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Calderisi Giuseppe - 10 dicembre 1988
Ricostruzione dell'Irpinia: subito una commissione d'inchiesta
Giuseppe Calderisi

SOMMARIO: Lo scandalo della gestione dei fondi pubblici stanziati per la ricostruzione delle zone colpite dal terremoto dell'Irpinia. La proposta dal Gruppo federalista europeo per la costituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta.

(Notizie Radicali n· 271 del 10 dicembre 1988)

La gestione dell'enorme mole di fondi pubblici stanziati per la ricostruzione e lo sviluppo delle zone colpite dal terremoto dell'Irpinia, rappresenta una delle vicende più inquietanti della storia della nostra Repubblica per il perverso intreccio di interessi economici, politici e criminali che si è venuto a determinare.

La protrazione assolutamente ingiustificata per ben otto anni di un modulo di intervento straordinario attraverso procedure eccezionali, amplissimi poteri discrezionali, assenza di controlli efficaci, ha determinato un processo di "ricostruzione e sviluppo" del tutto disorganico, ha alimentato sistemi di potere feudali, ha spalancato la strada a interessi speculativi e, ancora di più, ha consentito alla criminalità organizzata di incardinarsi nel sistema degli interventi e di svilupparsi a dismisura.

I fondi che dovevano ammontare a 35 mila miliardi secondo le previsioni effettuate nel 1984 sono così saliti a ben 63 mila miliardi, ma rischiano di lievitare ancora di più secondo la logica perversa della "economia del contributo" per cui non è l'esistenza di programmi organici a determinare la revisione degli stanziamenti, ma sono gli stanziamenti assicurati dalle leggi a sollecitare la formazione dei progetti, la cui validità sul piano economico e ambientale non è sottoposta ad alcun vaglio.

E' accaduto così che il 90% dei comuni dell'Irpinia è ancora invaso dalle baracche e dai prefabbricati (i cui costi sono raddoppiati: i comuni terremotati sono passati da 389 a 687; investimenti di migliaia di miliardi per la creazione di imprese produttive (attraverso contributi addirittura del 75% in conto capitale!) dovevano creare almeno 5600 posti di lavoro ma hanno prodotto meno di 400 occupati; 20 aree industriali da urbanizzare completamente hanno sconvolto oltre 600 ettari, ma decine di aziende non hanno neppure avviato i lavori di insediamento; la Banca Popolare dell'Irpinia ha quintuplicato i suoi depositi amministrando la gran parte dei fondi per la ricostruzione (una banca che assume l'ispettore inviato dalla Banca d'Italia!); la provincia di Avellino in quattro anni ha raddoppiato il reddito pro-capite ed è passata al sesto posto nella graduatoria del risparmio delle provincie italiane. La stessa Corte dei Conti denuncia irregolarità di ogni tipo: impegni di spesa oltre gli stanziamenti assegna

ti, mancate rendicontazioni, concessione di contributi in mancanza dei presupposti richiesti. Nonostante l'intreccio di interessi coinvolga la stessa magistratura (sono molti, per esempio, i giudici collaudatori), emergono vicende giudiziarie che hanno per protagonisti industriali come Graziano (quello delle "lenzuola d'oro" alle FF.SS) e Pezzullo, o la stessa regione Campania per le provvidenze per il commercio e l'artigianato.

Troppi e fondati motivi esigono insomma un'esame approfondito sulla gestione dei fondi del terremoto attraverso la costituzione di una Commissione parlamentare d'inchiesta.

A questo fine l'iniziativa radicale è stata rilevantissima e forse potrà essere coronata dal successo. La preziosa inchiesta giornalistica de "il Giornale" era rimasta nel silenzio. Grazie alle interrogazioni parlamentari, riprese da "L'Unità", e grazie all'immediato rilancio da parte del Gruppo federalista europeo della proposta di Commissione d'inchiesta (già presentata dai liberali lo scorso anno ma rimasta senza risposta), la questione è esplosa sui maggiori quotidiani ed è via via cresciuto il numero dei gruppi favorevoli alla proposta: dai Verdi e Dp ai Missini, alla Sinistra Indipendente, ai Comunisti (con una scelta coraggiosa e importante, dato che l'epicentro del terremoto è stato per anni un laboratorio di sperimentazione da "solidarietà nazionale") e ai Repubblicani. Pur nel silenzio socialista (una delle caratteristiche di fondo della "diarchia" Dc-Psi è quello di coprirsi reciprocamente gli scandali), De Mita si è trovato in forte difficoltà e non ha potuto sottrarsi ad una pronuncia, tentando

di rifugiarsi nella semplice indagine conoscitiva (uno strumento del tutto inadeguato per lo scopo). Ma non è escluso che debba accettare proprio la Commissione di inchiesta. Un obiettivo che rimane irrinunciabile non solo per fare luce sulla gestione di una così enorme mole di denaro, ma anche per correggere con urgenza i moduli di gestione degli interventi pubblici.

 
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