa del Pr, sostenendo che questo è un partito straniero e che il suo congresso a Zagabria non sarebbe in armonia con l'assetto formale (per il quale, a seconda della volontà politica, possono, ma non è detto che si debbano, trovare delle ipotesi istituzionali) sulla prevenzione verso questa insolita iniziativa ha certamente influito la sua particolarità: questa sarebbe la prima volta che un partito del cosiddetto mondo ``capitalistico'' tiene il suo congresso in un paese socialista; questo avvenimento senza precedenti potrebbe provocare diversi inconvenienti e quindi la cosa migliore e più sbrigativa sarebbe di respingere questa idea. Ho sentito dire il rappresentante della nostra organizzazione turistica, alla quale i radicali hanno affidato i preparativi per un eventuale congresso, una cosa della quale alcuni hanno paura: dato che i radicali durante i propri raduni (conferenze, c
onvegni, assemblee...) permettono ad ognuno di intervenire liberamente, cosa potrebbe succedere se al loro convegno a Zagabria si presentasse un Ustascia(*)? (* - nazionalista croato, collaboratore con i nazifascisti) Sarebbe difficile che ciò potesse avvenire poiché i radicali sono veramente gli ultimi che si potrebbero accusare di indulgenza nei confronti di idee o tendenze fasciste.
Tutta la loro attività, fino ad ora, si è svolta sotto il segno della lotta per le scelte umanitarie, progressive e di conseguenza nell'ambito della sinistra.
Al posto delle supposizioni ``cosa succederebbe se ci fosse...'' e della scelta di essere formalmente rigidi, sarebbe molto meglio risolvere il dilemma rispondendo alle domande classiche di carattere giudiziario: ``cui bono? Cui prodest?''
Cioè a chi converrebbe il congresso a Zagabria e se ciò sarebbe nocivo per la Jugoslavia?
Quale utilità potrebbero ottenere i radicali è chiaro. Dato che con il loro nuovo orientamento ``transnazionale'' vogliono superare i confini nazionali politici e statali, il congresso di Zagabria potrebbe aiutarli a confermare la loro repulsione per i confini nazionali, che considerano storicamente superati, e di significare che il movimento non è solamente al di sopra dei limiti politici e statali ma anche al di sopra dei limiti ideologici e della logica di sistema.
E la Jugoslavia?
Con i radicali essa troverebbe sicuramente interlocutori molto altisonanti (letter.) e tenaci, per tutto ciò che riguarda i suoi rapporti con la CE. Non sottovaluterei queste possibilità.
A nessuno, a cui sia nota l'attività di questo piccolo ma incredibilmente fantasioso (ex) partito, verrebbe in mente di sottovalutare questa possibilità.
Inoltre la direzione politica jugoslava, nei giorni più fortunati, ha dimostrato e non in un solo caso, un certo favore nei confronti di aperture non convenzionali che prima o dopo si sono dimostrate scelte felici per tutto il paese. Ora, quando anche l'Est europeo sta fremendo di aperture politiche di ogni tipo, la decisione sull'accettare o respingere il congresso radicale a Zagabria non dovrebbe trovare limitazioni in sterili criteri burocratici.
RADOVAN STIPETIC