Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
lun 06 mag. 2024
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Archivio Partito radicale
Trinca Elvira Maria Rita - 13 dicembre 1988
IL RIMEDIO OMEOPATICO: INCOMPATIBILITA' CON IL FARMACO.
L.U.I.M.O. - Dr.ssa Elvira Maria Rita Trinca.

SOMMARIO: Esiste una totale incompatibilità tra il rimedio omeopatico e il farmaco perché la prescrizione del rimedio omeopatico non viene esclusivamente in base alla malattia di organo, bensì in base alla precisa individuazione della malattia di organismo che nella patologia di organo si sta esprimendo.

(Atti del Convegno trasnazionale sul tema "Rimedio omeopatico: il non farmaco. Una proposta di riconoscimento" - Roma, 12 e 13 dicembre 1988).

Nella mia pratica clinica ho potuto più volte osservare ciò che accade quando, in uno stesso paziente, per vari motivi, il Rimedio Omeopatico convive con il farmaco allopatico. Dalle osservazioni che ne sono scaturite sono giunta alla conclusione che esiste una totale incompatibilità tra il Rimedio Omeopatico e il farmaco. L'unica parziale compatibilità si verifica nella decisione del singolo medico, conoscitore di entrambe le discipline, il quale nella solitudine creativa della sua scelta terapeutica, di fronte al singolo paziente, stabilisce l'itinerario più adeguato in rapporto alle condizioni uniche e irripetibili del particolare caso clinico.

Se accade ciò non è discutibile in questa sede, poichè l'atto che il medico compie sotto la sua personale responsabilità, non può essere oggetto nè di approvazione nè di disapprovazione generica, dovendo esso rispondere solo ai tre requisiti: diligenza, perizia e prudenza stabiliti dal legislatore. Detto ciò la mia esposizione verterà non su quello che il singolo medico compie di fronte al suo paziente, ma sulla compatibilità dei due metodi.

Ad illustrazione delle incompatibilità sopra affermate porterò alcuni dati rilevati dalla mia casistica clinica.

Ho preso in considerazione 105 pazienti suddivisi in 3 gruppi omogenei.

Il primo gruppo è costituito da 35 casi di patologie cutanee, in parte di natura allergica, in parte di natura infettiva, (batterica, virale o fungina), il secondo gruppo da 35 casi di patologia respiratoria sempre in parte di natura allergica e in parte di natura infettiva, (batterica o virale). Il terzo gruppo è costituito da altrettanti casi di patologia psichiatrica classificabile nel gruppo delle nevrosi.

Perchè questa scelta? Perchè essa copre un ventaglio di possibilità significative dal punto di vista omeopatico.

Nel primo caso la manifestazione patologica si localizza sulla cute, cioè su un importantissimo organo emuntoriale; nel secondo caso si localizza su una mucosa, cioè ancora su un organo emuntoriale, che però si trova in relazione indiretta (mucosa rinofaringea e laringea) o diretta (mucosa bronchiale), con organo vitale: il polmone senza che questo venga ancora coinvolto direttamente nella patologia.

Nel terzo caso la patologia coinvolge un organo vitale, il più nobile: il cervello nei suoi complessi meccanismi direttivi e ordinatori della vita.

Ogni paziente inserito in questo gruppo risponde ai seguenti requisiti che ho ritenuto dover stabilire, per una esposizione breve ma circostanziata.

1) Essere di età variabile da 1 a 45 anni poichè oltre i 45

anni la patologia diventa presumibilmente più intricata e

quindi mal si presta ad essere discussa in pochi minuti.

2) Essere stato da me trattato secondo i dettami della Omeopatia

classica e cioè con un solo Rimedio per volta corrispondenti

alla totalità psicofisica del soggetto onde poter valutare

precisamente l'effetto di ogni Rimedio e la sua durata

d'azione.

3) Essere un caso da me valutato concluso e di cui ho potuto

avere un riscontro clinico certo positivo o negativo dopo

l'esecuzione della cura.

4) Essere un caso di patologia cronica o di patologia caratte-

rizzate da episodi acuti recidivanti talmente ravvicinati nel

tempo da essere classificabile come patologia cronica.

5) Essere un caso di patologia di natura benigna ai fini della

prognosi quoad vitam poichè i casi di patologia cronica

grave comportano una serie di variabili in rapporto all'as-

sunzione di farmaci allopatici che richiederebbero una espo-

sizione molto più lunga e complessa.

6) Essere stato diligente nell'esecuzione della cura per corret-

tezza e continuità.

7) Essere un caso insensibile alle comuni terapie farmacologiche

allopatiche.

Vediamo in questo grafico come varia, nei gruppi di pazienti esaminati, la distribuzione della patologia in funzione all'età.

La patologia cutanea considerata ha un picco attorno ai 20 anni, decresce da 21 a 30 e poi si stabilizza.

La patologia respiratoria considerata ha un picco molto evidente tra 1 e 20 per poi decrescere. Il numero delle nevrosi aumenta con il crescere dell'età.

Vediamo adesso il grafico relativo all'esito della cura.

Ho considerato come guariti i pazienti che hanno ottenuto una totale remissione della sintomatologia e nei quali la remissione è rimasta tale per almeno 6 mesi, un anno. Come molto migliorati i pazienti che hanno ottenuto un evidente miglioramento per durata estensione, frequenza e intensità dei sintomi e per i quali la presenza di un residuo sintomatologico non è più tale da limitare la vita lavorativa e di relazione del soggetto.

Infine ho considerato come non guariti quei pazienti che entro 24 mesi non hanno ottenuto alcun beneficio dalla cura.

Nel grafico vediamo che:

- il 52% dei pazienti è guarito;

- il 38% è molto migliorato;

- il 10% non ha ottenuto alcun miglioramento.

Considerando solo i migliorati e i guariti:

- il 40% è migliorato o guarito da 1 a 6 mesi;

- il 33% da 7 a 12 mesi;

- il 28% da 1 a 2 anni.

Ricordo che stiamo parlando di patologie croniche e insensibili alle comuni terapie farmacologiche molto spesso praticate per anni. Consideriamo adesso il gruppo dei non migliorati; possiamo notare che il 50% dei casi i pazienti avevano fatto cure sistematiche con farmaci allopatici per 1 o più anni o avevano assunto farmaci sistematicamente durante la cura Omeopatica.

Nel gruppo dei migliorati solo il 25% dei soggetti aveva assunto farmaci sistematicamente durante la cura o sistematicamente per molti anni prima della cura.

Nel gruppo di guariti solo il 4% aveva assunto farmaci sistematicamente durante la cura o negli anni precedenti.

C'è da dire inoltre che mentre i pazienti del gruppo guariti e molto migliorati sono riusciti dopo un periodo più o meno lungo di svezzamento a sospendere definitivamente le cure farmacologiche, i pazienti del gruppo non migliorati non sono riusciti mai neanche a ridurre la posologia dei farmaci allopatici.

Concludendo si può dire che nei non guariti è notevole l'incidenza dell'assunzione sistematica di farmaci, mentre questa incidenza si riduce nei casi di miglioramento e diventa irrilevante nei casi di guarigione.

Alla luce di ciò, ma ancor più alla luce di ciò che osservo tutti i giorni nel mio lavoro e che non sempre è possibile tradurre in cifre, mi sento di ipotizzare che un paziente con patologia benigna ma cronica, sottoposto a cura Omeopatica è tanto più guaribile quanto più non ha assunto farmaci allopatici, mentre diventa più inguaribile quanto più ne ha assunti anzi in questo caso può essere curabile ma non guaribile.

A tal proposito devo citare un altro dato evidenziatosi in questo studio e cioè che l'80% dei guariti non ha mai assunto farmaci allopatici durante la cura, neanche occasionalmente per le fasi acute intercorrenti, assumendo per tali evidenzie, solo il Rimedio Omeopatico indicato.

Invece nei pazienti che hanno assunto occasionalmente farmaci allopatici durante la cura omeopatica per fatti acuti intercorrenti ho visto verificarsi nel 64% dei casi una delle seguenti evenienze:

a) recrudescenza della patologia cronica di base prima miglio-

rata;

b) comparsa delle cosiddette metastasi morbose, cioè scomparsa

della patologia in un organo e comparse in un altro;

c) peggioramento dello stato generale prima migliorato.

Il fenomeno è da attribuire ad una interruzione della naturale evoluzione verso la guarigione che il Rimedio Omeopatico ha innescato, secondo la legge di Hering e cioè dall'alto al basso, dagli organi più vitali agli organi meno vitali, dalla patologia più recente alla meno recente.

Questi sono fenomeni che qualsiasi medico omeopatico si trova ad osservare, non perchè accadono in cura omeopatica, ma perchè grazie all'impostazione della sua formazione professionale egli va a ricercare proprio se la scomparsa del disturbo locale corrisponde o meno ad un miglioramento reale del paziente.

Vediamo ora nel tentativo di spiegare l'incompatibilità fino ad ora affermata le caratteristiche proprie del Rimedio Omeopatico in rapporto al farmaco allopatico.

Prenderemo in considerazione i seguenti punti:

Il Rimedio Omeopatico origina dalla natura dal mondo minerale, vegetale o animale.

Il farmaco allopatico può essere estratto dalla natura, oppure può essere estratto dalla natura e poi modificato, oppure essere costituito da molecole sintetizzate ex novo in laboratorio.

Il Rimedio Omeopatico agisce sempre in dose imponderabile, il farmaco allopatico agisce in dose clinicamente quantificabile.

Il Rimedio Omeopatico nell'interazione con l'organismo umano non segue sicuramente il modello farmaco-recettore, il farmaco allopatico segue il modello farmaco-recettore.

Il Rimedio Omeopatico viene sperimentato sull'uomo sano, il farmaco viene sperimentato sull'animale e sull'uomo ammalato. In medicina farmacologica il riscontro clinico si ha sull'organo ammalato; in Omeopatia il riscontro clinico si ha oltre che sulla malattia locale anche sulla totalità psicofisica sintomatologica del paziente.

Ad illustrazione di questa ultima affermazione vediamo che dei pazienti considerati, il 52% presentava patologie concomitanti, cioè altri tipi di affezioni sempre a prognosi quoad vitam fausta in altri organi o apparati, e di questi il 78% ha ottenuto guarigione o miglioramento anche dei disturbi concomitanti.

Ciò accade perchè la prescrizione del Rimedio Omeopatico non viene esclusivamente in base alla malattia di organo, bensì in base alla precisa individuazione della malattia di organismo che nella patologia di organo si sta esprimendo. Tale individuazione si precisa tramite uno studio minuzioso dell'io psichico e dell'io neurovegetativo del soggetto in esame, nella consapevolezza che la malattia di organo deve considerarsi quale risultante dell'interazione di meccanismi patogeneticamente responsabili della malattia e di meccanismi reattivi alla malattia stessa. Laddove per malattia deve intendersi proprio la patologia dell'io psichico, dell'io neurovegetativo ed oserei dire dell'io genetico, che ha trovato un'espressione congruente a se stessa proprio nella patologia di organo. Pertanto, poichè la prescrizione omeopatica si delinea considerando tutti questi fattori, ecco come può accadere che curando il paziente per una malattia si curano anche le altre di cui contemporaneamente soffre.

Torniamo all'analisi delle caratteristiche del Rimedio Omeopatico in rapporto al farmaco ed analizziamo gli effetti tossici sull'organismo.

Il Rimedio Omeopatico non produce mai effetti tossici nè ha capacità allergizzante, l'azione terapeutica si esplica solo in virtù della sua similitudine con la totalità psicofisica del paziente.

Esso, pertanto, può essere somministrato liberamente sia in gravidanza e in allattamento che ai soggetti allergici anche a tutti i comuni farmaci. Il farmaco allopatico per contro produce un'azione terapeutica quasi sempre accompagnata da effetti collaterali, fino ad una intossicazione border-line, cioè controllata sia essa clinicamente manifesta o meno.

Ricordiamo a tal proposito la crescente incidenza delle malattie iatrogene, cioè prodotte dall'assunzione di farmaci. La presenza di effetti tossici costituisce un motivo importantissimo di incompatibilità tra il Rimedio Omeopatico e il farmaco allopatico. Infatti il problema del medico omeopatico è curare la malattia naturale poichè è quella di cui possiamo trovare la similitudine con il rimedio naturale corrispondente, attraverso la conoscenza della serie di sintomi che il Rimedio ha provocato sull'uomo sano; quando invece i sintomi sono il risultato del miscuglio tra la malattia naturale e quella farmacologicamente indotta, il paziente perde la possibilità di essere guarito nei termini di processi naturali.

La potenza iatrogena del farmaco allopatico sull'organismo umano infatti è di gran lunga superiore alla potenza dei batteri, virus e funghi, infatti mentre non è vero che chiunque e in qualunque circostanza ammali di malattie da microrganismi nella virulenza e nella carica presente in natura, poichè è dotato di naturali difese verso questi agenti, è vero invece che chiunque ed in qualunque circostanza ammali di farmaci o di altri tossici se somministrati in dosi adeguate. Riferendoci sempre all'esempio clinico precedentemente esposto, posso dire che il 99,9% dei pazienti trattati non ha lamentato effetti collaterali; solo in qualche caso si è avuto un fenomeno che con gli effetti collaterali non ha nulla a che fare, e cioè un'iniziale peggioramento del diturbo per il quale veniva a curarsi, da attribuirsi in parte alla sospensione improvvisa dei farmaci allopatici fino ad allora assunti per controllare la patologia, e in parte all'azione curativa del Rimedio Omeopatico, e comunque tale peggioramento si è ri

levato sempre fugace e premonitore di un successivo miglioramento.

L'obiettivo teorico dei due interventi terapeutici è identico e cioè la salute così come è stata definita dall'OMS, quale stato di benessere psicofisico, ma già quando questo concetto teorico si concretizza le due medicine iniziano a disgiungersi. In Medicina Omeopatica l'obiettivo della cura è la guarigione della persona umana nella sua totalità psicofisica:

- predisposizioni morbose

- costituzione

- malattia locale.

Tale guarigione deve essere comprovata dalla legge di Hering come ho già evidenziato in precedenza.

Tutti questi motivi osservati nella pratica clinica e qui brevemente esposti, mi fanno ritenere che la incompatibilità tra farmaci allopatici e Rimedio Omeopatico sia totale.

Naturalmente sarebbe estremamente interessante proseguire la ricerca in merito attraverso uno studio a carattere policentrico che mi auguro possa iniziare in un prossimo futuro quale naturale conclusione di questo simposio.

 
Argomenti correlati:
convegno
stampa questo documento invia questa pagina per mail