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De Carlo Domenico - 13 dicembre 1988
IL RIMEDIO OMEOPATICO NELLA PREVENZIONE.
L.U.I.M.O. - Dr. Domenico De Carlo.

SOMMARIO: Esistono nella scienza biomedica moderna due punti di vista in netto contrasto fra loro. Per l'uno l'unica realtà è quella oggettivabile quantitativamente (Res - Extensa), per l'altro le nostre esperienze derivano dall'attivazione di recettori sensoriali (Res - Signata Qualitate).Questo secondo punto di vista è condiviso dall'Omeopatia.

(Atti del Convegno trasnazionale sul tema "Rimedio omeopatico: il non farmaco. Una proposta di riconoscimento" - Roma, 12 e 13 dicembre 1988).

Al concetto di prevenzione è legata la nessità di predisporre delle misure idonee, perchè un evento non si abbia: ovvero nel senso di anticipare il presumibile ordine di successione di un fenomeno.

In questo senso la profilassi si configura, secondo quanto l'etimo dice, PRO-PHYLASSEIN = CUSTODIRE, come prevenzione nello stato di salute, o anche in senso estensivo come prevenzione di una possibile alterazione.

Sempre in questa ottica una menzione a parte merita quella disciplina della medicina moderna a cui precipuamente attribuiamo il compito di studiare e informare sui mezzi atti a conservare la salute fisica e mentale dell'individuo e della collettività, cioè l'igiene. E su questo bene o male tutti concordiamo, anzi oggi si estende ad ambiti sempre più generali tale funzione di controllo e così includiamo in questa branca medica non solo le scienze della alimentazione, ma tendiamo a farla sconfinare nello specifico delle scienze sociali, comportamentali ed ambientali. Passiamo a dire brevemente della concezione di malattia in Omeopatia e quindi di ciò che per essa attiene alla prevenzione.

Nel paragrafo 11 dell'ORGANON Hahnemann, nell'introdurre il concetto di malattia, ci segnala che essa altro non è se non il perturbamento del Principio Vitale la cui modificazione procura all'organismo alterazioni nel sentito esistenziale dell'individuo affetto. A questo concetto si riconnette quello della scuola Ippocratica di Physis (natura), vista come quella forza che dirige la nascita e lo sviluppo degli essere viventi, in termini di energia che anima il vivente e che è in grado di organizzare la materia e che sarà di aiuto anche nella terapeutica proprio perchè è la vis stessa a dover essere commossa dal medico con il Rimedio appropriato, nell'intento di favorirne e stimolarne la funzione plasmatrice e regolatrice.

E' questa entità energetica invisibile (Principio Vitale), come dicevamo, preposta al coordinamento delle varie funzioni e apparati dell'organismo, attraverso alterazioni nelle sensazioni e nelle funzioni, cioè sintomi, ad esprimere il suo malessere.

Prima di tutto non può esistere una scienza del vivente senza la convinzione istintiva e generalizzata che esiste un ordine nella natura, ovvero un ordine delle cose che lascia la sua impronta in tutti gli avvenimenti così come ci è stato trasmesso dalla cosmologia greca.

Il fato greco diventa l'ordine della natura del pensiero scientifico moderno e la caratteristica di esso risiede nella ineluttabilità degli avvenimenti, le leggi scientifiche sono decreti del destino, come dice Whitehead. Una scienza è possibile se la si fondamenta su principi logici, se sottendiamo una totale convergenza tra pensiero e suoi strumenti e la realtà.

La caratteristica degli organismi viventi, alla luce della moderna biologia è che ogni struttura, sia essa macroscopica o intracellulare (nucleo - ribosomi - membrane), ha una sua specifica funzione. Inoltre, anche i suoi singoli costituenti chimici (lipidi - proteine - ecc.), hanno una loro specificità; ciò proprio perchè la materia vivente si caratterizza per la capacità di estrarre e trasformare l'energia dell'ambiente, integrando le funzioni dei singoli costituenti a partire da sostanze inorganiche, e che utilizza per costruire - mantenere - perpetuare le sue complesse strutture.

Comunque il suo attributo più straordinario è quello di trasmettere ai discendenti le caratteristiche della specie. L'inizio e la fine della vita è nella disgregazione o aggregazione funzionale, e questa è la specificità stessa dei sistemi aperti, in realtà ogni sistema è in equilibrio dinamico con l'ambiente stesso e ciò vale a dire che i Quanti di materiale energetico trasferiti e trasformati dall'ambiente sono pari ai Quanti energetici ceduti all'ambiente.

Esistono nella scienza biomedica moderna due punti di vista in netto contrasto fra loro. Per l'uno l'unica realtà è quella oggettivabile quantitativamente (Res - Extensa), per l'altro le nostre esperienze derivano dall'attivazione di recettori sensoriali (Res - Signata Qualitate).

Questo secondo punto di vista è condiviso dall'Omeopatia, convinta come è che la vita non può essere ricondotta entro schemi o semplici movimenti di materiale biologico, giacchè l'unicità della vicenda umana e il ruolo che essa assume nell'universo trascende l'essere e comunque non è comprensibile prescindendo dalle sue stesse finalità ed attese. La volontà rappresenta il modo di muoversi dell'uomo nel suo ambiente, e l'uomo è ciò che ama, la libera volontà cosciente è il dato sperimentale più sicuro che abbiamo, dice Heisenberg.

L'esperienza soggettiva non è di fatto separabile dal suo contesto esistenziale specifico. Ciò implica altri modi di porsi in rapporto con l'esistenza e di esplorarla, non ultima l'identificazione emozionale con essa; proprio perchè non tutto è riconducibile entro leggi esprimibili matematicamente, da energie controllabili sperimentalmente e riproducibili comunque. Ogni uomo ha una vita cosciente perchè ha la capacità di identificarsi e di compenetrarsi nell'esistenza del suo simile, e ciò giustifica l'esistenza stessa.

Da quanto detto, nello stato di salute l'organismo è perfettamente adeguato all'espressione dell'essere umano, così si fa strumento adeguato alla sua manifestazione franca e totale.

Nella malattia fuoriusciamo dal nostro posto, dallo stare cioè in conformità con il tutto, e viviamo il malessere, per cui la malattia esprime comunque il grado di continuità dell'individuo con il suo ambiente.

Da ciò la malattia risulta da una difettosa integrazione dell'organismo con il mondo e precisamente dalla percezione dell'organismo di non esplicare un potere sufficiente su questo ambiente. Di qui il cambio nelle funzioni o nelle strutture dell'organismo può essere spiegato accettando che la malattia altro non è che la disintegrazione di modelli enzimatici ed energetici precedentemente stabiliti.

Per cui l'eliminazione del processo morboso non si limita all'ambito delle reazioni enzimatiche, ma investe anche il terreno neuro vegetativo e psichico, in altri termini il risultato della guarigione è che l'uomo impara a non temere più gli stimoli che gli provengono dal suo ambiente, ma si sintomizza con esso.

E' questo disagio-inadeguatezza a vivere in continuità con il logos, questo e non altro a trovare espressione nella totalità dei sintomi che nel loro insieme danno ad un tempo anche il quadro della malattia.

Nella dottrina hahnemanniana il miasma o diatesi cronica costituzionale sarebbe capace di perturbare il Principio Vitale che modula così in sequenza organica una serie di sintomi recanti in sè le stimmate (ipostasi) del miasma stesso.

Nel paragrafo 202 Hahnemann segnalerà che la malattia è sempre dovuta ad una soppressione, e passa ad introdurre il concetto di diatesi cronica costituzionale ereditaria, alludendo con ciò al suo carattere, in accordo con Trousseau, contagioso ereditario nel senso di predisposizione congenita o acquisita che si può esprimere in diverse localizzazioni aventi una base comune. Da questa angolazione, vista cioè come diatesi cronica costituzionale, la malattia è precisamente la memoria sommersa, ma non estinta di questo rimosso, di questo quadro difficoltoso lungo la scala dell'evoluzione, di cui l'attualità è solo l'ultimo frutto germogliato da quel rizoma sotterraneo e che può essere rimosso solo tenendolo presente.

Vi è comunicazione fra manifestazione di una realtà morbosa e la sua intima essenza, proprio perchè sul piano dinamico dà luogo ad una metrica particolare che in termini esistenzialistici si rappresenta in una forma particolare.

Il concetto di malattia intesa come diatesi cronica costituzionale ereditaria, o miasma, come dir si voglia, con il suo uso relativo, riconosce un momento mediazionale che dai sintomi espressi (presenza), conduce all'essenza propria della loro fonte originante.

Tramite il dinamismo espresso dall'attualità patologica risaliamo alla sua stessa fonte si badi però che da Hahnemann in poi, come in filosofia dopo Nietzche e dopo Yung in psicoanalisi, quando parliamo della malattia, come medici non possiamo non interrogarci sulla natura e sulla nascita di essa, che riconosce una genealogia in gran parte a noi ignota perchè dispersa in quel pretesto che è la storia dei nostri ascendenti dove è iscritta in potenza la nostra vicenda e che noi come singoli esseri umani non possiamo raccontare perchè il nostro racconto è venuto dopo.

Per questo il nostro star male trascende la nostra personale sfera di esistenza per lasciare trasparire nel nostro soffrire quello dei nostri padri e con ciò è introdotto l'enigma.

Il nostro approccio assume il carattere dell'anamnesi per trasferirsi al limite, cioè all'origine della sofferenza o di ciò che di essa traspare in noi. E' in questo abisso che indaghiamo per conoscere il senso del nostro essere zoppicanti e limitati in qualche cosa e cosa un tempo eravamo o avremmo potuto essere, di cui serbiamo indelebile traccia nella memoria. Si tratta di una traccia remota, persa nella spirale del nostro codice genetico alla sua origine, o meglio, al suo formarsi lungo i crocevia dell'ontogenesi.

Non è un pensiero quello che la memoria trattiene gelosa, bensì frammenti di esistenza che noi non sappiamo e non possiamo riconoscere che in successioni e comunque a piccoli intervalli e sempre che si lascino comprendere emergendo dalla nostra incoscienza.

Questo emergere, questo esistere, è l'inizio dello star fuori dalla composizione-integrazione con il tutto e segna quel muro che ci divarica e che ci fa soffrire.

In accordo con la moderna biologia lo stato di malattia, per l'Omeopatia, non permette la piena esplicazione delle funzioni dell'essere umano.

Diversità di identificazione di ciò che è da rimuovere e quindi diversità di terapia, non più eliminazione del sintomo, ma dispiegamento di nuove possibilità con la rimozione del dinamismo anomalo inducente il patologico. Rimossa questa anomalia di scrittura (in senso generico) è possibile scegliere il proprio destino in conformità alle proprie potenzialità.

In definitiva, alla luce di quanto detto, il termine prevenire subisce uno scivolamento di significato, includendo non solo il senso del custodire, come l'etimo dice, ma anche facendo coincidere con esso quello della cura della persona, disponendola allo svolgimento dell'esistenza, proprio perchè curare significa per l'Omeopatia bonifica del terreno, nel caso dell'essere umano nel senso della rimozione delle tare ereditarie.

 
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