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Rutelli Francesco - 10 dicembre 1988
Il referendum per l'Europa
Intervento di Francesco Rutelli alla Camera dei deputati (seduta del 2 dicembre 1988)

SOMMARIO: Le iniziative del Gruppo federalista per la costruzione degli Stati uniti d'Europa. Le proposte di legge presentate.

(Notizie Radicali n· 271 del 10 dicembre 1988)

Il Parlamento italiano e le forze politiche riflettono sulla materia europea una sostanziale convergenza politica che costituisce un patrimonio di grande valore; anzi, potremmo dire che oggi, una volta superate talune differenze (soprattutto all'interno di quella sinistra che in anni non lontani era collocata nell'area di governo), questo patrimonio politico sia un fatto raro ma assolutamente compiuto e senza riserve.

Mi pare che tale premessa, peraltro necessaria, ci debba portare subito al nodo centrale del problema. Stiamo infatti andando - in virtù degli strumenti che sono stati adottati (ad esempio l'Atto unico), ma anche di quelli che non lo sono stati (si veda la mancata adozione del trattato elaborato soprattutto su impulso di Altiero Spinelli) - verso un certo tipo di Europa, con incapacità di controllo degli interessi economici e finanziari non solo da parte di un Parlamento senza poteri, ma persino da parte delle attuali strutture esecutive comunitarie, che risultano parzialmente esautorate da una serie di automatismi che si stanno producendo e addirittura aggravando, nell'inadeguatezza del processo di consapevolezza politica e democratica della struttura istituzionale europea.

Il Gruppo federalista europeo (denominazione che forse all'inizio ha suscitato qualche incomprensione in Parlamento) non intende sottrarsi alle proprie responsabilità, ma anzi darà il suo contributo creativo e costruttivo per modificare questa tendenza.

Alla relazione che accompagnava la nostra proposta di legge ordinaria (presentata il 6 ottobre 1987) era scritto: "L'euroreferendum che consulti la popolazione dei paesi membri si pone come premessa ineliminabile e tappa indispensabile del processo di integrazione che deve condurre alla creazione degli Stati Uniti d'Europa; né è ipotizzabile che altri, e non il Parlamento europeo eletto a suffragio universale e dunque rappresentante al massimo livello dei popoli europei, possa efficacemente, con volontà costruttiva, varare un progetto dimentico degli interessi nazionali, teso a conseguire quella sintesi a livello europeo in grado di rendere i singoli paesi membri capaci di affrontare i grandi problemi del nostro tempo". Questi sono i nodi politici che oggi ci troviamo di fronte.

Salutiamo con favore la larghissima convergenza che si è determinata tra le forze parlamentari: in particolare il ruolo svolto dal Movimento federalista europeo, promotore della proposta di legge d'iniziativa popolare che, assieme a quella parlamentare, è all'origine di un iter legislativo che ha trovato poi il suo sbocco nella presentazione della proposta di legge costituzionale.

A nome dell'intergruppo federalista, costituitosi alla Camera e al Senato, saluto con favore il fatto che la maggioranza assoluta dei membri del Parlamento abbia sottoscritto un pubblico impegno per l'approvazione di una proposta di legge, tendenzialmente ordinaria, per indire un referendum entro il mese di novembre, così come indicava il documento che abbiamo sottoscritto. E noi dobbiamo fare in modo che questi tempi non si allunghino.

Dobbiamo spiegarlo con chiarezza, dobbiamo dire che le prossime elezioni potranno avere un segno nuovo per impulso italiano e che è possibile riprendere l'itinerario che, purtroppo, si è interrotto con l'Atto unico. Dobbiamo spiegare ai cittadini italiani cosa deve significare, alla vigilia del 1992, la costruzione dell'Europa unita. Tutto ciò può e dev'essere fatto attraverso il referendum.

L'itinerario politico cui mi riferisco, inteso a riempire l'Europa di valori e punti di riferimento concreti, soprattutto al fine di un adeguamento politico-istituzionale che oggi appare lontano, prevede altre iniziative.

Ieri è stata approvata dalla Camera la proposta di legge sull'elettorato passivo al Parlamento europeo. Anche in questo caso vorrei che il Governo lasciasse libero corso a una volontà così limpidamente e compiutamente espressa all'unanimità dalla Camera nella seduta di ieri, per consentire che anche il Senato possa accogliere quel provvedimento.

Se la legge sull'elettorato passivo al Parlamento europeo divenisse operante già dal mese di dicembre e se altrettanto avvenisse per il provvedimento in esame nei primissimi mesi dell'anno, e comunque in tempo utile per un abbinamento con le elezioni europee, il contributo di parte italiana sarebbe estremamente rilevante.

Altro pilastro di questo adeguamento istituzionale e politico può essere rappresentato da una riforma degli strumenti regolamentari della Camera (il Senato ha in parte recepito alcune nostre proposte).

Se per una volta si trovasse l'intesa tra le forze parlamentari, qui alla Camera, per andare a una revisione del nostro regolamento con un'architettura che anticipi i nostri doveri rispetto alle scadenze del 1992; se noi riuscissimo, in sostanza, ad anticipare i tempi, anziché ridurci a rincorrerli, rendendoci conto, come ci stiamo oggi rendendo conto, di quanto scavalchi le istituzioni nazionali l'attuale processo, per lo più incontrollato, di modifica delle istituzioni europee, faremmo qualcosa di utile.

In questa sede vorrei svolgere, però, un'ulteriore osservazione che riguarda la deliberazione assunta dalla Commissione affari esteri nel mese di febbraio di quest'anno. Essa rivolgeva l'appello a convocare nel luglio 1989, all'indomani delle elezioni europee, gli "Stati generali d'Europa" (questa è la denominazione usata nella risoluzione), cioè i parlamentari di tutti i parlamenti nazionali, oltre a quelli del Parlamento europeo, per l'elezione del Presidente dell'esecutivo europeo, dando vita a un momento di grande valore politico e simbolico sul quale incardinare un'iniziativa istituzionale.

Questa - che è una richiesta non soltanto del Parlamento italiano, ma assunta a maggioranza assoluta dal Parlamento europeo in una sua deliberazione - rappresenterebbe una strada di estremo interesse e fornirebbe un altro contributo creativo: non nel senso utopico della parola, ma nel senso che noi dobbiamo cercare di formare, di plasmare, di creare istituzioni all'altezza della situazione e non di subire un'evoluzione burocratica della realtà comunitaria.

Il fatto che l'Italia potrebbe rischiare di trovarsi da sola ad avanzare tale richiesta - come in qualche sede sentiamo sussurrare più che dichiarare - non ci sembra debba costituire una remora, perché vediamo che oggi altri partner della Comunità agiscono da soli, anche se nella direzione opposta.

Questo è, d'altronde, il ruolo che il Parlamento e i cittadini chiedono che il Governo svolga.

Mi si consenta allora di rilevare che l'uso che il Governo ha fatto di quella risoluzione è stato inadeguato e che un vero e proprio oltraggio è stato compiuto dallo stesso Presidente del Parlamento europeo quando, nel precedente vertice dei Dodici, che si è tenuto ad Hannover, ha praticamente ignorato la delibera assunta a maggioranza assoluta dal Parlamento europeo, che chiedeva le stesse cose.

E vorrei tornare sulla questione delle nomine dei Commissari Cee, ovvero su un'occasione che la nostra parte politica considera perduta; e non solo la nostra parte politica, considerate le dichiarazioni davvero unanimi che in quella circostanza ha reso la Commissione affari esteri. In quel dibattito si è registrata l'unanimità dei consensi dei deputati intervenuti; non si è trattato quindi delle sole forze dell'opposizione, che pure hanno parlato ad una sola voce, ma anche di forze all'interno della maggioranza, cioè liberali, repubblicani e socialdemocratici.

Vorrei soprattutto sottolineare che, in occasione della nomina dei commissari Cee, non soltanto le designazioni sono state fatte all'interno della maggioranza, ma nell'ambito dei due maggiori partiti al suo interno, i quali ritengono che le designazioni siano una loro proprietà privata, una sorta di diritto intangibile che apparterrebbe loro da quando esiste la prassi della designazione. Questo è inaccettabile. Proprio un paese come il nostro che vede un'intesa effettiva in ambito parlamentare sulla questione europea, ha il dovere di adottare criteri diversi. Quando 700 tra i maggiori e più illustri uomini di cultura e di scienza del nostro paese, e oltre 160 parlamentari si esprimono a favore della candidatura di Marco Pannella, ma soprattutto a favore di un criterio diverso per queste designazioni, il Governo non può manifestare un fin de non recevoir, signor Ministro. E' inaccettabile.

Tornando ora al merito del provvedimento in esame, dichiariamo la nostra piena e convinta adesione a questa proposta di legge, e anticipiamo l'annuncio del nostro voto favorevole su di essa, sottolineando che saremo attenti e vigileremo, insieme al Movimento federalista europeo e a tutte le altre forze che hanno promosso la proposta di legge d'iniziativa popolare nei mesi scorsi, in modo da raggiungere un risultato positivo in termini di contenuto e di far sì che ad esso si accompagni un accordo effettivo ed efficace sulla procedura che seguiremo nella doppia lettura necessaria per l'approvazione della legge.

 
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